Acqua color petrolio

E’ ora di mobilitarci tutti contro lo strapotere di ENI, Total, Shell e degne compagnie che, come scritto nello scritto sotto riportato di Nicolò Wojewoda, “stanno tentando disperatamente di avvinghiarsi alle leve del potere – attraverso la politica e le partnership che legittimano la loro esistenza“…  

Nel resto del mondo le combattono soprattutto per l’impatto dei combustibili fossili sul clima, da noi dobbiamo farlo anche per i danni diretti alla nostra terra e alla nostra salute. 

Non è infatti possibile continuare a permettere queste attività così inquinanti sui nostri territori, così antropizzati e fragili, alla luce di quello che ogni giorno viene a galla; è semplicemente inconcepibile continuare a trivellare ed estrarre idrocarburi a poche centinaia di metri da centri abitati, aziende agricole, corsi d’acqua, invasi per uso irriguo e potabile.

La favola della ricchezza
di Giorgio Braschi giobra50@gmail.com

In Basilicata stiamo vivendo un momento davvero difficile dovuto alla sempre maggiore presa di coscienza della gravità dell’inquinamento prodotto dalle attività estrattive e di lavorazione del petrolio. Se vent’anni fa avevamo salutato con entusiasmo la ripresa delle attività petrolifere (ricordo l’orgoglio con cui si parlava di Basilicata Saudita e dello Sceicco Bubbico, l’allora presidente della Regione) credendo alla favola della ricchezza e dei posti di lavoro per la nostra zona, oggi ci stiamo rendendo conto di quanta disinformazione fu fatta dall’ENI per non far conoscere la terribile pericolosità di queste attività e le letali conseguenze per i territori e le popolazioni che ci vivono. 

Albina Colella

Stamattina (26 febbraio 2017) ho partecipato alla passeggiata informativa del Coordinamento No Triv (non c’è stato il tempo di organizzare la manifestazione vera e propria in programma) e vi assicuro che stringeva il cuore vedere il Lago del Pertusillo di color marrone scuro; ENI e Regione minimizzano dicendo che sono solo alghe, ma la Professoressa Albina Colella dell’Università di Basilicata ci ha spiegato con molta chiarezza le cause di questa proliferazione anomala, legate strettamente alle attività estrattive. 

Purtroppo guardi il paesaggio attorno con le belle montagne coperte dai boschi e stai male a pensare che sono tutte bucate fino a 5-6000 metri di profondità e imbottite di veleni per favorire la fuoriuscita del petrolio… è allucinante pensare che l’inquinamento, le sostanza tossiche, non sono solo in superficie come in altre parti d’Italia, qui sono dentro le viscere stesse delle montagne, con liquami pieni di sostanze tossiche e radioattive che risalgono dalle fratture della roccia fino alle falde acquifere, e fuoriescono insieme alle acque delle sorgenti… quella che una volta era una Valle Incantata, un vero paradiso, ora sai che lo è solo in apparenza, dentro è velenosa e avvelena mezza regione. E il bello è che siamo in pieno Parco Nazionale della Val d’Agri e dell’Appennino Lucano… evviva i parchi! 

Invito tutti a leggere il documentato report allegato Acqua color petrolio, perché fa male sapere che noi viviamo queste situazioni, totalmente ignorate nel resto d’Italia.

Centro Oli di Val d’Agri (COVA) a Viggiano

È giunta l’ora di una Mobilitazione Globale per il Disinvestimento
di Nicolò Wojewoda nicolo@350.org, 22 febbraio 2017

Alcune persone negano la realtà dei fatti, ma la crisi climatica peggiora di giorno in giorno. Sappiamo chi sono i responsabili e sappiamo anche come fermarli.

Abbiamo contribuito a smascherare l’industria dei combustibili fossili attraverso il disinvestimento per tre anni. Le nostre istituzioni, grandi e piccole, si sono schierate pubblicamente in tutto il mondo contro un’industria immorale che ha sacrificato il nostro clima comune e il nostro futuro in nome del profitto. E non ci tireremo indietro.

Ora che gli impatti del cambiamento climatico si stanno intensificando e l’instabilità politica coinvolge sempre più paesi, è il momento di unirci per portare il disinvestimento a un livello completamente nuovo con la Mobilitazione Globale per il Disinvestimento a maggio.

Guarda questo video di un minuto e facci sapere che tipo di azione sei disposto ad intraprendere nella tua città tra il 5 e il 13 maggio.

Le compagnie dei combustibili fossili hanno passato decenni a negare gli studi scientifici sul clima e a ritardare soluzioni che ormai sono inevitabili In questo momento, sanno che stanno combattendo una battaglia persa perché ci stiamo avvicinando a un’era di energie rinnovabili pulite, abbondanti e gratuite con le quali non possono competere in modo onesto. Ecco perché stanno giocando sporco.

Vediamo che le compagnie del carbone, del petrolio e del gas stanno tentando disperatamente di avvinghiarsi alle leve del potere – attraverso la politica e le partnership che legittimano la loro esistenza. Il nostro lavoro, questo maggio e più avanti, è continuare a svelare la loro vera natura e i loro effetti reali sulle vite delle persone e i luoghi in cui vivono. A maggio unisciti al movimento globale per il disinvestimento per una dimostrazione di forza.

Invitiamo singoli cittadini e gruppi di tutto il mondo a obbligare le proprie istituzioni a schierarsi e disinvestire dal cambiamento climatico. Attraverso azioni creative e d’impatto, ognuno di noi può contribuire a mettere sotto l’occhio di tutti gli impatti climatici causati dagli investimenti delle nostre istituzioni locali e partnership nei combustibili fossili. Dai un’occhiata al sito della Mobilitazione Globale per il Disinvestimento per tutte le informazioni e il supporto di cui hai bisogno per cominciare.

Il COVA di Viggiano (Basilicata)

Acqua color petrolio
a cura del Coordinamento No Triv Basilicata
Potenza, 24 febbraio 2017

Sui mezzi di comunicazione locali e nazionali continuano a rimbalzare le drammatiche immagini delle enormi chiazze scure nelle acque dell’invaso del Pertusillo, in Val D’Agri.

Si teme possa esservi stato un ingente sversamento di idrocarburi, proprio perché alcune settimane fa si è avuta una fuoriuscita di petrolio dal COVA (Centro Oli di Val d’Agri) di Viggiano, che è durata per decine di giorni.

Il timore maggiore è che ci possa essere stata anche una contaminazione delle falde acquifere e che si possa trattare di un “incidente rilevante”.

Ad avvalorare realisticamente questa sciagurata ipotesi è la spola continua delle autobotti che dai tombini esterni al COVA hanno trasportato quei liquidi maleodoranti prima all’interno del COVA stesso, per poi destinarli a luoghi di smaltimento sparsi per tutta Italia.

Molti di questi liquidi non sono stati aspirati, in quanto non si riesce in casi di sversamenti simili a garantire la totalità del recupero dei rifiuti liquidi, se non attuando un complesso piano di bonifica (mai attuato in realtà) che prevedrebbe, tra le altre cose, anche l’utilizzo di appositi assorbenti sulle acque del fiume Agri e nell’invaso del Pertusillo, oltre ad una serie di pompe sommerse in tutti i tombini ed in tutti i pozzetti dell’area industriale di Viggiano.

La situazione allarmante dell’invaso del Pertusillo è stata denunciata più volte nel corso degli ultimi anni.

Sono conosciute anche fuori della Basilicata le storie di denuncia di inquinamento e di moria di pesci fatte dalla Prof.ssa Albina Colella, dal Tenente Giuseppe Di Bello, da associazioni come la OLA (Organizzazione Lucana Ambientalista). Gli stessi Comitati per l’Acqua Pubblica hanno denunciato il pericolo che le attività estrattive potessero determinare un inquinamento irreversibile non solo dell’invaso, ma anche delle falde idriche, che rappresentano il vero tesoro di questa terra.

Giuseppe Di Bello

Il pesante inquinamento delle matrici ambientali potrebbe impedire alle future generazioni di vivere in salute.

Le azzardate scelte produttive della classe politica regionale stanno fortemente minando la qualità e la quantità delle nostre acque, con conseguenze anche sulle popolazioni delle Regioni vicine che sono approvvigionate dagli invasi lucani.

La Basilicata è una regione ricca di acqua, in superficie e nel sottosuolo. Questa sua ricchezza le permette di movimentare verso altre Regioni il 35% di acqua per uso potabile, irriguo e industriale del bacino idrico dell’Appennino Centro-Meridionale. La diga del Pertusillo, in particolare, alimenta vari acquedotti di Basilicata, Puglia e Calabria. Più di due anni fa, la Rete appulo-lucana “Salva l’Acqua” aveva provato a far conoscere ai pugliesi le preoccupazioni delle associazioni e degli attivisti lucani.

Le indagini scientifiche hanno dimostrato la pericolosità della pratica della reiniezione (ad oltre 400 bar di pressione e a profondità elevate) in pozzi esausti, che nella combinazione di obsolescenza delle strutture di incamiciamento, corrosione, smottamenti geologici, favorisce la stimolazione potenziale delle faglie sismogenetiche e gravi episodi di inquinamento delle falde di ricarica acquifera.

Il proliferare in Basilicata dei comitati No Triv e la nascita nella nostra regione del Coordinamento Nazionale No Triv sono anche il frutto della consapevolezza dei cittadini lucani dell’uso irresponsabile del patrimonio idrico, che ne pregiudica la qualità e la quantità.

Chi dice che la filiera degli idrocarburi può convivere con l’ambiente non è mai stato in Basilicata, oppure è in malafede.

La Diga del Pertusillo (Basilicata)

L’inquinamento e il consumo di acqua dovuti al petrolio ci dimostrano come sia impossibile la convivenza, sullo stesso territorio, tra le risorse idriche e la filiera estrattiva degli idrocarburi.

Oggi le trivelle arrivano a 7000 m di profondità, utilizzando materiali e componenti chimici e radioattivi altamente inquinanti. E’ possibile pensare che le trivelle, scendendo in verticale e in orizzontale nel sottosuolo non intercettino le falde acquifere?

Le recenti indagini della magistratura sulla “trivellopoli lucana” stanno facendo luce sul grave inquinamento che investe il nostro territorio, con lo sversamento di rifiuti tossici provenienti anche dalle attività di trivellazione.

Le maxi-inchieste della Procura di Potenza che hanno portato alle dimissioni l’ex ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi, sollevano ampi dubbi sulla trasparenza del settore petrolifero italiano. Al cuore dell’inchiesta c’è il territorio lucano, dove l’indagine, iniziata nel 2013, ipotizza gravi reati ambientali.

Federica Guidi

In particolare un traffico e un illecito smaltimento di rifiuti collegati alle attività petrolifere e sforamenti circa l’immissione di agenti inquinanti in atmosfera.

Si parla non solo di grave corruzione, ma di contraffazione dei codici Cer.

La stessa Commissione bicamerale del Ciclo Rifiuti (direz. Antimafia) già dal 2000 e dalla relazione del gennaio 2013 ha denunziato numeri esorbitanti di discariche abusive pericolose; la crescita esponenziale delle quantità di rifiuti pericolosi rispetto ai non pericolosi, nonché l’utilizzo dei pozzi di estrazione di idrocarburi sterili, esausti, abbandonati, da parte delle “ecomafie”, per smaltimento illecito.

Solo un paio di giorni fa la nuova relazione della Commissione denunzia apertamente ritardi e inadempienze dell’Arpab (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente), i ritardi e le inadeguatezze degli enti regionali preposti alla vigilanza, alla bonifica ambientale, alla redazione ed attuazione di un congruo e necessario piano pluriennale di interventi.

Moria di pesci nel Lago del Pertusillo

Il raggiungimento del quorum nel Referendum No Triv del 17 aprile 2016 solo nella Regione Basilicata è il segno che almeno i cittadini lucani sono convinti che il petrolio porti ricchezza soltanto alle lobbies petrolifere e che invece porti solo devastazione e saccheggio dei nostri territori e dell’acqua, il bene più importante per la vita umana, da preservare sopra ogni altra cosa.

Con il voto del 4 dicembre 2016 è stato messo un punto fermo: quasi 19 milioni e mezzo di italiane e di italiani si sono espressi chiaramente contro l’estromissione delle comunità locali e delle Regioni dalle decisioni concorrenti che riguardano i progetti “petroliferi” e le infrastrutture energetiche.

Il Governo, le forze politiche rappresentate in Parlamento, le Regioni soprattutto, in quanto destinatarie e beneficiarie dirette di questa rinnovata fiducia, hanno il dovere di tenerne conto e di conformare la loro azione legislativa all’esito referendario, che impone alle Regioni di svolgere un ruolo di primo piano nelle scelte di politica energetica del Paese, per quanto ad oggi non abbiano dato la minima prova di essere all’altezza del compito!

La sottrazione tramite Legge di Stabilità per il 2016 del “Piano delle Aree” previsto dall’art. 38 dello “Sblocca Italia” rappresenta un grave vulnus per poter consentire l’articolazione di un’adeguata politica di difesa dei territori ed in particolare la necessaria preservazione delle zone ricche di acqua.

Nella nostra Regione manca il Piano delle Acque, strumento previsto dall’art 94 del DLgs 152/2006 (Testo Unico sull’ambiente) e dall’art. 5 del DLgs 30/2009.

Queste norme conferiscono alle Regioni poteri in materia di tutela della risorsa idrica, individuando aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano. In queste ultime settimane l’assessore regionale all’Ambiente, sollecitato dai comitati, ha promesso di presentare, entro i prossimi mesi, una proposta di adozione del Piano delle Acque. Che dire? Dal 2006 sono passati più di dieci anni…

I cittadini lucani oggi, dopo quest’ennesimo disastro, non si possono accontentare più di giustificazioni rassicuranti da parte delle compagnie petrolifere e di spiegazioni insufficienti da parte degli enti pubblici di controllo.

La situazione in Basilicata è drammatica anche in altre zone, come dimostra l’emissione di sei ordinanze di divieto di prelevare acqua dalle falde attorno al centro Oli di Corleto Perticara.

Il gioco dei controllori politici delle sorti delle popolazioni lucane e meridionali, della loro capacità di governare la propria economia e il proprio futuro, è diventato negli anni sempre più palese, mentre gli alibi e gli infiniti rinvii del riconoscimento delle responsabilità soggettive ed oggettive sono ridotti al lumicino.

Da un lato il governo centrale, sordo e distante interprete delle sollecitazioni delle multinazionali dell’Oil&Gas; dall’altro il disagio delle comparse politiche regionali, cui è affidata la sporca “governance” degli eterni rinvii della verità, se non il negazionismo di mestiere.

Il disastro del Pertusillo apre il vaso di Pandora.

Un’eventuale (quanto politicamente “impossibile”) ratifica di carattere scientifico del pesante inquinamento dovuto alle attività del Cova di Viggiano e alle pluriennali attività di reiniezione nel pozzo esausto “Costa Molina 2” spianerebbe la strada alla chiusura non solo delle attività estrattive e di preraffinazione degli idrocarburi in Val d’Agri, ma rischierebbe di mettere a repentaglio l’intera Strategia Energetica Nazionale (SEN).

I referendum del 17 aprile scorso e del 4 dicembre hanno scavato a fondo il fossato che separa gli interessi dei solerti interpreti della SEN dal bisogno di autodeterminazione, di reddito, di democrazia dal basso, che accomuna tutti i cittadini liberi dalla schiavitù ordita e praticata dai petrolieri.

La “Basilicata pozzo nero irreversibile” non è più disposta a credere agli incantatori di serpenti, che da un lato predicano finta umiltà e trasparenza, dall’altro ci tengono appesi ai tempi biblici della protesi monca dell’Arpab. Signori, siete del tutto delegittimati, non vi crediamo più!

Il disastro del Pertusillo è un disastro sistemico, che riguarda non solo noi lucani, ma l’intera comunità nazionale.

Occorre attivare da subito un nuovo e più potente percorso di mobilitazione, che dalla collaborazione con cittadini e associazioni delle Regioni limitrofe deve saper costruire una diffusa ed incisiva campagna per il superamento dell’era fossile.

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Acqua color petrolio ultima modifica: 2017-03-01T05:50:26+01:00 da GognaBlog

1 commento su “Acqua color petrolio”

  1. 1
    isabella says:

    L’unico modo per disfarsene è smettere di usare le auto e di tutta la plastica che ci circonda.

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