È stato pubblicato il decreto governativo che disciplina chi e come debba definire le aree idonee a posizionare pannelli e pale eoliche. Il rischio di iniquità, impatti sociali, ecologici e ambientali e di nuovi consumi di suolo è concreto, osserva Paolo Pileri. Sacrificando le uniche due procedure per arginare il degrado ambientale, a vantaggio di pochi.
“Aree idonee” per pannelli solari e pale eoliche: sicuri di voler festeggiare?
di Paolo Pileri
(pubblicato su altreconomia.it l’8 luglio 2024)
In diversi festeggiano per il decreto aree idonee del 21 giugno 2024, ovvero il decreto che fissa chi e come deve definire le aree idonee a posizionare pannelli solari e pale eoliche (entrato in vigore il 4 luglio 2024 dopo pubblicazione su gazzetta ufficiale n. 153). Inviterei a valutare bene che cosa sta succedendo perché non mi pare sia tutto oro quel che esce dal cilindro. Ovvio che piace al fronte degli energetici e degli investitori in rinnovabili, ma questo non basta per dire che sia immune dalla produzione di iniquità, di impatti sociali, ecologici e ambientali e che non avvii nuovi consumi di suolo. Spieghiamo il perché, con calma e sempre ricordando a tutte e tutti che le prime e uniche aree idonee sono quelle già asfaltate o costruite, sempre che non siano vincolate paesaggisticamente.
Partiamo dalla definizione di aree idonee che rimane un compito delegato alle Regioni (art. 1, c. 2, pt. a): “le aree in cui è previsto un iter accelerato e agevolato per la costruzione ed esercizio degli impianti a fonti rinnovabili e delle infrastrutture connesse secondo le disposizioni vigenti di cui all’art. 22 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199;”. A parte il fatto che a descrivere le aree è un iter e non la sostanza di cui sono fatte le aree (e questo è già una bizzarria che, peraltro, senza dirlo lascia spazio ad altra bizzarria: le 20 Regioni definiranno 20 idoneità diverse), iniziamo con il dire quanto è ancora doloroso quel rimando ad altra legge (titolo: “Procedure autorizzative specifiche per le aree idonee”), con tanto di imbarazzante problema (che denunciamo da tempo).
“1. La costruzione e l’esercizio di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili nelle aree idonee sono disciplinati secondo le seguenti disposizioni: a) nei procedimenti di autorizzazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili su aree idonee, ivi inclusi quelli per l’adozione del provvedimento di Valutazione di impatto ambientale (Via), l’autorità competente in materia paesaggistica si esprime con parere obbligatorio non vincolante. Decorso inutilmente il termine per l’espressione del parere non vincolante, l’amministrazione competente provvede comunque sulla domanda di autorizzazione; b) i termini delle procedure di autorizzazione per impianti in aree idonee sono ridotti di un terzo. 1-bis. La disciplina di cui al comma 1 si applica anche, ove ricadenti su aree idonee, alle infrastrutture elettriche di connessione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili e a quelle necessarie per lo sviluppo della rete elettrica di trasmissione nazionale, qualora strettamente funzionale all’incremento dell’energia producibile da fonti rinnovabili. 1-ter. La disciplina di cui al comma 1 si applica altresì, indipendentemente dalla loro ubicazione, alle infrastrutture elettriche interrate di connessione degli impianti di cui medesimo comma 1”.
In sostanza che si dice? Appena le Regioni avranno deliberato le aree idonee (tra sei mesi, se va bene), per gli impianti fotovoltaici, agrivoltaici ed eolici la Valutazione di impatto ambientale, laddove prevista, varrà come il due di picche visto che, per decreto, chi dovrà esprimersi parlerà al nulla: il suo parere non sarà vincolante e pure affrettato. Insomma, l’autorità competente lavorerà a vuoto: e allora perché mai dovrà lavorare? A beneficio di chi e di che cosa? Saranno risparmiate dalla Via anche le opere di movimentazione terra per realizzare i tunnel chilometrici per portare i cavi per l’elettricità alle cabine “infrastrutture elettriche interrate di connessione” e/o quelle per raggiungere le cabine di raccolta nazionale. C’è da fare festa? No. Con due decreti sono riusciti ancora a imbavagliare la Valutazione di impatto ambientale e questo non va bene affatto. Le compagini politiche ambientaliste non hanno nulla di cui festeggiare perché accettare che la corsa alle rinnovabili renda legittimo l’azzeramento della Via è semplicemente grave e apre a successive richieste pericolose davanti alle quali sarà ora più difficile dire che non si è d’accordo. Perché non scontare la Via anche ad altre opere “ambientali” come ponti ferroviari sul mare, ecogasdotti, centrali a biomassa, caserme dei carabinieri forestali o, magari pure depositi di rifiuti?
Via e Valutazione ambientale strategica (Vas) sono sacre e rimangono le uniche due procedure per arginare il degrado ambientale ed è grave decidere di eliminarle/scontarle/zittirle. Sono già oggetto di continuo attacco e molte fatte giusto per farle (specie le Vas). Se addirittura le inertizziamo per decreto, non rimane più nulla per arginare il declino. Semmai il governo attuale avrebbero dovuto moltiplicare gli investimenti così da qualificare meglio e ampliare la rosa dei tecnici nei ministeri preposti a verificare queste Via e Vas. Questo andava fatto, approfittando della grande palestra offerta dalla transizione energetica e dagli extraprofitti che questo mondo incasserà e da cui si sarebbe potuto generare un fondo pubblico per una task force dedicata a Via e Vas. Invece hanno fatto l’esatto contrario: depotenziato lo strumento e non irrobustito i suoi tecnici. C’è poco da essere contenti. Lo saranno forse gli energetici della transizione veloce a qualunque costo (sempre che non facciano pannelli e pali in fianco alle loro case al mare o ai monti). Lo sarà la generazione degli speculatori eco green. Lo saranno quelli del “meglio così che le energie fossili”. Ma chiedete a quanti dovranno cedere le loro terre per ospitare le rinnovabili, se sono contenti come voi. Chiedete a chi si vedrà una pala eolica a due passi da casa.
Ma c’è dell’altro per cui non stare allegri per nulla. Il decreto governativo suggerisce alle Regioni di considerare idonee le “aree a destinazione industriale, artigianale, per servizi e logistica” (art. 7, c. 2, pt. b). Qui ci sono due gravi problemi. Il primo: un’area a cui è assegnata una destinazione urbanistica è, a oggi e al 90%, un suolo completamente libero e spesso in buona salute. Non ha nulla di compromesso solo perché il piano urbanistico ne prevede la trasformazione ad altro uso. Potenzialmente potrebbe addirittura diventare prato o bosco e concorrere ad accrescere la quota di aree da riportare a livello di buona naturalità per il regolamento Ue della “Nature restoration law”. Invece qui, con il solito fare all’italiana, il decreto fa passare la “previsione” di trasformazione per qualcosa che ha già degradato quell’area e quindi, ope legis, decide di salvarla rendendola idonea per impianti fotovoltaici. Scientificamente inaccettabile. Anzi apre a un pericoloso e perverso giochino: si fa una variante di piano trasformando un’area agricola in area logistica e poi si chiede alla Regione di aggiornare la carta delle aree idonee e così si ottiene la possibilità di installare i lucrosi pannelli.
In tutto questo, vi è anche sotto traccia la gravità che a prevalere nelle decisioni di idoneità delle aree sia sempre e solo un criterio amministrativo e non uno ambientale né ecologico. Nel decreto l’idoneità non passa dall’analisi eco-pedologica di suoli: non vedo che cosa ci sia da festeggiare. La seconda cosa tocca il tema dell’equità. Favorendo l’idoneità alle aree previste per logistica o produzione, etc., il decreto sta servendo a un determinato target di investitori privati (peraltro spesso posseduti a loro volta da fondi di investimento e capitali stranieri) una grande possibilità di fare speculazione energetica sui loro terreni che potranno consumare liberamente, pure evitando di mettere i pannelli sui loro tetti. Ci va bene? C’è da festeggiare?
E, per finire, questo decreto non ha fermato ancora il problematico decreto legislativo n. 199 del 2021 (promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili) dove con un colpo di spugna si è deciso che sono aree idonee tutte quelle aree agricole che si trovano entro 500 metri attorno a stabilimenti produttivi (anche capannoni logistici) o impianti industriali o centri commerciali: le hanno chiamate “solar belt” (art. 20). Queste aree continuano a essere idonee fin quando le Regioni non approveranno le loro. Ma a quel punto si troveranno costrette a includerle, pena una pioggia di ricorsi. Non a caso il decreto del governo invita le Regioni proprio a includerle (come infatti dice l’art. 7 c.2 pt. c). E poi, non sottovalutiamo il fatto che, nonostante della necessità di definire le aree idonee si sapesse da un anno, il decreto ha deciso di dare alle Regioni sei mesi per approvare le loro aree idonee (art. 3), pertanto in questo transitorio fioccheranno richieste di solar belt e altre richieste nelle more delle aree idonee.
Stiamo parlando di una quantità enorme di aree agricole che sfuggirà ai criteri di idoneità delle Regioni: quasi quasi in certi casi potrà convenire rilevare un piccolo capannone dismesso per ottenere di diritto una grande area pannellizzabile attorno. Già, perché, se hai un ettaro a magazzino (magari per un solo pacchetto) in mezzo alla campagna arrivi ad “autoidoneizzarti” due ettari attorno e in più potrai usarti i tuoi ettari interni al sedime: bingo. Ovvio che tutto questo è configurabile come una deroga bella e buona ai criteri di idoneità ed è altrettanto ovvio che tutto ciò accelera le speculazioni, con buona pace degli energetici e della loro fretta a passare alle rinnovabili. Prova ne è che in un battibaleno società energetiche italiane e straniere, fondi di investimento e altri soggetti non ben definiti si sono attaccati alle mail di geometri e architetti di campagna promettendo loro lauti guadagni: dai cinquemila ai 60mila euro di compenso solo per fare scouting ovvero per trovare proprietari disponibili a cedere aree papabili per le solar belt e non solo, da presentare a investitori energetici. Visto? Questa è la prova provata di come fare una legge che anziché orientare verso una transizione giusta ed ecologica, ne disegna una facile per le finanziarie che usano le rinnovabili per speculare.
In ultimo ricordiamo ancora che nessuno sta sollevando il dubbio che, per come è stata congegnata, l’attuale transizione è di fatto una privatizzazione ante litteram. Quando si raggiungerà la soglia di produzione energetica rinnovabile desiderata, saranno le centinaia di operatori privati (oppure le poche unità, se scopriremo un giorno che si saranno fusi tra loro) ad avere il pieno controllo della produzione di energia per il Paese e potranno spegnere l’interruttore se vorranno. A quel punto lo Stato e gli interessi collettivi usciranno di scena o si troveranno in una posizione assai complessa e certamente più ricattabile. Chi oggi ci sta garantendo che un domani ciò non accadrà? Altro motivo per non festeggiare ma per concentrarsi sul da farsi.
Per completezza d’informazione, qui potete leggere il testo integrale del Decreto del 21 giugno 2024, Disciplina per l’individuazione di superfici e aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili (la Redazione).
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@ MatteoSecondo me è verissimo che buona parte delle emissioni che ci soffocano vengano da aziende asiatiche che producono i prodotti che placano la nostra stessa bramosia consumistica , ma se non ci fossero i prodotti cinesi che invadono i nostri mercati al 50% del prezzo , credo che giocoforza la domanda ( occidentale ) dovrebbe calare..Sostenere la crescita cinese e il nostro benessere e potere d’acquisto drogato dai prezzi bassi barattandolo con un pianeta che và a fuoco non sarà sostenibile a lungo..Forse un intervento sui dazi che de-globalizzi molte produzioni inquinanti in luoghi dove le emissioni sono controllate non sarebbe così male..Ovviamente ci raddoppieranno i prezzi e uno stipendio comprerà metà delle cose.
Abbastanza d’accordo con Expo, tranne per la frase
“Se noi vogliamo fate scendere la CO2 dobbiano produrre con i regolamenti di qui”
che deve essere scritta con il modo verbale “avremmo dovuto” e portare a un ben diverso conteggio (e relative considerazioni) delle emissioni di CO2 rispetto agli interventi precedenti.
@ Grazia
Brevemente.
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Produrre in Cina , in India o in Vietnam per il mercato europeo costa meno della meta’ di quanto costerebbe produrre gli stessi beni in Europa o negli Usa ; ovviamente quel 50 % non e’ gratia , ma comprende aziende che inquinano come negli anni 60 , rifiuti tossici che spariscono in qualche buco o in navi fatte affondare appositamente , tutele sul lavoro ridicole rispetto alle nostre ( ridicole anche rispetto al caporalato nei campi di pomodori ).
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Se noi vogliamo fate scendere la CO2 dobbiano produrre con i regolamenti di qui , e questo fa si che vestiti , stereo , auto , moschettoni costino piu’ del doppio , dimezzando i nostri salari in termini reali.
Expo, va bene che sono isolana, ma mi pare che viviamo in due dimensioni separate, leggendo ciò che scrivi: a me par che tutti i prezzi siano in rialzo (ma non frequento i supermercati, per esempio, e magari ho una visione limitata) e che tutti i paesi che hai citato producano per il piccolo ed evoluto mondo occidentale che crea restrizioni per il proprio popolo, che crede fermamente che siano buone e giuste, mentre si fa bellamente gli affari propri a casa degli altri.
Vai a chiedere a un operaio cinese o a quelli che sono costretti a migrare per la santa colonizzazione, se gli sta bene quello che noi chiamiamo progresso.
Oppure, più semplicemente, puoi intervistare uno dei miei zii che ha foraggiato con sudore e lacrime la santa fiat (volutamente scritta in minuscolo), o ancora guarda e ascolta con attenzione ogni minuto del film “Palazzina LAF”, che dipinge magistralmente la realtà delle fabbriche.
(Anche oggi Sorella Etna ci ha deliziati con attività esplosiva ed effusiva, portando scompiglio nelle nostre belle vite incasellate).
@ Grazia
E’ vero : se nei prossimi 10 anni dovremo produrre in modo piu’ attento alle emissioni e all’ambiente , dovremo “scordarci” di un buon 35/40 % del nostro potere di acquisto , e non sara’ affatto facile ora che siamo viziati da un mercato con prezzi al ribasso a spese della natura e dell’antropizzazione spinta di tutti gli ambienti.
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Di piu’ : nigeriani , vietnamiti , indani , somali , brasiliani , congolesi , russi e cinesi , risponderanno alle nostre richieste di ridurre le emissioni inquinanti dicendoci di non rompere il cazzo , perche’ adesso si devono sviluppare loro , e lo faranno costi quel che costi alla faccia delle nostre auto elettriche e dei nostri pannelli solari.
Serviranno sforzi titanici che non abbiamo nemmeno cominciato a capire…
Sono molto stupita che si dia così credito alla democrazia che si pensi che sia dato al popolo il potere decisionale su un quale tema, soprattutto dopo il delirio del covid.
E pure che su argomenti sulle emissioni di CO2, dando spago a chi si arricchisce (pochi) a scapito dei piccoli che, in ogni caso, fra pochissimo rimarranno privi di qualunque tipo di fonte (dalle acque alle svariate energie usate).
E, infine, che non si veda che l’unica opzione possibile – se si vuole sopravvivere in maniera degna – è di fare svariati passi indietro riducendo i bisogni.
A me non pare evoluzione quella che qualche giorno fa ha visto la cancellazione di numerosi voli e disagi in ogni dove per un blocco di Microsoft.
Il consumo del suolo non si verifica solo quando viene disboscato, ma anche quando si usa un campo incolto per posare pannelli solari che, in un batter d’api, porteranno all’aumento delle temperature e alla desertificazione.
Invito a restare vigili e a evitare di voler usare a tutti i costi gli strumenti obsoleti di un sistema che fa acqua da tutte le parti!
L’Europa emette circa 7.3 % del Co2 fossile e gli Usa intorno al 13%.
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https://edgar.jrc.ec.europa.eu/report_2022
Poiché nella tabella appena precedente alla frase che citi c’è scritto:
Word 37.15 billion t (100%)
China 11.40 billion t (30.7%)
Europe 5.11 billion t (13.8%)
USA 5.06 billion t (13.6%)
pare che anche gli articolisti di ESG360 non siano poi un granché…
Detto ciò le mie altre osservazioni restano valide.
Ma i tuoi dati danno ragione a me…
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È quindi, possibile osservare che la Cina è la Nazione che contribuisce maggiormente alle emissioni mondiali (25%), seguono poi USA (11%), India (7%) e Unione Europea (6%).
Già, già, sono proprio certo che ci sia da fidarsi di un articolo del Sole24Ore, visto il livello di professionalità dei giornalisti italiani e la ben nota imparzialità del giornale e del suo editore di riferimento…
Tu cretinetti fidati di PhilipMorris per la dannosità del tabacco, della polizia per il numero di partecipanti alle manifestazioni e continua a seguire i consigli letterari di Valditara, che vai bene!
https://www.esg360.it/esg-smart-data/emissioni-di-co2-dove-trovare-i-dati/
https://lab24.ilsole24ore.com/cop27-dati-CO2-mondo/?refresh_ce=1
@ 11
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E’ tornato picchiatello ?
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L’EU nel 2022 ha prodotto il 7.3 % delle emissioni di CO2 a livello globale.
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Due sole note all’intervento stile Libero Giornale di Expo:
1) I costi per l’acquisto dell’energia prodotta con fonti “verdi” cambieranno rispetto a quelli che stiamo sperimentando adesso con il fossile ?
Ovviamente si se (per esempio) la pianura padana finisse sottacqua fino a, diciamo, Bologna e Vicenza, oppure quando (non se) i combustibili fossili finiranno o, che è lo stesso, diventeranno molto più rari e difficili da estrarre.
Ma a non pensarci adesso, te ne accorgerai troppo tardi
2) la modifica al profilo carbonizzante del territorio europeo , che ad oggi incide il 7 o l’8 % sul totale globale , cambierà il nostro clima… oppure …sarà come de-carbonizzare San Marino o il Principato di Monaco ?
Da dove trai i tuoi dati? Telepuffo?
L’emissione di CO2 dell’Europa è circa il doppio di quella che dici tu (16%, che con una popolazione del 6% scarso…) a cui andrebbero sommate però tutte le emissioni asiatiche delle merci ivi prodotte per l’uso esclusivo europeo più quelle del trasporto dei beni
Circa le aree idonee, mi chiedo come mai non si pensi seriamente ai tetti delle case, ovviamente non a carico degli inquilini: basta guardare GoogleEarth per rendersi conto della reale potenzialità della pianura padana
Entro poco sul tema dell’articolo autonomia / scelte ambientali regionali , ma sottolineo che spesso le fonti rinnovabili costituiscano un boccone avvelenato che ci fa vedere lucciole per lanterne..Come dice Crovella , se ci fosse un referendum per strutturare una politica energetica favorevole alle “fonti rinnovabili” , voterebbero “si” anche i petrolieri più incalliti , ma solo un 5% di votanti a cui io non appartengo , avrebbero le idee chiare su “che cosa succede dopo”..In particolare le domande come “è possibile un’Europa che si alimenta a rinnovabili” ?.In che tempi si può fare ragionevolmente ?.Quali sono i costi di mercato attendibili per la trasformazione ?( Attendibili , non con i “se” e i “ma” alla Bonelli o Di Battista , quello che succederebbe nella realtà come nel caso del 110 % )..I costi per l’acquisto dell’energia prodotta con fonti “verdi” cambieranno rispetto a quelli che stiamo sperimentando adesso con il fossile ?.E last ma assolutamente not least , la modifica al profilo carbonizzante del territorio europeo , che ad oggi incide il 7 o l’8 % sul totale globale , cambierà il nostro clima e le temperature si riabbasseranno di 4/5 C° , oppure finchè non ci mettiamo d’accordo a livello globale con regole ferree , sarà come de-carbonizzare San Marino o il Principato di Monaco ?
Grrr! Invidia!
😀 😀 😀
Oh mite Bertoncelli, in realtà io sono stato 15 giorni in Dolomiti ad arrampicare felicemente sconnesso da tutto e le uniche cure termali seguite sono state a base di birra.
“[…] ti accorgerai che in questo sito viene esposto tutto e il contrario di tutto.”
In altre parole, qui si va dai negazionisti (o quasi) dell’Olocausto ai predicatori ambientalisti in stile Savonarola.
E si va pure dai contestatori dei negazionisti dell’Olocausto ai contestatori dell’estremismo ambientalista.
Si va pure dal mite Fabio Bertoncelli al terribile Matteo, il quale, in verità, negli ultimi tempi mi pare sia diventato meno terribile. Che sia l’effetto benefico delle cure termali a Ischia?
… … …
Prossimamente sul GognaBlog: la pubblicazione a puntate di Mein Kampf e quella del Libretto Rosso di Mao.
P.P.S. Luca, sto scherzando…
Domanda a Luca Alvieri: prescindendo da qualunque giudizio sulle rinnovabili e sulle aree idonee, per quale motivo ritieni che un “vero” alpinista dovrebbe essere un difensore dell’ambiente? Secondo me un alpinista può benissimo essere un perfetto coglione, come qualunque altra persona.
Per il resto sono d’accordo con Telleschi
Per #5 Luca Alvieri. Il tuo commento mi fornisce l’occasione per precisare due o tre cose.
Anzitutto questo non è un “sito di montagna”, ma è il mio sito (dove forse e ovviamente si parla prevalentemente di montagna ma si parla anche, e parecchio, di ambiente).
Se diventerai un lettore affezionato (ovviamente me lo auguro) ti accorgerai che in questo sito viene esposto tutto e il contrario di tutto. Il nostro intento non è mai quello di “screditare” bensì quello di fornire al pubblico anche i più diversi (dal nostro) punti di vista, nella convinzione che non è che ci possa essere una qualche evoluzione tacendo e censurando le cose o le idee scomode che ci feriscono. Con le ferite e le malattie occorre conviverci e possibilmente guarirle bene.
Che nessuno qui tra noi preferisca far arrivare il gas e petrolio da 3000 km di distanza appare lampante nelle decine e decine di articoli apparsi su questo sito in passato. Basta una breve ricerca nel “Cerca” per convincersene.
Sui “finti” alpinisti sorvolo.
Notevole come in un sito di montagna si screditino le rinnovabili che nella stragrande maggioranza dei rifugi alpini sono l’unica fonte di energia.
Altrettanto notevole che ci si preoccupi del consumo di suolo, quando questo è dovuto al 99% dall’espansione urbana e non certo dalle rinnovabili, tra l’altro facilmente rimpiazzabili dopo il loro ciclo vita.
Sembra, quindi, che preferite farvi arrivare il gas e petrolio da 3000km di distanza invece di produrvi gratuitamente l’energia, qui si ferma tutto il vostro spirito da (finti) alpinisti.
Temo per le sorti della democrazia in Italia perché non c’è alcuna correlazione necessaria tra il regionalismo e la democrazia. Non è detto che il regionalismo garantisca una maggiore libertà ai cittadini, temo anzi il contrario e che il centralismo statale possa essere sostituito con ventidue centralismi regionali. Tanto è vero che le regioni parlano perlopiù di soldi e di competenze, ma tacciono sull’organizzazione della macchina amministrativa e sui limiti del potere pubblico.
Certo che Carlone, quando vuole, sa esprimersi con argomentazioni logiche e parole sagge.
P.S. Un’unica nota stonata: almeno finora, l’Ungheria non è una dittatura.
Il tema non c’entra nulla né con la libertà né con la democrazia. Anzi, se intendiamo “democrazia” l’autodeterminazione, possiamo realisticamente aspettarci che la stragrande maggioranza dei cittadini italiani da un lato se ne fotta (per superficialità/ignoranza) del disastro visivo di pannelli e pale a danno di paesaggio e ambiente e dall’altro sia felicissima che si continui a erogare energia elettrica pur di proseguire tranquillamente a vivere in modo consumistico (aria condizionata d’estate, riscaldamento d’inverno, device elettronici a gogo, suv di ultima generazione ecc ecc ecc). Quindi se facessimo uno specifico referendum “pannelli/pale sì o pannelli/pale no”, vincerebbero i sì a mani basse. La competenza regionale non incide un bel niente su questo tema. Certo, rischia di creare una situazione a macchia di leopardo, dove le regole di una regione potrebbero essere diverse da quelle della ragione confinante, con una confusione che anche io vedo come nefasta, ma tutto ciò non è un attentato alla “democrazia”, è una scemenza e basta. L’alternativa è educare i nostro concittadini a uno stile di vita più spartano e rigoroso e poter ridurre il consumo di energia e quindi la necessità di disporre di fonti che la erogano.
A parte il tema specifico, va sottolineato che non è un attentato alla democrazia neppure il discorso più generale dell’autonomia (che, ribadisco, qui non c’entra come elemento politico-costituzionale). Primo se la delega a livello sub-statale fosse un attentato alla democrazia, avremmo stati “federali” (USA, Germania ecc) che sarebbero delle pericolosissima dittature. invece il meccanismo è addirittura opposto: le dittature amano l’accentramento decisionale (vedi Russia, Ungheria ecc) , non la delega. Nella fattispecie italiana, l’ipotetico attacco alla unità repubblicana è iniziato nel 2001 su esplicita iniziativa della sinistra. Per cui le posizioni politiche in merito sono solo frutto del teatrino della quotidianità politica. Allora (2001) la sinistra voleva l’autonomia e quindi la destra era fredda o addirittura contraria sul tema, ora che l’iniziativa è passata alla destra, la sinistra grida allo scandalo, come fosse un golpe anticostituzionale. Ricordo che la regione Emilia Romagna nel 2017, sotto la guida Bonaccini-Schlein (proprio loro due!) avanzò una richiesta ufficiale di autonoma su determinate materie. Ora proprio quei due (una Segretaria del PD, l’altro fresco europarlamentare, in odor di poltrona da capodelegazione PD a Bruxelles) sono in prima fila fra coloro che strillano come assatanati contro l’autonomia, ma allora (2017, al governo nazionale c’era il PD) la reclamavano considerandola legittima e anzi opportuna per la “loro” regione. tutto il mondo è paese, non mi scandalizzo di questi salti mortali ideologici. Le persone lucide sanno però analizzare asetticamente la realtà, senza farsi coinvolgere dal pathos del momento.
Il decreto che delega la competenza sulle aree idonee delle fonti rinnovsbili alle regioni (21 secondo la costituzione ma in realtà 22, cioè 19 regioni più le due province autonome di Trento e Bolzano/ Bozen poiché il Trentino-Alto Adige/ Trentino-Südtirol è solo una finzione giuridica) provoca una ulteriore divisione della repubblica unitaria. Spero che anche questo decreto rafforzi la partecipazione popolare al referendum abrogativo dell’autonomia differenziata e possa contribuire ad una revisione di tutto il titolo quinto della costituzione. È arrivsto il momento di confinare l’autonomia regionale in ambiti più limitati e modesti che non compromettano la libertà e la democrazia.