Abusivi: che tormentone!

Oggi riportiamo questo articolo apparso sul Giornale di Brescia il 25 aprile 2017: il tema è l’abusivismo nella professione di Guida Alpina. L’articolo, pur facendo particolare riferimento alla zona bresciana, è di interesse assai generale, sia per le Alpi che per gli Appennini.

Guide alpine contro gli abusivi: “Sono pericolosi”
di Ruggero Bontempi
(pubblicato su Giornale di Brescia del 25 aprile 2017)

Le Guide Alpine Italiane hanno intrapreso una campagna nazionale per contrastare l’esercizio abusivo della professione.

Accade infatti con sempre maggiore frequenza, anche sul territorio bresciano, che persone non qualificate svolgano dietro compenso, in modo illecito, attività di accompagnamento su terreni specifici (sentieri, zone innevate, ghiacciai, pareti di roccia) prive delle necessarie competenze.

La Regione Lombardia, tra le prime in Italia, ha adottato norme legislative dedicate, ed è attualmente impegnata a garantire che, negli ambienti ostili, si possa essere accompagnati solo da persone accreditate e appositamente formate. Il controllo sulle attività professionali del settore sportivo outdoor è finalizzato a offrire la maggiore sicurezza possibile nei confronti dei fruitori di particolari contesti naturali che, come raccontano le cronache più recenti di incidenti su sentieri o in ambienti innevati, possono nascondere pericoli.

Lo spiega Stefano Michelazzi, responsabile della Commissione Abusivismo delle Guide Alpine Italiane, residente a Roè Volciano e conoscitore del territorio, impegnato in un’attività di informazione sul tema.
«Riceviamo ogni giorno segnalazioni di sospetti abusivismi esercitati da operatori non qualificati. Il nostro principale interesse non è tanto la denuncia alle autorità competenti, ma quello di tentare la strada della comunicazione e dell’acculturamento».

Quali sono le zone della Lombardia maggiormente interessate da questi fenomeni?
«Soprattutto l’area del lago di Garda, che è una delle più apprezzate e conosciute a livello europeo per la pratica di sport a contatto con la natura, ma spesso anche le montagne della Valcamonica.
Abbiamo provveduto a segnalare alle autorità le attività svolte in modo illecito da parte anche di sedicenti professionisti provenienti da altri Stati.
Questo atteggiamento non è corretto, in quanto per operare nel nostro paese, analogamente alle modalità di lavoro che una guida alpina italiana deve svolgere all’estero, è necessario richiedere uno specifico accredito della durata di un anno al Ministero dello sport
».

È un appello che lanciate a garanzia del vostro lavoro?
«Non è solo questo il motivo della nostra campagna di informazione.
Vogliamo prima di tutto che tutte le persone possano essere accompagnate da operatori qualificati, a garanzia della loro sicurezza. Purtroppo, invece, in alcuni comuni bresciani qualche soggetto non autorizzato trova supporto nelle sue attività anche da parte degli uffici turistici locali
».

 

Il seguito
Stefano Michelazzi ha naturalmente ripubblicato sul suo profilo facebook questo articolo, provocando una lunghissima serie di interventi a commento, tra i quali scegliamo alcuni perché significativi, tralasciando i numerosissimi entusiasticamente condivisori e dopo aver purgato la serie da quelli (per fortuna meno numerosi) provocatori con relative risposte al fulmicotone. Inoltre chiudiamo alle ore 13 del 27 aprile. Per gli amanti della polemica in ogni caso basta consultare il profilo di Stefano Michelazzi.

Claudio Inselvini Propongo questo intervento come spunto di riflessione, spero che verrà colto come tale e non come sterile polemica. E lo indirizzo a te Stefano, che stimo decisamente.
Inizio dicendo che io, pur non essendo Guida alpina mi sentirei confuso se, come spesso accade, venissi paragonato ad un dentista o ad un avvocato: chi diventa guida, lo fa per passione, per ispirazione, per amore dell’alpinismo, non per profitto, questo ho sempre creduto, quindi trovo il paragone un po’ fuori luogo.
Il fatto che la guida alpina sia l’unica persona che secondo la legge può accompagnare altri in montagna, direi che è drammaticamente triste, vuol dire cercare di ingabbiare la passione in regole, in situazioni legali, vuol dire lasciare che grigi burocrati che scrivono leggi, senza mai avere amato il calore della roccia che riempie i palmi, decidano cosa è giusto in montagna, chi può e chi no.
La passione si è confusa con la professione, non lo trovi triste? io sì, molto.
Perché si vuole impedire che altri facciano cose? che accompagnino, che insegnino, che trasmettano? davvero pensi Stefano di essere ‘capitano per grazia di Dio’ come dicevano i pirati? no, io ti conosco poco, ma non credo, credo che tu stia facendo in onestà una cosa in cui credi, ma forse non hai pensato che ti comporti come un repressore della passione, dichiarandoti come unico detentore del sapere, certo dirai tu, sono l’unico che ha diritto di farsi pagare, certo, ma la stiamo mettendo su un piano economico? sei certo che sia la strada che hai scelto quando hai voluto diventare guida? Sei certo che sia la cosa migliore per l’alpinismo?
Le guide alpine sono i maestri migliori e i migliori accompagnatori, non c’è dubbio, lavorano molto per conseguire il brevetto, ed il titolo di migliore gli spetta eccome. Quindi perché non puntare sulla conoscenza di questa cosa invece che sulla repressione?
Non l’unico, il migliore! Molto diverso come pensiero. Fai cultura, spiega chi sei, fatti conoscere, illustra le differenze fra te ed il signor tal dai tali. E che le persone scelgano a chi affidare la loro vita, in libertà, come libero deve essere e deve restare l’andare in montagna.
25 aprile alle ore 20. 31

Davide Crescenzio Tutto bello Claudio, però bisogna ricordare che l’abuso di professione è un reato penale che, prima di tutelare i professionisti, tutela i cittadini ai quali si affidano. Infatti l’abuso di professione non è legato al compenso. Poi nessuno denuncia la persona che si impegna ad insegnare all’amico, ma le cose devono essere chiare in ogni caso. Fare poi della passione un lavoro vuol dire fare poi il lavoro con passione. E lo trovi triste? Io no di certo. Un abbraccio.
Codice Penale
Fonti → Codice Penale → Libro secondo – Dei delitti in particolare → Titolo II – Dei delitti contro la pubblica amministrazione (artt. 314 – 360) → Capo II – Dei delitti dei privati contro la pubblica amministrazione
Chiunque abusivamente esercita una professione (1), per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato [2229] (2), è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da 103 euro a 516 euro.
Note
(1) Il requisito dell’abusività richiede che la professione sia esercitata in mancanza dei requisiti richiesti dalla legge, come ad esempio il mancato conseguimento del titolo di studio o il mancato superamento dell’esame di Stato per ottenere l’abilitazione all’esercizio della professione. Integra il reato anche la mancata iscrizione presso il corrispondente albo.
26 aprile alle ore 10. 18

Davide Amato Il dibattito è interessante, però credo che chi fa la GA fa della sua passione una professione. Ed è giusto che sia retribuito in quanto professionista. Poi chiunque può accompagnare a titolo gratuito chiunque a fare qualsiasi cosa – assumendosene la piena responsabilità. In altri termini, se io ti do un farmaco, mi faccio pagare e tu stai male, ti puoi rivalere su di me (e in più, giustamente, mi becco una denuncia per esercizio abusivo della professione). E forse è giusto denunciare a monte gli abusivi.
25 aprile alle ore 20.59

Stefano Michelazzi Caro Claudio, prendo volentieri il tuo come spunto di riflessione ma allo stesso tempo non posso non notare una critica.
Questo non significa che sia qualcosa di negativo, anzi, se esiste dibattito le critiche sono costruttive e qui nel mio spazio il dibattito c’è ed è sempre il benvenuto!
Paragonare la professione di Guida Alpina a quella di una qualunque altra professione protetta ed intellettuale (sono definizioni giuridiche) è derivato da scelte fatte a tutela dell’utente finale ed a tutela di chi svolge al fine un’attività che viene controllata e deve per obbligo di legge seguire degli iter ai quali non si sfugge, come ad esempio pagare ogni anno diverse centinaia di euro in iscrizioni obbligatorie, assicurazioni obbligatorie, tasse governative, corsi d’aggiornamento, formativi e via discorrendo.
E’ logico sulla base dell’impegno economico che un professionista è obbligato a sostenere ogni anno, che vi sia in contropartita una sorta di protezionismo nei confronti dello stesso, da parte di chi lo obbliga ovvero lo Stato.
E questo per quanto riguarda il lato puramente fiscale della situazione nel quale non mi dilungo ma che è possibile a chiunque verificare dal punto di vista dei costi da sostenere andandosi ad informare sulle normative.
Capirai anche tu, che dal momento in cui per essere in regola con le disposizioni normative, noi si sia obbligati in solido come qualunque altro professionista non è che poi, vista la caratteristica della nostra attività (passione), si debba pagare uno scotto anche nei confronti del fatto che abbiamo scelto appunto la passione e non il compenso economico… anche perché come dico sempre: “Non ho mai conosciuto una Guida Alpina arricchita del suo lavoro” anzi, spesso in vecchiaia non se la passano proprio bene… e di esempi ce ne sono a bizzeffe.
Come tutte le attività professionali puoi trovare di tutto e di più in questo senso perciò la “regola” non vale ad esempio, per il proprietario d’albergo che fa anche la Guida.
E fin qui in maniera piuttosto sintetica (ce ne sarebbe molto altro da dire) il lato puramente economico/fiscale.
C’è poi una parte a monte, che riguarda la formazione, ed è universalmente noto che diventare Guide Alpine oltre ad essere oneroso è difficile dal punto di vista pratico, quindi perché dopo aver superato corsi ed esami, che un mio cliente insegnante universitario ha definito più incasinati e numerosi di un corso di laurea, dovrebbe arrivare il primo che passa e decidere che lui ne sa di più e può competere con te? Qui non si tratta di concorrenza ma di slealtà, e senza tanti fiorellini…
Senza contare che mentre noi siamo continuamente sottoposti a formazione ed aggiornamento (oggi ancora di più con le nuove disposizioni normative) chi si promuove per conto suo non ne ha bisogno.
Fatti i dovuti conti, esiste quindi un modus operandi che determina le competenze, come in qualsiasi altro ambito, anche insegnare è una passione ma nessuno si lamenta del fatto che non si possa mettere in piedi una scuola senza le competenze e gli accreditamenti del caso… o no…?
Anche il medico è in primis un appassionato altrimenti la vedo dura pensare di farlo solo per soldi… ma anche qui nessuno brontola quando pizzicano lo sciamano di turno che mette a rischio i creduloni del caso…
Per la Guida Alpina è lo stesso e quindi non vedo perché non si debba conciliare le due situazioni economica e di tutela dell’utente finale come accade non solo nelle professioni ma anche nel mondo del lavoro dipendente in diversi campi.
Non significa che incidenti non accadano lo stesso, sai benissimo anche tu che il rischio residuo è sempre presente ed a volte in percentuali elevatissime, ma lo è pure in sala operatoria…
Ciliegina sulla torta, di passioni non si riempie lo stomaco ma con lo stomaco pieno invece si è propensi alla passione ed a condividerla con chi condivide la tua giornata.
Fare la Guida Alpina è una scelta di vita, per niente facile ma sicuramente gratificante proprio per la passione ma sempre una scelta di vita, anche per quanto riguarda le difficoltà a diventarlo e a portarla avanti, quindi per quale motivo il primo che passa dovrebbe poter approfittare di qualcosa che altri hanno costruito in decenni di fatiche e pretendere di averne diritto?
A me h anno insegnato che i diritti seguono ai doveri, fatti i corsi, pagato le spese i miei doveri li ho assolti, non si può dire lo stesso di chi i doveri non li intende assolvere ma pretende appunto i diritti ed i diritti dell’utente finale sono quelli della certezza di un servizio adeguato alla situazione sia esso pagante o no!
25 aprile alle ore 23.08

Claudio Inselvini ragionamento validissimo, Stefano, ineccepibile dal punto di vista normativo e giuridico, è tuttavia questo esattamente quello che non mi vede d’accordo, ossia che poi in fondo in fondo stiamo parlando di pecunia. La passione non ci azzecca più se non di straforo. Tu parli di tasse e concessioni e lo capisco bene, cazzo ci devi vivere, e sai che pure se andasse bene ricco non lo sarai mai se non lo sei già di tuo, però in nome di questo, vorresti radere al suolo tutti coloro che lo fanno per passione e che non sono professionisti. Tu hai, scusa, mi permetto, tu ‘sei’ un prodotto di alta qualità, fai valere questo, secondo me, non sarà il tale che fa il giro sul sentiero del Garda che ti disturba, lasciagli il suo piccolo ambito, e se anche tu vuoi proporre il giro sul sentiero del lago, fallo sapere, fai sapere chi sei, e quale valore aggiunto puoi dare.
Tieni presente che ci sono anche molte persone che più di qualcosina non possono spendere… e quindi questi cosa fanno? niente sentiero sul lago?
Non sarà normando che si risolve una situazione dove c’è così tanta passione, non sarà reprimendo, o facendo leggi più strette, sarà facendo cultura, diffondendo la conoscenza, informando l’utente di quali siano i rischi.
Poi, come fanno i tassisti, vuoi provare ad essere un monopolista? ovviamente la scelta è personale e non soggetta a giudizio ma solo a scambi di opinione, io rimango però della mia idea, si respira un aria di grande tristezza.
26 aprile alle ore 0. 25

Stefano Michelazzi Claudio, se uno proprio sente la necessità di esprimere la sua passione va in giro con gli amici e non si propone come pseudo-professionista a pagamento… altrimenti di che parliamo?
E questo vale anche per coloro i quali per pura vanagloria scimmiottano il professionismo anche senza contropartita in denaro… se vuoi essere un professionista e sei convinto di poterlo diventare, segui le strade che tutti seguono per diventarlo.
L’appassionato di calcio guarda la partita e se la gioca cogli amici al campetto sotto casa di quando in quando, non pretende sulla base delle sue cognizioni di esperto da poltrona che la Nazionale lo convochi…!
26 aprile alle ore 0. 26

Leonardo Plavan Claudio Inselvini, mi permetto di intervenire, dopo aver letto la discussione, solamente per dire che una soluzione è complicata, molto complicata. Se è abbastanza semplice, invece, intervenire dove ci sono pubblicità che rimandano a persone non qualificate, complicatissimo sarà ridurre (eliminare impossibile) il fenomeno. La strada da seguire, secondo me, è la “cultura” delle persone al rispetto delle professioni. E qui, popolo anarchico che siamo, è la complicazione infinita. Sono d’accordo con Claudio, che un poco conosco, quando dice “se accompagni un amico, un conoscente per passione”. Ha perfettamente ragione Stefano, che non conosco, nel giudicare disonesto chi, senza requisiti, pretende, o comunque guadagna denaro con un lavoro per il quale non è abilitato. Nei miei tanti anni di lavoro ho visto comportamenti e situazioni, sia d’estate che, soprattutto, d’inverno veramente poco rispettose del lavoro e delle persone.
26 aprile alle ore 8. 27

Paolo Notaristefano Da professionista, iscritto “obtorto collo” ad albo professionale e soggetto, parimenti alle condizione descritta da Stefano a formazione obbligatoria ecc. ecc. , apprezzo l’appello legato alla sicurezza, che condivido pienamente!. Apprezzo decisamente meno quello che leggo, molto probabilmente mal interpretando, come corporativo e legato ad una sorta di “dovuto protezionismo” a chi ha ottemperato ad obblighi anche di natura fiscale. Senza buttarla in politica, è il caso di ricordare che gli Ordini professionali devono la loro esistenza alla legge fascista n. 897 del 25 aprile 1938 che modificò la legge istitutiva del 24 giugno 1923 n. 1395, che garantiva l’esercizio professionale anche ai non iscritti agli Albi, e introdusse la norma secondo cui “Possono esercitare la professione solo gli iscritti agli Albi; non possono essere iscritti e, se iscritti, devono essere cancellati coloro che non siano di specchiata condotta morale e politica e che non svolgano attività contrarie agli interessi della Nazione”. Una legge emanata nel clima delle leggi razziali di quegli anni e, perciò, volta a impedire l’esercizio professionale agli ebrei, agli antifascisti, agli omosessuali ed a quanto allora non era gradito. Una legge-vergogna che il Parlamento repubblicano non è stato capace di abrogare e che ci ha portato, con il corporativismo, in una società di caste peggio di quella indiana di un secolo fa. Per il sottoscritto, prima muore questa cultura meglio è! Ciò non significa che chi non è capace debba poter accompagnare la gente in montagna, ma non devono essere gli ordini e le categorie casta a garantirlo. Perché i fatti, in tutti i campi professionali, montagna compresa, attestano che questa garanzia, a fronte del protezionismo preteso, non sono in grado di offrirla.
26 aprile alle ore 9.48

Stefano Michelazzi Paolo, le leggi che esponi sono ormai un ricordo e le attuali normative non si basano più su quei decreti nati con motivazioni come dici giustamente, anti-democratici, ma su direttive nazionali ed europee che hanno trasformato le associazioni professionali detentori di Albi e regolamenti in Enti pubblici, i quali conservano gli Albi a tutela del rispetto delle normative vigenti e non applicano alcun regolamento ma controllano il regolare rispetto di leggi che definiscono le professioni.
I concetti sono estremamente diversi fra loro e che vi sia un Albo o se preferisci lista dove vengono inseriti i nominativi di chi risulta in regola con le normative non mi appare così scabroso.
26 aprile alle ore 9.58

 Claudio Inselvini Leonardo Plavan e amici tutti. Vi propongo un quesito: Se in tempi di ristrettezze economiche quali siamo, con carenza di denaro ovviamente ma anche di calore umano, io dovessi appendere nella bacheca Dell oratorio un cartello che dice: So fare qualche lavoretto di idraulica, mi offro per farlo gratuitamente, a chi ne avesse la necessita, voi pensereste che sono ladro ed immorale?
26 aprile alle ore 9.57

Paolo Notaristefano Ecchecazzo… io faccio la formazione obbligatoria sui tubi… mi danno i crediti formativi… poi pago l’iscrizione all’albo degli idraulici! Non ne ho mai montato uno, ma mi girano i coglioni Claudio! Dai smettila di fare l’abusivo! Qui siamo in un paese organizzato per corporazioni! Vai altrove a montare i tuoi tubi! qui il diritto è mio.
26 aprile alle ore 10.00

Stefano Michelazzi personalmente sì! (saresti ladro e immorale, NdR) Proprio perché in epoca come dici di ristrettezze economiche ti proponi gratis? Significa probabilmente che per te la crisi o supposta tale non esista, che tu abbia tempo da perdere e non sappia cosa fare e nel frattempo rubacchi lavoro a chi deve portarsi a casa la pagnotta… non mi sembra così difficile come ragionamento:
Mettiamo che visto il tempo libero a disposizione domani decido di presentarmi sul tuo posto di lavoro offrendomi gratuitamente per eseguire il tuo di lavoro… cambia l’ottica… credimi!
26 aprile alle ore 10.01

Claudio Inselvini Io credo nel volontariato, nel mettere a disposizione il proprio tempo e le proprie conoscenze e abilità in modo totalmente gratuito, quasi sempre con sensibili esborsi per altro, che rendono il secondo me ancora più preziosa la cosa come esperienza personale e collettiva, (se so fare l’idraulichino gratis, ti aggiusto il tubo e se non hai soldi te lo compro pure), e credo che questo gesto di donare gratuitamente la propria conoscenza sia un modo per opporsi ad un sistema basato sul guadagno innanzi tutto, sulla speculazione vista come azione normale se non invidiabile, per opporsi alle barriere fra le persone, fra le classi sociali, fra le persone di serie a e quelle di serie b.
Credo che la gratuità e il mettersi a disposizione sia una cosa grande, un delle grandi bellezze dell’animo umano.
Sono convinto di non essere all’altezza di un professionista e non ho pretese in merito, né millanto questo.
Ed assolutamente immagino anche che il mio contributo sia a favore dei professionisti, facendo cultura, diffondendo i valori di un ambito, che sia l’idraulica o l’alpinismo, cosa che decisamente va a vantaggio di chi in questo ambito lavora.
26 aprile alle ore 10.15

Leonardo Plavan Claudio Inselvini, hai perfettamente ragione, come d’altronde ha ragione chi difende la propria professionalità. Nella mia lunga vita lavorativa (non solo i venti anni al Rifugio) ho visto queste cose molte volte: la contestazione dei fotografi professionisti contro gli amici “che fanno foto” ai matrimoni, i decoratori contro gli “imbianchini” ecc… Nel caso specifico bisogna aggiungere che contrariamente ad altri mestieri qui c’è un rischio reale. Certo, mi affiderei a te ad occhi chiusi per affrontare una salita (che sia alla mia portata) e ti pagherei con una birra, sicuro delle tue capacità ed esperienza… ma mi pare che il discorso di Stefano sia diverso e non posso non condividerlo. Sai quanti si sono persi scendendo la Vallee Blanche seguendo l’amico che “l’ho già fatta, è banale”? E, molte volte, questi “amici” molto amici non erano… Con amicizia e stima.
26 aprile alle ore 10.32

Fiorenzo Bertolotti Con grande rispetto credo che si stia enfatizzando per l’ennesima volta il problema. Sono pressoché d’accordo con te, ritengo la professione degna di grande rispetto, soprattutto da parte dello stato e delle istituzioni (non illuderti troppo, basta vedere chi ci governa!). Un piccolo chiarimento però: ho lavorato in ambito CAI per 25 anni (forse di più) nelle scuole, in qualità di istruttore sezionale, regionale e nazionale (anche il CAI in quanto istituzione lascia il tempo che trova). Come per ogni attività sulla faccia della terra esiste un accompagnatore, un tutor, un guru, un amico… (ci sono persone che desiderano imparare qualcosa: arte, mestiere o passione che sia!). Non ritengo pertanto scandaloso accompagnare un amico o conoscente per boschi, monti e/o arrampicate! E’ chiaro che deve essere un’esperienza assolutamente gratuita anzi, in quell’occasione si deve valorizzare il ruolo che assume invece “Il professionista” della montagna! Non escludo nemmeno che si possa essere appoggiati e/o promuovere attività professionali con ausilio di queste figure!
26 aprile alle ore 14.28

Stefano Michelazzi Fiorenzo il discorso vale per ciò che è l’accompagnamento professionale, la condivisione tra amici è e resta SACRA e LIBERA!!!
Sulla collaborazione coi professinisti sfondi una porta aperta, peccato che siamo l’unico Paese d’Europa che non vede questo come una normalità… anzi… proprio chi dovrebbe farlo si serve di abusivi che chiedono tariffe più basse visto l’assenza di costi da parte loro (dati di fatto che presto saranno resi pubblici…) dando al tutto un’immagine di vero caos e di arroganza da parte di chi come volontario dovrebbe avere la massima cura nella cultura della frequentazione in ambiente naturale, compresa la differenza tra professionismo e dilettantismo…
26 aprile alle ore 14.30

Mario Roversi Se si può… premetto che non mi importa pressoché nulla della materia del contendere. Noto che: la professione di Guida Alpina, come altre del tutto rispettabile, consiste nell’accompagnare altre persone in situazioni e ambienti in cui hanno bisogno-voglia di una guida. Fini qui va bene. Poi ci si aggiunge il termine ‘in sicurezza’ che è da solo un imbroglio perché chi scala una parete cerca proprio la mancanza di sicurezza garantita e nessuno ti può dare sicurezza nemmeno ad attraversare la strada. Ma ancora non è sufficiente. Perché chi non è in grado di scalare una parete o di intraprendere un sentiero dovrebbe ”essere aiutato’ a farlo? Una cosa è tenere corsi di preparazione tecnica o altro, a secco o in ambiente, un altro conto è arrogarsi l’esclusiva della competenza tecnica a farlo. Secondo Imbroglio bello e buono. O si vuole difendere il diritto ad esercitare una professione… data una certa ’abilitazione’ a farlo? questa ultima considerazione ci sta. Che questa ‘abilitazione’ e questa ‘professione’ siano necessarie o opportune appartiene però al mondo del mercato e del denaro, alla vendita di un servizio del tutto opinabile e dove passione, capacità, sicurezza non c’entrano proprio niente.
26 aprile alle ore 15.30

Stefano Michelazzi “chi scala una parete cerca proprio la mancanza di sicurezza garantita”… avrei mille esempi da portarti che indicano che questa tua affermazione non corrisponde al vero…
Sicurezza, come termine usato un tempo anche dalle Guide Alpine, veniva vista con altri occhi ed aveva altri parametri rispetto all’oggi dove la sicurezza spesso risiede nella possibilità di rivalersi sul professionista in casi d’incidente… fermo restando tante belle parole e concezioni sulla ricerca dell’ignoto…
Opportuno e necessario sono termini che non possono definire una stessa situazione o meglio non significa che una necessità rilevi anche un’opportunità e viceversa e né l’articolo né le Guide Alpine né tantomeno il sottoscritto riportano una tesi di questo genere…
Il quanto e come c’entri la sicurezza intesa in termini di vendita di un servizio sta come paragone al quanto ti interessa che il chirurgo (mi scuseranno i chirurghi per prenderli spesso ad esempio) ti apra la pancia e sappia il fatto suo…
Per il resto… hai ragione!
26 aprile alle ore 16.36

Guido Bonvicini Scusate se mi ci infilo e senza avere letto tutto tutto per bene. Mi ci infilo perché i discorsi di Claudio Inselvini sono per me conosciuti, triti e ritriti, e anche viziati dalla sua storia di Istruttore “volontario”, che non lascia cadere un commento contro le G. A. non appena gli è possibile. Anche se ha aumentato l’uso di vaselina. Le cazzate (scusa Claudio) della passione contro professione; solo in caccia di denaro; quelle che si arrogano di essere le migliori, ecc. ecc. Sono discorsi falsi e volutamente tendenziosi. Il confronto con l’idraulico è sbagliato: io non posso fare l’Ingegnere volontario, e se leggo in oratorio che un appassionato di medicina mi può curare gratis è solo perché la polizia non lo ha ancora preso! Invece tu puoi fare la Guida Alpina volontaria e questo è sbagliato; anche se la legge lo permette, lo hai detto tu mi sembra, non tutto ciò che c’è per legge è giusto. Io sì, posso fare la Guida Alpina Volontaria, se voglio. Solo la Guida alpina potrebbe fare del volontariato in montagna, così come il medico può fare il volontario in ambulanza. Tu no, non puoi fare il medico volontario! E io, come molti colleghi la Guida Alpina volontario la faccio (ma non lo vengo a scrivere su FB) e lo farei molto molto di più, se mi fosse possibile di guadagnare il mio giusto facendo il mio lavoro di Guida Alpina. Invece spreco tempo ed energie a ritagliarmi un mercato pieno di abusivi, ma ancora più zeppo di volontari, che per di più si sentono “salvatori di anime” perché accompagnano qualche poverino in montagna che non avrebbe 20/40 € in più da spendere per andare con la Guida Alpina (mediamente la differenza tra un corso CAI e un corso Guida). Tutte Cazzate Claudio, se io potessi fare la Guida Alpina, ci sarebbero meno incidenti, farei dei corsi ai costi del CAI o dell’Ugolini, porterei per volontariato chi lo desidero in montagna, e ci sarebbero più volontari che occupano il loro tempo libero in azione più meritevoli della “conquista con l’alpe”.
27 aprile alle ore 0.28

Claudio Inselvini Guido Bonvicini, ciao e buongiorno. Mi fa sempre piacere quando parli male di me. vuol dire che entrambi siamo ancora vivi e convinti delle nostre idee. E non è mica poco dopo tanti anni e traversie. Che non la penso come te lo sai. Ma non dico che dici cazzate. Ma pazienza.
Io faccio il volontario. Dedico il mio tempo a fare cose per gli altri nella misura e nel modo in cui riesco. Lo faccio al meglio possibile. Documentandomi, studiando, aggiornandomi. E non solo in relazione all’alpinismo. Sono convinto la gratuità del gesto, la condivisione, il rosicchiare tempo al già poco tempo libero per darne un po’ agli altri, esattamente così come è stato per me, sia una delle cose più belle che può fare una persona, e se lo fa, non un per un amico, ma per un perfetto sconosciuto sia una cosa ancora più intensa, perché in cambio spesso non ha quasi nulla che non sia, quando c’è, un grazie.
Cito Borges : date le vostre perle ai porci, date quel che è santo ai cani, ciò che importa è dare.
Questo in generale, figurati se poi andiamo in ambiti come una passione così forte come l’alpinismo.
Faccio da molti anni questa cosa e intendo continuare a farla. Sono un modesto scalatore, ma in 30 anni qualcosa ho imparato, magari, con amore, senza compenso, con i miei limiti, posso trasmettere qualcosa. Non sono il migliore, ma questo lo sanno tutti. Tutti sanno che i migliori sono le guide alpine. Intendo continuare a farlo perché credo che il denaro possa contaminare, perché forse, ma dico solo forse, la passione possa essere più facilmente trasmessa da chi non riceve compenso.
E’ un pensiero personalissimo, bada.
Ciò che non trovo giusto è il tentativo di monopolizzare la trasmissione della passione. Una passione che nasce dalla libertà, dall’amore, del desiderio di rompere le regole, di avvicinarsi ad un mondo dove il rischio è componente sempre presente.
Non mi sembra così grave questo pensiero.
Non capisco, invece che persone intelligenti e in gamba come molti fra voi professionisti, si infilino in questa crociata invece di farsi conoscere, fare cultura dell’alpinismo e della sicurezza, investire insomma sulla conoscenza, come fa quasi ogni categoria professionale, ma ripeto, è solo una vaga idea personale che esprimo per amore di discussione.
Ma non credo ci capiremo, non è mai successo in tanti anni.
Finisco dicendo che non trovo giusto che in una discussione civile, che mi pare interessante e cortese, tu sia entrato a gamba tesa.
Ma mi ha fatto piacere lo stesso.
17 aprile alle ore 11.40

Davide Amato Ok. Prospettiva personalissima da cliente che, a torto o a ragione, non si reputa sfigato. Nato in montagna (Trentino tra Adamello e Brenta), cresciuto tra Trentino occidentale e (alpinisticamente ahimè) Milano. Passione sfrenata per l’ambiente selvaggio e la dimensione verticale in tutte le sue forme e temperature. Vita spesa tra Italia e estero e purtroppo pochi compagni d’avventura. Per me Stefano è il compagno d’avventura/maestro d’alpinismo che mi permette di vivere avventure in ambiente (aprire vie nuove/riscoprire vie dimenticate) sorpassare e migliorare i miei limiti tecnici in un margine di sicurezza (per me) accettabile. Potrei farlo con compagni più esperti? Forse. Ma a) non li pagherei, b) forse non pagandoli il gioco non varrebbe la candela, c) con queste premesse non ci andrei. Chiosa finale: se tanti arrampicatori coi controcoglioni (ho in mente due/tre italiani e belgi pluripremiati che conosco) provano a fare il corso guide e non ce la fanno a superarlo, forse qualcosa di buono nel sistema c’è…
27 aprile alle ore 1.44

Dario Bonafini Credo che la conoscenza, la passione per l’Alpinismo vada condiviso senza nessun divieto.
Quello che deve essere chiaro è che gli unici ad avere titolo a farsi pagare in quanto professionisti sono le Guide Alpine, io ho insegnato ha tanta gente come è stato fatto con me ma non mi sarei mai sognato di chiedere un compenso, eppure di furbi e praticoni che si definiscono Guide se ne sono sempre visti e questi andrebbero isolati, denunciati, purtroppo questo sembra essere il paese dei furbetti e spesso la colpa è anche di chi si rivolge a queste persone.
27 aprile alle ore 7.44

Paolo Notaristefano Le scuole servono a formare e ad acquisire le competenze necessarie a fare quello che si vuole fare per vivere con coerenza e cognizione di causa… le corporazioni servono a? A tutelare? Chi? cosa? Servono a nulla se non a difendere orticelli inesistenti la cui difesa migliore è quella della valida applicazione di ciò che si sa fare. Andrebbero abolite subito… da ieri. Se chi svolge una professione qualsiasi sostiene che il sistema ordinistico e corporativo garantisce qualcosa oltre la regolarità contributiva degli iscritti mente consapevole di mentire. Le campagne contro chi non è “autorizzato” sono miopi borboniche. Le campagne contro chi non è “capace” sono sacrosante. La capacità si costruisce nella scuole. Ecco cosa ne facciamo! Facciamole bene rigorose e selettive. Smettiamola di dire che l’appartenenza ad una corporazione e l'”autorizzazione” sia sinonimo di professionalità. I fatti dicono che così non è in ogni campo professionale
27 aprile alle ore 10.46

Sandro Sterpini Madonna mia, gli anni passano e la discussione e la polemica è sempre la stessa.
Tutto questo però, non fa certo bene al mondo della montagna, dell’alpinismo e alle attività che ognuno di noi professionista o volontario che sia, ogni giorno tenta di svolgere con impegno e passione.
Personalmente penso che, chiunque è e deve essere, indipendentemente dalle sue capacità tecniche, libero di andare in montagna come, dove, quanto e quando vuole.
Penso altresì che faccia bene colui che si sente “sfigato” (in realtà non lo definirei sfigato ma piuttosto prudente) ad affidarsi a una GA o che decida di frequentare un corso di escursionismo – arrampicata, etc. ad esempio del CAI.
Il nocciolo della questione, di questa questione però non è l’avventura – il pericolo, il titolo di studio o se siamo più o meno sfigati o più o meno prudenti, il vero problema sta nell’esercizio abusivo di una professione che, che ci piaccia o no è regolamentata da una legge.
Cioè, chiunque capace o meno capace, alpinista più o meno bravo, può andare e/o “accompagnare” qualcuno, parenti o amici in montagna (lasciamo stare i rischi e i pericoli) ma solo la GA può farlo dietro compenso, tanto come solo il Maestro di Sci può insegnare a sciare facendosi pagare, tutto qui.
27 aprile alle ore 12.00

Abusivi: che tormentone! ultima modifica: 2017-05-10T06:04:41+02:00 da GognaBlog

Scopri di più da GognaBlog

Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.

22 pensieri su “Abusivi: che tormentone!”

  1. . “Poi c’è anche il CAI che fa la sua parte.”

    beh diciamo pure che fanno molto . E si assumono anche molti rischi (vietato volare) considerando anche che non sono pagati.
    Ma dal momento che nessuno ci obbliga, di che ci si lamenta…

  2. Giacomo ti ringrazio della precisazione! Il mio intervento in quel senso era puntato più a far capire la differenza tra dilettantismo e professionismo siccome alcuni commenti facevano un minestrone di tutto… Comunque precisazione ottima!
    Claudio, abbiamo già avuto modo di discutere della cosa, e per non fare altra confusione ti rispondo volentieri ma ribadisco che l’articolo giornalistico punta l’obiettivo sull’abusivismo e non sulle differenze tra volontariato e professionismo, fermo restando che purtroppo spesso accade che qualche “volontario” si senta accreditato a fare il professionista e quindi ricada nell’argomento chiave…ma questa è un’altra storia della quale forse ci sarà modo di discutere qualche altra volta.
    Dici che i ragazzi bresciani non sanno chi siano le Guide Alpine?
    Scusa ma mi risulta che da poco si siano diplomati un ragazzo ed una delle poche ragazze proprio di Brescia città o dei dintorni, con grandissima eco anche sui quotidiani che giustamente hanno esaltato questa collega donna.
    Personalmente ho avuto e continuo a portare in montagna o a formare nei corsi ragazzi o meno ragazzi della bresciana (gli ultimi questo inverno, corso di ghiaccio) e quello che mi sento invece dire da tutti loro è che gli ambienti tradizionali sono rimasti indietro di qualche decennio per quanto riguarda l’atteggiamento dell’andar per monti dove conta di più portare il fiasco ed il salame nello zaino che fare alpinismo “seriamente” (virgolette non casuali perché personalmente intendo l’alpinismo come una gioia ed un modo di esprimersi divertendosi).
    Sono stato ospite di tre puntate televisive su tutte e due le reti provinciali anche con clienti stranieri che non conoscevano affatto alcune zone del territorio e ne sono rimasti affascinati e son pure ritornati… peccato per la scarsità dei servizi ricettivi… forse dovremmo capire quale chiave di tipo turistico-culturale utilizzare per smuovere gli operatori del settore che anche sul Garda fanno piangere (e questa è recentissima dopo una riunione cui ho partecipato ieri sera…)…
    Insieme anche a Guido Bonvicini abbiamo tenuto 4 puntate su Teletutto (ancora visibili on-line) con share piuttosto interessante a detta dei giornalisti e lo stesso Guido ha tentato di dare vita ad un progetto multisport “Move-out” al quale la città ha risposto…anzi… non ha risposto, se non per le uscite gratuite… lì c’erano le persone che ci conoscevano eccome e che erano interessate…
    Oltre a questo ( e sto parlando solo degli ultimi 5 anni) sono usciti sui giornali diversi articoli sulle attività delle Guide a livello professionale come anche a titolo dilettantistico con le salite solitarie da fuoriclasse di Andrea Mutti in Adamello al quale molti personaggi famosi potrebbero fare una pippa…
    Lo stesso Andrea tiene già da diverse stagioni delle lezioni gratuite sull’utilizzo dei sistemi di auto-soccorso in valanga presso Gialdini sport.
    Allora di che cosa parliamo?
    In ogni caso come detto, questo mio intervento, come anche la tua domanda, sono off-topic almeno in buona parte e magari si potrebbe riprendere il discorso in altro ambito che proponga un dibattito sul tema, ma aldilà di richieste di consulenza gratuita (dicesi ASKROKK), da parte delle associazioni volontarie non ho visto ancora alcun interesse a collaborare!!!

  3. Marcello si esprime sovente in maniera provocatoria però nel complesso mi trova d’accordo. Restringendo il campo non credo che ci siano tutte queste persone che invidino il mestiere delle GA però ci sono sicuramente delle persone che vorrebbero fare quello che fanno le GA senza averne titolo (leggasi “senza aver fatto il tirocinio previsto”).
    Claudio Inselvini solleva infine un problema che avevo sollevato anch’io con Stefano Michelazzi però alla fine mi sono convinto che il problema non è tanto delle GA quanto di una diffusa cultura del self-made man in montagna.
    Poche persone ritengono di poter imparare a sciare da sole ma molte ritengono invece di poter diventare bravi alpinisti senza particolari aiuti. Ciò deriva secondo me dal fatto che l’alpinismo è molto tecnico per quanto concerne l’assicurazione ma molto istintivo per quanto concerne il gesto. Parliamoci chiaro, ci sono persone che non sanno arrampicare ma che giocando sul peso, sull’agilità, sulla scioltezza e sulla forza vanno su ugualmente. Stesso discorso per quanto riguarda il camminare. Pertanto, una persona che ha fiato, fisico asciutto e buon rapporto peso-potenza può ambire ad ottenere dei buoni risultati dal punto di vista gestuale anche se magari non capisce nulla di montagna. Questo spiega perchè poi s’incontrano dei ragazzi che fanno il VII o l’VIII grado e poi s’impastano nel fare le doppie oppure non sanno posizionare una sosta.
    L’avvento dell’arrampicata sportiva ha poi peggiorato la situazione perchè ha dato vita ad una schiera di persone che pensano di potersi avventurare ovunque perché allenatissime.
    Per farla breve, sono innumerevoli le persone che ritengono di poter fare a meno delle GA, a volte a ragione altre a torto. Poi c’è anche il CAI che fa la sua parte. Chi fa i corsi col CAI tenderà, per ovvie ragioni, a frequentare l’ambiente del sodalizio.
    In ogni caso le GA portano in giro della gente che francamente mi guarderei bene anche solo dall’accompagnare a fare una passeggiata, di questo forse non se ne tiene abbastanza conto. E’ sicuramente più facile portare a zonzo un amico che ha una certa predisposizione, interesse, cultura e riguardo nei confronti della montagna. Le GA si trovano anche ad aver a che fare con gente improbabile, personaggi che già fanno fatica a capire dove si trovano.
    Poi sappiamo tutti che ci sono cose che non vanno, che gli ordini non fanno quello che dovrebbero fare, che a volte si trasformano in vere e proprie lobby, ecc.. Ma allora meglio lottare per disciplinare l’esistente piuttosto che creare ulteriore confusione.

  4. Chiedo scusa a tutti per un intervento un po’ fuori tema, ma vorrei offrire una precisazione.
    Quando Stefano Michelazzi scrive “per quanto riguarda la responsabilità imputata in caso d’incidente al più esperto, parliamo di dilettantismo ed è regolata da una serie di principi del nostro Diritto, i quali individuano appunto, nel più esperto tra i componenti un gruppo, la responsabilità nei confronti dei meno esperti” rischia di creare confusione.
    C’è infatti un salto logico: affinché vi possa essere questo trasferimento della responsabilità dal meno capace al più esperto, occorre che si ingeneri un rapporto di “affidamento”.
    In buona sostanza, Caio, incapace da solo di affrontare una determinata salita, chiede a Tizio di accompagnarlo, e quest’ultimo accetta, facendosi quindi carico di colmare quella lacuna che non consente a Caio di progredire da solo.
    Occorrono quindi la domanda di Caio e il consenso di Tizio per rientrare in quella che viene definita “responsabilità dell’accompagnatore”.
    Se invece gli stessi Caio e Tizio, che pur hanno un diverso “livello”, decidono di affrontare insieme una via per la quali entrambi sono autonomante pronti, Caio non sarà affatto responsabile (ferme tutte le regole in materia di onere della prova, sulle quali peraltro si discute perché non è ben chiaro se si tratti di responsabilità contrattuale -assimilata a quella da contatto, tesi prevalente in giurisprudenza- o extracontrattuale).

    Diversamente, nel rapporto Guida Alpina – cliente non può che trattarsi di responsabilità contrattuale, ed è nella natura stessa della prestazione offerta che la G.A. si faccia carico del buon esito (fermo chiaramente il fatto che il rischio zero non esiste) dell’uscita.

  5. E bravo Marcello…
    “Poi, diciamolo, noi guide alpine siamo molto invidiati specialmente dagli alpinisti appassionati che magari fanno un lavoro di merda per sopravvivere e vedono nella montagna la classica e insopportabile “valvola di sfogo”. ”

    Per quanto mi riguarda non faccio ne un lavoro di merda, anche se dopo 35 anni un pò noioso lo è, tanto meno SOPRAVVIVO.
    Invidia per la figura di guida alpina ? NO! e il motivo, del tutto personale, lo già spiegato.
    Se la montagna fosse solamente una valvola di sfogo avrei già spesso da tempo.

    “Poi manco mi metto a discutere sulla bravura o la professionalità di Istruttori vari e delle guide alpine. Sono due mondi troppo distanti e per scoprirlo bisogna essere guida alpina e/o avere fatto l’Istruttore di qualche club o associazione parrocchiale. A buon intenditor….”

    Sulla preparazione delle guide alpine non si discute! sul fatto che abbiamo molto da trasmettere….a differenza dei poveracci istruttori…non lo so ?

  6. Riporto , con ripsetto, le parole : “Poi, diciamolo, noi guide alpine siamo molto invidiati specialmente dagli alpinisti appassionati che magari fanno un lavoro di merda per sopravvivere e vedono nella montagna la classica e insopportabile “valvola di sfogo”. Per questi ultimi le guide alpine fanno ogni giorno ciò che loro sognano tutta la settimana, e quindi guardano alle guide come dei privilegiati a cui non concedere più di quello che già hanno” .. questa cosa di ritenersi una categoria invidiata, un elitè, un ideale a cui sognare, è ben presente e viva solo nel pensiero di alcune guide alpine, ed io mi chiedo, andando anche un pò off topic : sarà forse da qui che deriva l’isolamento delle guide ? sarà da questa opinione tanto alta di se che nasce la non capacità di mettersi davvero sul mercato in modo efficace ? La bella vignetta di caiocomix dove la guida alpina dice a Dio ” la differenza fra noi due è che tu non sei guida alpina” riassume bene ed in simpatica ironia un modo di pensare che molti hanno sviluppato ( erroneamente secondo me ) nei confronti delle guide alpine. Tuttavia io una domanda me la farei, se appartenessi a questa categoria professionale.

    Tornando a noi, ho letto apprezzato i commenti, e ringrazio Stefano Michelazzi ed Alessandro Gogna che ci hanno ospitato, ma continuo a ritenere che debba poter esistere il binomio montagna-passione, continuo a ritenere che la montagna abbia un valore molto più morale che economico, continuo quindi a ritenere che sia corretta la presenza di professionisti, ma anche di volontari, con le corrette ed opportune differenze ben delineate.
    Trattandosi di una ‘situazione’ dove esiste del rischio, sarebbe auspicabile che i ‘volontari’ fossero formati, questo assolutamente si, e che nessuno, se non i professionisti si facessero pagare.

    Detto questo, affermare che solo oil professionista può, sarebbe com dire che non posso portare la cena all’anziano che vive solo perchè non ho la patente di cuoco ( ovviamente esagerando un pò ).

    A tutti coloro che invece chiedono perchè non fate il corso di guida alpina, chiedo : avete mai pensato che ci sia chi NON VUOLE fare della sua passione una professione ? Ed agli amici che vorrebbero cancellare tutte le associazioni parrocchiali che fanno volontariato mi bviene da chiedere : hai mai notato che ci sono alcune associazioni parrocchiali che trasmettevano passione, amore e conoscenza legati alla montagna assai prima che nascessi tu , anzi prima che nascesse tuo padre, ed ora arrivi tu, fai un corso, ti appelli alle leggi, proprio tu che magari sei nato ribelle, e vuoi cancellare tutti perchè vuoi lavorare e non sai come farlo ?

    Un ultima domanda : Amici guide alpine, ma lo sapete che nella mia città molti ragazzi neppure sanno che ci siete ? Non sanno se esiste un associazione, non sanno cosa fate, non sanno dove trovarvi.. Quanti eventi, quanti momenti cultutrali, quante iniziative hanno proposto le GA per farsi conoscere ? davvero poche direi, quindi guardiamo le cose con obiettività, con un pò di marketing e di apertura spazio ce ne sarebbe per tutti ..

    Chiudo rimarcando il mio desiderio e la mia speranza che ci si capisca, ci si avvicini, e si dia a tutti la possibilità di operare nel miglioree modo possibile.

  7. Secondo me il problema sta nel fatto che per molti stride l’accostamento “purezza dell’alpe-professionismo”.
    Penso che l’alpe di puro non abbia nulla di più di quello che ognuno vuole attribuirle.
    Poi, diciamolo, noi guide alpine siamo molto invidiati specialmente dagli alpinisti appassionati che magari fanno un lavoro di merda per sopravvivere e vedono nella montagna la classica e insopportabile “valvola di sfogo”. Per questi ultimi le guide alpine fanno ogni giorno ciò che loro sognano tutta la settimana, e quindi guardano alle guide come dei privilegiati a cui non concedere più di quello che già hanno.
    Ma perché chi invidia così tanto le guide alpine e ama vivere la montagna il più possibile, non si fa il corso per diventarlo?
    Per me questa è la radice del problema.
    Poi manco mi metto a discutere sulla bravura o la professionalità di Istruttori vari e delle guide alpine. Sono due mondi troppo distanti e per scoprirlo bisogna essere guida alpina e/o avere fatto l’Istruttore di qualche club o associazione parrocchiale. A buon intenditor….
    Lo sapete che le ditte costruttrici di antifurti si fanno fare consulenze dai ladri?

  8. E’ un discorso lungo e complesso, che esula certamente dagli interessi dei lettori, essendo io uscito, già in origine, dal seminato alpinistico del confronto.
    Non mi trovi d’accordo quando evochi l’equivalenza registro = garanzia. Se non ti viene altro termine è perchè probabilmente non esiste. Registro = Registro = abilitazione conseguita (che è già molto intendiamoci, al punto che secondo me dovrebbe bastare!). La garanzia e la qualità della prestazione sono ben altro, risiedono nel saper fare e non dipendono esclusivamente dall’abilitazione . Il mercato, inteso come utenza delle professioni intellettuali, normalmente, le sa mettere a fuoco benissimo, senza essere portato per mano, come noi professionisti spesso pensiamo utile dover fare. Con questo, non sto dicendo che Vanna Marchi può curare il cancro con i pezzi di legno lecitamente ed indisturbata, perchè l’utenza è maggiorenne e vaccinata. Fuori discussione, che in questi casi o in caso di “pericolo”, come quello che hai denunciato mezzo stampa, si debba andare in procura e ben fate a procedere in tal senso! Sulle scuole:… non ne ho parlato io in verità, ma i tuoi Colleghi che sono intervenuti nel dibattito, con modalità che mi son permesso di definire sindacali ed i cui interventi sono stati, come ho precisato, omessi dall’articolista. Come ti dicevo, il mio personalissimo pensiero è che l’utenza dei soggetti con cui cercate dialogo, come mi hai giustamente spiegato, non la intercettereste comunque. Si tratta, probabilmente, di un pubblico che non ritiene, per mille ed un motivo, interessante la vostra proposta e che preferisce quella strutturata in altre modalità. Mi limito a dire, che lo scenario in cui, come si è sostenuto, questi affamatori vi rubino il pane di bocca, mi sembra eccessivo oltre che destituito di fondamento.
    Insomma, se non riesco a vivere di quel che vorrei in un decennio di esplosione dell’outdoor dove i praticanti crescono esponenzialmente è colpa altrui? io due domande me le farei. Sulla fiscalità connessa all’esercizio professionale, direi che le 27 professioni intellettuali non mi risultano campioni mondiali! Qui si aprirebbe un capitolo sterminato. Evito. Sulle sentenze, infine, così come ci sono quelle che richiami a condanna degli abusivi, ce ne saranno, immagino, anche di emesse nei confronti delle Guide, incaute o inadempienti nei confronti della committenza. Non sarete immacolati nemmeno voi credo. Sareste il primo ed unico caso. Tuttavia, Stefano, a far chiarezza con le sentenze arriva sempre e comunque la magistratura, nonostante non sia notoriamente un lampo, e quasi mai gli Ordini, che richiamano ed espellono solo gli iscritti morosi, quasi mai quelli incapaci, mai quelli approssimativi. E’ questo il sistema di garanzia? Io non credo. A me pare un sistema avvolto su stesso proteso alla difesa del perimetro di operatività caratteristica. Quindi si, personalmente, io non avrei timore alcuno, per come ho impostato la mia professione, ad operare in un sistema privato di quelle che tu definisci giuste tutele delle professioni intellettuali (e sono convinto nemmeno Tu, che ovviamente mai lo dirai qui). Dipendente? giammai. Ti leggerò con interesse nel ruolo che hai assunto per il tuo Collegio e che svolgi davvero egregiamente, come del resto la professione che ami. Come la penso ora lo sai bene. Non mi devi risposta 🙂 ciao

  9. Abbiamo uno stato che regolamenta, quindi istituisce commissioni che regolamentano e garanti che controllano oltre a controllori che sottostanno ai garanti e così via.
    Gli Ina, per fare un esempio, sono generati da altri ina e negli ultimi anni sono diventati una classe a se stante, che proviene quasi esclusivamente dalle scuole e poco sembra avere a che fare con le attività della montagna, ma vale anche per tante guide, anche se le selezioni sono pesanti e costose, molte provengono da altre guide o altri ambienti di guide.
    A me sembra che il “sistema” abbia creato “sottosistemi” auto referenti per mantenere la propria auto referenzialita’, senza più tener conto degli scopi e degli obiettivi direi educativi e formativi, se non quelli appunto autoriproduttivi.
    Io vedo solo un grande aumento delle masse “passive” e non un progresso formativo, o superiore acquisizione di capacità.

  10. Caro Paolo Notaristefano,
    è vero, rispondere a valanghe di post è un lavoraccio… non retribuito, quindi volontario, che mi sono accollato in quanto ho accettato un incarico e voglio portarlo avanti al meglio, nel bene e nel male, per passione della mia attività non soltanto vista come accompagnamento di persone ma anche come mezzo per dare… informazione? Cultura? Decidi tu!
    Ovvio che la situazione sia addirittura trivalente e da una parte si tenti di curare la propria attività, dall’altra di promuovere informazione, dall’altra ancora di denunciare i supposti illeciti.
    Per la prima parte:
    Il Decreto Bersani convertito in Legge 04/08/2006 n° 248, abrogava i minimi tariffari creando caos a livello di dibattimento giuridico, poi nel 2012 ci pensa il DECRETO MONTI D.L. 24 gennaio 2012 n° 1, a ristabilire il tutto con l’adozione dei parametri tariffari, l’abrogazione della tariffa massima e via discorrendo, sotto spinta più che altro della magistratura che si è ritrovata a non poter decidere in diversi casi, per motivi piuttosto ovvi… ed è arrivato un altro caos….
    Ti invito a leggere questa interpretazione che a mio avviso è ben concepita (http://www.altalex.com/documents/news/2012/02/10/liberalizzazioni-e-professioni-prime-considerazioni-sul-decreto-monti)

    Dici bene sui compiti del sistema ordinistico ma ce ne sono anche altri rilevabili almeno per noi dagli artt. 13-14-15-16 della Legge 2 gennaio 1989 n°6, e come già ti avevo risposto non vedo nulla di scabroso nella tenuta di un registro che dia garanzia a chi si rivolge al professionista, garanzia che se presente all’Albo risulta effettivamente accreditato (ogni professione con i criteri suoi caratteristici).
    La formazione continua concordo che possa essere anche una “bubbola” se mal gestita, ma le Guide Alpine rimangono comunque soggette ad una formazione d’aggiornamento di tipo professionale specifico ogni tre anni (Legge 2 gennaio 1989 n°6 art. 9) che non può essere sostituito dalla formazione continua se non per l’accreditamento di alcuni bonus o crediti formativi su materie di interesse relativo come da regolamento CONAGAI ovvero non vado a vedermi la rappresentazione teatrale che mi viene considerata credito formativo ma se seguo un corso di formazione in materie naturalistiche questa verrà, se preventivamente riconosciuta da apposita commissione, accreditata con un numero di bonus atti a ridurre le giornate di frequenza ai corsi obbligatori e non oltre una certa percentuale, per cui quelli li fai e basta!
    Parli di diatriba tra Scuole di Alpinismo e Guide Alpine ma anche qui aldilà del fatto che nulla viene citato in quest’ambito nell’articolo che parla di abusivismo, devo dirti che hai una concezione confusa. Le Scuole di Alpinismo e Scialpinismo sono quelle create dalle Guide Alpine come previsto dall’art. 19 sempre della 6/89 e quelle del CAI se a queste ti riferivi, sulla base dell’art.20 non possono definirsi scuole di alpinismo e scialpinismo… ma non siamo certo noi a non ottemperare… e nemmeno a rendere confuso il tutto mi pare…!
    Per altre realtà che vorrebbero o pretendono di operare senza controlli nell’ambito di nostra competenza, abbiamo con più d’una e più volte tentato la strada del dialogo e ci sono diversi documenti a comprovarlo, ma… non pagare le tasse è comodo… non lamentiamoci poi…!
    Per concludere sul fatto della garanzia del fruitore finale (termine un po’ freddino ma non me ne vengono altri), non so come la pensi ma torniamo al solito esempio del chirurgo o del macellaio… sicurezza totale non c’è ed è indubbio, anche se poi le cause in caso d’incidente si discutono tutte sulla questione, alla ricerca di parametri che sono inesistenti, e l’operazione di appendicectomia può finire male ma fa parte della fatalità che per sua natura è impossibile specificare.
    La professione intellettuale ha proprio questa caratteristica anche se non sempre per motivi così forti ovvero non presuppone il raggiungimento della finalità preposta (se dobbiamo tornare indietro per un qualunque motivo la prestazione risulta come esercitata ed il compenso comunque dovuto), altrimenti vorrei vedere chi farebbe il professionista in qualunque campo… sai quanti cavilli e cavilletti per contestare la prestazione…??? E se non è giusto proteggere questo tipo di attività sottoposte a condizioni che le renderebbero assolutamente precarie cos’è giusto allora?
    Facciamo tutti i dipendenti? Sì ma si dovrebbero trovare gli imprenditori che a quel punto scomparirebbero…
    Episodi di incidenti con guide abusive sono già avvenuti, tra i tanti quello occorso qualche anno fa al Campanile basso (tribunale di Trento) o ogni anno nei canyon dove operano una marea di abusivi molto spesso anche stranieri che poi se la filano e non li becchi più, come accadde 6 o 7 anni fa in Val di Sole, se non è giusto perseguire questi personaggi allora cos’è giusto?

  11. Ogniqualvolta riemerge questo argomento salta fuori di tutto e di più. Tralasciando posizioni pressochè inconciliabili, in quanto estreme, del tipo “ordini sì, ordini no”, rimarrebbe una zono grigia da disciplinare. Come? Mi spiego meglio. Il cosiddetto abusivo può essere un esperto che non ha seguito un iter formativo ufficiale, perchè da sempre vale il proverbio “val più la pratica della grammatica”, come può essere un cialtrone.
    Qualcuno potrà dire “sì ma lo stesso vale per un professionista iscritto all’albo, anch’egli può essere un cialtrone”. Vero, tutto vero, però, a meno che non abbia truccato le carte, la formazione l’ha fatta e l’esame l’ha sostenuto. Ne consegue che, in linea di massima, il rischio d’imbattersi in un cialtrone è sicuramente limitato. Magari potrà più facilmente essere un cialtrone dal punto di vista morale, se non addirittura un delinquente, ma questo è un altro discorso.
    Sull’abusivo chi vigila? Se diventa difficile o se non si ha voglia di vigilare sull’iscritto all’albo figuriamoci sull’abusivo, il quale, per sua natura sfugge a qualsiasi tipo di controllo, sia formale sia sostanziale.
    Quindi, ordini, albi, collegi, associazioni e chi più ne ha più ne metta possiamo anche gettarli alle ortiche ma comunque la si giri un percorso formativo con esame finale e una garanzia che tale esame è stato superato proficuamente dovrà pur essere previsto. O no? Oppure andiamo a sentimento?
    In tutti i paesi civili esistono degli ordini professionali. Certo, in Italia ce ne sono più che in altri, frutto del retaggio dei secoli passati, ma anche laddove non ci siano gli ordini esiste una qualche forma di tutela. Prendiamo, tanto per fare un esempio, il problema dell copertura assicurativa. Un abusivo ce l’ha? Ovvio che no. Quindi alla fine di cosa parliamo? A me degli ordini non me ne può fregar di meno ma come cittadino gradirei avere un minimo di garanzia, se non altro per potermi rivalere in caso di danno se no siamo allo sfascio più totale.

  12. Grazie Stefano, sempre più chiaro.
    Mi rendo conto che avete delle belle gatte da pelare nel vostro mestiere.
    Ora penso che il mestiere di guida in un paese come il nostro sia un bel terno al lotto e il cai con la sua voglia politica di allargarsi ve ne combina di ogni, di certo qualche ostacolo lo costruisce con gusto a ogni piè sospinto.p
    Penso anche che salvo qualche guida fortunata che è riuscita a costruirsi un orticello e riesce a difenderlo, le altre devono tenere il coltello fra i denti, se non vogliono solo servire gli enti più o meno statali, ma andare in montagna con clienti. AUGURI!

  13. Per me Stefano è già ok… Credo che ci siamo spiegati. Ho scritto anche qui, per contributo a Chi non ci avesse letto altrove, visto, che la discussione è stata estesa a molteplici pagine fb oltre che al blog e visto che l’articolista ha scelto di riprendere solo alcuni stralci del confronto, tra cui i miei, che, decontestualizzati, si prestano a facilmente ad equivoci. Comunque ogni contributo Tuo è per me sempre gradito. Cordialità

  14. Rsipondo a Paolo Panzeri, poi con calma risponderò a Paolo Notaristefano al quale ho già parzialmente risposto questa mattina sul mio profilo fb.
    La campagna sulla sicurezza caro Paolo non è roba nostra “Sicuri in montagna” è una campagna del CAI, quindi rivolgiti a loro.
    E’ vero che a fine anni ’70 le Guide Alpine promossero una campagna sulla sicurezza, ma aveva altre caratteristiche e in questi ultimi 10 e anche 15 anni abbiamo più volte chiarito pubblicamente che appartiene al passato e non fa più parte del nostro modus operandi. Almeno per quanto riguarda quel tipo di azioni che oggi non manterrebbero il loro significato originale.
    Poi se mi dici che fare corsi per insegnare ad utilizzare le tecnologie sia sbagliato allora non credo serva discutere ancora.
    La signora che incontrasti in Civetta è un esempio di quell’arroganza che oggi si fa notare sempre di più, che vuole il riconoscimento di diritti inesistenti, capita anche a me ed ai miei colleghi ogni giorno, di incontrare clienti con richieste assurde o che al momento in cui ti ritiri perché la situazione diventa troppo pericolosa, pretendano da te l’impossibile o comunque di correre dei rischi che domani in caso di incidente si rivolterebbero contro di te…
    Chi è quella mamma sempre incinta… ?

  15. Grazie, comincio a chiarirmi le idee.
    Caro Stefano ti racconto un fatto.
    Un giorno andavo con mio figlio dal Tissi al Torrani.
    Dopo poco più di 3 ore, verso le 12, ho incontrato una signora, perfettamente e costosamente attrezzata, per me in modo incredibile, che mi diceva di essere partita dal Coldai 4 ore prima (!). Quando le ho detto con cortesia che avrebbe dovuto affrettarsi perché il tempo stava cambiando, mi ha risposto che io allora ero esperto e come tale “dovevo” aiutarla, perché ero responsabile. Le ho risposto che avevo con me un minore e lui aveva priorità. Arrivato al Torrani verso le 14 dopo un piccolo temporale, dalle 16 ho telefonato al Coldai varie volte per saper della signora. Dopo le 18 han telefonato dicendo che la signora era arrivata (6 ore!), a sue parole, superando una bufera senza perdersi d’animo, perché “uno” esperto l’aveva abbandonata. Ora sto molto attento a evitare le persone che non capisco bene.
    Per questo fatto ti parlavo di gente deresponsabilizzata (tanta).
    Inoltre non è che questa campagna insistente, molto guidata dalle guide, sulla sicurezza sta sortendo effetti negativi?
    Però non preoccuparti per il mio senso altruistico che rimane sempre molto solido. A presto. paolo

  16. Gentilissimo Stefano Michelazzi
    La mia posizione nel dibattito avvenuto sottendeva un orientamento di pensiero teso all’abolizione del sistema ordinistico professionale tutto, in generale, e non riguardava la sola fattispecie della guida alpina. La necessità di abolire i protezionismi di questo sistema non è il pensiero di Notaristefano, ma di moltissimi tra cui, per citarne alcuni, Luigi Einaudi, Indro Montanelli, Bruno Zevi, Ugo La Malfa, Marco Pannella, Angelo Panebianco, Pietro Ichino, Antonio Martino e tantissimi altri. Il testo che ho riproposto nel confronto e che chiarisce il piede stortissimo con cui l’ordinamento delle professioni intellettuali è stato istituito, è ripreso da una petizione che, a suo tempo, fu inviata al senatore Renzo Piano in uno dei numerosi tentativi di abolizione portati avanti da chi, come me, crede che il protezionismo del recinto professionale sia un fardello insopportabile per un paese moderno. Un colpo serio l’abbiamo assestato con l’abolizione delle tariffe minime, ma con la votazione scandalo del 2011, all’emendamento 39 bis della manovra Tremonti, hanno vinto, per ora, nuovamente le corporazioni. Ma veniamo al caso specifico, Stefano. Hai affermato mezzo stampa 4 cose: 1) che è diffuso l’abusivismo, 2) che è pericoloso; 3) che bisogna fare qualcosa 4) che l’intento è di sensibilizzare e non di denunciare. Voglio chiarire, anche se non occorre, che è nel pieno diritto Chi difende quanto la legge riconosce come proprio ambito professionale, ma parlare di pericolo è altra cosa. Se si ha percezione che esistano situazioni di pericolo conclamato per l’utenza dei monti ad opera di “abusivi” non autorizzati, si vada in procura della repubblica senza tanti ricami (e sono certo tu l’abbia fatto). Io non ho notizia di incidenti occorsi nel gardesano, o situazioni di pericolo conclamato, ma saprai certamente Tu, che immagino avrai valutato approfonditamente i casi che genericamente segnali. Quello che si legge nello scritto, a mio vedere, è un’interpretazione piuttosto sindacale del sistema ordinistico al quale si è recentemente aggiunto anche la figura della guida alpina. Non è una novità, per chi la ritiene una stortura prettamente italiana. Non sono infatti mancati interventi di professionisti Tuoi colleghi che ne danno ampia riprova, ma qui sono stati omessi. Come in tutti gli ordini, che in Italia non tutelano nessuno se non se stessi, personalmente ho letto il ripetersi del solito schema desueto, al quale, porta pazienza, ma mi ribello. Definisco la mia specificità, la recinto e sorveglio che nessuno violi quello che intendo come proprietario, perché attribuitomi per decreto e molto spesso a prescindere dalla specificità del caso.
    L’articolo non chiariva la natura del pericolo, chi cosa come e perchè. Non credo si tratti di salite alpinistiche, ma di accompagnamento sui sentieri, non per questo privo di pericoli, certo.
    Per quanto riguarda la mia professione, che vorrei quanto prima abolire come ogni altra di natura intellettuale (e quindi anche la Tua) le competenze sono parzialmente sovrapposte a quelle di 4 distinti ordini. Se interpretassi l’appartenenza ad un ordine così come ho letto in alcuni interventi di quella discussione, passerei più tempo in procura che ad evadere gli incarichi che mi vengono affidati.
    Avrei preferito quindi un articolo che spiegasse in cosa sono giustamente diverse le guide alpine e perchè sceglierle, invece che la difesa sindacale della corporazione. Ma, de gustibus.
    Occorre inoltre dire, per venire al punto che più ti ha “offeso”, che la riforma delle professioni 2012, che non mi è sfuggita, attribuisce ai 27 ordini nazionali (record planetario) 4 funzioni: 1) Conservano gli elenchi di chi ha superato l’esame di abilitazione; 2) Sorvegliano sulla barzelletta dei carabinieri nota come formazione obbligatoria; 3) sorvegliano sulla deontologia; 4) verificano il regolare versamento delle quote d’iscrizione. Punto e a capo. Sono professionista dal 1989 ed iscritto a 2 distinti ordini e mai nessuno, in questi 30 anni, mi ha chiesto una supervisione di una perizia o di un parere o di un progetto per verificare se svolgo la professione in modo corretto e garantista per l’utenza. Ne a me, ne a nessun collega. Vorrei essere smentito, ma non credo che questo avvenga nemmeno nella recentemente istituita professione di guida. Per cui dire, che l’appartenenza ad un ordine professionale è garanzia della qualità della prestazione offerta alla committenza, oggi, molti e non solo Notaristefano, ritengono sia una grave inesattezza.
    Quando dici che il mio pensiero incoraggia l’abusivismo e l’illegalità, Ti sbagli. Sappi che il sottoscritto, prima ottempera a tutto quanto l’ordinamento professionale stabilisce, poi, semmai lo contesta, nel pieno diritto.
    Ritengo Stefano, che Tu svolga la professione da decenni in modo specchiato ed esemplare in quanto Stefano e non in quanto Guida Alpina e se sottintendi genericamente mezzo stampa che guida alpina è sinonimo di qualità e sicurezza, mi sento di dirti che non sono d’accordo. Così come un buon medico non è bravo in quanto abilitato.
    Io Ti ho già formulato le scuse se l’enfasi del dibattito e la mia posizione, che mi rendo conto radicale, ha urtato la tua sensibilità o ancor peggio ti ha offeso. Tante volte il ritmo serrato con cui si susseguono i post, la lettura affrettata e fraintendimenti non permette un confronto completo ed esaustivo.
    Inoltre, io intendo facebook, forse a differenza di te, un bar moderno dove il linguaggio colorito ed i paradossi tesi ad evidenziare il proprio pensiero siano leciti.
    Mi sono anche scusato per aver approfittato del Tuo tempo, perché nel ruolo che rivesti, rispondere a 150 post deve essere stato uno sforzo di pazienza non da poco, per il quale mi auguro Ti riconoscano presto i crediti formativi.
    Concludo, prima di essere nuovamente frainteso, dicendoTi che il sottoscritto non ha mai avuto, non ha e non avrà alcuna vicinanza a sodalizi esercitanti l’insegnamento di discipline alpinistiche, sia perché poco socievole e quindi ancor meno associativo, sia perchè non le ritiene insegnabili.
    Per cui, non difende ne nella precedente discussione, ne nella presente eventuali posizioni, che nulla hanno a che vedere con l’abusivismo, ma che, mi rendo conto, vengono interpretate da alcuni come tali (leggasi interventi omessi). Di questa diatriba tra scuole d’alpinismo e Guide alpine, che ogni tre per due si ripropone, con toni non sempre pacati spesso da parte anche di Tuoi Colleghi, io francamente sono sazio. Alle Guide consiglierei, da osservatore, fintanto che non cambierà l’orientamento delle professioni intellettuali, di sorvegliare meno il recinto e di dialogare con queste istituzioni, che non costituiscono concorrenza sleale, ma bensì una vera miniera di opportunità di lavoro.
    Il cosiddetto abusivismo, in ogni campo, si tratti di un edificio o delle professioni, si annida in ambiti in cui il titolare del diritto non opera o non è interessato ad operare. Quindi credo che nessun danno vi venga perpetrato. L’utenza degli abusivi, che bene fai ed a pieno diritto a contrastare, non la intercettereste comunque. A mio vedere eh.
    Ciò detto, sperando di aver chiarito la mia posizione, fiducioso nei nuovi disegni tesi ad abolirmi ed a abolirti, ti porgo i più cordiali saluti.

    Paolo Notaristefano

  17. Mah.. Faccio fatica a comprendere. Per diventare GA bisogna seguire un percorso formativo molto articolato ed investire, se non erro, circa 20.000 euro. E c’è chi parla di corporativismo. A me sembra che alcuni vorrebbero fare le stesse cose senza pagare dazio.

  18. Caro Paolo, stai facendo un po’ di confusione…
    Intanto vanno distinti professionismo e dilettantismo, altrimenti è chiaro che i conti non tornano:
    per quanto riguarda la responsabilità imputata in caso d’incidente al più esperto, parliamo di dilettantismo ed è regolata da una serie di principi del nostro Diritto, i quali individuano appunto, nel più esperto tra i componenti un gruppo, la responsabilità nei confronti dei meno esperti. Su questo ci sarebbe (c’è) molto da discutere, anche in virtù delle libertà personali e del diritto soggettivo a decidere autonomamente. Spiego: se due amici fanno una gita sulla neve ed il più esperto decide di tornare mentre l’altro decide di continuare, nessuno può impedirglielo, motivo per cui non mi risulta di alcun caso in cui sia stato fatto valere questo principio, almeno nei termini di base.
    Ovviamente in presenza di un professionista tutto questo è intrinseco e quindi la responsabilità gli è automaticamente imputata.
    Lo scaricabarile che tu ipotizzi perciò è pura fantasia dettata da scarsa conoscenza delle basilari regole del Diritto e non vedo dove stia la comodità delle leggi attuali, quando appunto tra dilettanti e professionisti esiste già per logica, se non appunto com’è, per norma, un confine netto e difficilemente confondibile. La deresponsabilizziazione poi non capisco da dove derivi…??? Se ti affidi al professionista è logico che la responsabilità sia sua, se vai da solo è, e rimane tua… quindi…???
    Personalmente mi è capitato più volte d’intervenire ad aiutare qualche sprovveduto a tornare a casa invece di farsi male o peggio in montagna e non solo in montagna, non tenendo certo conto della responsablità che mi assumevo in quei casi… Scegliere di vedere o non vedere fa parte della propria cocienza e di scelte derivate da quest’ultima!
    Sui paragoni vari tra bravi e meno bravi… beh… se mi facessi tirare dentro a polemiche di questo genere non farei bene la mia professione…!

  19. Spero di andare un po’ oltre la discussione, perchè non capisco.
    Se la legge definisce le guide come gli unici …. perchè la responsabilità di ciò che accade mi dicono sia data anche a quelli più esperti presenti?
    Per me ora deve essere così: se non ci sono guide la responsabilità è individuale, se ci sono è solo loro.
    Penso che la legge attuale sia molto “comoda” per le guide, nel senso che dà a loro il monopolio, ma porta a una deresponsabilizzazione delle persone, in più è una forma di “scaricabarile” su coloro che alpinisticamente non sono da meno delle guide brave.
    Quando sono in giro non devo nè sentire nè vedere perché divento responsabile?

  20. “Il fatto che la guida alpina sia l’unica persona che secondo la legge può accompagnare altri in montagna …”

    Non l’unica che può accompagnare, ma l’unica che può lucrare, quantomeno sui suoi terreni.

    Per tenere a controllo molte legittime invettive, spesso anche ricche di spunti evolutivi e di consapevolezze, di chi contesta la figura professionale della guida, può forse essere utile ricordare che nei confronti di altre figure equipollenti – almeno da un punto di vista giuridico, legale e fiscale – tra le quali l’avvocato, il chirurgo e l’architetto, siamo tendenzialmente uniti nel riconoscere l’abusivismo di chi professa, lucra senza averne titolo riconosciuto.

    Per contestare la legge, legittimo e condivisibile, non pare utile mettersi contro le persone che sono guide.
    Accetteremmo di venire personalmente criticati in quanto titolari di un titolo professionale, magari aspramente, da uno ricco di argomenti contro la professione che professiamo?

    Come si dirimerebbe una qualunque relazione professionale se entrambe le parti non costituiscono ente riconosciuto e valido? Non è infatti da dimenticare che le guide forniscono serivizi anche a enti pubblici.

    Ci sono molti, moltissimi gornalisiti, regolarmente iscritti all’ordine, radicalmente contrari al mantenimento dell’ordine stesso. Non penso si possano individualmente criticare in merito all’esistenza del loro ordine.

    Quindi contestiamo leggi e ordinamenti, criteri e esigenze, servizi offerti e servizi richiesti, ma con la conoscenza necessaria e senza mescolare le motivazioni personali, le concezioni dell’alpinismo, il valore delle passioni, lo spessore dell’etica. Sennò è guerra permanente.

    Per chi volesse approfondire.
    Penso che molti Collegi provinciali e regionali, nonché il Collegio nazionale delle Guide alpine riportino in chiaro le leggi che che regolamentano la professione.

  21. “Il fatto che la guida alpina sia l’unica persona che secondo la legge può accompagnare altri in montagna, direi che è drammaticamente triste, vuol dire cercare di ingabbiare la passione in regole, in situazioni legali, vuol dire lasciare che grigi burocrati che scrivono leggi, senza mai avere amato il calore della roccia che riempie i palmi, decidano cosa è giusto in montagna, chi può e chi no. ”

    Sono un istruttore di alpinismo del CAI dal 1984 e, con tutto il rispetto per le Guide Alpine, condivido questo pensiero di Claudio.
    Spesso mi hanno chiesto perchè non ho fatto la guida alpina. Magari non sarei stato capace di diventarlo, ma ho risposto che per me andare in montagna è un DIVERTIMENTO, e lo faccio quando ne ho voglia. Se non mi va , se non me la sento, me ne sto a letto.
    Invece se lo avessi trasformato in un lavoro , avrei dovuto farlo per rispettare un contratto preso con il cliente, perchè avrei dovuto mangiare. Insomma il mio divertimento si sarebbe trasformato in un obbligo, verso gli altri e verso me stesso.
    Ma andare in montagna non è un obbligo.
    Per contro condanno totalmente chi, non essendo professionista, si fa pagare. Questo ruba i soldi agli altri che si sono fatti e si fanno il culo . Questo è anche un evasore fiscale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.