Alex Langer

Alex Langer
di Giorgio Mezzalira
(pubblicato da In movimento, aprile-maggio 2018)

Lettura: spessore-weight(2), impegno-effort(1), disimpegno-entertainment(2)

Alexander Langer (1946-1995) è stato un uomo dallo sguardo lungo, figlio di una terra infra montes dove il mondo italiano e quello tedesco si incontrano: l’Alto Adige/Südtirol. Nella sua biografia si intrecciano origini e provenienze culturali, linguistiche, religiose diverse. Nasce a Vipiteno/Sterzing, un piccolo paese a pochi chilometri dall’Austria. Il padre, di origini ebraiche, viene perseguitato nel periodo delle leggi razziali; la madre, cattolica, è una sudtirolese di lingua tedesca. Langer cresce in un ambiente di lingua e cultura tedesche ma frequenta l’asilo italiano. Negli anni Sessanta la provincia di Bolzano è scossa da una lunga serie di attentati dinamitardi di matrice separatista, la tensione sale e il richiamo a compattarsi nel proprio gruppo nazionale di appartenenza contrappone i sudtirolesi da una parte e gli italiani dall’altra. La scelta di schierarsi per rafforzare uno dei due blocchi etnici rappresenta la via quasi obbligata. Langer decide di imboccare un’altra strada. Anima un gruppetto di ragazze e ragazzi di lingua italiana, tedesca e ladina, i quali, come lui ricorda nella sua Minima personalia si incontrano regolarmente per studiare insieme la storia della loro terra, scoprendo le reciproche omissioni e reticenze. Sono impegnati a capire come potrebbero andare diversamente le cose. Nasce in questo “gruppo misto” un esperimento in piccolo di convivenza interetnica, un laboratorio in cui imparare la lingua e la cultura dell’altro, esercitare il dialogo e l’ascolto tra diversi.

Passo del Brennero, 1991. Alex Langer. Foto: Othmar Seehauser

Langer ne trarrà esperienze e insegnamenti da utilizzare sul campo, oltre il singolo caso sudtirolese, negli anni del suo instancabile impegno per fare pace tra gli uomini e con la natura. Quando da parlamentare europeo membro dell’European Action Council for Peace in the Balkans e con il Forum di Verona per la pace e la riconciliazione nell’ex-Jugoslavia formulerà una proposta di soluzione per la guerra nei Balcani, egli si richiamerà proprio al gruppo misto (plurietnico, plurireligioso) come modello per contribuire alla ricomposizione del conflitto e mettere a sedime le «piante pioniere della convivenza». Nella consapevolezza, comunque, che aprire la strada al dialogo e alla condivisione non è facile né lineare, ma rappresenta l’unica vera alternativa alla contrapposizione etnica.

Esploratori di frontiera
Oggi ricordiamo Langer come costruttore di ponti e saltatore di muri, ricorrendo alle immagini che lui stesso ha suggerito – e incarnato – per descrivere la figura del mediatore e dell’esploratore di frontiera. Nel suo Tentativo di decalogo per la convivenza inter-etnica (1995), vera e propria bussola per affrontare alcune delle grandi questioni della contemporaneità, ne parla come di figure centrali per superare le divisioni che sorgono in situazioni di coesistenza tra gruppi di diversa lingua e cultura.

Laddove un confine nasce, c’è bisogno di qualcuno che lo scavalchi, lo attraversi. E laddove ci sono tensione e conflitto, sosteneva Langer, tutto questo assomiglierà al contrabbando. Come quando a dispetto dell’inviolabilità delle barriere, sui sentieri di passo e di nascosto dalle guardie messe a difesa dei patrii suoli, lo scambio tra l’una e l’altra parte continuava ad avvenire. Serviranno anche traditori della compattezza etnica, che non si dovranno trasformare in transfughi per rimanere credibili. Langer intendeva persone capaci di chiamarsi fuori dal proprio fronte quando questo si chiude in cieco esclusivismo, quando non fa i conti con le sue miserie presenti e passate, quando il «rimanere uniti» è l’unico valore che tutto sopporta, giustifica e cancella. Tradire allora diventa un atto d’amore e di verità per la propria parte.

Alex Langer con Yasser Arafat

Nella storia dei territori di confine quella del traditore è forse una delle figure più ingombranti e ambivalenti: tale per gli uni ed eroe per gli altri. E il pensiero corre a un altro figlio della terra infra montes: Cesare Battisti. Il traditore è là dove c’è un confine da non oltrepassare, dove la linea di demarcazione tra amico e nemico, tra il dentro e il fuori, appare netta e inconfondibile, dov’è bandito lo scambio. Al traditore bisogna saper guardare come a colui che è capace di aprire brecce tra mondi separati e provocare processi di scambio, anche se nella forma del corto circuito. Egli ha il volto di Giano bifronte custode e protettore dei varchi, delle aperture, dei passaggi, l’unico a poter guardare dai due lati, da due prospettive, l’unico a godere di una sana distanza di sicurezza dal centro del proprio io-mondo.

Sguardi di confine
Abitare il confine non è un esercizio facile, perché per sua natura questa demarcazione ha un carattere molteplice, a volte ingannevole, e oggi anche molto meno riducibile al segno tracciato su una qualche cartina politica. Lo concepiamo come una linea che ha lo scopo di tenere distinti e separati territori, lingue, culture, identità ma più ci avviciniamo ad esso più ci accorgiamo che non rispetta il compito di funzionare da riduttore della complessità che pure (e soprattutto) gli abbiamo assegnato. Lì, sul confine, lingue culture e identità si incontrano e si incrociano. Si può decidere di abitare solo dalla parte del “noi” oppure di vivere con gli “altri”, non accanto ma insieme, stare su una delle due sponde oppure costruire ponti, come Langer ha insegnato.

Sulla Vetta d’Italia (Klockerkarkopf) al confine tra Italia e Austria il 4 giugno 1989 per la Dichiarazione delle Alpi. Al centro, Alex Langer. A sinistra, Carlo Alberto Pinelli

Tutte questioni di straordinaria attualità in un’Europa che ha congelato Schengen, fatto riabbassare la sbarra del Brennero e che pare in viaggio di ritorno verso gli stati nazionali. Un viaggio da concludersi ognuno serrando il proprio uscio di casa.

Era il 1989, anno del crollo del muro di Berlino, e Alexander Langer, in campagna elettorale per le europee, salì con un gruppo di amici e ambientalisti sulla Vetta d’Italia (Klockerkarkopf). Il luogo scelto era più che simbolico. Non solo si trattava di una cima al confine tra Italia e Austria che il nazionalista Ettore Tolomei aveva battezzato con quel nome italiano nel 1904, per rivendicare l’italianità del Südtirol. Era anche un punto del più grande e importante sistema montuoso europeo, dal cui equilibrio ambientale dipendeva (e dipende) un bel pezzo del nostro futuro.

Fu l’occasione per lanciare a nome dei Verdi europei la «Dichiarazione delle Alpi», un documento per la salvaguardia dell’ambiente alpino e il suo sviluppo sostenibile. Venne anche apposta una targa bilingue: «Europaspitze – Friede den Menschen, Bruderschaft mit derNatur – Die Grünen / Vetta d’Europa – Pace tra gli uomini e con la natura – i verdi – 4 giugno 1989». Un messaggio lanciato dal confine che nulla ha perso per lungimiranza e urgenza.

Alex Langer con Reinhold Messner

Breve biografia di Alex Langer
Giornalista, traduttore, insegnante, collabora fin da giovanissimo con diverse riviste, associazioni, iniziative civiche. Ex militante di Lotta Continua e della Neue Linke/Nuova sinistra di Bolzano, negli anni ‘8O è tra i promotori del movimento politico dei Verdi, di cui diventa primo capogruppo al Parlamento Europeo nel 1989. Nel 1981 e 1991 si rifiuta di aderire al censimento nominativo che rafforza la politica di divisione etnica in Alto Adige/Südtirol. Decide di interrompere la vita il 3 luglio 1995, all’età di 49 anni.
Per una antologia degli scritti di Alexander Langer si rimanda al sito della Fondazione Alexander Langer Stiftung: http://www.alexanderlanger.org.

L’autore
Giorgio Mezzalira
(Bolzano/Bozen), insegnante, membro della Fondazione Alexander Langer Stiftung, autore di pubblicazioni sulla storia regionale (Tirolo, Trentino e Alto Adige) del ‘900, editorialista del Corriere dell’Alto Adige e del Corriere del Trentino.

Spiegare il SudTirolo
di Alex Langer (1 marzo 1986, testo tratto da www.alexanderlanger.org)

Da decenni, ormai, mi sento impegnato nello sforzo di “spiegare il SudTirolo”; di coinvolgere l’attenzione e l’apporto di amici democratici alla causa dell’autonomia e della convivenza nella mia terra.

Al di là della necessità di evitare l’isolamento e il piano inclinato dei revanscismi, c’è anche una forte convinzione che mi sorregge: leggo nella situazione sudtirolese una quantità dì insegnamenti ed esperienze generalizzabili ben oltre un piccolo “caso” provinciale.

Essere minoranza, senza per questo chiudersi in lamentele e nostalgie; coltivare le proprie peculiarità, senza per questo scegliere il “ghetto” e finire nel razzismo; sperimentare le potenzialità di una convivenza pluri-culturale e pluri-etnica; partecipare a movimenti etno-nazionali, senza assolutizzare il dato etnico; lavorare per la comunicazione inter-comunitaria… a volte penso che tanti aspetti del futuro europeo potrebbero essere sperimentati e verificati in corpore vili, con grande profitto. Peccato che la politica dominante vada in direzione opposta (piuttosto verso Cipro, il Libano, ecc.) e che così pochi al di là dei nostri confini provinciali se ne accorgano.

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Alex Langer ultima modifica: 2018-06-09T05:47:01+02:00 da GognaBlog

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4 pensieri su “Alex Langer”

  1. Forse s’è ucciso per lo scoramento di vedere una realtà che contraddiceva duramente le sue idee. Quello di Langer è un insegnamento di grande attualità, nel senso che, purtroppo, oggi le sue idee sono molto lontane dal sentire della maggioranza degli europei. Eppure sono più necessarie che mai, se non vogliamo ripiombare nel nazionalismo. Purtroppo la memoria dei disastri materiali e morali che esso ha causato rischia di perdersi. Siamo tornati alle parole aspre di “noi” contro “loro”. Per ora siamo alle parole, speriamo di non dover affrontare altre prove.

  2. Non sono particolarmente d’accordo nel paragonare Langer, pacifista e internazionalista, a Battisti, soldato volontario, interventista, quindi, per definizione guerrafondaio. 

  3. “Decide di interrompere la vita”: è un eufemismo per dire “si suicidò”, adoperando parole meno crude e tentando di alleviare la gravità del fatto. È una tragedia enorme nella vita di una persona.
    In un articolo biografico, anche sommario, bisogna purtroppo trattare anche di queste cose. Perché lo fece? Io non l’ho mai imparato, ma me lo sono sempre chiesto.
    E dunque, perché Langer si uccise?

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