Al luna park della montagna
(l’irresistibile ascesa del kitsch)
di Giorgio Bertone (da Il Secolo XIX 23 agosto 2015, pag. 31)
Un reality in tv, una cabina sospesa e nel 2016 anche una passeggiata nel vuoto sul Monte Bianco tra Italia e Francia. E poi il museo di un’archistar e altri progetti di installazioni d’arte: ormai anche in vetta tutto è all’insegna dello spettacolo. Un bellissimo esempio di articolo scritto in forma divulgativa per un pubblico non specialistico
Tutto quanto fa spettacolo. E quale spettacolo maggiore della montagna più alta delle Alpi? Libération titola: “Mont Blanc versus Monte Bianco”. L’indubitabile successo della nuovissima funivia SkyWay da Courmayeur a Punta Helbronner 3452 m propiziata dall’inaugurazione del Presidente Renzi, da un reality show che si vedrà a novembre, ed è già contestatissimo, e dal bel tempo (50.000 passaggi) ha fatto rosicare i francesi.
Prima risposta: Le Pas dans le Vide. Sulla loro cima, l’Aiguille du Midi, servita da funivia, dirimpetto a Punta Helbronner, due sentinelle del Monte Bianco, hanno piazzato una cabina con tutte le pareti trasparenti, sospesa a 3840 metri sopra Chamonix. Uno a uno le migliaia di turisti vi entrano per assaporare il “Passo nel Vuoto”. “100% sensationes fortes”, “100% securité”, promettono.
E vorrei vedere che il vetro del pavimento si aprisse come una trappola. Il box-doccia entro il quale i turisti eseguono selfie delle proprie scarpe, potrebbe essere più dinamico con l’applicazione di un enorme stantuffo tipo luna-park. I francesi hanno pensato di meglio: la Pipe, un anello trasparente tutto intorno alla Guglia, per una passeggiata integrale sul vuoto: 87 tonnellate di acciaio, 400 di cemento. “Epoustouflant”, “breathtaking”, cioè “stordente”, in italiano “vista mozzafiato”. A parte l’immancabile mozzafiato, è la vista che impera. Vetri, vetrate. Spettacolo non deriva da speculum, specchio? La funzione spettacolare pare contempli per definizione solo l’occhio, preferibilmente munito di protesi fotografica. Rileva tutte queste cose il lungo documento di Mountain Wilderness firmato da Carlo Alberto Pinelli (GognaBlog, http://bit.ly/1J8wGKF, da non perdere). Che rivendica il valore di integrità ambientale, naturale, culturale e storica dell’alta montagna, senza le quali non è possibile capire e godere dello “spettacolo”. Tanto varrebbe surrogarlo con un maxiposter panoramico.
Le pas dans le Vide, Aiguille du Midi
Quando Pinelli, una personalità di spicco nelle montagne del mondo, parla di sottocultura “ludico-consumistica e banalizzante” forse eccede in moralismo, sia pur nobile. Ma quando esamina lo slogan “portare anche le masse dentro l’incontaminata bellezza”, cui viene aggiunto sempre “con il massimo rispetto possibile per l’ambiente” e rileva che si tratta di una contraddizione e di una mistificazione pseudodemocratica che nasconde gli interessi semiocculti di pochi, con investimenti spesso alla lunga insostenibili, a danno anche dei valligiani, ebbene qui tocca il punto più cruciale che andrebbe ben approfondito e non lasciato alla solita magistratura che già indaga. Chi ha voltato le spalle bruscamente a Mountain Wilderness è il più rigoroso e ascetico di tutti: Reinhold Messner, forse il più grande alpinista di tutti i tempi. Ha appena inaugurato il suo sesto museo (esultando: “E’ il mio quindicesimo Ottomila!”; vedi MMM.com). Proprio in vetta a Plan de Corones ha voluto e commissionato alla famosa ed esosa archistar anglo-irachena Zaha Hadid un Museo-vetrata a forma di TV color XXL deformato a rombo, in cui il turista entra per guardare il panorama mozzafiato della valle. Tale e quale, in scala, il Maxxi di Roma e la Biblioteca di Vienna, sempre firmati dalla Hadid, detta anche Archifotocopia. Mentre a volte le funivie sono necessarie all’industria dello sci e del turismo, ciò che colpisce sono le proposte di “spettacolo simbolico”.
La Pipe in costruzione, Aiguille du Midi
Proprio ora il vicepresidente del FAI (Fondo per l’ambiente italiano: un’attività immensa e di cui essere tutti ammirati e fieri, San Fruttuoso incluso) propone di costruire sempre al Colle del Gigante, dove insistono già i nuovi impianti che assomigliano a una piattaforma petrolifera o spaziale, una grande opera d’arte costituita da tre cerchi: due rappresenterebbero il paradiso naturale e quello artificiale e il terzo, più grande, sarebbe “metafora della convivenza tra natura e tecnologia”. “Un’opera potentissima”. Che idea magnifica, soprattutto originalissima. E perché non metterci accanto un altro monumento al legame tra Francia e Italia (di lì passa il Confine), alla Pace nel Mondo, all’Incontro delle Religioni, agli alpinisti uniti, e a qualsiasi altro tema politicamente correttissimo? Perché non dare spazio anche al Corpo alpini e reduci? Si dice già pronto l’artista: Michelangelo Pistoletto. Non ne dubitavamo. I tre cerchi sono il suo brand. Li ha già piazzati dappertutto, in musei, pareti, cupole, pavimenti, prati, sulle tazzine da caffè Illy, sulle vetrate. Per lui sollevare il proprio marchio fin lassù sarebbe come per la CocaCola portarci la sua insegna, il vero paradiso autopubblicitario. Solo che la CocaCoIa almeno pagherebbe salatissimo. Una rilettura di Walter Benjamin e soci sull’arte contemporanea, o, in carenza, una lettura dell’Enciclica Laudato si’ di Papa Francesco, porterebbe almeno a maggiore pietà verso gli umani, l’ambiente e il buon gusto. Eviterebbe pericolosi provincialismi succubi dei Nomi e delle proprie trovate salottiere. Ed eviterebbe che la montagna, già oberata da “spettacoli”, a volte necessari o inevitabili, sia caricata anche del kitsch gratuito proposto dagli stessi ambientalisti, in altre occasioni più che benemeriti.
Messner Mountain Museum, Plan de Corones
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Incredibile, altro che luna park. Parco degli orrori o degli obbrobri verrebbe da dire.
Paradossalmente, se in un paesino qualunque alla base di queste o altee montagne, ti ristrutturi 40 mq di casa e magari apri una finestra o ne allarghi una già esistente sei passibile di sanzioni perchè “non rispetti l’ordine e lo status architettonico del paese” . Se invece piazzi in montagna delle brutture di questo tipo “sei avanti”. Siamo in un paese ridicolo e miserabile, politicamente parlandpo
Fate ricoverare il vicepresidente del FAI: reparto neurodeliri.
triste notizia
http://www.mountcity.it/index.php/2016/01/03/al-luna-park-della-montagna-larticolo-testamento-di-giorgio-bertone-docente-universitario-indimenticabile-guardiano-della-natura/
Sergio come ho già scritto, lo so benissimo di essere in minoranza di essere da riserva indiana. Inoltre capisco chi la pensa diversamente ma non lo condivido. Sono su un altro pianeta.
E ti dirò di più. Sono anche convinto che molti IVAN e GIULIA hanno i paraocchi come i cavalli. Dovrebbero guardare oltre. Dovrebbero provare . In molte di queste convinzioni c’è tanta ignoranza, nel senso di ignorare, non conoscere.
Molti si nascondono dietro il fatto di non essere “ESPERTI ” . Ma fosse non riflettono sul fatto che nessuno è nato esperto.
Quanto al fatto di dire “dal momento che c’è la funivia che mi permette di vedere senza faticare, senza sudare e puzzare” . Insomma solo vedere, ammirare non è come toccare , non è come vivere con tutto il proprio corpo e mente un certo ambiente.
Mi sembrano due dimensioni/sensazioni/emozioni….. molto diverse!!
Inoltre non ho parlato solo di “confronto” con la natura ma anche di “incontro” .
Caro Sergio, veramente di bisogni indotti ne avevo parlato io, non mi pare che Alberto ne avesse fatto menzione.
Sicuramente vi sono dei bisogni potenziali. Per es., il bisogno di avventura penso sia innato così come il bisogno di sentirsi apprezzati, ecc.. Quando parlo di bisogni indotti faccio invece riferimento a bisogni specifici.
Il fatto che io senta il bisogno di adrenalina non significa che senta necessariamente la necessità di soddisfare tale bisogno in un determinato modo. Il suddetto bisogno posso soddisfarlo senza particolare uso di strumenti tecnologici. Se si metto a camminare su un cavo d’acciaio teso fra due grattacieli soddisfo sicuramente un bisogno d’adrenalina ma l’impatto ambientale è pari a ZERO perché una volta tolto del cavo non rimane traccia (o forse sì nel senso che magari lo stesso viene riutilizzato o riciclato). Se piazzo invece una Skiway di tracce ne rimangono eccome.
Camminare a pelo di strapiombo è già di per sè adrenalinico ma nessuno si sognerebbe di andare al luna park se qualcosa non l’avesse inventato. In questo senso parlo di bisogni indotti, cioè di bisogni specifici appositamente creati per andare incontro a bisogni di carattere generale che spesso e volentieri coi soli propri mezzi non si riescono a soddisfare.
Caro Alberto,
ciò che dici è esatto, è la mia visione, è ciò che penso anch’io. Ma ritengo che queste argomentazioni non riescano assolutamente a convincere i più. Sono argomentazioni condivise tra noi, ma non dalla massa. Potremmo dire, e allora? Queste argomentazioni sono nel giusto, sono corrette, sono gli altri che sbagliano. Ma, come sai bene anche tu, nulla è più reale della relatività. Questo modo di comunicare non colma il gap tra i due approcci. Da far mio, provo provocatoriamente a parlare a due voci; e scusami se uno delle due sarà la tua…
“Senti il bisogno di contemplare, di ammirare un certo ambiente? Allora mettiti nelle condizioni di poterlo fare, hai gambe braccia e testa per riuscirci. Non ti serve la skyway, non ti serve il luna-park. Ti serve la voglia di faticare, la voglia di metterti in gioco, di confrontarti e sopratutto incontrati con la natura.” “Ma cosa sono scemo? C’è una bellissima funivia, riscaldata, con i vetri panoramici, che senza fatica mi porta lassù. Non devo sudare, non devo puzzare. La natura la guardo, mica mi ci devo confrontare. Per confrontarmi ho già il mio capo, i miei colleghi…basta! Io la natura la ammiro, la fotografo, e la condivido con gli amici”
“E l’incontro con la natura non si fa dietro il vetro trasparente di una cabinovia o di un tunnel sospeso sul vuoto. Si fa toccandola con mano.” “Mah, sarà anche vero. Però in mezzo ai ghiacci io non ci riesco a andare, in più fa freddo. Guarda cosa vedo da questo tunnel!! Guarda cosa mi hanno messo a disposizione! Perché dovrei rinunciarci? Tu guarda che bellezza!”
Due argomentazioni opposte, apparentemente inavvicinabili. Credo comunque che per noi una scelta ci sia, tra restare sulla propria posizione e combattere contro un muro che sta diventando sempre più alto, e cercare di capire il perché delle altrui argomentazione e smuoverle, distruggerle dalle fondamenta. Personalmente in questo momento sono in bilico tra le due scelte, non disdegnando né l’una, né l’altra.
Sergio
non ho detto che “bisogna limitare o negare i bisogni” ho detto che “bisogna riconoscere i propri limiti” e in base a questa consapevolezza “tecnica-fisica e mentale” comportarsi di conseguenza.
Sono anchio convinto che sono molti di più quelli che la pensano come IVAN e ANGELA che quelli che la pensano come Alberto cioè il sottoscritto .
Oggi infatti si rivendica il diritto di fare tutto sempre, comunque e sopratutto subito! Per ottenere questo si è disposti ad intervenire sull’ambiente che ci ospita, sottolineo CI OSPITA in maniera massiccia e devastante. E qualche furbone l’ha capito e si comporta di conseguenza con queste opere devastanti offrendo al pubblico pagante il LUNA-PARK.
Senti il bisogno di contemplare , di ammirare un certo ambiente? Allora mettiti nelle condizioni di poterlo fare, hai gambe braccia e testa per riuscirci. Non ti serve la skyway, non ti serve il luna-park. Ti serve la voglia di faticare, la voglia di metterti in gioco, di confrontarti e sopratutto incontrati con la natura. E l’incontro con la natura non si fa dietro il vetro trasparente di una cabinovia o di un tunnel sospeso sul vuoto. Si fa toccandola con mano.
Non puoi perchè la natura ti impedisce di farlo perchè sei disabile. Mi dispiace, la natura è matrigna come diceva il Leopardi. Ti dovrai rivolgere a qualcos’ altro. Ci sono molte altre possibilità.
Anchio vorrei fare tante cose, ad esempio ascensioni/scalate per me troppo difficili ma accetto questo mio limite e mi rivolgo ad altre possibilità.
E’ l’uomo, l’alpinista, il turista, l’esploratore che si deve adattare alle situazioni, all’ambiente e non il contrario.
Ripeto il Monte Bianco non è un luogo morto da recuperare da riportare alla luce. Non è una Pompei. Il monte Bianco è un luogo vivo in continua trasformazione. Possiamo entrarci, ammirarlo, salirne le creste, le cime, traversarne i ghiacciai ma sempre con il massimo rispetto.
La natura gli ha già dato tutto non ha bisogno di interventi umani, di abbellimenti, non ha bisogno di essere rivalutato con discutibili opere d’arte. E’ già un’opera d’arte che nessun Michelangelo potrà mai eguagliare.
Caro Giorgio,
a mio avviso non inflazioni, ma arricchisci. Personalmente mi piace molto il tuo approccio alle questioni e al dibattito. E non c’era da parte mia nessuna ironia nei tuoi confronti nell’utilizzare l’esempio museale, te lo assicuro. Anzi ho molto apprezzato i tuoi interventi a riguardo, soprattutto in riferimento ai MMM.
Se poi si discuterà della questione montagna/morte o della questione disabilità in montagna mi farebbe molto piacere discuterne con te, se ne avremo l’occasione.
Ti ringrazio, Sergio, per le tue riflessioni. io inflaziono fin troppo questo blog e mi devo togliere lasciando spazio a commenti di lettori nuovi! Solo due cosette: apprezzo la tua ironia sulla questione museale; touchè :-). Hai posto molte questioni “massiccie” su cui mi piacerebbe rispondere, alcune scabrose, quando parli del bisogno di morte; vai su un terreno tabù e che non me la sento di affrontare, sarebbe come per un quartogradista andare a discutere del settimo grado e mi sentirei più egoico di quello che già sono; lascio la parola e spero di reincontraci qui in questo blog! Ah ultima cosa: grazie per avermi ricordato della questione della disabilità fisica, qui spesso diciamo “bisogna andare con le proprie gambe” ma mi rendo conto che è meschina differenzazione tra umani (ci tornerei in futuro sulla questione delle capacità fisiche).
Alberto, Giando,
concordo con quanto avete detto. Su quasi tutto. Non concordo con quanto dice Alberto rispetto al fatto che i bisogni siano indotti. Ritengo che sia la soddisfazione dei bisogni a essere indotta, e non i bisogni. I bisogni che ho elencato sono bisogni essenziali dell’essere umano, in questo caso che cercano soddisfazione attraverso la montagna, ma forzati dentro canali, questi sì, indotti. Se ciò che viene offerto non corrispondesse a una soddisfazione di bisogni non avrebbe semplicemente successo. Se sul Monte Bianco costruissero una bellissima pedana per potersi sfracellare al suolo da 4810 metri (è una provocazione, naturalmente…), questa non avrebbe semplicemente successo, perché in questo momento storico il bisogno di morte non è un bisogno fondamentale per l’essere umano (non dico che alcuni non lo utilizzerebbero, ma non incontrerebbe di certo il consenso della massa).
Provocatoriamente avevo cercato di porre l’accento su un aspetto che potesse essere concreto, potesse essere più vicino a tutti noi, rispetto al livello politico. Per passare da un livello utopistico (come dice Giando), e delegato a altri, a un livello concreto, e delegato a noi. Quante persone attorno a noi la pensano come Ivan e Giulia? Molte vero? E quale ne è il motivo? Si può agire a questo livello? Avevo cercato di fare questo. Offrendo un’interpretazione alternativa.
In conclusione, Alberto, non negherei i bisogni, ma offrirei due modalità di intervento “educativo” nei confronti dei bisogni:
– o cercherei di eliminare la possibilità di soddisfare questi bisogni in montagna, spostando l’attenzione dalla montagna come luogo dove soddisfare i propri bisogni (di bellezza, di democratizzazione, di potere, di sensation seeking, etc) verso altri canali che non danneggino la natura e il nostro ambiente. Visti gli andamenti del mercato e le mode del momento questa mi pare una modalità difficile, anche se fattibile, e in molti casi necessaria (vedi questione eliski).
– oppure cercherei di declinare questi bisogni alla montagna in modo corretto, attraverso un’educazione nel concreto, attraverso catalizzatori corretti. Questa modalità ci consentirebbe di agire nella quotidianità e di prevenire in gran parte la necessità di utilizzare la prima modalità di intervento.
Ma questo è, naturalmente, il mio punto di vista.
quanto all’essere “ESPERTI”
Non si nasce esperti ma lo si può diventare. Con fatica e tempo le cose si possono imparare.
Quando ho iniziato ad andare in montagna non sono andato subito sul Monte Bianco . Prima sono salito su una collina, poi su un piccola montagna, poi su una montagna più grande , poi ho fatto una salita facile al Monte Bianco.
Poi dopo varie esperianze su diverse montagne sono tornato al Monte Bianco per una scalata più difficile. E via così…..
cari IVAN e GIULIA nessuno “nasce imparato”
giusto GIANDO “e nemmeno un parco giochi”.
Vogliamo vivere l’avventura? il brivido? l’incertezza? Bene facciamolo assumendo su noi stessi tutti i rischi/pericoli che questo comporta.
E’ troppo facile trovare spianata la strada, per poi raccontare quanto siamo stati coraggiosi, quanto siamo stati bravi.
Questa è finzione, è barare con noi stessi e con gli altri.
Per raccontare questa finzione, per garantire il divertimento, si fanno all’ambiente che ci circonda dei danni che sono irrecuperabili. Senza poi contare quanto si ridicolizza la montagna.
La montagna, il monte Bianco non è un luogo inanimato è VIVO.
Walter Bonatti considerava il monte Bianco come un padre. Un padre che l’aveva educato che gli aveva insegnato tante cose. Un padre a volte generoso altre volte severo.
Concordo con Alberto, il Monte Bianco non è un museo e, aggiungo, nemmeno un parco giochi. Che poi, purtroppo, ci sia chi la vede in maniera diversa è un dato di fatto.
Personalmente non credo, come si domanda Sergio all’inizio della sua lunga riflessione, che esista una richiesta di mercato da soddisfare. Credo piuttosto che esista un’offerta di mercato da monetizzare. Decenni fa, peraltro non tanti, l’alpinista (ma anche solo l’escursionista) erano visti come personaggi border line, in certi casi mitizzati, e ben pochi si sognavano di emularne le gesta. Quanti avrebbero voluto essere dei Bonatti? Credo in pochi.
Oggi invece l’avventura è stata sdoganata (che poi il termine avventura sia un po’ forzato ne sono consapevole ma lo utilizzo giusto per intenderci) e, pertanto, il numero dell persone in cerca di emozioni forti è aumentato enormemente. Ma si è trattato di un processo naturale oppure indotto? Personalmente propendo per la seconda ipotesi. La spettacolarizzazione di certe gesta porta inevitabilmente un elevato numero di persone a voler vivere certe esperienze, un po’ come i film di Bruce Lee degli anni settanta avevano riempito le palestre di karate e judo (perché all’epoca, e non solo in Italia, i centri di kung fu erano veramente pochi) di personaggi improbabili i quali pensavano di poter imparare in poco tempo a saltare come un canguro.
Nessuno, o quantomeno in pochi, penserebbero ad una Skiway se non ci fosse qualcuno che la costruisse. Poi, ovviamente, una volta che te la trovi già bella e confezionata che fai? Certo, puoi fare il purista e continuare a salire con le tue gambe ma ormai anche se ci fai un giro la frittata è fatta.
In realtà il nostro cervello è inflazionato da bisogni indotti, i quali, alla fine della fiera, nascono sempre dalla mente florida di chi vuole guadagnare. Quindi come si risolve il problema? Non vedo altra soluzione se non quella di poter contare sui amministratori virtuosi e lungimiranti, i quali siano in grado di mettere dei paletti ad iniziative sconsiderate. Mi rendo conto di quanto sia utopistico tutto ciò ma obiettivamente faccio fatica a trovare altri modi per consentire una fruizione dell’ambiente naturale senza farne scempio.
io dico che noi siamo “OSPITI” e non padroni. E come ospiti dobbiamo entrare in punta di piedi, con rispetto e coscenza dei limiti personali nell’ambiente che ci circonda e ci ospita.
Non abbiamo il diritto di fare tutto. Abbiamo il diritti/ dovere di fare quello che siamo capaci di fare e con il massimo rispetto.
Il monte Bianco non è un museo dove tutti hanno il diritto di entrare per ammirare le opere esposte senza che ci siano limitazioni.
Il monte Bianco è un luogo VIVO dove la natura è viva e si esprime alla sua massima potenza con fenomeni e cambiamenti: frane , valanghe, crepacci, pareti, guglie, seracchi . Vogliamo ammirare tutto questo? Possiamo farlo ma adattandosi al luogo, assumendoci i rischi e i pericoli che esso ci para davanti. Se non abbiamo le capacità morali e fisichè di poter fare questo è di accetarne il prezzo come pericoli, fatica è giusto stare a casa o andare da un’altra parte. Ci sono luoghi a misura di tutti.
Non possiamo mettere in pericolo la vita di questo luogo per il solo diritto fare ammirare a tutti e a tutti i costi o per esigenze economiche.
Ho seguito con piacere il confronto tra Giorgio e Giulia. Avevo inizialmente pensato pure io che Ivan fosse un troll…scrivere in tali termini all’interno di un blog che affronta la questione in ottica totalmente diversa, mi sembrava lo rendesse evidente. Ma così, a quanto pare, non era. Il contrasto di tale intervento mi ha riportato alle innumerevoli discussioni con conoscenti e amici che affrontavano la questione esattamente come Ivan e Giulia.
Dirò di più, ritengo che la questione risieda per la maggiore nel confronto tra Giorgio e Giulia. In un dialogo tra “apparenti” opposti. Da una parte un insieme di valori, e dall’altra un altro insieme. Uno migliore dell’altro? No, anzi forse. Nell’adozione di diversi metodi di giudizio risiede, secondo me, quanto prima chiamavo come un dialogo tra “apparenti” opposti. Cercherò di fare una riflessione…
Forse per comprendere come relazionarsi ai fruitori delle “infrastrutture di sfruttamento” (così chiamerei tutte le strutture del luna park) bisognerebbe comprendere quali bisogni, quali sistemi di valori risiedano in questi utenti. Non ritengo infatti che si debba agire solo nei confronti di chi queste queste strutture le autorizza e le realizza. Se esiste una richiesta di mercato, c’è chi questa richiesta cercherà di soddisfarla/sfruttarla (per motivi che qui molto spesso sono stati e vengono analizzati). Ed è spesso proprio a questo livello che si agisce, cercando di influenzare e far riflettere politica e imprenditoria. E se invece si puntasse maggiormente sulla richiesta del mercato? Sulle esigenze che spingono al bisogno di queste infrastrutture?
Tra i diversi bisogni alla base della richiesta di mercato ne identificherei tre:
– Bisogno di bellezza. Di qui l’apparente contrasto nel confronto tra Giorgio e Giulia. Sia Giorgio sia Giulia mirano alla bellezza. Il Monte Bianco (qui come metafora di montagna) e le sue mille sfaccettature sono belle, anzi bellissime, è innegabile. La volontà di poter vedere questa bellezza, o di poterla condividere con qualcuno di caro è fortissima. Quante volte anch’io, in cima a qualche satellite, avrei voluto condividere le mie emozioni, la bellezza che avevo di fronte agli occhi con la persona che amo. Esistono alcune strutture che consentono di vedere questa bellezza, perché non sfruttarle? La Nascita di Venere è conservata e visibile agli Uffizi. Basta pagare il biglietto e si può godere di questa bellezza. Ho visto gente commuoversi di fronte a questa opera d’arte. Così ho visto gente commuoversi appena uscita da una funivia, depositata di fronte a scenari montani di rara bellezza. Esiste però una grande differenza tra i due tipi di bellezza. Il primo (La Nascita di Venere) è conservato, tenuto in alta considerazione, perché chi ne è appassionato possa goderne (parlo in termini generali…il fatto che la sua conservazione possa essere ottimale in altri termini che non siano l’esposizione è possibile; ma la stessa esposizione, in un circolo virtuoso/vizioso, ne consente la conservazione). Il secondo (la montagna) è degradato, deturpato, sfruttato, perché chi vuole possa goderne. Non ho parlato di appassionato in questo secondo caso, perché l’appassionato non distrugge, non deturpa la propria passione (o non rende possibile la sua distruzione). Ma le strutture esistono già, non si distrugge nulla, si potrà dire in difesa della “cieca” salita. Ma utilizzandola, se ne giustifica comunque la distruzione passata e, finanziando il presente, anche la distruzione futura. Si alimenta l’ottica dello sfruttamento. Molto può essere fatto per passare dalla bellezza sfruttata alla bellezza vissuta. In primo luogo, come dice Giorgio, rifuggire dalle mode, dal marketing di montagna, che vuole la bellezza concentrata in certi luoghi. Esistono valli, ghiacciai, cime magnifiche, commoventi quanto il Monte Bianco, che passo dopo passo possono essere vissute e amate. Ma questo passaggi devono essere educati, cosa che richiede certamente più tempo dell’adeguamento alla moda.
– Bisogno di democratizzazione. Tutto deve essere consentito a tutti. Come è necessario eliminare le barriere architettoniche che impediscono l’accesso alle strutture/servizi ai disabili, allo stesso modo devono essere eliminate e superate le barriere geologiche/territoriali che non consentono l’accesso al territorio pubblico a chi non è in grado di goderne (per limiti fisici o d’età). Il Monte Bianco non è degli alpinisti, ma è un patrimonio di tutti, che tutti hanno il diritto di godere. Mi domando: ma non esistono limiti all’essere umano? Quali sono i suoi “constraints”? E questi limiti sono generali (cioè si applicano universalmente a tutti gli uomini) o si declinano individualmente? L’ultima domanda affronta il problema, a parer mio, da un punto di vista corretto: ritengo ci siano dei limiti legati alla natura umana e che questi limiti si declinino a livello individuale. Ad esempio: la matematica è un derivato dell’essere umano, declina il funzionamento della natura in un linguaggio alternativo e necessario all’essere umano stesso. E’ un bene a disposizione di tutti che viene educato e insegnato a tutti. Tutti hanno il diritto di comprendere la matematica. Tutti hanno la possibilità di fare le equazioni differenziali. Ma ne hanno tutti la capacità? Evidentemente no. Ci sono dei limiti individuali (nella forma mentis, nelle capacità logiche e di conoscenza) che non lo consentono. Perché nel caso della montagna i limiti individuali dovrebbero essere cancellati? Perché bisogna trasformare la natura della montagna per ridurla alle capacità individuali? E i nostri doveri di fronte a un bene comune dove si pongono? I nostri diritti trascendono i nostri doveri di conservazione? Tutte domande a cui ognuno risponde individualmente, ma su cui bisognerebbe educare.
– Bisogno di potere. Ne ho i mezzi (economici) quindi me lo prendo. Sono consapevole che il mio comportamento comporterà dei danni, dei disagi agli altri, ma ciò che a me ne deriva è più importante. Questo è un atteggiamento diffuso. Ed è spesso su questo atteggiamento che ci si concentra rispetto alle problematiche di sfruttamento. E’ forse l’atteggiamento più indisponente, più “distruttivo”, perché legato a un’intrinseca volontà di distruzione. Sebbene sia il più svilente a cui possa arrivare l’essere umano, questo bisogno non penso sia il più diffuso. O per lo meno lo spero. Qui educazione spesso ha fallito e evidentemente anche la legislatura.
Ho offerto, spero, dei punti di riflessione. Punti su cui ognuno di noi potrebbe agire nel concreto. Per rispetto di ciò che è stato distrutto e di ciò che non dovrà essere distrutto.
e poi scusa Giulia ma il tuo ragazzo scrive , come ti ha fatto ben notare Giorgio:
La frase di Ivan:
“Spero ce ne saranno sempre di più di costruzioni così in alta montagna..danno la possibilità anche ai non esperti di poter salire dove non potranno mai arrivare.”
questa Giulia è una provocazione. Almeno io così la leggo.
Sei veramente convinta che non ci potrai mai arrivare o invece non te ne frega di arrivarci con le tue gambe? cioè faticando tanto c’è la funivia!
.
Cara Giulia non me ne volere non volevo certo offenderti ne te ne il tuo ragazzo. La mia è stata una battuta per mettere in evidenza , in poche parole, questo che ho poi scritto e hai letto ma forse non hai capito:
“La Skywai che fa le veci della pastiglia blu…..”
Cioè cara Giulia, abbiamo veramente bisogno di questi mostri di ferraglia e cemento per emozionarci?
Ha me sinceramente ha emozionato molto di più la bella luna di ieri notte.
Accetto di buon grado i tuoi consigli..di tornarci in montagna con le mie gambe,ci avevo già pensato..quindi é una cosa che senz’altro farò..e magari un giorno ascolterò anche i consigli dei due “signorini” (scherzosamente parlando,non me ne vogliate)..chi lo sa..grazie!!
ma hai ragione Giulia sulla forma, perdonali i “signorini” he invece sono due persone di grande esperienza alpinistica e prendono di solito pure il tempo in questo blog di ragionare sulle questioni con accuratezza e piglio. Poi a tutti siamo contaminati dall’aggressivita-alla-facebook. E’ un virus che però su questo blog non può prendere.
Ti faccio una proposta, anzi due:
1. La prima è impegnativa: prova a tornarci lassù, con le tue gambe. Ma neanche lassù che sotto i cavi passare non è facile e bello… diciamo in un posto simile, ma andandoci con il tuo zaino, sputando fiato, bivaccando a metà strada magari, così per “ripicca” (forse ci forrà una picca tra l’altro) ma vedrai che vedrai cose nuove poi lassù. E sarà molto più “bellissimo” 🙂
2. segui questo blog e vedrai che i signorini spesso scrivono forbiti e sono sul pezzo.
Buona montagna, anzi: buona Natura!
Non trovo offensivo quello che dici Giorgio..io sono benissimo di non essere un’esperta di montagna e probabilmente mai lo sarò..e sono anche d’accordo sul vostro punto di vista a livello ambientale..sicuramente sarei stata più contenta e appagata nel vedere quelle stesse montagne senza quella imponente struttura artificiale..ma ormai, purtroppo per la natura, c’é..e abbiamo voluto provarla..io che nn sono mai stata ad alta quota l’ho trovata una sensazione bellissima ma non metto in discussione che se ci fossi arrivata con le mie gambe sarebbe stato meglio..anzi…Ivan comunque non voleva provocare nessuno e lui é il primo che lassù ci sarebbe andato senza l’aiuto della Skyway..ma era così entusiasta nel vedere me, profana nel campo, essere felice di stare lí che ha espresso il suo parere con forse troppo entusiasmo..e i due signorini possono avere tutte le ragioni per essere discordanti con lui..ma dovevano attaccarlo sul suo pensiero e non sul personale..
Buongiorno Giulia,
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Alberto e Stefano l’hanno messa in battutina, ma ti invito a fare un passo avanti, parliamo del contenuto dell’articolo.
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P.S. Proprio l’altro giorno su questo blog è stato pubblicato un post che credo faccia un discorsino interessante su maschile+femminile… Ti invito a leggere l’articolo di due giorni prima (23 Settembre) : Il capo (the chief).
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La frase di Ivan:
“Spero ce ne saranno sempre di più di costruzioni così in alta montagna..danno la possibilità anche ai non esperti di poter salire dove non potranno mai arrivare.”
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E’ talmente all’opposto di quanto si discute qui, da essere stata considerata forse una provocazione troll; quindi sono seguite reazioni in stile facebook. Ma può essere che anche che davvero Ivan lo pensasse sinceramente. Comunque esprime esattamente il contrario dell’etica di rispetto della montagna su cui qui su questo blog discutiamo da molti ANNI 🙂
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La mia opinione è che:
Dovrebbero esserci sempre meno costruzioni in montagna, soprattutto opere ed impianti come quelle che avete visitato.
Perchè?
I “non esperti” non dovrebbero mai salire dove non potrebbero mai arrivare!
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Ma attenzione, ti prego non affrettarti a conclusioni personali sulla frase sopra, è un concetto generale ed “assoluto”:
“non esperto” non è una categoria fissa… che sò “persona che non ha mai scalato” = “non esperto” / “guida alpina” = “esperto”.
Una stessa persona, supponiamo ora un alpinista fortissimo, può essere esperto oggi, ed essere “meno esperto” domani…
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NON ESPERTO E’ OGNI ESSERE UMANO!
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Questo punto, cioè il senso del “limite”, di ognuno di noi, è il punto focale di tutto il blablabla che si fa su questo blog.
Quasi azzardo dire che il blog è stato fatto per parlarci di questa cosa. Sia io smentito in caso contrario.
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P.S. Niente di personale, nessun sessisimo, nessuna comicità.
Cari Alberto e Stefano, sono la ragazza di Ivan e vi assicuro che non ha bisogno di ricorrere alla Skyway per soddisfarmi..trovo veramente triste che dobbiate fare commenti sulla virilità di un ragazzo solo perché non siete d’accordo su un argomento che con le camporelle e il viagra centra ben poco..
Purtroppo mi pare un fenomeno che va in aumento, e lo sarà sempre di più.
Mi pare, inoltre, che non si possa fare davvero niente per fermarlo. Ci sono forze dietro a questi “parchi giochi” che sono ben radicati, ormai, nella cultura occidentale.
Un esempio? La questione morale che a tutti deve essere permesso di arrivare a fare tutto.
A me pare una gran brutta cosa. La montagna è, insieme al fondo marino, uno dei pochissimi ambienti in cui ancora l’uomo può confrontarsi con la sfida inequivocabile.
Egregio prof Giorgio Bertone
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Ho letto con piacere il tuo articolo, tristemente allocato a pagina 31 del nostro “beneamato” quotidiano cittadino (Il Secolo XIX).
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Mi è piaciuto per la “logicità” ed elisse. Se fossimo su facebook avrei messo un bel “mi piace”; scappando subito via a gambe levate a cliccare “mi piace” su qualche internet-meme (non è vero, non l’ho mai fatto), o più probbailmente a cliccare “mi piace” su una foto di una via (alpinistica) fatta da un amico (morendo d’invidia?) e buonanotte ai museanti.
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Ma qui non siamo sulla carta igenica mentale di facebook. Io sento quasi il dovere di prendermi il tempo di riflettere sulle cose e cercare di capire meglio, soprattutto sulle questioni che qui ci interessano molto, sopratutto su questa questione dell’inarrestabile ascesa della “spettacolarizzazione” dell’ambiente (naturale). Anzi il suo assassinio.
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Tu accomuni come esempi negativi tra l’altro: la skyway al Monte Bianco, la proposta scultoria del FAI ed il museo di Plan De Corones. Ci può stare, sono forse pure d’accordo con te alla fine della fiera! Sul FAI dissi la mia su questo blog in recente commento ad articolo “I sogni del FAI” [1]. Sulla Skyway ne ho accenato ironicamente nell’articolo pubblicato qui, dal titolo: “A cosa servono i musei di Messner?” [2] che ti invito a leggere e mi piacerebbere li leggere come commento, una tua riflessione sulla mia riflessione (perchè Alessandro l’ha chiamata saggio solo perchè è “lunga” 🙂 ).
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Dunque, sono qui a scrivere sopratutto dopo avere letto vecchio articolo a tua firma, dal titolo: “L’ultimo sapzio” [3], uscito prima che il museo aprisse, dove è esplicito che sto benedetto ultimo della serie MMM non ti è garbato.
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Come leggerai, se vorrai, nel mio scritto [2], io do invece una interpretazione diversa dal tuo giudizio drastico, che ha sentenza lapidaria quando dici:
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“Un maxiposter o maxischermo che surroga la Natura. E uccide la sua percettibilità olistica, ossia un’esperienza totale e collettiva.” [3]
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Quindi tu consideri questo maledetto museo un mega-televisorone, specchio di noi stessi meschini fotografi di panorami “mozzafiato” (questa parola vedo che ti piace! a me invece non piace, sarà la doppia zeta o che il “mozza-fiato” in montagna lo ho provato in situazioni alpinistiche di non-pace). Scherzi a parte, io do invece una interpretazione positiva alla operazioni delle finestrone / finestrine. Per dirla alla “Donnie Darko”, quelle diavolo di finestre a specchio sono un “portale” (conoscenza).
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Permettono di vedere qualcosa “al di là” del visibile. E cosa sarà mai sta roba lì ? Bhe, ti invito a leggere, prima della mia modesta riflessione, il seguente articolo, intervista ad Alessandro Gogna: “La pervicace ricerca del destino – parte 2” [4].
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Poiavrei da dire qualcosa anche su immaginario collettivo ed individuale, ma ora mi intorcerei che sono stanco ed annoierei a morte anche me stesso e proseguo con argomenti più leggeri:
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Sulla somiglianza delle tre “opere” di Zaha Hadid a cui fai riferimento, dicendo che sono tutte uguali: non sono d’accordo. Il museo di Messner ha una caratteristica che continua a sfuggire ai più: E’ INTERRATO! 🙂 Forse un pò fintamente perchè è stato ricoperto di terra. Ma alla fine quello che esce sono pochi metri quadrati di finestrume. C’è una certa differenza dalle strutture megagalattiche realizzate nelle metropoli.
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Io non sono qui a difendere le “archistar” (che vuol dire ? architetti famosi?). Odio quasi tutta la “scienza” architettonica (le costruzioni che fa l’essere umano e che sono da sempre simbolo di potere “temporale”, in montagna come al mare, nel seicento come nel 2015); io sono un primitivista ed odio la proprietà privata. Ma penso che debba essere “vista” un differenza, che è concettuale e realizzativa, tra l’operazione dei musei di Messner e quest’ultimo in particolare! e che sò la Skyway Monte Bianco, tutto accomunato nel calderone “luna park”, cattivume.
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Poi potrò essere d’accordo con te che forse il museo è pure “peggio”, operazione “gratuita”, possibile enorme atto di sfarzo, come taluni rognano, una possibile arroganza di potere personale quella di Reinhold Messner, (ma ripeto, io non la vedo così), se confrontata ai piccoli sogni provinciali valdostani del FAI.
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Una parola su Mountain Wilderness e lo scritto a cui fai riferimento (La nuova funivia del monte Bianco [5]): qui su questo blog siamo tutti d’accordo sull’ipocrisia sottostante la frase “con il massimo rispetto possibile per l’ambiente” di cui si riempono la bocca tutti i costruttori di diabolici impianti. Però non mi torna sta cosa che Reinhold Messner “ha voltato le spalle” a MW; sarebbe da approfondire la storia dei fatti. Invito a leggere la mia conclusione in [2].
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Un ultima cosetta per buttarla in ridere: in [3] dici:
“L’ammirazione per Reinhold Messner, le sue imprese sportive, la sua sensibilità per la cultura ambientale ed ecologica, le sue battaglie per i Parchi (incluso quello Antartico, durante la sua fantastica traversata del 1989) rasenta, in me, la devozione attenta.”
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Guarda che dire che Reinhold Messner ha fatto “imprese sportive” è offensivo seriamente 🙂 quell’uomo ha fatto imprese alpinistiche “visionarie” (ti invito a leggere articolo e commenti qui: “Consegna di immaginario” [6]). Prova dirlo ad Alessandro Gogna, che ha fatto “sport”… oh magari la prende in ridere… 🙂
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P.S. ma come mai questo interesse tutto genovese per i musei ed i luna park (di montagna) 😉
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respect
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Riferimenti:
[1] http://www.banff.it/i-sogni-del-fai/#comment-16398
[2] http://www.banff.it/a-cosa-servono-i-musei-di-messner/
[3] http://www.banff.it/lultimo-spazio/
[4] http://www.banff.it/la-pervicace-ricerca-del-destino-parte-2/
[5] http://www.banff.it/la-nuova-funivia-del-monte-bianco/
[6] http://www.banff.it/consegna-di-immaginario/
Stefano per strabiliare in camporella ci voglio certe doti….. ma forse il caro IVAN ha bisogno di ricorre ad altro.
La Skywai che fa le veci della pastiglia blu…..
Caro Ivan se la portavi in camporella, non serve neanche lì essere esperti, passavate una bella giornata senza per questo distruggere l’ambiente e la “figata pazzesca” la vivevate davvero senza immagini premasticate… 😉
Se solo si prendesse il tempo di vedere lo stato dei ghiacciai del Bianco dopo il caldo di questa estate, la gente si preoccuperebbe di più dei cambiamenti climatici invece che delle “emozioni forti”. Fra un po’ purtroppo l’unica vista saranno sfasciumi. Tutte queste persone che arrivano in macchina per provare la senzazione del vuoto e i camion che trasportano merci hanno reso l’aria di Chamonix (e fra poco di Courmayeur) così irrespirabile che i bimbi non posso fare la ricreazione all’aperto. Ma va bene così andiamo al bianco perché hanno fatto il reality.
Mao Adreani, da facebook 24 settembre 2015 alle ore 9:01
Ormai ci sono luoghi da evitare. Dalla metafisica al lunapark. Si potrebbe installare un ascensore esterno sulla Bonatti al Dru o sulla Nord dell’Eiger tanto per dare al turista le stesse sensazioni che provarono i “vecchi” salitori. In fondo a traversare l’Atlantico su una moderna nave non si provano le stesse sensazioni di Colombo?
Lorenzo Nobile, da facebook 24 settembre 2015, ore 8.45
É una figata pazzesca invece..ho portato la mia ragazza sulla skyway quest’estate ed é stato davvero uno dei giorni più belli!! Spero ce ne saranno sempre di più di costruzioni così in alta montagna..danno la possibilità anche ai non esperti di poter salire dove non potranno mai arrivare.
Concordo con Marcello. Aggiungerei che probabilmente, e per fortuna, la fantasia di chi ama questo genere di cose non riesce ad oltrepassare i limiti del convenzionale. Mi dispiace per il Monte Bianco ma credo che ben difficilmente, anche in futuro, verranno intaccati posti che nell’immaginario collettivo contano poco o nulla e di cui solo gli intenditori possono godere.
E’ tornata di moda la “conquista delle vette” degli anni ’50-’60. Con le funivie-mostro tipo Feccia del cielo (Tofana) e sorelle contemporanee su Sella, Falzarego e dintorni era il protagonismo del progresso. Ora è solo l’egoismo di archistar e arcistupidi politici. Dispiace per Messner, che a Solda ha realizzato un gioliellino di museo e ha sbracato con i successivi – anche lui – per mania di protagonismo.
Colbacco e canottiera. Gli elementi (dalla foto che ritrae la ragazza nel box doccia) che la dicono lunga sullo stato mentale di tutti quelli che architettano queste assurdità. Finché resteranno tutte concentrate in posti già degenerati da decenni non me ne preoccuperei più di tanto, ma se dovessero uscire da questi confini forse si dovrebbe ricorrere alle “cesoie per tagliare i recinti” per dirla alla De Luca, Mammamia!