Atti di Cannibalismo

Atti di Cannibalismo
di Marcello Cominetti
Le foto (di Marcello Cominetti) sono tutte scattate in altre occasioni.

Prendo a prestito da Carlo Crovella il termine di “cannibale”, inteso come colui che frequenta la montagna come fosse un parco giochi senza riconoscerne il valore spirituale, vedi https://gognablog.sherpa-gate.com/piu-montagna-per-pochi-1/ e https://gognablog.sherpa-gate.com/piu-montagna-per-pochi-2/. Peraltro senza condividere le sue idee.

Ma, titolo a parte, quello che mi successe facendo il mio lavoro di guida alpina un giorno d’agosto del 2013, ha del tragicomico, per questo vale la pena raccontarlo.
Con il mio collega Alberto Albi De Giuli dovevamo accompagnare una facoltosa famiglia proveniente dalla Florida a salire una ferrata nelle Dolomiti dalle parti di Passo Falzarego: la via ferrata degli Alpini al Col dei Bos, un percorso classico con un inizio abbastanza aereo e dallo sviluppo di circa 400 m.

Anticima del Col dei Bos con la Marmolada sullo sfondo

Ci accade spesso di accompagnare turisti alla loro prima esperienza di vie ferrate su quella degli Alpini perché non è molto difficile, ma va affrontata comunque con un certo rispetto e le dovute precauzioni perché la parete ha tratti verticali e si svolge a una quota prossima ai 2500 m dove il clima, essendo alpino anche lui, può trasformare una calda giornata estiva nel piccolo inferno di un temporale improvviso con grandine, vento e a volte neve. Tra le dovute precauzioni ci sono: una giusta preparazione fisica e mentale oltre a attrezzatura e abbigliamento adeguati. Nulla di eccezionale, ma è bene aver presente che anche un percorso relativamente facile presenta dei rischi che vanno tenuti in seria considerazione perché diversamente non si sarebbe i primi a lasciarci anche la pelle. La guida alpina si preoccupa di tutto il resto e di istruire i partecipanti sulle tecniche di arrampicata più elementari, fornire elementi di sicurezza e raccontare un po’ di storia locale e cultura dell’alpinismo.
Per questo illustriamo preventivamente a chi si affida a noi quello che troveranno lungo la parete e sul sentiero di discesa che si svolge su terreno franoso piuttosto ripido. La zona era stata interessata dalla Grande Guerra ormai più di 100 anni fa e lungo la ferrata si trovano ancora schegge di granate e sfere di piombo Shrapnel a imperitura testimonianza dell’idiozia umana.

Alba sulle Cinque Torri di Averau dai piedi del Col dei Bos


Quella mattina non eravamo riusciti a spuntare un orario di partenza adeguato perché i nostri clienti, che alloggiavano in hotel a Cortina, non volevano svegliarsi presto. Le previsioni meteo davano temporali dalle prime ore del pomeriggio e l’affollamento d’agosto, pur essendo quello che volevamo evitare partendo presto, non ci riuscì proprio di evitarlo.
Si trattava di una famiglia composta da madre, padre e tre figli. La più piccola aveva 7 anni e non voleva assolutamente fare una cosa del genere. I due maschi erano uno molto imbranato e l’altro un piccolo Tarzan, agile, spregiudicato e assetato di conquista di cime. Avevano 12 e 15 anni.
La madre era una quarantacinquenne in ottima forma avvolta in un paio di fuseaux neri e coperta solo da una maglietta elasticizzata molto aderente. Il padre, all’incirca suo coetaneo, era il tipico “uomo che non deve chiedere mai”, fisico atletico, pantalone corto e maglietta, non finiva di elencare località esotiche in cui avevano scalato montagne, sceso fiumi, cacciato animali feroci, ecc. Dalla Patagonia al Borneo, dall’Alaska all’Himalaya avevano mietuto successi e oggi, sulle Dolomiti, non volevano essere da meno.

Ferrata degli Alpini al Col dei Bos


Arrivarono all’appuntamento un’ora dopo l’orario concordato, senza uno zainetto, un maglione e/o una giacca a vento anche leggera. Niente, insomma, e neppure si scusarono del ritardo.
Quando gli consegnammo le imbragature ci accorgemmo da come le maneggiavano che non le avevano mai viste, ma non era un problema, succede spesso, quello glielo avremmo spiegato ai piedi della parete. Il problema era che si era fatto tardi e il tempo a disposizione prima dell’arrivo del temporale non era sufficiente a salire con tranquillità la via ferrata. Glielo facemmo presente ma vollero partire ugualmente. La piccola piangeva, il piccolo Tarzan scalpitava e il maschietto intermedio aveva interesse solo per lo schermo del telefono. I genitori erano chiaramente in competizione tra loro e si avviarono su per il sentiero praticamente di corsa.

Dimenticavo di dire che con loro c’era una terza guida non ben identificata. Per esperienza so che in certi paesi del mondo e gli USA sono tra questi, se hai un pile, uno zaino e un cappellino da baseball in testa puoi qualificarti come guida, sì, ma guida di che? Questo ragazzotto vestito alla moda arrancava su per il sentiero e dovevamo aspettarlo cercando di non perdere di vista i genitori e il figlio maggiore, il piccolo Tarzan per intenderci.
La fantomatica guida se l’appoggiavi al bancone di una birreria di Yosemite Village poteva anche sembrare un climber consumato appena sceso da El Cap, ma sulla ferrata si rivelò, assieme alla bambina di 7 anni e al fratello dal cellulare facile, molto imbranato e spaventato. Un vero pesce fuori dall’acqua. Io cercavo di tenere a bada i genitori con cui facevo cordata e Albi doveva occuparsi degli altri ma soprattutto della “guida”.

Ferrata degli Alpini al Col dei Bos

Poco prima di partire lungo il cavo della ferrata avevo cercato di dire ancora una volta che forse, visto il tempo e la situazione affollata, sarebbe stato meglio andare alle 5 Torri dove avremmo potuto arrampicare ognuno su difficoltà adatte a sé, e, soprattutto saremmo potuti scappare dal temporale più facilmente, vista la modesta altezza delle pareti. Niente! Ci si era messa anche la moglie a evocare le loro spedizioni esplorative negli angoli più remoti del pianeta dove avevano salito cime spaventose e bla, bla, bla…
Saliti una settantina di metri, con i genitori scatenati che pensavano di aver messo i figli in funivia (ma si stavano in qualche maniera arrampicando lungo il cavo anche loro) avendoli affidati a una guida alpina, la piccola che piangeva sempre di più, il fratellino che tremava di paura e l’altro esaltato che invece voleva salire in preda al demone della verticalità, la guida extra che più saliva e meno ci capiva, eravamo nel caos totale.
A quel punto, dopo essermi scambiato un’occhiata con il mio giovane collega Albi, dissi a tutti a voce alta: basta, ora si scende! Per la vostra e nostra sicurezza vi caliamo giù alla base e ce ne andiamo da un’altra parte. E non si discute!

Ferrata degli Alpini al Col dei Bos, ultimi metri

Inutile dire che i genitori ritenevano la mia scelta inammissibile. Presi il padre per un braccio, lo tirai a me con decisione e gli spiegai velocemente che doveva appendersi alla corda perché avrei calato lui per primo.
Visto che si trattava di una manovra che evidentemente non aveva mai fatto prima, si zittì e fece quello che gli dicevo. Facemmo con Albi la stessa operazione con moglie, figli e “guida” e dopo poco ci ritrovammo tutti alla base mentre cadevano le prime gocce d’acqua sotto un cielo grigio topo che non prometteva nulla che potesse essere affrontato in t-shirt e pantaloncini.
I genitori incazzati neri continuavano a imprecare che avremmo dovuto proseguire verso l’alto, ma io gli dissi seccamente che così equipaggiati sarebbero potuti andare al massimo alla spiaggia. La loro rabbia montava sempre più, la figlia piccola piangeva e i figli maschi erano divisi tra la felicità di uno e l’incazzatura dell’altro. La loro “guida”, felice di avere riappoggiato i piedi sul terreno orizzontale, cercava di mediare dicendo però cose senza senso.

All’uscita della Ferrata degli Alpini al Col dei Bos, con lo sfondo dei Lagazuoi e dei Fanis.


Il padre, un tipo che si vedeva che era abituato a impartire ordini e non a riceverne, mi si mise davanti con il petto gonfio come un tacchino, urlandomi a un centimetro dalla faccia, che avremmo dovuto risolvere la situazione tra di noi. Ma quale risolvere la situazione, gli dissi restando calmo, ora scendiamo al parcheggio e poi vedremo, e mi avviai deciso in discesa lungo il sentiero. Il signor Ben, così si chiamava, mi superò di corsa e mi si mise davanti gonfiando nuovamente il petto facendomi capire che avremmo dovuto sfidarci in qualche modo, perché a lui non piaceva dover sottostare a quello che avevo deciso io. Siccome mi trovavo nella parte più alta del sentiero non ebbi difficoltà a dargli una leggera spinta che lo fece scivolare qualche metro più in basso fuori dal sentiero e la cosa mi fece scappare una risata ma proseguivo veloce in discesa. Mr. Ben da dietro, perché avevo ripreso a scendere, starnazzava improperi di ogni tipo al mio indirizzo e alla terza volta che mi si parò davanti in atteggiamento da combattimento mi fermai guardandolo dritto negli occhi e gli dissi la frase che, amici, moglie, figli e persino mia suocera mi ripetono quando vogliono prendermi in giro e farsi due risate:

LOOK AT MY HANDS, I SQUEEZE STONES EVERYDAY, IF I TOUCH YOU, I CAN BREAK MANY OF YOUR BONES! BETTER TO GO DOWN!

Mentre mi giravo verso valle per riprendere la discesa trattenevo a fatica le risate pensando a una scena del film con Alberto Sordi, Le coppie, in cui l’Albertone nazionale, nei panni di un fruttivendolo in vacanza in un lussuoso hotel sulla Costa Smeralda, minaccia il direttore dicendogli LE VEDI QUESTE? NON SONO DUE MANI, SONO UNA MORSA, e lo prende per il collo…
Il signor Ben restò momentaneamente disorientato e forse anche intimorito. Si mise in coda e scendemmo tutti al parcheggio dove l’allegra, si fa per dire, famigliola si tolse le imbragature come fossero mutande gettandole con disprezzo per terra, e si diresse verso il bar lì vicino.

Il certificato medico che attesta il cazzotto ricevuto


Quell’ulteriore gesto di maleducazione mista ad arroganza fece incazzare pure me, che fino a quel momento avevo egregiamente mantenuto il controllo. Così urlai al signor Ben un secco Hey!? Il tipo si voltò e io sorridendo gli dissi GOOD BY BABY! Sapevo che si sarebbe imbufalito ancor di più ma trovai quell’espressione come la meno violenta per mandarlo affanculo, al momento. Albi disse: “Nooo, lascia perdere, non vedi che sono dei coglioni, andiamocene a casa”. Ma ormai il disastro era fatto.
Mr. Ben partì come un toro infuriato sgommando con le sue fiammanti scarpe da running sulla ghiaia del parcheggio, Albi cercò di fermarlo ma quello era agile e corpulento e lo spinse fuori dalla sua traiettoria. Io rimasi a guardare Mr. Ben senza muovermi, curioso di vedere cosa avrebbe fatto. Lui mi sferrò un cazzotto dritto in faccia che evitai solo ruotando la testa di lato prendendomelo però dietro l’orecchio sinistro. La botta mi fece cadere a terra tramortito. Mr. Ben finalmente soddisfatto perché, secondo lui, aveva vinto la sfida con me, se ne andò al bar.
Siccome lavoravamo per conto di un’agenzia, poco dopo telefonai in sede dicendo che non era andata molto bene con questi clienti per i fatti di cui sopra. Mi risposero con la massima naturalezza che l’anno precedente Mr. Ben aveva fatto lo stesso con una guida alpina svizzera.
Dopo questa giornata movimentata, nel contratto stipulato tra noi guide alpine e l’agenzia facemmo aggiungere – nel questionario che i clienti devono riempire rispondendo a domande varie su precedenti loro esperienze, allergie eventuali e altro – la domanda se nella loro vita sono stati protagonisti di episodi di violenza di strada in particolare durante le vacanze in montagna.

Atti di Cannibalismo ultima modifica: 2022-03-25T05:19:00+01:00 da GognaBlog

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