Andrà tutto bene, se ne saremo capaci
(Bisogno e Disponibilità. Sospetto e Solidarietà)
di Massimo Manavella
Abbiamo chiuso il rifugio Selleries martedì 10 marzo 2020. Oggi siamo a venerdì 17 di aprile. Quindi un certo numero di giorni son già passati, con tutta una serie di ipotesi, valutazioni e previsioni sul futuro possibile.
Partendo dalla considerazione che tutti, ognuno nel suo ambito, ci abbiamo rimesso un pezzettino di portafoglio ed essendo ben consapevoli che non è finita qui, anzi che dovremo preventivare di dovercene rimettere un’altra parte anche nel futuro prossimo, ritengo che sia utile, oltre che indispensabile, iniziare a imbastire qualche ipotesi sul nostro lavoro di domani e dopodomani.
Mi fa abbastanza sorridere quanto si è letto, nelle settimane scorse, a proposito di illusioni del tipo “… quest’estate sarà l’estate della montagna! “. Immaginare che la montagna sarà privilegiata nel post-covid rispetto al mare, perché i turisti saranno diffidenti verso le spiagge, mi pare piuttosto ingenuo e con poche capacità di valutazioni concrete. Oltre che apparirmi, un poco, offensivo nei confronti degli operatori di montagna, per il fatto che non ritengo sia professionale e serio dirsi gaudenti di eventuali disgrazie altrui.
Focalizzando il ragionamento sul settore dei Rifugi Alpini ed Escursionistici, io non vedo troppe differenze e non meno difficoltà rispetto al settore degli stabilimenti balneari. Il rifugio, e l’angolo di montagna che lo ospita, può mettere a disposizione della sua utenza degli spazi limitati e, conseguentemente, anche servizi, per forza, limitati. Esattamente come su una spiaggia. Poi, ovviamente, ci sono stabilimenti balneari con molte attrattive e con una notevole ricchezza di proposte, proprio come esistono rifugi più essenziali e minimali, mentre ce ne sono altri più equipaggiati e con dovizia di offerte. Ma per tutte queste realtà, indistintamente, c’è il problema dello spazio che possono utilizzare: sempre e comunque circoscritto.
Alla luce di questa consapevolezza, entra in campo la possibilità e la capacità organizzativa dei conduttori: siano essi alpini o marini. Si sente parlare, per le spiagge, di separé in plexiglass e di distanziatori tra le sedie a sdraio. Dai rifugi, per contro, non si è ancora sentito granché. Noi quassù, qualche ipotesi con gli altri componenti del gruppo di collaboratori del Rifugio Selleries, la Banda come amiamo definirci, l’abbiamo fatta. Ed un po’ di idee al riguardo le stiamo gradualmente definendo.
Premesso che fino a quando non ci saranno indicazioni governative precise, su quelli che dovranno essere i parametri entro i quali ci potremo muovere e quindi lavorare, tutte le nostre ipotesi rimangono assolutamente aleatorie e modificabili. Partendo, inoltre, dal fatto che per la disinfezione, la pulizia e le sanificazioni, ad oggi noi abbiamo, esclusivamente, tre prodotti certificati ai quali possiamo fare riferimento, provo a spiegare a quali conclusioni saremmo arrivati, fermo restando al doverle adeguare nel momento in cui avremo direttive precise.
I prodotti di cui accennavo prima sono:
– Ipoclorito di sodio (cloro): per sanificare i bagni e le superfici in ceramica;
– Alcool denaturato (alcool rosa): per sanificare i vetri, i cristalli e gli schermi;
– Perossido d’idrogeno (acqua ossigenata): per sanificare le superfici in legno ed i tessuti;
Ognuna di queste sostanze avrà delle percentuali ben definite di diluizione per il corretto utilizzo.
Tutte le persone che lavoreranno al Rifugio Selleries dovranno essere dotate:
– di mascherina e guanti;
– di abbigliamento facilmente lavabile e sanificabile, da sostituire con frequenza;
– di calzature facilmente lavabili e sanificabili;
Cambierà, quasi, radicalmente l’impostazione del servizio che proporremo. La sala da pranzo passerà dall’abituale novantina di posti tavola a 35 forse 40, a seconda delle direttive. Le camere matrimoniali, che al Selleries sono tre, rimarranno tali partendo dal presupposto che una coppia che dorme insieme a casa lo farà anche in rifugio. Le camere a sei posti letto, le utilizzeremo per tre persone, con riserva di usarle per più persone, nel caso in cui si tratti di una famiglia che a casa vive e dorme nello stesso alloggio. Diventa facilmente comprensibile che la disponibilità dei servizi che potremo offrire si ridurrà della metà, all’incirca.
Per il servizio di pranzo e cena saremo obbligati a richiedere una prenotazione obbligatoria. Sia per il diminuito numero dei posti che avremo a disposizione, sia per poter organizzare con efficienza il servizio di somministrazione. A proposito del quale ci organizzeremo con un self service, per evitare che i camerieri debbano girare fra i tavoli, con prevedibili possibilità di infrangere le normative sulle distanze minime. Quindi ai clienti verrà chiesto di utilizzare un vassoio che sarà loro fornito, nel quale verranno via via disposti i piatti con le varie pietanze. Con il pranzo nel vassoio i clienti potranno andarsi a sedere al tavolo loro riservato.
Per coloro che non avranno prenotato, non sarà possibile accedere alla sala ristorante e tanto meno alle camere. E nemmeno al bancone bar. Prevediamo di predisporre un sistema di somministrazione alimenti e bevande all’esterno, con vassoi e piatti da asporto che, al termine del pasto, i clienti riporteranno. Come servizio bar sistemeremo un bancone esterno, non essendo pensabili le code al bancone interno collocato nello stesso salone dove si trovano le persone prenotate per il pranzo o la cena. Tutto ciò nell’ottica di evitare ogni forma di assembramento. Per accedere ai servizi igienici chiederemo a tutte le persone “esterne” di utilizzare l’ingresso posteriore, per chi è pratico del Selleries la rampa che sale da dietro il rifugio, in questo modo eviteremo il via vai, nella sala da pranzo, delle persone “esterne” che avranno necessità di usare il bagno. Per i clienti “interni” l’accesso ai bagni sarà quello di sempre. In questo modo riusciremo a garantire, a tutti, la possibilità di utilizzo dei servizi igienici.
Per garantire anche all’esterno un servizio confortevole, stiamo valutando il noleggio di una tensiostruttura, in modo da poter fornire una sistemazione adeguata anche nel caso in cui inizi improvvisamente a piovere, oppure salga il nebbione umido. Tutti i pasti d’asporto verranno proposti in piatti compostabili, come compostabili saranno posate e bicchieri. Niente plasticume, insomma.
Il nostro personale si destreggerà tra interno ed esterno, per rendere ben organizzate entrambe le situazioni. In sala avremo una persona che provvederà ad accompagnare al tavolo prenotato i clienti e che si occuperà dei conti, un paio di persone al servizio self service ed una persona al bancone bar. All’esterno avremo una persona che provvederà a gestire la sistemazione ai tavoli, due persone al bancone: una per il bar e l’altra per la gestione dei piatti d’asporto. Ci sarà un addetto ai servizi igienici, per garantire un monitoraggio continuo di pulizia e sanificazione. In cucina l’organizzazione e l’impostazione rimarranno le medesime avute fino a prima della pandemia. Stesso discorso per la plonge, il locale lavapiatti. Fatto salvo, in entrambi i casi, l’uso delle mascherine e dei guanti, come per tutto il resto del personale.
Un’altra valutazione che stiamo provvedendo a fare, in questi giorni, è l’acquisto di un generatore di ozono. Questo strumento servirebbe per una sanificazione efficace e, relativamente, rapida di tutti gli ambienti del rifugio, soprattutto di quelli con più ampie metrature, come ad esempio la sala ristorante. Visto che la spesa da affrontare è di una certa importanza, oltre a pensarci bene abbiamo bisogno di avere indicazioni precise dalle commissioni, preposte dal governo, a fornire le linee guida.
Ad oggi questo è il nostro piano d’azione, che, siamo certi, si evolverà e si modificherà ancora di parecchio.
A questo punto, però, un paio di riflessioni al riguardo, vi chiederemmo di concedercele.
Non ci piace affatto tutto ciò, vorremmo che fosse chiaro. Ma non potremo fare altrimenti: più o meno saremo obbligati a muoverci in questo modo. Quindi, cosa significa? Questo nostro piano d’azione significa la soppressione completa, seppur temporanea, di tutto ciò che è il rifugio, alpino od escursionistico, che tutti conosciamo da sempre. La condivisione, la famigliarità e la convivialità andranno a morire. Seppur temporaneamente. Le tavolate e le camerate condivise, quasi sempre, da persone che arrivavano estranee e ripartivano amiche non avranno alcuna possibilità di riproporsi. Seppur temporaneamente. Il buffet della colazione di fronte al quale ci si scambia le informazioni sulle difficoltà delle salite che si andranno, di lì a poco, ad intraprendere, oppure le personali impressioni sul tempo che farà lungo la giornata, non potrà più esserci e verrà sostituito da un self service. Seppur temporaneamente. La birra al bancone del bar, al rientro da una scalata o da una camminata, condivisa con persone incontrate per la prima volta, nessuno la vorrà prendere in considerazione: ammesso e non concesso che sarà ancora possibile un servizio di birra alla spina. Le cene dopo una salita in bici o a piedi, al buio od all’imbrunire ed il rientro nel cuore della notte saranno ben complicate, auspicando di riuscire a farle ancora.
Noi non abbiamo la minima idea di come fecero i nostri colleghi, all’epoca della Spagnola nel 1918 e dell’Asiatica nel 1957. Di come riuscirono a passare attraverso a quelle pandemie e di come riuscirono a venirne fuori. Come non abbiamo idea dei modi che ebbero, allora, nel rapportarsi i loro clienti. Ma ci permettiamo la certezza che, oltre alle direttive governative, noi rifugisti, OGGI dovremo far fronte ad una diffidenza diffusa tra tutti i nostri avventori. OGGI dovremo fronteggiare la paura sottile ed infingarda che si è insinuata, tanto inconsapevole quanto inesorabile, in tutti noi: montanari e cittadini, marinari e campagnini. Appena verremo liberati dalle paratie di contenimento, faremo come i polli d’allevamento che girano con circospezione a poca distanza delle porte spalancate del recinto, per poi, nella maggior parte dei casi ritornarvi dentro.
Al Selleries siamo molto preoccupati. Dell’oggi, del domani e del dopodomani. Perché abbiamo capito che non ne saremo fuori tanto presto.
A fronte di questa nostra preoccupazione siamo qui a presentarvi il nostro piano d’azione. Ma siamo, soprattutto, qui a dirvi che ci aspettiamo, oltre al vostro giudizio su quanto vi abbiamo descritto, anche la completa collaborazione di tutti coloro che saliranno. Quindi siamo qui a dirvi che abbiamo bisogno del vostro aiuto. E non solo estemporaneamente. Noi abbiamo bisogno che ognuno dei nostri clienti sia disposto a fare la sua parte. Perché se NOI abbiamo la responsabilità ed il dovere che darvi certezze e sicurezze, da parte vostra, VOI, avete la responsabilità di muovervi con la coscienza del prossimo. Ognuno di noi e di voi deve capire di dover fare la sua parte. Quindi verificare prima di muoversi da casa. Quindi di essere attrezzato con tutti i dispositivi individuali che gli competono. Quindi di essere consapevole delle sue condizioni di salute. Quindi di lasciare il bagno che ha usato nelle migliori condizioni possibili. In sintesi essere completamente responsabile per sé stesso, senza più demandare ad altri ciò che si deve fare in prima persona.
Abbiamo bisogno che i clienti del rifugio Selleries si ricordino, in ogni momento, da dove arriva la loro passione per la Montagna e quali sono gli ingredienti che la alimentano.
Le considerazioni “pago quindi pretendo” non saranno più di moda in questa nuova epoca. L’arroganza è passata a miglior vita. La fretta e la scortesia di coloro che vedono esclusivamente loro stessi non saranno più di casa, nel rifugio che gestiamo. Ai 2023 metri di quota dell’Alpe Selleries nel post-covid, non ci sarà più posto per coloro che non faranno della comprensione e della disponibilità il loro metro di misura. Ci spiace essere, magari, troppo troncanti, ma ci auguriamo di riuscire a farci comprendere, almeno un po’. Non è più tempo di parlare per mezze parole o per frasi di circostanza.
Noi quassù riteniamo che non ci sia altro modo per venire fuori, più o meno indenni, da questa esperienza. Tutti dovremo metterci del nostro, altrimenti non ce la potremo fare. Vogliamo, ripeto VOGLIAMO, poterci permettere la certezza che diffidenza, sospetto e delazione non diventino le componenti fondanti della nostra quotidianità. Noi crediamo nella condivisione, difficile ma non impossibile nemmeno di questi tempi, crediamo nella solidarietà, anch’essa difficile ma fondamentale, soprattutto, di questi tempi.
Dovremo essere in grado, tutti insieme, rifugisti, alpinisti, escursionisti e biciclisti, di organizzarci e regolarci. Senza sempre pretendere che le direttive ci cadano dall’alto. Non più imposizioni ma scelte consapevoli. Saranno necessarie delle limitazioni nelle frequentazioni e negli affollamenti, per poter stare alle giuste distanze. Sulla spiaggia di Finale Ligure come nei prati dell’Alpe Selleries. Il motto “liberi tutti” non potrà funzionare, questo deve esserci ben chiaro fin da subito. Con il nostro pic-nic dovremo valutare bene dove dirigerci e posizionarci. Stesso identico ragionamento per le scalate in Cristalliera ed in Orsiera. Facendo tesoro dei segnali silenziosi che la Natura ci ha inviato, quando eravamo chiusi in clausura.
“Da ognuno secondo le sue disponibilità a ciascuno secondo le sue necessità”, è una frase che pare riemergere dalla preistoria, come il virus d’altronde, ma che esprime un concetto, secondo me, più attuale che mai.
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Paolo Panzeri, un bravo politico che dice e non dice! ?
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Roberto Pasini, Palombella rossa è un film straordinario e la scena con la giornalista è al contempo surreale e verosimile!
E’ che “montanitudine” suonava come una patologi psichica e “montanesimo” un po’ troppo movimento politico! 🙂
“La montanita’ “ ???? Ma come parli diceva Nanni Moretti in Palombella Rossa dando uno schiaffo alla giornalista. Dimmi come parli e ti dirò chi sei.
Leggo una “roba” che il cai ha scritto al Governo e riporto alcune frasi:
-il Cai e tutti i suoi Soci si sono astenuti doverosamente da qualsiasi attività in montagna,
-Vogliamo tornare a prenderci cura dei rifugi e dei sentieri di montagna, perché ora ‘Le Montagne hanno bisogno di noi’, così come noi loro“.
-i rifugi alpini costituiscono strutture di accoglienza e presidi culturali e di soccorso in tutte le nostre montagne e prestano anche attività di ristorazione
– indicazioni fondamentali per il mondo di quanti hanno a cuore la montanità, che significa anche attenzione verso le popolazioni che nelle montagne fisiche vivono e devono essere invogliate a restare
La capacità politica del presidente Torti, di non sbilanciarsi mai e di approfittare delle situazioni per massimizzare gli interessi senza assumersi responsabilità, mi ha impressionato: ha superato qualsiasi mia opinione del cai. 🙂
Per i critici, sarà anche una persona che non è quasi mai andato in montagna se non in elicottero o funivia, come quasi tutti i suoi predecessori (non ha nessuna importanza), ma come presidente mi sembra di una abilità strategica notevole !!!
Si vede che sento ancora un certo affetto recondito per il cai 🙂 🙂 🙂
Caro Peppe,
una follia che ben si adatta al quadro attuale, purtroppo.
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La voce del CAI
https://www.cai.it/le-montagne-hanno-bisogno-di-noi-e-noi-di-loro-servono-risposte-urgenti-per-ripartire-e-per-la-tutela-psicofisica-dei-frequentatori-della-montagna/
Grazie per il link, nel marasma generale questa me l’ero persa.
A me pare una dichiarazione piuttosto improvvida (e fatta a che titolo ?) di un dirigente d’azienda troppo zelante su un tema dove invece la prudenza sarebbe d’obbligo (dubito inoltre che si possa autorizzare l’ “uso compassionevole” di un farmaco su una persona sana).
La sperimentazione è già partita, e riguarda un gruppo di volontari.
Ha comunque fatto bene il sindacato di Polizia a chiedere chiarimenti (come scritto nell’articolo, la “notizia” è stata smentita dal Dipartimento di Pubblica sicurezza).
Peppe, grazie per gli auguri. In questo momento ci vogliono più che mai, se si verrà in ospedale.
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Leggo letteratura che riguarda i vaccini da vent’anni circa grazie a un’amica ricercatrice e altri genitori preparati in merito. Grazie comunque per l’invito.
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Per il vaccino ai poveri poliziotti:
https://www.google.it/amp/s/www.sardegnalive.net/newsamp/in-italia/46473/vaccino-covid-19-per-le-forze-dell-ordine-valter-mazzetti-fsp-polizia-di-stato-gli-agenti-non-siano-cavie-per-le-sperimentazioni
Buongiorno Grazia,
io cerco di identificarmi soprattutto negli altri (naturalmente ho le mie opinioni, ma mi interessano di più quelle altrui – meglio se diverse dalle mie).
Internet è un grande diffusore di informazioni, ma non lo vedrei in modo negativo. Ha molto potenziale però è solo uno strumento. Come tutti gli strumenti occorre saperlo usare, applicarlo nel contesto a cui è adatto e farlo utilizzando la nostra cultura e intelligenza.
Il tema dei vaccini è molto delicato. Già scrivere “vaccino”, senza specificare, può portare a errate generalizzazioni.
Non condivido (ma rispetto, in quanto tue) diverse opinioni che esprimi su questo argomento. Per la delicatezza del tema ritengo che questa non sia la sede giusta per approfondire, mi permetto però di consigliarti la lettura della numerosa letteratura scientifica a disposizione di tutti.
Anche l’ordinanza della regione Lazio ha il suo razionale (che sia condivisibile o no – gli obblighi hanno sempre un cattivo sapore, io preferirei che si parlasse di doveri, ma questa parola sta diventando sempre più desueta).
Sarei però interessato a sapere dove hai letto che “volevano dare avvio a una sperimentazione del vaccino sul corpo di polizia”. Hai un link (che non sia il profilo facebook di Pappalardo 🙂 ?
Ti faccio i miei più sinceri auguri per l’intervento a tuo padre,
Giuseppe (Peppe).
…e comunque, di fronte a ingiustizie e incongruenze, io non ho mai saputo tacere, come dimostra il mio articolo apparso qui sul blog qualche mese fa. 🙂
Buongiorno Peppe,
io mi identifico solo con me stessa 🙂
E fin dall’inizio ho provato diffidenza verso le notizie che venivano trasmesse. Ho già raccontato come ai primi di febbraio già venissero dedicate ore (ORE) televisive all’arrivo del gruppo di italiani provenienti dalla Cina. All’epoca mi stupirono non pochi dettagli: a parte, appunto, la narrazione sensazionalistica da quattro spiccioli, l’intervista alla ricercatrice ragusana che ha comunicato che l’isolamento del virus (primi di febbraio) sarebbe anche servito al vaccino (a cos’altro?), quando ancora sembrava una banale influenza. E non contiamo l’aria rilassata dei genitori dell’adolescente trattenuto in Cina per settimane (i miei genitori sarebbero stati stracci). Questi e tanti altri piccoli particolari, sin dall’inizio.
Dopodiché ho continuato a stare in contatto con diversi amici che lavorano in ospedale, tutti atterriti da ciò che stiamo lasciando accadere.
Per il resto, a me sembra proprio il momento giusto per diffondere il più possibile le più svariate notizie, che possono riportarci a contatto con la realtà, poiché quella voluta dalla televisione non lo è. E non lo penso solo io.
Per anni non sono stata iscritta a fb, ho sempre preferito la vita reale a quella virtuale.
Poi, qualche giorno fa, mentre ero in fila per prendere i buoni spesa al comune, mi sono venuti in menti i tempi del fascio. Anche a quell’epoca per mangiare c’erano le stesse e procedure, ammesso che tu avessi la tessera del partito. Ore di fila per fare qualunque cosa, così che tu non abbia tempo per pensare a te, a chi sei, a chi eri, ai tuoi sogni.
Ho pensato che se oggi non avremmo internet, avremmo ancor più chiara la dimensione del problema, poiché saremmo tutti isolati, senza scambi se non quelli telefonici o quelli rubati per strada o a seguito di incontri clandestini.
Credo dovremmo riflettere ogni giorno su questo.
In ogni caso, a facebook continuo a dedicare pochissimo tempo. Quello che faccio, invece, per strada, chiacchierando amabilmente e senza parlare inutilmente di complottiamo, è far notare alla gente come stiamo tutti bene qui nel paese dove vivo. Sempre più persone non portano la mascherina, sempre più persone si accorgono delle incongruenze, soprattutto le persone semplici che non hanno strumenti per comprendere articoli scientifici, proprio perché basano la loro esistenza sulla vita pratica. La mera osservazione porta ad avere profondissimi dubbi su ciò che accade.
Come non farsene venire leggendo che volevano dare avvio a una sperimentazione del vaccino sul corpo di polizia?
Come non averne sapendo che la regione Lazio vuole rendere obbligatorio il vaccino a tutti gli over 65 e il personale sanitario?
Anche i sassi sanno perfettamente che quando il vaccino ci viene inoculato, contraiamo la malattia (benché blanda, se il farmaco è ben fatto), la possiamo trasmettere e soprattutto siamo indeboliti e possiamo prenderci qualcos’altro.
Che faranno secondo te? Metteranno in quarantena tutti i medici, infermieri, osa e assistenti? Ti aspetti questo?
Lo sanno gli italiani che il vaccino anti-influenzabile è sempre prodotto sulla base dell’influenza dell’anno passato? Lo sanno che in quel momento sono deboli e malati? Pensi che il loro medico dedichi tempo a illustrare le possibili conseguenze a cui vanno incontro? Scommetto di no. Scommetto che non dice loro che per ogni vaccino intasca una commissione.
Queste e altre non sono notizie nascoste, sono alla portata, eppure, nonostante le prove schiaccianti sotto gli occhi di tutti, il popolo continua a essere piegato.
La prossima settimana mio padre sarà ricoverato per un intervento al cuore. Come credi che mi senta sapendo che non posso andare a Milano? Come pensi che dormirò sapendo che nessuno dei miei familiari può assisterlo? E se, nel frattempo, come è successo due mesi fa, contrae un’infezione durante la degenza?
Ora è quanto mai doveroso reagire, ascoltare, parlare. Questo io credo.
(E mentre lo dico, Donna Etna ruggisce.)
Cara Grazia, l’ascolto di più voci con la mente aperta è, a mio parere, fondamentale.
Non tutte le voci, tuttavia, parlano con lo stesso peso su di un preciso argomento: attenzione a ciò che viene definito come false balance.
Attenzione inoltre a non selezionare, tra le voci, solo quelle che ci dicono quello che vogliamo credere o che meglio si adattano alla nostra opinione.
Timore a esprimere le proprie idee, mai 🙂
Evitando però di identificarci con la nostra opinione o con la nostra presa di posizione: sta all’opposto dello scambio che ci fa crescere.
P.S. Mi permetto di consigliarti cautela nelle confidenze che fai a Mr. Zuckerberg 🙂
Giuseppe, sono iscritta a fb da febbraio solo perché dei colleghi mi hanno invitata a partecipare a discussioni che riguardavano la montagna. Ho cominciato a pubblicare dal 25 aprile, e non è un caso.
A me non piace l’idea che vengano seguiti i miei spostamenti e anche per questo quando esco il telefono lo lascio a casa.
Mentre non ho timore di esprimere le mie idee.
Mi dispiace tu non possa ascoltare, ma credo che i video siano caricati solo su fb.
In ogni caso, il mio è un invito ad ascoltare più voci, tutto qui, senza per forza prendere una posizione.
Bonne nuit.
Grazia, posso metterci tutta la mia buona volontà, ma non riesco a figurarmi cosa io possa “capire” dal profilo facebook di Antonio Pappalardo.
Io non ho facebook (e me ne guardo) e non conosco bene questo c.d. “social”.
Al link che hai messo tu, io vedo una foto simpatica coi baffoni e trovo il suo profilo (cose tipo “La formazione”, “L’attività artistica” ecc… e – personalmente – non lo trovo di grande interesse). Non trovo altro.
Forse tu hai facebook e vedi altro ?
Dubito però che tu sia iscritta a facebook, con tutta la tua attenzione a non farti tracciare.
Grazia non ho detto che preferisco vivere nel frullatore.
E non ho detto che fai male a pensare e ad agire come fai. Anzi.
Solo che in questo mondo la maggioranza, PURTROPPO va in altra direzione.
Peppe,
boh? A capire?
Utile in che senso ?
Magari può essere utile:
https://m.facebook.com/generaleantonio.pappalardo
Riva, se conoscessi il futuro sarei padrone di me stesso !
L’unica piccola cosa che ho fatto in questi anni, per me travagliati per le conseguenza di due miei tumori diversi, e stata prendere la decisione. dopo 40 anni come socio accademico, di non pagare più il bollino del cai, perché proprio non mi riconosco più negli obiettivi e non stimo più per niente i vari capi, per il mio modo di vedere, alpinisti farlocchi.
Qua si parla, magari con poca competenza, magari con vanità, magari con stupidità, magari pontificando, ma si parla e si fanno pochi danni, purtroppo non si realizza mai niente: per lo più ci divertiamo a raccontarci delle storielle.
“il “senso civico” del saper fare dei sacrifici anche nelle cose che amiamo (lui il tennis, noi la montagna) in nome di priorità di maggior rilievo per il Paese.”
Non trovo alcun senso, nel fare un sacrificio che non è di alcuna utilità, sotto alcun punto di vista, a nessuno.
Vi trovo cenni di riti arcaici e superstizioni varie volti a placare gli dei avversi o retaggi della colpa originale dei cattolici, oppure anche una somiglianza con le sofferenze autoinflitte per entrare a far parte di società primitive, ma non vi trovo proprio nessun senso né civico, né razionale, né comune.
Posso
@ Paolo Panzeri al 236. Bella quella del Gaber sulla TV, non la conoscevo, ma sospettavo. Invece qui dove la televisione la facciamo noi, come va a finire?
Roberto,
io penso semplicemente che non dovremmo piegarci al futuro che stanno apparecchiando, accettando di rivedere in peggio le nostre vite.
So che molti negozianti il 4 apriranno e che si stanno organizzando manifestazioni sull’intero territorio.
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Alberto,
io non mi sento per nulla ingenua, semplicemente seguo il mio cammino e non quello che altri tracciano per me. Questo è un diritto di tutti, anche se a volte ci sembra di non poter fare a meno di fare questa o quell’altra cosa.
Se persone come te preferiscono continuare a rimanere dentro il frullatore, siano liberi di farlo. Ce ne sono moltissime come me che seguono altre strade ed è per questo, per esempio, che quotidianamente ricevo doni dagli amici contadini. C’è una grandissima rete di persone che vivono in maniera diversa e continueranno a farlo e, soprattutto, si batteranno affinché ciò accada.
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Paolo Panzeri,
più calzante che mai la canzone!
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Matteo Cominetti,
sono d’accordo con te.
La Signora Crovella vi assicuro che è tutt’altro che un soprammobile, anzi è fortissima e spesso mi distacca abbondantemente. Non scrive su internet perchè non le interessa minimamente: se avesse voglia, di idee ne ha e anche ben chiare. Ma cosa c’entra mia moglie con i rifugi al tempo del Coronavirus e relative propblematiche? Lasciatela fuori dai commenti, dai, è anche una questione di “eleganza” del sapersi comportare. Oltretutto io non mi sono mai spacciato per un alpinista di punta, anzi ho sempre detto che sono un alpinista di livello “medio”, anche per scelta convinta. Mi diverto molto di più a perlustrare un vallone dimenticato da Dio, magari con tre tiri finali di III e IV grado, piuttosto che frequentare la falesia a bordo strada. Ormai non amo più neppure le vie in quota, come quando avevo 20-30 anni. In ogni caso qui si esprimono anche escursionisti e scialpinisti, nonn credo sia un club ristretto solo ai sestogradisti, mi pare che oggi tu ti sia alzato con il piede sbagliato, sei andato completamente fuori dal seminato. Travaglio (che è torinese come me e che io leggo, convintamente, quasi tutti i giorni) ha detto una cosa che qui c’entra perché richiama il “senso civico” del saper fare dei sacrifici anche nelle cose che amiamo (lui il tennis, noi la montagna) in nome di priorità di maggior rilievo per il Paese. Ciao a tutti!
Benassi (@232, @238), ma veramente qua
https://www.cai.it/nuovo-primato-storico-del-numero-di-soci-del-club-alpino-italiano-2/
dice che nel 2019 è stato raggiunto il record di iscritti (da 322.022 a 327.391).
E qua
https://www.cai.it/322-022-soci-mai-cosi-tanti-nella-storia-del-cai/
lo diceva per il 2018 (da 316.931 a 322.022)
Se poi guardi qui
http://archivio.cai.it/rapporti_attivita/2016/files/assets/common/downloads/publication.pdf
a pagina 175 puoi vedere l’andamento dal 2007 al 2016.
Il calo c’è stato dal 2012 al 2014 (3 anni), ma dal 2015 al 2019 gli iscritti sono aumentati fino al massimo assoluto del 2019.
Tu hai dei dati diversi ?
come fanno tutti i politici quando c’è da prendere, anche Conte con il sindaco e forse anche il governatore non so se c’era, a prendersi gli onori a Genova. Come se avessero fatto tutto loro.
Gli oneri magari no. Quelli li lasciano agli altri.
forse il COVID darà un’altro scossone agli iscritti CAI, ma la malattia, credo oramai incurabile, è da iniziata da tempo.
Chi è ancora iscritto oramai lo fa più per opportunità , di certo non perchè ci crede.
Il fatto che Crovella non ami allenarsi non significa che ci si debba assoggettare tutti a questo credo per me nocivo. Forse per la passeggiata con la moglie (ma la moglie di Crovella avrà pure lei dei gusti, delle esigenze o è un soprammobile?) nelle valli solitarie va bene, ma sulla nordovest del Civetta non è la stessa cosa. E a me capita di andarci spesso d’estate e quando mi giro di 180 gradi e vedo casa mia, sento il desiderio di tornarci, sarò matto? esagerato? Se non mi allenassi alla Crovella dovrei limitarmi ai prati con i bambini o al massimo a fare qualche ferrata (con i guanti, haimè), che pure faccio, ma devo necessariamente rapportarmi con la prestazione massima richiesta e non con la minima se voglio sopravvivere e magari pure godermela un po’.
Tutto questo non prescinde da chi lotta e soffre e muore negli ospedali ma una cosa non esclude l’altra. Conte ieri era a Genova con il comico Bucci (sindaco di Genova, porcavacca!) per celebrare il posizionamento dell’ultima campata del nuovo ponte ex-Morandi. Serviva? Non direi, ma era lì, segno che nell’emergenza corona virus le cose vanno avanti.Se Travaglio, o chi per lui, a tennis le prende per poco allenamento il rischio sarà quello di pagare il campo o l’aperitivo al compagno. Una guida se “le prende” quasi sempre finisce in un sacco portacadavere. Non è bello.
Gaber diceva :
La televisiun ha la forza d’un leun
La televisiun la ga paura de nisun
La televisiun la te indormenta come un cuiun
Si vede sempre da ciò che viene proposto ! 🙂
Attenzione, Cominetti: non confondere l’Alpine Club con il CAI.
L’equivalente del CAI in Inghilterra è il BMC.
Giusta osservazione quella di domandarsi se caleranno gli iscritti al Cai. Allora lì si correrà ai ripari, perché al Cai importa la quantità e non la qualità. Che bello il British Alpine Club, piccolo, elitario ed esclusivo! Un vero Club e non un’associazione parrocchiale, anche nell’efficienza, ma lasciamo perdere.
Invece sulle volontà voluttuarie degli alpinisti mi manifesto da professionista, ovvero da guida alpina. Ai corsi di formazione viene richiesto il sapersi muovere su difficoltà basse (intorno al 4° grado) in salita e in discesa senza corda. Per dei giovani allievi ben preparati non è un problema durante i corsi ma questa forma fisica e mentale va mantenuta semplicemente per portare la pelle a casa dopo ogni giorno di lavoro.
Credo sia i l pensiero di ogni guida, quello di arrivare nella forma idonea al momento in cui si potrà riprendere a scalare in montagna, prima di tutto per una questione di sicurezza (e qui il termine non è abusato come va di moda da un po’ di tempo a questa parte per fare leva sulle debolezze umane). Da qui le pressioni verso il governo per poter liberare certe attività in montagna che, ovviamente, non metterebbero a rischio la possibilità o meno di contagio tra le persone.
Trovo l’esempio di Travaglio tennista quanto di più buonista-superficial-banale Crovella abbia potuto trovare. Forse voleva farsi capire da tutti, compresi i ritardati come me, in questo non posso dargli torto anche se Travaglio personalmente lo vivo come un granchio vivo nelle mutande.
@232
Il coronavirus e le norme di distanziamento e una limitata frequentazione della montagna (rifugi, bivacchi e capanne sociali compresi) contribuiranno a far calare gli iscritti?
Domanda lecita……
infatti il CAI è da anni che sta perdenso consensi. Perchè fa tutto meno quello per cui è nato.
Mi dispiace dirlo perchè ci sono dentro, ma il CAI è un’associazione morente.
@226: interessante il modello rifugio stile banco self service e niente altro. ci sono dei negozi, in città, che sono così: stile macchinette dove, inserendo la monetina, può avere il caffè, oppure un Marsh o una Coca. Però vedete che se lo si applica in montagna l’occupazione viene praticamente azzerata, la crisi morderà anche alle alte quote.
Immaginando di tornare rapidamente ad una situazione pre Covid: a me mancano molto i rifugi vintage (vedi: https://gognablog.sherpa-gate.com/nostalgia-vecchi-rifugi/), ma un sistema di rifugi totalmente costituito da rifugi vintage si inserirebbe in un contesto molto diverso da quello oggi dominante. Non voglio tirare in ballo le mie tesi, ma i rifugi vintage (se totalitari) non possono che convivere con una montagna old style, moooolto meno frequentata… Vedremo: chissà, magari l’epidemia produrrà anche degli effetti sociali non negativi… basta aspettare e vedremo. Buona giornata a tutti!
Ieri Marco Travaglio (direttore del Fatto Quotidiano) ha detto “A me (Travaglio) piace giocare a tennis. Cosa c’è di più adeguato del tennis alle attuale situazione generale? Uno sta di qua e l’altro sta di là della rete, non c’è contatto, non c’è pericolo. Quindi, in teoria, è stupido vietare il tennis in questi giorni. Però è giusto vietarlo se lo si inquadra nello scenario complessivo. Infatti permettere ai tennisti di andare a giocare a tennis vuol dire autorizzare il movimento di gente, che è l’ipotesi che ora come ora non è suggerita da nessun esperto. Quindi io (Travaglio) capisco la situazione e accetto di rinunciare al tennis.” Mutatis mutandis è il ragionamento applicabile alla montagna, con in più il già citato concetto che, di fronte ai gravissimi problemi che il governo deve ANCORA affrontare (cioè quelli delle ripercussioni economiche che emergeranno nelle prossime settimane), figuratevi se il governo prenderà anche solo in considerazione le istanze degli alpinisti/escursionisti…
E vi illudete che il CAI, in tale centesto, si faccia parte attiva a sottoporre al governo le istanze “voluttuarie” degli alpinisti/escursionisti? Ma dai, non lo farà mai neppure al seguito di un sondaggio stile Piattaforma Rousseau (M5S)….
Matteo, capisco il tuo punto di vista. Ognuno fa le sue scelte e ne gestisce le conseguenze. Per quanto riguarda il CAI se io fossi loro cercherei di coinvolgere i soci in un grande sondaggio/brainstorming collettivo on line. Potrebbero emergere idee interessanti e si manterrebbero i legami sociali, cosa importante in questa fase di distanziamento fisico, un po’ come facciamo noi sul blog. Anzi forse potrebbe essere anche un’idea per Alessandro introdurre magari , accanto a quelli tradizionali, anche un format diverso, meno interattivo ma più consultivo, focalizzato su domande specifiche e con vincoli di spazio. Potrebbe essere utile a darci uno spaccato delle opinioni correnti nella nostra comunità e rompere quel clima a volte un po’ stantio di old boys club.
Grazia
hai ragione !!
Ma pensi veramente che: cittadini vari, lavoratori, arrampicatori diretti a Finale, imprenditori, funzionari, investitori nelle azioni autostradali, banchieri e bancari, politici di turno, possano promuovere una decrescita felice con la diminuzione del traffico???
scusa se mi permetto, ma sei dolcemente ingenua.
Roberto, riguardo a rifugi e rifugisti non so cosa si potrebbe fare; di sicuro il Selleries non è omologabile al Boccalatte e questi al Gnifetti o al Quintino Sella e andrebbero trattati in maniera differente.
Riguardo ai vincoli di spostamento ribadisco la mia posizione: non appena mi sarà permesso di varcare i confini di comune o regione per andare a lavorare (rischiando di infettarmi), mi prenderò il diritto di varcarli per andare in montagna (evitando ovviamente il più possibile le occasioni di contagio e rischiando, credo, molto meno che in ufficio)
Matteo, anch’io leggo su FB vari appelli. A parte i problemi economici di cui parla Crovella, ci sono due vincoli con i quali nel medio periodo bisogna fare i conti: i limiti di spostamento (fuori comune, in regione e da regione a regione) e il distanziamento fisico (preferisco questo aggettivo a “sociale”). Il primo potrebbe allentarsi, ma resta il secondo che ha conseguenze serie su molte, non tutte, le attività in montagna e si riverserà anche sulle scelte personali del portfolio di cose praticabili. Se i rifugi vogliono aprire io penso debbano ripensare per quest’anno il loro modello di business. Non basta comprare ozonizzatori o mascherine con marchio CAI (come ho letto). Il discorso sarebbe lungo, ma il rifugio non può più essere il luogo che abbiamo conosciuto: temporaneamente dovrebbe diventare un distributore self-service o quasi di prodotti/servizi essenziali in quota (oltre a presidio di emergenza), ripensando seriamente la sua struttura dei costi, in particolare il costo del personale che a spanne, non conoscendo i numeri, penso abbia un peso non indifferente.
Buongiorno a tutti,
Roberto, Enri, Alberto, grazie per la vostra gentilezza.
Il segreto per decongestionare il traffico è diminuirlo, non costruire nuove opere che deturpano il paesaggio e la vita dei quartieri interessati (così come in un altro post si sta dicendo che il segreto dello smaltimento dei rifiuti è diminuirne la produzione).
Tutte le opere, compreso il ponte di Genova, non fu progettato per sopportare il peso e il numero dei veicoli attuali. E siccome siamo in Italia, la manutenzione fu certamente annoverata nel preventivo di spesa, ma evidentemente non eseguita puntualmente. Difficile credere che un ponte crolli da un momento all’altro senza avvisaglia alcuna, così come un lastrone in montagna non si stacca per magia.
Da mesi ormai ripetiamo quanto sia deplorevole questo arresto, sia per l’economia che per la dignità e i diritti del popolo, ma ci dovevamo fermare.
Non era giusto quel numero sempre crescente di autoveicoli, non lo era lo sfrecciare dei corrieri che se non consegnano tot pacchi vengono licenziati, non lo erano le giornate lavorative senza limiti, non era l’apertura di negozi 24 ore su 24, non lo era l’apertura di certi locali fino a tarda notte in pieno abitato. La lista è lunghissima e ci vorrebbe un altro articolo.
Per questo ritengo che l’unico aspetto positivo di questo stop sia che ci da tempo e modo di pensare e ripensare alle nostre vite, al sovraffollamento delle città, alle condizioni di certi quartieri, all’alimentazione, alle nostre relazioni, al numero crescente di medicinali, al numero crescente di malati di cancro e leucemie, a cosa stiamo facendo, dove stiamo andando, che messaggi vogliamo passare ai nostri figli, che tracce vogliamo lasciare su questa Terra.
Capito male: è un appello al Cai, non del Cai!
Peccato.
Beh, pare proprio che ‘sto CAI qualche volta riesca pure a sorprendere…adesso vado dall’altra parte a leggere!
Enri ha perfettamente ragione.
Sono passato tante volte da li, ci sono passato anche 2 giorni prima che il ponte crollasse.
Poi ci sono ripassato dopo il crollo, transitando dentro Genova.
C’è un transito di auto e mezzi pesanti con relativo rumore e inquinamento impressionante.
Senza il ponte è un dramma. Credo ci vorrebbe qualcos’altro per alleggerire ulteriormente il traffico, l’autostrada passa a pochi metri dalle finestre, dai terrazzi dei palazzi.
Grazia,
io non aggredisco nessuno, se hai avuto questa impressione ti chiedo scusa.
Non mi esprimo per luoghi comuni. Infatti parlo della terra in cui vivo. Non potrei mai dire che in lombardia veneto sicilia o sardegna che sia una strada non va fatta…
perche’ non so come stanno le cose.
a genova il mondo si e’ fermato per 30 anni per causa di chi, per idee regressive e sciocche, ha bloccato opere che avrebbero fatto bene all’economia ed all’ambiente.
perche’ costruire i famosi terzo valico e gronda (gran parte in galleria) avrebbe permesso di decongestionare un’area metropolitana che invece patisce un tale transito di mezzi che non dovrebbe avere. Questo vuol dire inquinamento rumore intasamento perenne.
se ci togliamo anche il ponte abbiamo una sola strada da est a ovest per tutti .. camion auto tir di tutto.
per non parlare del fatto che senza strade di un certo tipo il porto muore, muore genova, la liguria ed il nord italia perche non abbiamo idea di quanto il porto di genova sia indispensabile ancora.
per questo quando sento certi discorsi mi irrito. Non perche’ qualcuno la pensa diversamente da me ma perche’ non si sa di cosa si sta parlando.
non credo che la valle d’aosta tornerebbe volentieri a no autostrada e si tir sulla statale e nel centro di courmajeur. Ma questo lo lascio dire ai locali.
scusate sono andato fuori tema, ma il Ponte a Genova e’ importante.
Grazia, ti rispondo io da affezionato ospite del Levante perché i genovesi, già abbastanza essenziali e rudi per natura, potrebbero mordere. Con affetto e rispetto lascia perdere il Ponte. Bisogna conoscere come funziona l’economia e la logistica del polo genovese per capire cosa significa. Anche il Vate di Sant’Ilario in questo periodo per fortuna tace (vantaggio secondario dell’epidemia) e quelli che lavorano duramente forse a luglio riusciranno ad aprire Non è poco in questo quadro abbastanza buio per il turismo e la cantieristica. Un saluto.
Enri, vorrai perdonarmi, ma se ti esprimi per luoghi comuni, io non ti comprendo.
E poi, magari, così, se si ha tempo, ricordiamoci di avere in mente le più semplici regole della cortesia, che vogliono che non si aggredisca inutilmente un interlocutore, solo perché non si è d’accordo con lui.
Mi viene spontaneo pensare che magari hai interessi nella ricostruzione del ponte.
Per Grazia 209.
ma sei per la decrescita felice??
vuoi venire a genova e dimostrare che il ponte non serve?
ma perche’ prima di aprire bocca non ci si pensa 100 volte.
da Genovese, innamorato delle montagna liguri, onore a chi ha saputo ricostruire un ponte.
@cominetti: ma lo so perfettamente, non sono mica nato ieri, di fatti a me non passa neppure per la testa di scrivere una mail al Presedente Generale o a M360. Rispondevo a un commento precedente che poneva espressamente a me una domanda precisa sul Cai.
Le orecchie son fatte per sentire e la testa per pensare.
https://www.youtube.com/watch?v=1KnRHSQnt5U
Crovella 211, se mandi una lettera a Montagne 360 viene pubblicata solo se non va contro nulla di ciò che il Cai professa. Ci sono dei filtri intoccabili. Io li ho provati.
Anonimo Lusa 214, anche in Italia i contagi saliranno non appena si apriranno le gabbie, ma allora avremo fatto l’esperienza che prima non avevamo (alla faccia di Merlo e qualcun altro che sostengono che l’esperienza non è trasmissibile) e ci difenderemo con mascherine, guanti e sana diffidenza verso il prossimo, perché sappiamo che ‘sto corona virus è più cazzuto dell’innocua influenza che credevamo fosse due mesi fa. Mica è poco.
Per i pro crucchi sui giornali scorrono le notizie:
La Germania allenta la stretta e il contagi da coronavirus, risalgono immediatamente.
Prima di starnazzare sui diritti gli italiani ribelli dovrebbero pensarci 2 volte e ringraziare il nostro Governo per la sua lungimiranza ed il buon lavoro che sta svolgendo!
Coronavirus, la Germania allenta la stretta: il contagio risale immediatamente, un pessimo segnale
@ Paolo Panzeri al 165. La scrivania glie l’hanno posizionata vicino o lontana dalla finestra?
@ 206 Ovvero: “Se non ti piace questa minestra salti la finestra”.
@ 206 Se non condividi le scelte del Presidente Generale e del Consiglio Centrale del Cai, chiedi spiegazioni scrivendo alle Sede Centeale a Milano. Oppure manda una mail alla redazione della rivista M360 ponendo il tema. Vediamo cosa ti rispondono. A mio parere diranno quello che ho anticipato , ovvero che la posizione ufficiale di un’istituziond nazionale non può essere contraria alle disposizioni generali emanate dal governo. Quanto alla presentazione di doglianze e istanze, non credo proprio che gli organi nazionali del Cai si muoveranno mai in tal sensi. Anche perché non sarebbe condiviso da tutti i soci. Ciao!
Il ponte sul Polcevera è necessario per sollevare dal traffico il ponente della città, altrimenti chi ci vive si trova con i camion in casa con tutto quello che ne consegue. Certo, si potrebbe fare a meno del ponte se il traffico fosse minore…
Marcello,
mi dispiace molto per le vicende legate a tua madre.
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Il ponte è necessario? Innanzitutto, come tante opere dell’uomo che prima doveva far fruttare ogni secondo, potrebbero scomparire lasciando il posto a strade più a misura d’uomo con meno traffico e più quiete. Credo che anche le persone che stavano lì prima del ponte possano essere d’accordo con me.
E su ciò che è successo e sul fatto che le opere continuino anche adesso, ci sarebbero tante cose da dire, ma preferisco tacere.
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Per i rifugi non mi trovi d’accordo. Questo, se parliamo di quelli veri, tipo il Biella di qualche anno fa in Dolomiti, dove la doccia era solo fredda, se c’era acqua a disposizione.
Non ho l’onore di conoscere il Selleries, purtroppo.
Teniamo anche conto che in certi casi i rifugi sono la casa del rifugista, che sono un riparo e un punto di riferimento importante in certe aree montane. Qui sull’Etna, per esempio, a me conforta sapere che sia d’estate che d’inverno il Rifugio Citelli a 1.700 m è sempre presidiato. Il gestore è un montanaro, è generoso, pronto ad aiutarti, è un membro del soccorso alpino e le tariffe per mangiare sono contenute.
Diverso è il bar all’arrivo della finiva, dove un cappuccio costa 2-3 euro e un arancino 3,50 €. Questo genere di locale, lo chiuderei senza esitazione oppure lo ridimensionerei.
@206 Potrebbe essere il Cai, ma solo se lo “sente”. Al momento mi pare che la posizione ufficiale delle istituzioni, dal Cai all’Associazione Guide, sia allineata al pieno rispetto delle norme generali (governative). Mi pare che non tutti i soci Cai (anzi…) condividetebbero mosse contro le norme generali. Per i singoli alpinisti che non condividono tali norme governative non restano che due scelte: o stare zitti o al limite consorziarsi fra di loro e agire (con istanze come descritto) a prescidende dalle posizioni ufficiali del Cai. Ciao!
Il CAI? Che cos’è il CAI?
Scusi Crovella ma il gruppo di alpinisti che porta le istanze ai politici non dovrebbe essere il CAI?
@198 Crovella sentenzia: Condivido sia 195 che 196. Però vedete che sono gli alpinisti stessi che “affossano” la situazione dei rifugisti… altro che “solidarieta’”…
La solidarietà, per quanto mi concerne, l’ho profusa a iosa anni fa al Rifugio Forte dei Marmi all’Alpe della Grotta sin da quando erano gestori il Vigiani e Marco e anche in seguito con i nuovi gestori dando di mano a gratis scaricando le vettovaglie dalla teleferica, pulendo il prato nelle vicinanze, ecc.
In questo periodo chi affossa i rifugisti è un solo responsabile: il Coronavirus!
@ Pasini al 202. Nel 1972 un conoscente è andato a pescare trote in un torrente sfizzzero previo pagamento del permesso giornaliero. Da buon fumatore italiano quando ha finito il pacchetto di sigarette l’ha buttato nel torrente. Dopo qualche minuto si è sentito toccare su una spalla. Si è girato e c’era il guardiapesca che l’ha multato di 20 franchi e poi se l’è portato a spasso lungo il torrente per cercar di recuperare il pacchetto vuoto delle sigarette chiudendo così in anticipo la battuta di pesca. Da allora mi chiedo cosa succederebbe qua da noi.
io non ho detto che i rifugi sono indispensabili. Ho detto che c’è da distinguere. Ci sono rifugi che sanno di rifugio e altri che sono “NON LUOGHI”.
quanto a certi uffici comunali che non rispondono alle chiamate, uno SCHIFO.
Che dire delle banche che per accedervi bisogna prendere appuntamento, ma chiami e per averev rispopsta ci vuole una giornata.
Poi gli uffici postali, qui da noi ne hanno chiusi diversi, con il risultato che la gente si assembra nei pochi aperti. Già è tutto complicato e invece di aiutare il cittadino si fa esattamente il contrario. Bravi
Ora dico, ma perchè io devo lavorare e bancari e dipendenti postali invece chiudono gli sportelli??
come sempre cittadini di serie A e B.
Perché necessariamente puzzolente? In Svizzera esiste una terza tipologia: bivacchi/rifugi puliti e ben tenuti, curati dalle sezioni locali, incustoditi, con bevande e generi di prima necessità, belle coperte, telefoni di emergenza, legna, cassetta pronto soccorso, nei quali si paga con un contributo personale messo nell’apposita bustina e poi nella cassettina. Magari salvano anche vite. Mi sono sempre domandato cosa succederebbe qua.
Questo dest-riga (scusate ma ho fatto l’ufficiale nell’Esercito…) che ci ha dato il corona virus servirà a capire quello che non era utile. Se quest’estate potremo andare in montagna senza i rifugi, significherà che non servivano e così migliaia d’altre cose. E’ un mese e mezzo che cerco di farmi fare un documento dal Comune in cui risiede mia madre, (Genova) rimasta vedova e senza pensione perché l’Agenzia delle Entrate l’ha bloccata finché non riceverà la domanda di reversibilità che però deve essere corredata dal fatidico documento… Il Comune e tutti i suoi uffici sono stati abbandonati, nessuno risponde al telefono a cui ti dicono di chiamare, il sito internet ti rimanda a un altro che non funziona. Un disastro nel disastro. Ma nell’elegante via Garibaldi, dove ha sede il Comune, un altrettanto elegante pasticceria del cazzo vende i pasticcini, quelli si. Mentre il sindaco Bucci si vanta alla radio del termine dei lavori sull’ex ponte Morandi, come se l’avesse costruito con le sue mani, e lo fa con tono mussoliniano facendo le pause per l’applauso. Il ponte è utile, i pasticcini no. I servizi di un Comune per i suoi cittadini sono utili, i rifugi in montagna non sono indispensabili. Questo ha di bello il corona virus, a fare RESET.