Aggiornamenti da Cortina
(zona di sacrificio ad alto reddito: la passività dei residenti/montanari/cittadini, o presunti tali)
di Alberto Peruffo
Nota del 4 marzo 2024
«Dove il denaro rende silenti, uccidendo di morte lenta, edulcorata, quasi piacevole, i territori. E le sue genti (definizione sintetizzata dall’autore per questo testo)».
Colgo l’occasione della bella foto di “Cortina inizio 900” inviatami da un commentatore delle mie note di aggiornamento, le quali, essendo note non permettono di entrare troppo nei dettagli o nel merito. Faccio qui tuttavia una piccola incursione di carattere storico e concettuale. Partirò dalla parole usate da quel commentatore – specie “pascolo” – per cercare di portare a un dibattito legittimo e civile i contendenti, poiché appare chiaro che tutti noi – veneti, cortinesi, non-cortinesi, ampezzani, cadorini, comelicesi, italiani, ladini e sudtirolesi, montanari, cittadini – abbiamo a cuore, o perlomeno il diritto di parola sulla questione Pista da Bob di Cortina, soprattutto se essa è divenuta simbolo di arroganza politica, di misconoscenza storica, di errori di progetto e di finanza, di sfruttamento delle risorse pubbliche, di sperpero di milioni di denari di “tutti i contribuenti italiani”, siano essi di montagna o di città. Non si tratta di essere montanari o non-montanari, ma di avere un minimo di logica comune per non deturpare per sempre risorse primarie e giustificare impropriamente spese che saranno la nostra sepoltura. Soprattutto se ci si difende con errori e argomenti di carattere storico. Non solo ecosistemico.
Partiamo dalla domanda-incipit dell’articolo del Sole 24 Ore di ieri – quotidiano di economia, e non di fantascienza – su quale sarà la legacy – l’eredità della Pista da Bob di Cortina – a fronte delle “rovinose” eredità delle altre piste, con l’aggravante che si è partiti in forte ritardo, che non ci sono più le condizioni climatiche, che si sta facendo un eclatante crimine ambientale. Immaginiamo che la risposta a questa domanda sia il turbamento che non fa più dormire di notte il poco-sagace sindaco di Cortina, o peggio, la ragione remota perché qualcuno si sia inventato l’esecrabile minaccia di morte. Che non sia invece una specie di suicidio? Post-datato. Politicamente e per interposta coscienza. Poiché, quando rendi una terra sacrificabile sul fronte del profitto per pochi, è facile che quella terra e le sue reazioni, ramificate, ti scappino “di mano”.
A quella domanda potremmo rispondere noi, dati “alla mano”, suggeriti dall’articolo: non ci sarà legacy per Cortina, ma solo debiti “sistemici” da saldare. Non voglio tuttavia soffermarmi su questo punto “ereditario”, ma passo velocemente alle due suggestioni che vorrei lasciare al dibattito comune.
Partiamo con la prima. «Foto di Cortina dei primi ‘900 da nord verso sud. L’attuale pista di bob corre in mezzo ad un prato, pascolo Ronco. Non esistevano boschi che entravano in paese come adesso. Bosco cresciuto disordinatamente negli ultimi decenni dovuto all’abbandono e spopolamento del territorio». Contrariamente a quanto si vede in foto e a quanto dice questo signore commentatore cadorino e altri suoi compagni di provincia o di valle, che forse hanno interessi d’impresa o d’affetto identitario legati alla pista – secondo i quali interessi suggeriscono di lasciare la montagna ai montanari – l’attuale pista da Bob… non corre in mezzo un prato. La partenza è evidente nella foto cerchiata di rosso. Anzi, è sempre corsa in mezzo al bosco che serviva anche da protezione ombrosa, essendo rivolta a sud! E non a nord, come altri “montanari” interessati – Zoeggeler – hanno erroneamente detto per difendere l’indifendibile. Non solo. Il toponimo Ronco non significa “pascolo”, come il gruppo di stessi commentatori asserisce, anche se poi, ai proprietari del bosco, proveniente dalla vicina località Ronco, è stato associato il nome, e il relativo pascolo proprio per le sue “proprietà”.
Le mie fonti locali parlano di Bosco e Lago Bandion, come toponimi propri, luoghi dove poi è sorta la pista e altre attività ricreative per l’amenità del posto: «Il toponimo di Bandion, che, prima che il lago, indica innanzitutto il bosco circostante, sarebbe infatti di origine longobarda, e potrebbe derivare da “bannum” o “bandum”, termine che indica multa o proibizioni; una spiegazione plausibile sarebbe che il bosco fosse protetto dal taglio e che fosse comminata una multa ai trasgressori di tale regola. La giustificazione sottostante può essere cercata nella petrosità del terreno, che impediva di poterlo coltivare con successo, e che giustificava la sua destinazione alla silvicoltura. Per le stesse ragioni Bandion fu deputato per secoli al pascolo dei bovini della Regola di Cadin che, anziché essere mandati all’alpeggio assieme agli altri armenti, venivano fatti restare a valle per soddisfare le esigenze quotidiane dei proprietari (1)». Detto ciò e visto, cerchiata in rosso, la partenza della pista, proprio in mezzo al bosco, dato per scontato che non bisogna confondere la cura dei boschi, millenaria, lo spopolamento e altro, con lo sfregio in atto a Ronco oggi, con varie mistificazioni storiche da approfondire e verificare, passo velocemente al secondo punto-suggestione.
Recentemente (2), 2022, per far capire il passo da gigante che abbiamo fatto qui da noi in Veneto (come esemplarità negativa dell’iperproduttivismo occidentale) per rovinare i nostri territori, siano essi di pianura o di monte, divenuti “zone di sacrificio” di concezione superiore rispetto alle classiche zone del terzo mondo o delle zone marginalizzate del primo e secondo mondo, abbiamo coniato la definizione di “zone di sacrificio ad alto reddito”, discussa in vari ambiti. Lasciando stare la nostra analisi e definizione, estratta dal caso specifico del Veneto avvelenato delle valli prealpine di Verona e Vicenza, riportiamo la recente interpretazione di questa nostro nuovo concetto da parte di Giuseppe Ungherese, leader sul campo di Greenpeace Italia, nel suo libro in uscita in questi giorni. Declinate solo la parola generale “inquinamento”, con disboscamento o qualcosa di simile o relato in fatto di conseguenze.
Le “zone di sacrificio ad alto reddito” «si trovano soprattutto nelle zone Nord del mondo. […] Fatta salva la cittadinanza attiva, qui gran parte della popolazione si culla nell’agio di una vita con tutti i comfort, caratterizzata da standard, almeno in apparenza, elevati. L’alto reddito diventa una condizione che porta gran parte delle persone ad accettare passivamente l’inquinamento e tutte le altre condizioni imposte dalla contaminazione. La vita fa il suo corso […] Nemmeno le aziende le cui responsabilità dell’inquinamento sono acclarate vengono bloccate a scopo cautelativo e applicando concretamente il principio di precauzione. Parallelamente, non vengono approvate legislazioni efficaci che permetterebbero di affrontare e arginare con i tempi giusti la gravità della situazione. La pseudo cura collettiva diventa quindi occasione di profitto per pochi: il grande flusso di soldi sostiene un sistema di appalti milionari per attrezzature e macchinari […] alla base di dinamiche clientelari tipiche della politica del consenso. In questo scenario gli ultimi, inquinati, con poche speranze e vite stravolte, continuano, passivamente, a subire. Con la loro passività, contribuiscono a mantenere in vita un sistema che non tutela i loro diritti e continua a marginalizzarli. Comodamente seduti sul divano di casa, circondati da qualche confort, continuano a vivere in un tunnel ovattato, una sorta di bunker in cui si sentono protetti, quasi intoccabili. Si illudono che ci sia qualcuno a vegliare sul loro futuro, mentre la realtà è ben diversa. Coloro in cui hanno riposto fiducia li hanno traditi e continuano, consapevolmente e indisturbati, a prendersi gioco di loro (3)».
Quel “coloro” sono le istituzioni, la politica dei territori. Fallita, corrosa, distaccata.
Ricordate il titolo della nostra manifestazione di Milano-Venezia sulle Olimpiadi insostenibili?: «La nostra vita non è un gioco». Neppure commentare foto o note, impropriamente. O scendere nelle piazze e nei luoghi del degrado.
Ecco, grazie a questa suggestione, con le relative diversità tra zone di montagna, prealpine, di pianura, possiamo affermare per nostra esperienza personale, sul campo, che Cortina sta diventando una “zona di sacrificio ad alto reddito”, dove si commettono ecocidi monstre, si abbattono porzioni di foreste, si esportano modelli urbanistici e consumistici eccessivi, per portare soldi ai soliti noti, spesso per riciclare denaro sporco della finanza, dando l’illusione ai collaterali di vivere bene, nel mentre il territorio viene sacrificato veicolando malattie “a lungo termine”, cancro biologico, climatico, sistemico, con l’iniezione di cure a posteriori, facendo profitto perfino nella cura del male prodotto.
Per questo non ci deve essere distinzione tra montanari e cittadini, nel darsi una mano per fermare queste pratiche che stanno uccidendo montagne e città, soprattutto quando le prime pretendono di salire sui monti, come sta accadendo a Cortina con la pista da bob e con il turismo predatorio che da anni questa “perduta valle”, un tempo bellissima, propina.
Saranno le Olimpiadi 2026 sullo stesso tenore, alla Briatore-Marzotto-Jovanotti, o vogliamo ripristinarle secondo i concetti a tutti cari dovendo esse essere in teoria un evento “di pace”, dove economia ed ecologia vanno d’accordo? Lasceremo queste Olimpiadi in mano ai predatori politico-economici che conosciamo per nome e cognome, che hanno fatto debiti enormi in Regione, restando seduti nel caldo divano di casa, come sta capitando a Cortina? O ci alzeremo in piedi? Dove sono gli spiriti montanari di un tempo? Soggiogati dai divani delle città? Certo, pure i montanari, dopo il loro legittimo lavoro, sia esso forestale o di altro tipo, hanno diritto a comodità e al loro divano. Basta che il divano non faccia dimenticare tutto il resto. I loro caratteri. Le montagne, gli alberi, i pascoli, che rischiano diventare piste contro natura.
Divani per i Signori del Reddito, a cielo aperto, come le nuove stanze per “scopare” al caldo, in alta quota, sotto le stelle.
Pensateci, non sempre gli attivisti “radicali”, che vanno alla radice del problema, pure dei Larix Decidua, possono alzarsi per stimolarci ad uscire dal nostro bunker ovattato. Perché oramai ci sono troppe zone di sacrificio nel mondo. A basso e ad alto reddito. Con la differenza che mentre nel basso compiamo un omicidio (genocidio), qui stiamo commettendo un suicidio (parricidio-matricidio-figlicidio). Non so quale dei due sia peggiore.
E non so quanti di noi potranno avere sempre la forza di alzarsi in piedi, se il mondo resta seduto. Get up, stand up.
Note
1. Pietro Gaspari Bandion, Relazione sul Lago Bandion, 2022.
3. https://altreconomia.it/prodotto/pfas/ pp. 80-82 (presenteremo il libro in provincia di Padova e Vicenza tra il 10 e il 12 aprile 2024).
19
Per chi ama questi luoghi amandone la splendida natura e’ stato un grandissimo dolore. Ho capito che il mio modo di amare le montagne non porta abbastanza soldi. Andro’ a cercare altri luoghi dove si rispetti di più la bellezza, ma, ripeto, provo tanto dispiacere.
Sottolineo dov’è il CAI con le sue fantastiche commissioni tecniche tanto bravone? …il denaro che muove il mondo. Triste
17#Giovanni;
Come i messaggi dentro alle bottiglie ,il tuo (bello) ci fa stare dentro tutta una montagna …come l’ urlò del famoso quadro di Munch e mi è arrivato con la tua anima pura .
Sanj
“I nemici sono come i denti cariati, o li elimini o li ricopri d’oro.”
Crovella, se il tuo adorato0 CAI invece di scrivere l’ennesimo inutile comunicato avesse portato in piazza i suoi 50.000 soci veneti, forse avrebbe avuto un po’ più di peso e di significanza “politica”… Per non dire qui a Milano gli 88.000 soci lombardi. Ma si sa, il CAI in realtà NON FA MAI NULLA “CONTRO” LE ISTITUZION CHE LO FORAGGIANO…
Vanno benissimo le dichiarazioni, per carità, ma valgono solo a tavolino, non hanno efficacia giuridica diretta sul caso di specie. Possono risultare utili in termini di “lavoro” culturale sulla crescita educazionale delle nuove generazioni, affinché dette nuove generazioni, fra 10-20 o 30 anni, sappiano rinunciare ex ante alle manifestazioni sportive.
Crovella al #2:
Oh, certo: un bel silenzio sarebbe stato sicuramente più utile, soprattutto nell’ottica dell’auspicato cambio di mentalità da parte della cittadinanza.
Facile contare quanti anelli, quanti anni, quanti sperperi hanno visto questi larici, difficile impedire la loro caduta. È troppo tardi ormai, è tardi dal momento in cui è stata scelta Cortina come portavoce delle olimpiadi e la macchina politica è entrata in azione per guadagnare soldi e consensi elettorali.
Detesto questa politica incosciente e dico ai veneti che questa natura e questa montagna non è VOSTRA!
Così dico ai trentini e ai lombardi, la natura non è VOSTRA!
https://www.ilpost.it/2023/12/25/archivio-ministero-finanze-bergamo/
Triste, tanta malinconia e amarezza. Un colpevole silenzio, è vero. Le urla e l’inquietudine sono rimaste dentro casa, coinvolgendo solo i figli e i pochi amici, confidando nell’esempio, che si rivela tuttavia, in questa come in altre occasioni, purtroppo insufficiente.
Ascolto il pianto e la vita del “violoncello”, cammino lentamente nei boschi e lascio effimere tracce sul ghiaccio delle nostre, che non sono nostre, montagne, ma da tempo trovo rifugio ed alibi nella solitudine. Forse questione d’indole o di carattere. Sono una goccia, ma sono colpevole. Il blog e tutti gli autori sono come torrenti e fiumi in piena e, comunque andrà, riescono a tenere accesa una luce, e chi si è perso sa quanto importante sia.
Di fronte a Vaia ho chinato umilmente il capo. Di fronte ai lavori della pista da bob, incredulo e drammaticamente deluso, ho girato la testa. Trovare finalmente il coraggio di lasciare un commento spero sia un piccolo passo nella direzione giusta.
Buongiorno a voi. Solo sintetiche precisazioni. Il servizio su Il Sole 24 Ore è stato curato da una brava giornalista sostenuta da indicazioni pervenute da noi ambientalisti e da lei verificate. Vera professionalità. Che il lariceto sia secolare lo dimostra la foto a fine servizio, ingrandite, leggete il tronco e scoprirete che siamo prossimi se non oltre i 200 anni. Città – montagna – conflitto. Il conflitto città montagna è evidente. Specie ora che i montanari sono quasi tutti urbanizzati e metropolizzati, cioè omologati. Ha vinto la città, il soldo, la svendita dei beni comuni. Quello che infastidisce chi dal 2017 combatte queste olimpiadi e prima ancora i mondiali a Cortina è vedersi imporre da chi in città vive quando, come e se fare manifestazioni. Quando i cortinesi, escluse poche e straordinarie eccezioni, stanno alla finestra a leggere il progressivo scempio del loro territorio. Ronco deriva da ronch, dal ladino romancio. territorio aperto pieno di sassi, massi, generalmente, come nel caso di Ronco a Cortina, derivati da movimenti franosi anche di grande estensione. Quindi quando vi era bisogno di pascoli i Ronch erano adibiti a pascolo primaverile prima di portare il bestiame in quota (bestiame uscito da mesi chiuso in stalla) e poi autunnale per risparmiare un po’ del faticoso fieno lavorato durante la stagione estiva. I larici venivano salvaguardati in quanto permettevano alla luce di entrare e quindi all’erba di crescere. Scusate questo spezzatino. Ma penso via sia utile.
Cortina, decentralizzando le prove di bob e slittino in Austria o in Svizzera, avrebbe fatto un gesto di signorilità incommensurabile.
Primo, perché avrebbe dimostrato al mondo intero cos’è davvero la sostenibilità.
Secondo, perché non si sarebbe dovuta confrontare con l’inesorabilitá economica del mantenimento dell’impianto dopo i giochi olimpici. Vera spina nel fianco già dimostrata dal vecchio impianto che richiama il detto partenopeo: passata a festa, gabbato lo santo.
Il taglio dei larici, che non credo siano secolari, è uno spauracchio enfatizzato a sproposito. Nella conca ampezzana una volta c’era molto meno bosco. Oggi i troppi alberi ombreggiano spesso inutilmente zone abitate (siamo in montagna e non al mare) aumentando costi di riscaldamento e inquinamento. Se proprio vogliamo vedere le cose come stanno. Infine l’ottimo legno di larice non verrà di certo lasciato a marcire al suolo ma verrà utilizzato sapientemente in opere di falegnameria come da tradizione locale.
Riguardo la pista e i giochi, mi dico: peccato per l’occasione mancata di avere un urbanizzazione rispettosa e di fare una bella figura di fronte al mondo intero.
Ma signori si nasce, e Zaia e Salvini sicuramente non lo nacquero.
#12 infatti, e se ci spostiamo dalla montagna al mare la devastazione è forse anche peggiore visto che l’accesso a una costa è più semplice che a una montagna. Ma qua si parla di Cortina, e a quella mi sono limitato.
Se ve lo siete perso, Mauro Corona è a favore della pista di bob a Cortina… https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2024/03/09/mauro-corona-se-cortina-non-fa-la-pista-da-bob-siamo-ridicoli_6b553f15-236e-4ae2-ba2c-59232765cfe6.html
Antonio, a scelta puoi cercare Courmayeur, Cervinia, Sestriere (scempio cominciato nel 1935, famiglia Agnelli), ecc. ecc. ecc.
A prescindere dalla pista da bob, il confronto tra le due foto di Cortina inizi ‘900 e Cortina oggi è impietoso. La devastazione oscena del territorio è già compiuta, e non è Zaia il primo né il principale colpevole.
Meno male che in Trentino hanno rinunciato al rifacimento della pista di pattinaggio di Piné, che comunque era meno impattante e sicuramente con un numero di praticanti decisamente superiore. La pista di bob è solo una oscenità e un non senso, come del resto i nuovi impianti scistici. 50 anni fa ho visto un enorme caterpillar che stava lìvellando il ghiaione della tofana di mezzo per creare la famosa pista: ricordo ancora, con dolore, la montagna oscenamente violentata… Basta, non se ne può più di personaggi come Zaia che per loro tornaconto, almeno di immagine legano il loro nome a simili oscenità.
Pista di Bob di Cortina:
Appalto vinto dalla ditta Pizzarotti di Parma per 81 milioni di euro circa.
Ok, autotassiamoci: 1 euro e mezzo per ogni italiano ( una famiglia di 4 persone 6 euro) da devolvere direttamente alla Pizzarotti, ma che poi la Pizzarotti si levi dai coglioni e che si levino dai coglioni anche i 4 bobbisti che devono gareggiare!!!
L’ euro e mezzo deve essere detraibile nel modello Unico!
……. visto cosa è successo in molte precedenti opere “inutili” , penso che finirà come ha detto Matteo :
E il peggio e la cosa triste è che vedo come piuttosto probabile che la pista non verrà completata per essere usata ai giochi olimpici e si finirà, come logico, per correre altrove, si saranno spesi inutilmente i soldi e la pista sarà abbandonata.Però l’economia si sarà mossa, il PIL sarà cresciuto, chi doveva comandare avrà comandato e chi doveva guadagnare avrà guadagnato e la conca di Cortina avrà un po’ più di cemento inutile (anche se magari sarà un po’ nascosto)
Ok. Dopodiché:
Come si può fermare il mostro?
Atteso che avevo capito in un primo momento che l’opera era stata sospesa, poi è giunto a ciel sereno il taglio del bosco: si possono ancora proporre una petizione popolare o un referendum, ai sensi dell’art 8 Tuel? O sono già stati promossi con esito negativo? Vengono in mente altre forme lecite di opposizione?
Scusate la schematicità.
Consideraioni ineccepibili del sempre ottimo Alberto Peruffo, che tra l’altro seguo dai tempi di Intraisass.
Tutti parlano dello scempio dei taglie e del cemento, dimenticando la vera bomba ecologica: un impianto di raffreddamento che prevede l’uso di ammoniaca, tra le 5 e le 30 tonnellate a seconda del tipo di impianto. Vuol dire serbatoi, serpentine e liquidi che saran ben peggio da smaltire. La pista, prima o poi, vista l’incuria all’italiana, sarà riassorbita dalla natura visto che la bassa quota permette la ricrescita del verde. L’ammoniaca e il ferro no…
E il peggio e la cosa triste è che vedo come piuttosto probabile che la pista non verrà completata per essere usata ai giochi olimpici e si finirà, come logico, per correre altrove, si saranno spesi inutilmente i soldi e la pista sarà abbandonata.
Però l’economia si sarà mossa, il PIL sarà cresciuto, chi doveva comandare avrà comandato e chi doveva guadagnare avrà guadagnato e la conca di Cortina avrà un po’ più di cemento inutile (anche se magari sarà un po’ nascosto)
Sono molto addolorata. Questi luoghi sono cari al mio cuore, ma non ci andrò più. Ho capito che il turismo estivo delle passeggiate non rende abbastanza, che si preferisce distruggere la natura, che era proprio il motivo per cui amavo questi luoghi. Impianti,stadi,piste da sci rendono molto di più ma non è la montagna che amavo. Che peccato.
Ho già espresso la mia personale posizione in merito, qui lascio solo una sintetica traccia. Non me ne vogliano tutti quelli che si stanno impegnando per cercare di evitare i danni: il loro impegno è encomiabile (e, a livello ideologico, mi allineo a loro), ma siamo tutti adulti e maggiorenni e le cose vanno dette crudamente per quello che sono. E’ tardi.
La situazione concreta sta evolvendosi (o, meglio, involvendosi) come purtroppo ampiamente previsto. Nessuna sorpresa, quindi, per cui si sa benissimo come terminerà. E’ scritto ormai nelle cose: il “treno” delle Olimpiadi è ormai troppo lanciato perché lo si riesca a fermare adesso. Occorreva farlo 5-6 anni fa, evitando l’assegnazione dei giochi all’Italia. Impresa che, forse, era improba anche allora, perché l’opinione pubblica “vuole” questi grandi eventi sportivi, in quanto generano ingentissimi flussi di denaro a cascata, fin per il singolo piccolo operatore (il barista, il tassista, lo ski man che farà sciolinature a go-go ai turisti che verranno per le Olimpiadi, ecc ecc ecc.). A questo punto, risultano inutili e un po’ ridicole anche le prese di posizioni istituzionali, come (a puro titolo di esempio) quella recentissima del Comitato scientifico centrale del CAI, che stigmatizza il “laricidio” (29.02.24). Si tenta di chiudere la stalla quando i buoi sono scappati da un sacco di tempo. Bisognava pensarci 5-6 anni fa, prima dell’assegnazione (giugno 2019) delle Olimpiadi all’Italia. A più tardi si doveva concretizzare un profondo cambiamento gestionale nell’elezione regionale del 2020, dove invece Zaia è stato rieletto con il 75,79% dei voti. I tre quarti dei veneti “vogliono” quelklo che fa Zaia, comprese le Olimpiadi.
Da una parte è vero che ci sono politici ed enti che “manovrano” apertamente nella direzione “affaristico-consumistica”, ma dall’altra (ed è il punto chiave) questi politici (singoli o istituzioni) sono l’espressione della dominante volontà popolare. I veneti, a stragrande maggioranza, sono letteralmente “innamorati” di Zaia (vedi stralcio sottostante) perché in Zaia vedono rappresentato il modello socio-politico-economico in cui i i veneti (a stragrande maggioranza) si riconoscono. Se non si fa cambiare idea a tale stragrande maggioranza di cittadini, il modello non cambierà MAI. Non si ottiene il cambio di mentalità semplicemente “abbattendo” Zaia. Di conseguenza, che Zaia continui a fare il governatore anche dopo il 2025 (cioè faccia un III mandato) o che ci sia fisicamente un altro nome, costui sarà un “simil-Zaia” e il modello non cambierà.
Sul tema Olimpiadi ora non resta che turarsi il naso e far passare la nottata. Speriamo che tutti facciano tesoro dell’esperienza e quando si dovesse profilare, per qualsiasi regione italiana, l’assegnazione di nuovi eventi sportivi (olimpiadi, mondiali/europei di calcio ecc) dicano subito NO. Invece vedrete che accadrà la stessa identica cosa che è accaduto SEMPRE: la gente “vuole” gli eventi sportivi perché portano “schei”. Gli schei non passano mai di moda e non vengono mai mai “a basta”.
Da La Stampa del 03.04.24 (SEI GIORNI FA! non sei mesi fa…):
Zaia, bagno di folla a Godega di Sant’Urbano: “Se non si fa il terzo mandato? Mi comprerò un cavallo”
Il governatore tra gli agricoltori delle campagne venete: «Ci fidiamo solo di lui»
Nel 1914 Cortina era un pittoresco alpeggio ai confini meridionali dell’impero austriaco che con l’occupazione italiana è diventata un triste frammento di periferia urbana. Piuttosto che concedere l’autonomia differenziata al Veneto conviene sospendere le clientele locali e nominare un commissario del governo.