Accordo Parco dei Sibillini-Guide alpine

La pluriennale querelle con il Parco Nazionale dei Monti Sibillini, di cui abbiamo già dato notizia in https://gognablog.sherpa-gate.com/monti-sibillini-lettera-aperta-chi-e-nemico-della-natura/ e in https://gognablog.sherpa-gate.com/numero-chiuso-nel-parco-dei-sibillini/ sembrava avviata alla felice conclusione con l’accordo tra il Parco e le Guide Alpine.

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Non si comprende però perché il Parco ha scelto di fare un accordo unilaterale con le Guide Alpine tralasciando così altri interlocutori diretti come a esempio il Club Alpino Italiano. Che non ha tardato a intervenire sull’accordo fatto, tramite una lettera della presidente del CAI di Ascoli Piceno, Paola Romanucci, che qui riportiamo integralmente e che condividiamo.

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PARCO DEI SIBILLINI – COLLEGIO DELLE GUIDE ALPINE: UNA CONVENZIONE SBAGLIATA

di Paola Romanucci, presidente della Sezione CAI di Ascoli Piceno

Il Parco nazionale dei Sibillini informa di aver stipulato un accordo con il Collegio regionale delle Guide Alpine per la pratica sostenibile delle attività alpinistiche, a tutela del ripopolamento del camoscio appenninico e con particolare riferimento ad aree sensibili come il Monte Bove. Questo, malgrado una richiesta ufficiale del CAI Marche e Umbria di istituire un tavolo consultivo già previsto da un protocollo di collaborazione siglato ben 14 anni fa dal CAI e dal Parco.

L’accordo impegna il Parco “a riconoscere il Collegio quale referente tecnico ufficiale in materia di attività alpinistiche” (art.3), con la precisazione che esse includonole attività di alpinismo, di arrampicata, di bouldering, escursionistiche, sci-escursionistiche, sci-alpinistiche, ciclo escursionistiche (mountain bike), speleologiche, torrentistiche e dei parchi acrobatici, comprese le attivita a queste collegate, svolte in modo autonomo o in accompagnamento, a livello professionale e non, in qualsiasi stagione e su qualsiasi terreno, ivi compresi terreni innevati e non, roccia, ghiaccio e media montagna” (art.2).

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E’ evidente che, secondo la Direzione del Parco, esiste un unico soggetto competente e possibile referente in materia di attività in ambiente montano. Esiste un unico soggetto titolato a collaborare con il Parco al fine di garantire la compatibilità delle sopraddette attività alpinistiche con la tutela dell’ecosistema montano, la formazione di una coscienza ambientale e la promozione di un alpinismo di tipo tradizionale e sostenibile.

Non siamo d’accordo. Invitiamo il Parco dei Sibillini a prendere atto che il Club Alpino Italiano, fondato nel 1863 ed eretto a ente pubblico con legge dello Stato n.91 del 1963, “ha per iscopo l’alpinismo in ogni sua manifestazione, la conoscenza e lo studio delle montagne, specialmente di quelle italiane, e la difesa del loro ambiente naturale” (art.1 Statuto CAI), trae sua forza rappresentativa da oltre 315.000 soci e quasi 500 sezioni (di cui circa 3740 soci e 14 sezioni nelle Marche) e fonda la sua attività volontaristica sui principi di tutela e promozione dell’ambiente montano, nonchè della sua frequentazione su basi di responsabilità, consapevolezza e autoformazione.

Ci appare grave che la Direzione del Parco abbia ignorato il nostro ruolo istituzionale e disatteso il nostro patrimonio ultracentenario di competenze, di esperienza e di tradizione. Un patrimonio collettivo e capillarmente diffuso nel corpo sociale, basato sul puro volontariato, sulla passione e sulla conoscenza della montagna. Un patrimonio che in più occasioni abbiamo messo a disposizione del Parco, con la nostra opera di segnatura e mappatura dei sentieri, con interventi pubblici a supporto della tutela degli ecosistemi interni al Parco.

Ricordiamo che il Parco dei Sibillini deve per larga parte la sua stessa istituzione alle battaglie ambientaliste della Sezione CAI di Ascoli Piceno (suggeriamo al Direttore la lettura di “Sibillini, storia di un Parco”, a cura di Marcello Nardoni, edito dalla Sezione del CAI di AP).

Ricordiamo che la scoperta alpinistica e la divulgazione del territorio dei Sibillini è in consistente misura dovuto a soci del CAI che, sin dagli anni Trenta dello scorso secolo, dal precursore Angelo Maurizi fino agli alpinisti del CAI dell’Aquila, Macerata, Ascoli, Perugia, Roma, vi hanno aperto vie alpinistiche. Ricordiamo che i Sibillini ed il Parco debbono la loro notorietà anche alle numerose pubblicazioni del CAI (prima guida dei Sibillini del 1983) e della Società Editrice Ricerche, fondata e gestita da soci di Ascoli Piceno che hanno esplorato, censito e divulgato itinerari escursionistici e salite alpinistiche.

Ricordiamo che da sempre il CAI coniuga nelle proprie attività la tutela dell’ambiente montano e la formazione alla sua frequentazione consapevole e autonoma. Con una costante e capillare opera sul territorio, attraverso corsi di base e avanzati, programmi sezionali di attività in ambiente e iniziative culturali, titolati CAI e soci esperti contribuiscono ad un costante processo formativo dei cittadini di ogni età, incrementando e condividendo un bagaglio pluridecennale di conoscenze tecniche e culturali. In tal modo, la frequentazione consapevole e rispettosa diventa essa stessa il più efficace presidio di tutela e valorizzazione del territorio montano.

A fronte delle gravi dimenticanze ad opera della Direzione del Parco, il “contentino” dell’art.5 della convenzione (“Sono fatti salvi gli accordi stipulati dal Parco – o che verranno stipulati – con altri soggetti in materia di attività in montagna, con particolare riferimento al CAI e alle Guide del Parco; in questi casi, il Collegio si impegna a stabilire un rapporto collaborativo anche con tali soggetti fermo restando il suo ruolo di indirizzo tecnico generale in tema di attività in montagna”) suona vuoto, se non ironico, laddove si preoccupa – più che di individuare un vero ambito di competenze del Sodalizio – di riconfermare l’investitura “fiduciaria” esclusiva al Collegio delle Guide.

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Un pessimo esempio di amministrazione, che nega in un sol colpo i principi cardine dell’ordinamento e dello stesso Statuto del Parco, che incentivano la leale cooperazione tra amministrazioni e corpi sociali e la partecipazione attiva ai processi decisionali.

Spiace constatare come il Parco abbia perso l’occasione preziosa di inaugurare un nuovo metodo partecipato, coerente con detti principi, che consentirebbe di elaborare le più efficaci modalità di frequentazione del territorio, non escluse le restrizioni di attività antropiche funzionali al rispetto degli ecosistemi e delle loro vulnerabilità. Un vero peccato, perchè mettere in rapporto gerarchico – e non paritario e collaborativo – i soggetti coinvolti a vario titolo nella fruizione e nella tutela del territorio montano, genera soltanto inefficienza e conflittualità. E la Direzione di un Parco nazionale, tutto questo, dovrebbe saperlo.

postato l’8 ottobre 2014

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Accordo Parco dei Sibillini-Guide alpine ultima modifica: 2014-10-08T07:30:39+02:00 da GognaBlog

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11 pensieri su “Accordo Parco dei Sibillini-Guide alpine”

  1. il CAI con tutte le sue varie espressioni e anche molte guide alpine sono tutto…meno che depositari “dell’etica della montagna” !!!!!!!!!!

  2. Rimaniamo pure amici, sono d’accordo con quel che dici. Mi sono spiegato male. Intendevo dire che oggi le organizzazioni soffrono del male comune di essere autoreferenzianti. Ecco perché parlavo di competenze. Non sono d’accordo che ogni intervento in montagna sia prerogativa delle GA, non sono d’accordo che il CAI sia considerato l’unico depositario dell’etica della montagna. Penso che la ricerca di un “guadagno” sia economico che di affermazione personale, sia giusto se corrisposto in cambio di un servizio utile, non perché dovuto per legge o per riconoscenza

  3. gli han sottratto il giocattolo…
    Cavoli! Non sei più mio amico!!!
    Il CAI riceve più di un fondo ( a livello nazionale) per la sentieristica, ed è suo compito proprio perchè istituzionalizzato, tenerli in ordine, cosa che sempre più sta scomparendo…
    Un ente anomalo (non essendo pubblico) che forse sarebbe ora venisse definito meglio… i soldi non sono ideali…!

  4. Per correttezza di informazione pubblico la risposta del CAI Marche all’ex presidente Graziani (che si è anche scusato poi per i toni usati nel suo articolo su Greenreport.it)

    “Troviamo sorprendenti e gravi i toni quasi minatori – quelli sì, da lesa maestà: criticare il Parco è vietato ! – dell’ex Presidente Graziani.
    Spiace che la lettera del Presidente Generale Martini sia stata letta senza la necessaria obiettività (e neppure pubblicata a margine dell’intervento, per consentirne una lettura diretta).
    La visione personalisitica limitativa, proibizionista e non condivisa è nelle cose, come ben sanno quanti hanno ascoltato l’attuale Direttore del Parco auspicarne pubblicamente l’ingresso a pagamento. E’ nella gestione del Parco a decreti direttoriali focalizzati sulla tutela delle biodiversità, in assenza di interventi volti a contrastare efficacemente il progressivo spopolamento antropico.
    La mortificazione dei corpi sociali è nel disattendere per ben 14 anni un Protocollo di collaborazione con il CAI . E, proprio quando il Sodalizio di quel tavolo chiede la tempestiva istituzione (18 luglio) (anche “per discutere in maniera organica tutte le limitazioni alla fruizione del Parco che lo stesso Ente prospetta per l’anno 2015, che meritano preventivo approfondimento, non essendoci particolari motivi di urgenza alla loro adozione,… attraverso un nuovo metodo consultivo (per) elaborare insieme strategie e pianificare le più efficaci modalità di frequentazione etc”), affrettarsi a siglare (12 agosto) con le Guide una investitura sostanzialmente esclusiva di tutte le attività alpinistiche.
    La carenza di un confronto adeguato è nel decretare in tutta fretta (28 agosto) l’attuazione dell’accordo con le Guide (senza nessuna credibile urgenza, essendo nota a tutti la scarsissima frequentazione alpinistica del Monte Bove), nel mentre si rinviava a ottobre (sic) la convocazione dell’incontro con il CAI, peraltro con imposizione di limiti numerici e di materia.
    La mancanza di metodi partecipativi è nell’aver disatteso i ripetuti e preoccupati solleciti del CAI di interventi del Parco fermi e chiari contro le cicliche proposte di ripristino della strada in quota sul Monte Sibilla (emblema dello sfregio ambientale e mai rinaturalizzata, come pure previsto dal Piano del Parco); sui ricorrenti progetti di riapertura della grotta della Sibilla, a oltre 2000m di quota; a tutela di una parte di sentiero storico su roccia in zona prato Porfidia, definitivamente cancellata dalla realizzazione di una condotta; per una valutazione adeguata dell’impianto di innevamento artificiale a Forca Canapine. La mancanza di metodi partecipativi, ancora, è nella mancata risposta alle osservazioni del CAI al Piano del Parco.
    E’ tutto leggibile in lettere, decreti, documenti, articoli.
    Una lettura più obiettiva avrebbe forse consentito all’ex Presidente Graziani di comprendere quali siano “i motivi sostanziali” della richiesta di annullamento della convenzione con le Guide. Gli avrebbe risparmiato di adombrare inesistenti accuse di insufficienza etica e professionale del CAI nei loro confronti.
    Con l’autorevolezza di un’associazione storicamente e istituzionalmente vocata alla tutela e promozione della montagna, la lettera aperta del CAI offre un prezioso contributo di opinione critica e propositiva al tema attualissimo della gestione del Parco dei Sibillini e dei parchi italiani in genere. Un’opinione democraticamente espressa da ben due assemblee regionali del Sodalizio e recepita dal Presidente Generale Martini. Un’opinione la cui libera espressione è garantita dalla Carta Costituzionale, anche quando assume toni e contenuti di critica severa. Dissentire e proporre è il sale della partecipazione e del confronto democratico, Presidente Graziani, sanciti anche dallo Statuto del Parco. Altro che brandire azioni penali e risarcitorie, gettando benzina invece di contribuire alla costruzione di un nuovo dialogo, nell’interesse del territorio e della collettività che ne fruisce.
    Spiace che proprio un giurista mostri di ignorare le implicazioni di accuse ingenerose.
    Spiace che proprio un ex rappresentante del Parco non comprenda il valore e la forza delle proposte contenute nella lettera, a cominciare dall’autorevole sollecito al Ministero delle nomine del Consiglio Direttivo, organo di indirizzo tutt’ora inesistente la cui essenzialità per un corretto ed efficiente funzionamento del Parco, evidentemente, non è da tutti condivisa.
    Spiace che a tacciare il CAI di pretestuosità, ipocrisia e meschinità sia proprio l’ex Presidente di un Parco che al CAI deve, per larga parte, la propria stessa istituzione. Quel CAI che da anni offre al Parco l’opera dei propri volontari per la sentieristica. Lo stesso CAI che si mobilita oggi in difesa delle sorgenti del Parco contro gli incrementi di prelievo previsti da un Piano regionale. Il CAI che di frequentazione, conoscenza e promozione dei Monti Sibillini si occupa da ben prima della stessa creazione del Parco, con numerose pubblicazioni e attività.
    Tuttavia, non cadremo nello stesso errore di svilire il dibattito per un Parco vivo e partecipato con commentari offensivi e minacce di azioni legali.
    Lavoreremo, anzi, affinché si apra una nuova stagione di vera partecipazione e di coinvolgimento di tutte le componenti vitali del territorio, per sostenere e rilanciare, con progetti concreti e buone pratiche, un turismo consapevole e nuove forme di economie sostenibili anche nel Parco dei Sibillini, oltre la mera tutela delle biodiversità.”

  5. Credo che ci stiamo avvicinando al cuore del problema che, a mio avviso, non è “da che parte stare” accettando una logica di concorrenza tra organismi che si occupano o vorrebbero occuparsi di montagna e/o di alpinismo, ma bensi entrare nel merito del problema per capire “che fare”. Ogni organizzazione che si propone una rappresentanza professionale, etica, politica deve fare i conti con una crisi di partecipazione che coinvolge la società. Collegi professionali delle GA e CAI non ne sono esenti. Credo che la differenza sostanziale sia evidente, i primi sono seri professionisti che vendono le proprie prestazioni in cambio di denaro, gli altri seri volontari che per passione svolgono il loro servizio ggratuitamente. O no? Non mi pare una esagerazione sostenere che la differenza stia nelle competenze. Inutile tentare di voler rappresentare sempre tutto e tutti, occorre fare delle scelte, e qui sta la crisi, sempre secondo me, delle due organizzazioni. Faccio degli esempi per capirci. Le GA del Cadore sostengono l’eliski sostenendo che nel periodo invernale non vi sono animali in quota. Riprova della loro mancanza di competenza in questo campo o soluzione economica? Il CAI Veneto condanna l’eliski ma poi lo accetta per “impossibilità di intervento risolutivo”. Torniamo a bomba: le organizzazioni pur di avere egemonia di rappresentanza tollerano le posizioni contrastanti e anche quelle in netto contrasto con le scelte etiche dichiarate. Tutto questo regalando una quota di potere politico a presidenti e rappresentanti vari che, nell’impotenza totale fanno accordi e dichiarazioni o modifiche di legge a favore dei propri rappresentati, economiche per le GA (se ho bisogno di un architetto non vado all’Ordine profess. ma dal singolo), di affermazione sociale per il CAI ( i sentieri li mantengono le sez di montagna ma il prestigio va ai dirigenti regionali). Tra parentesi solo due esempi ma ve ne sono molti altri. Ha fatto bene l’ente parco a rivolgersi alle GA, ma ne hanno la competenza specifica? Un invito, il riconoscimento delle professioni minori di recente approvazione su invito CEE ha liberato una serie di competenze specifiche. Informarsi non è proibito, ancora.

  6. Mi sembra il solito dejà vu! Ogni qualvolta qualcuno non “in linea” con il corpo dirigente (camuffato da sociale), porta avanti e viene riconosciuto nelle sue prerogative professionali, il CAI si sente scavalcato. Taccia di interessi privati gli “avversari” disapprovandone ed ostacolando in ogni modo, politicamente come farebbe un qualsiasi Riina, le capacità operative ancorché le competenze, sicuramente minori rispetto alla gloriosa storia di un sodalizio sclerotico nei suoi riferimenti Statutari. Ciò che gli altri fanno se non vi è l’egida e il benestare della SACRA FAMIGLIA, è FUFFA. Non è sicuramente adeguato. Probabilmente, molto probabilmente, sbagliato.
    La PELOSA ricerca di esserci, dilatando il significato del proprio statuto come la pasta della mozzarella, a coprire ogni scibile inerente la Montagna, l’ambiente, la cultura… e lo stare al mondo in definitiva, supera qualsiasi considerazione sul contenuto di proposte portate avanti da altri con determinazione e (ahiloro!) con successo. Non è possibile ci sia qualcosa di buono senza di loro e… muoia Sansone con tutti i filistei!

  7. Ciò che leggendo l’articolo ho immediatamente pensato è che si son pestati i piedi a qualcuno che probabilmente voleva farsi gli affaracci propri… la lettera di Graziani perciò conferma appieno ciò che pensavo…
    Senza andare troppo in là, vorrei ricordare a questi signori tanto pieni di sedicente gloria montana, che da poco la presidenza nazionale ha firmato un accordo per la frequentazione di motocicli sui sentieri montani, che uno dei rifugi storici sulle Dolomiti è diventato un welness e tante altre cosucce…

  8. Però – se si parla da alpinisti – le cause penali e civili si possono anche lasciar perdere.

  9. Pubblico con piacere l’opinione di Carlo Alberto Graziani
    Ho letto con stupore una lunghissima lettera aperta del Presidente nazionale del CAI al Ministro dell’Ambiente e addirittura al Presidente del Consiglio nella quale viene attaccato con inusitata asprezza il Parco Nazionale dei Monti Sibillini.

    Il Presidente accusa di lesa maestà il Parco, reo di avere voluto riconoscere come referente tecnico per le attività alpinistiche che si svolgono nel suo territorio, e in particolare sul Monte Bove dove è insediata una popolazione di camosci, anche il Collegio delle Guide Alpine delle Marche e non solo il CAI. E’ questala vera ragione della lettera: il Presidente infatti annuncia, non senza una certa ingenuità, che i Gruppi regionali Marche e Umbria de CAI chiederanno l’annullamento della convenzione con il Collegio delle Guide, ma non ne indica i motivi sostanziali (si limita invece, molto burocraticamente, ad accennare ad aspetti meramente formali, peraltro discutibili); nello stesso tempo chiede che il Parco ristabilisca con il CAI “corretti rapporti” e con le Guide Alpine un “adeguato rapporto rispondente all’etica e alle competenze professionali delle stesse”, accusando così il Parco di scorrettezza e le Guide, senza forse rendersene conto, di insufficienza etica e professionale.

    Ma a parte il risentimento, piuttosto strano per il Presidente di una grande associazione che ha rapporti importanticon tantissimi parchi italiani e con lo stesso Parco dei Sibillini, la gravità della lettera è altrove. E’ nell’accusareil Parco di “visione personalistica, limitativa, proibizionista e non condivisa, che svilisce la risorsa territorio, mortifica il ruolo dei corpi sociali qualificati e portatori di interessi diffusi”, nel denunziarlo per “l’assenza di un adeguato confronto con interlocutori qualificati” e soprattutto nel dichiarare che la sua gestione del Parco sarebbe “carente di metodi e strumenti partecipativi”: quando invece l’impegno fondamentale del Parco, dalla sua istituzione a oggi, è stato proprio quello diretto a condividerele proprie finalità con gli attori del territorio e con i visitatori e a far partecipare alla sua azione soggetti scelti al più alto livello. Ne è confermaproprio l’attuale gestione delle attività alpinistiche sul Monte Bove per la quale il Parco ha voluto coinvolgere studiosi, operatori, associazioni, a partire proprio dal CAI delle Marche e dell’Umbria, oltre, come è ovvio, al Comune di Ussita territorialmente competente.

    La lettera contiene dunque una vera e propria lesione dell’immagine e dell’onore del Parco dei Sibillini e di quanti nel Parco operano con passione, abnegazione, elevata professionalità (lo posso attestare personalmente) e pone perciò un problema di tutela giudiziaria sia sul piano penale (diffamazione) sia su quello civile (risarcimento del danno non patrimoniale): tale tutela infatti non riguarda solo le persone fisiche, ma, come è noto, anche gli enti e pertanto ben potrebbe essere fatta valere nelle sedi competenti.

    Alla luce di queste brevi considerazioni le tante parole spese dal Presidente nazionale del CAI – che pure sono da condividere: sul ruolo dei parchi, sull’impegno del sodalizio per i parchi e anche per il Parco dei Sibillini, sull’importanza delle Guide Alpine – mi sembrano solo un pretesto un po’ ipocrita per dare dignità a un’accusa che resta ingiusta e meschina. Nel dire questo provo un forte dolore perché del CAI sono stato socio per quasi quaranta anni.

    Carlo Alberto Graziani

  10. stessa cosa avviene in Apuane.

    L’ente Parco non fa altro che tenere gli occhi chiusi facendo finta di non vedere sulla continua e selvaggia escavazione del marmo e dei detriti per fare carbonato di calcio.

    La scusa del parco è che non ha poteri. Però, come qualsiasi altro cittadino, potrebbe denunciare quello che avviene. Denunciare il degrado ambientale.
    Invece se ne guarda bene.
    E se ne guarda bene anche di promuovere la conoscenza dei nostri monti.

    In compenso promuove la mortedella nostrale e il biroldo…….

  11. Non mi meraviglia. L’assalto alla montagna prosegue inesorabile. Qui in Trentino si aprono le forestali al traffico con la scusa che le malghe in quota possono vendere meglio i loro prodotti. Gli orsi “confidenti” sono tolti di mezzo senza tanti complimenti (Jurka, Daniza etc) . Il Parco Adamello Brenta consente l’uso delle motoslitte ai cacciatori per “esigenze venatorie”, e approva la costruzione di mega bacini di innevamento (Montagnoli). Nel parco Stelvio costruiscono impianti di sci e nuove piste. E il parco di Paneveggio-Pale di S. Martino organizza addirittura i concerti per i suoni delle Dolomiti… Devo andare avanti? 🙁

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