Per questo post è necessario guardare subito questo breve (4’22”) filmato, poi di seguito leggere le note di Alessandro Gogna, Michele Comi e Lorenzo Merlo. Si tratta di un video promozionale dell’Alpineschule Drei Zinnen (Scuola di Alpinismo delle Tre Cime) di Sesto Pusteria.
Alessandro Gogna
Il video ripropone, in modo tecnicamente assai corretto e accattivante, tra i panorami più solari e azzurri, la salita di una guida con la sua cliente in vetta alla Cima Grande di Lavaredo per la via normale. Nulla ci viene detto di costoro, che anzi figurano come veri e propri simboli, apparentemente innocui, dei componenti la cordata guida-cliente. A parte l’abbraccio con bacetto tra i due in cima e la scena finale della consegna del diplomino alla cliente, il video non ci racconta altro delle loro emozioni. Queste sono affidate allo scenario, ma è un affidamento che non regge. Bei panorami, grandi scenari ed emozionanti discese a corda doppia non bastano a dipingere quello che in effetti non c’è e non ci può essere, quello che avrebbe potuto e dovuto essere l’esperienza di salire sulla Cima Grande. Perché è evidente che la cliente ha perso l’occasione, anche se non se ne rende conto.
Entrambi sono vittime di un sistema commerciale che qui s’inventa la trovata di pulire gli appigli (con la spazzola) se polverosi o di ripristinarne la ruvidezza (con il trapano) se troppo lucidi. Il lavoro fatto il giorno prima dalla guida all’inizio sembra scherzoso, ma nel momento in cui parla al telefonino con il direttore della scuola capiamo che scherzoso non è. E quando poi la guida sistema il piccolo materassino su un sasso affinché il giorno dopo la cliente possa sedervicisi sopra, non abbiamo più dubbi: è una cosa seria! Perfino la croce di vetta viene debitamente lucidata. Anche quello che avrebbe potuto e voluto essere semplicemente una doverosa gentilezza della guida (quando aiuta la cliente a indossare l’imbragatura), in questo quadro generale sconfina nella servilità, nell’eccessivo ossequio del cliente.
Il naturale rapporto tra esseri umani che si legano assieme diventa artificiale su una montagna “artificiale”, a norma, in “totale sicurezza”, soddisfatti o rimborsati. Questa è la proposta, questo è il messaggio del marketing.
Michele Comi
L’incipit del video è agghiacciante.
Forse la perfetta sintesi dell’aridità del moderno che trasforma un grande mestiere in azione di consumo, con tanto di attività scherzosa e patinata di pulizia preventiva dell’itinerario, che dev’essere perfetto, ad uso del compratore.
La sequela di “promozioni” delle guide per procurarsi il cliente decade sempre di più e tende all’omologazione da “giostrai”, con forme e modalità comandate, da catalogo, quasi volessero imporre verità indiscutibili.
La tentazione è quella di lasciar perdere, ma un moto d’orgoglio mi fa ricordare che fare la Guida non significa seguire le imposizioni del “mercato”, ma interpretare il progresso non con azioni di marketing di basso conio, ma come rinnovata conoscenza e nuova sensibilità per questi pochi luoghi rimasti integri e lontani da una facile appropriazione come se fossero prodotti qualunque.
Lorenzo Merlo
Le Guide, ma anche i padri con i figli, da sempre conducono chi da solo non andrebbe. Il video non dice nulla di nuovo rispetto al tramandare. Ma non è proprio così. La logica educativa e formativa tende a venire meno, elevando invece quella assistenziale e di dipendenza.
Il video, sfortunatamente ben realizzato, diffonde una montagna preparata ad hoc, una natura quindi assoggettabile, implica la riduzione di un terreno libero a campo chiuso; snatura un’attività esteticamente integrale in una giornata di svago facilmente venduto come garantito e sicuro. Giornate che, in quanto a spirito, sono sempre più vicine a quelle consumistiche che un numero crescente di noi spende spensierato al centro commerciale.
Come da sempre denunciato, stiamo perdendo (ma il video pare un passo un passo avanti, al punto che viene forte l’esigenza di dire “abbiamo perduto”) nel modo più indegno, cioè scialacquandolo, il patrimonio di cultura alpina e alpinistica che abbiamo ereditato .
Lo abbiamo perduto, peggio trasformato in offerta commerciale, in giri in giostra, in spaccio di sicurezza, in sport, in ricerca e dedizione all’aspetto tecnico, di per sé lodevole, ma deprecabile quando – come è stato fatto – prevaricante sulle altre dimensioni necessarie a frequentare la natura sentendola, piuttosto che credendo di poterla dominare in funzione della sola preparazione tecnico-sportiva appunto. Secondo la medesima linea abbiamo deciso di esaurire la formazione degli aspiranti.
Lo spirito magico dell’andare per montagne ridotto ad un’emozione, a un gridolino, a un give me five. Sono molti anni che sento affermazioni terribili da parte dei miei colleghi, che vedo formazioni preoccupanti da parte dei miei istruttori, che osservo politiche senza progetto culturale da parte dei miei dirigenti.
Le Guide alpine, le poche volte che vengono nominate nei telegiornali, rischiavano prima e rischiano ancora di essere messe nella stessa cesta – senza alcuna arroganza né offesa – dei Bagnini, delle Guide turistiche, degli generici Alpinisti esperti. Prima c’era ragione di adoperarsi affinché l’improprietà non si ripetesse. Oggi l’improprietà pare preferibile. Si vende di più. E questo è tutto.
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se posso sommessamente esprimere un parere da cliente, penso che alla fine ‘sto film (simpatico, ma lontanissimo dalla realtà) è solo un espediente per attirare clienti. La normale alla Cima Grande è di sicuro una miniera d’oro, quindi la volgiono sviluppare il più possibile: “Dai, venite qui, si scala sicuri e coccolati”, e difatti gli attori sono una coppia giovane e carina; ovviamente se a luglio ingaggerò una Guida di questa società per fare la cresta dell’Hornli mi aspetto che vada a pulirla e porti i cuscini !!
Da cliente, da infimo alpinista e da persona dotata di un barlume di buon senso so che la sicurezza totale è impossibile da raggiungere, anche giocando a dama. Il problema è che ci sono coloro che non lo sanno, e che questo film potrebbe ingenerare loro il pensiero che andare con la Guida significhi rischio zero: sono certo che le Guide trentine spiegano fin da subito ai clienti che fare montagna è pericoloso.
La Guida Alpina, pur con tutta la sacrosanta tradizione di cui è portatrice, resta un professionista che fa quel lavoro: libero di farlo anche con un filmetto promozionale che avrà fatto ridere anche quelle Guide mentre lo giravano. L’importante – prima di mettere il sofà e sgrassare appigli – è che faccia percepire al cliente, soprattutto al neofita, la bellezza, l’incanto, la storia, la fatica, il rischio e la cultura dell’andare in montagna, ovvero che, prima che Guida Alpina, sia Maestro di Alpinismo (e magari non promuova solo la normale alla Cima Grande, ma anche qualche montagna minore ma di pari effetto). Rimane pur sempre il Grande Mestiere….
infine una piccola richiesta, se possibile: ma non si può togliere lo sfondo nero ai commenti ? mi fanno male gli occhi leggendo a lungo. Grazie !
e viva le Guide !
O di menefreghismo?
È inquietante osservare (mi riferisco ai commenti “verdi allo stato puro”) quanto l’invecchiare ci renda monotoni, nostalgici e tremendamente conservatori
Grigi brezneviani, saccenti e pesanti come massi, così lontano dall’alpinismo, dalla leggerezza, dall’ironia
Siamo diventati dei vecchi tromboni con le tinte ambientaliste
Non vorrei rimpiangere il motocross, la motoslitta, il trapano e l’elicottero …qualsiasi cosa che trasmetta ancora il profumo di libertà e gioventù…
“Bergfuehrer Marketing” voleva solo “allarmare” sulla tendenza generale – culturale, sociale, alpinistica, per qualcuno anche famigliare, pedagogica, educativa e formativa – a vedere le attività in natura alla pari di quelle sportive in campo chiuso.
Voleva “allarmare” sottolineando che il video, come molte altre affermazioni ufficiali e pubblicitarie di Guide e non solo, alimenta l’idea che in natura sia possibile realizzare una sicurezza compiuta.
“Allarmare” perché da lì consegue una deresponsabilizzazione individuale, quindi la riduzione di quei processi che tendono all’autonomia, nonché la crescita della dipendenza.
Questo è il messaggio “sottile” che passa da quel video così bello ma non così innocuo.
Non dobbiamo pensare alle personalità compiute, più protette, ma a quelle ancora da fare, a quelle che non riusciranno a compiersi.
Per quanto sottile quel messaggio arriverà a loro. E in loro si aggregherà una concezione della natura e della sicurezza del tutto inidonea per frequentarla natura in autonomia, per compiere scelte in piena responsabilità, per scegliere di prendere rischi, per tornare a casa senza sentirsi meno di chi ha continuato. Per essere consapevole che la sicurezza viene da dentro anche senza artva, anche senza fix. Per voler allora muoversi su un terreno adatto a lui, per cacciare via l’emulazione sconsiderata, l’ascensione senza la giusta motivazione, questa volta finalmente riconsciuta, finalmente rispettata. Senza frustrazione.
“Bergfuehrer Marketing” non voleva parlare quindi di come andare o no in montagna, di cosa è giusto e sbagliato, ma solo fare presente che questo tipo di immagini – altre volte di parole, che comunque producono immagini – non è solo bello e carino, ma che ha un lato occulto.
Se è solo bello, carino, ironico per noi, per chi ha già una sua maturità, per chi ha terminato (per modo di dire) di crescere, non lo è per chi verrà.
Chi verrà si troverà un mondo che per un bel pezzo penserà essere sempre stato così. (Esattamente come abbiamo fatto noi.)
Immersi in un brodo di cultura di una società accanita a produrre sicurezza solo nella sua dimensione tecnica, solo attraverso i lacci delle norme, in contesti che sempre più raffinatamente spacciano la natura come campo di gioco e le sue attività, facili da consumare come un giro di giostra, questi che verranno dopo saranno sempre più lontani da se stessi, dalle loro potenzialità, dai loro talenti, dalla loro bellezza.
Incanalati entro schemi che concepiranno certamente veri (come accaduto a noi), saranno sempre meno creativi, sempre meno idonei a creare una società di soddisfazione.
Quanti nati sulla “plastica” ed ora sono ad un bel livello, in natura non ci spieghiamo perché stiano gradi e gradi sotto quello che fanno indoor? Perché l’inverso non accade? A mio parere bisogna scendere fino alla concezione di ognuno per cogliere qualche straccio di motivo.
Siamo tutti succubi di suggestioni.
Non è così per noi che crediamo che alla scuola non si possa rimunciare, né al lavoro ripetitivo ed alienante? Non è così per tutte le dipendenze che abbiamo, le convinzioni che ci sono voluti anni, che hanno richiesto una vita per emanciparsene? Non è vero che crediamo serva un medico per gestire la nostra salute? Un istruttore per imparare a scalare? Non è così quando crediamo che i musulmani siano inferiori, che meritino meno dignità di quanta pretendiamo per noi?
Il moviemnto del Clean climbing il rifiuto delle linee a goccia d’acqua non ricorda nulla? Non ci dice che per è merito di quelle sensibilità, di quelle iniziative che oggi possiamo godere di una cultura altrimenti fin da allora edonistica e consumistica, ginnica più che alpinistica?
Non è vero che una fessura massacrata è anche un insulto a quelli che vengono dopo, oltre che alla biografia immensa della roccia?
Non è vero che se l’epoca dei chiodi a pressione – che la maggioranza impiegava con leggerezza e convinzione, credendo fossero innocui, credendo fosse il progresso ad imporlo – invece di sparire fosse cresciuta avremmo una storia dell’alpinismo meno palpitante di creatività?
Di umanità.
Nulla contro le Guide altoatesine, tutto contro il linguaggio che non guarda lontano.
Signor Federico , forse non hai le idee ben chiare sulla figura della Guida Alpina o forse hai avuto delle pessime esperienze….ma qui il discorso mi sembra diverso. Si sta commentando un video che non mette in discussione la figura della Guida Alpina in quanto tale,ma “IL MODO ” con cui il gruppo delle tre cime ha voluto essere (probabilmente) piu’ visibile e accattivante, dando ad intendere con fare commerciale una realta’ effettivamente diversa ( che nel video non si legge)…tutto qui. La figura della Guida Alpina rimane professionale ( ti ricordo che comunque e’ un lavoro e con questo bisogna arrivare a fine mese come tutti !!!)
Michele Guerrini
Caro Federico Bionaz, mi trovi molto distaccato da queste tue affermazioni. Sono convinto che il tuo commento sia una presa in giro sarcastica, ma qualcuno potrebbe recepirlo diversamente. Dunque sono costretto a respingere al mittente l’affermazione che “il mondo delle guide alpine è solo mercificazione della montagna e puro business”, nonché che “le guide alpine sono il simbolo del servilismo umano applicato alla montagna” e che “le guide alpine hanno rubato il vero senso di avventura portando tutti in montagna”, ecc. ecc. Se sono vere, queste sono affermazioni tue.
ha ragione Alessandro Gogna. Il mondo delle guide alpine è solo mercificazione della montagna e puro business. Lo sa bene lui che non ha mai preso soldi da nessuno nemmeno dal CAI e che lo può gridare a gran voce!. Le guide alpine sono il simbolo del servilismo umano applicato alla montagna. Le guide alpine hanno rubato il vero senso di avventura portando tutti in montagna. Alessandro Gogna fai bene a farti portavoce e accusare questa tendenza. Non mollare perchè sono loro, le guide alpine che hanno inventato l’heli ski e tutte il resto per guadagnare soldi e basta. Alessandro Gogna tu che puoi e che sei puro, fonda un comitato per far chiudere il collegio delle guide. Vogliamo andare in mongna in libertà!!
La Guida Alpina ( ma anche tutti coloro che amano le montagne e vedono nella natura un valore piu’ grande di quello che si legge a prima vista) “utilizza” la pratica/tecnica per poi trasmettere emozioni e significati che vanno oltre l’arrivo in vetta ( e la discesa). A mio parere si doveva valorizzare il lavoro della guida fatto a monte ( prima) che e’ quello che tutti noi facciamo per mettere in sicurezza itinerari e quantaltro evidenziando anche l’amore di preservazione della natura ( ma se un appiglio e’ polveroso vuol dire che doveva essere cosi…) senza esagerare pero’ per modificarla a nostro vantaggio/utilizzo dimostrando che i professionisti non sono (solo) accompagnatori ma sostenitori dell’idea che la montagna ( cosi’ com’e’..) possa essere motivo per stare bene ed essere sereni ; senza adeguarla ad esigenze umane ( commerciali) ma viceversa sensibilizzando l’essere umano ( cliente) in modo che tecnicamente prima ( magari con una adeguata preparazione programmata ) ma emotivamente poi ( cosa piu’ importante) riesca a coglierne l’essenza attraverso anche una sola gita.
Il video e’ al pari di una pubblicita’ commerciale di una vettura d lusso….fastidioso!!!
Michele Guerrini
@Antonella
Puoi metterla come vuoi, ma salire anche la pur alpinisticamente banale normale alla cima Grande (che peraltro non ho mai fatto, ma dalle relazioni che ho letto) non penso sia paragonabile ad una partita di calcio. Anche con una guida che ti mette il materassino sotto al sedere… 😉
Cari entrambi degli ultimi due commenti. Credo, facendomi portavoce anche di altri interventi simili al mio che il problema non sia l’essere giusto, o meno, che alpinisti poco esperti o escursionisti possano fare salite importanti grazie alla Guida. Anzi ! Ma non in questo modo così addomesticato , e preformato nei minimi dettagli come si trattasse di una partita di calcio. L’alpinismo vero è prima di tutto incognita, mistero, avventura: tutte cose che in quel video non solo non sono compatibili, ma addirittura platealmente esclusi.
L”alpinismo e la professione di guida penso siano attività non soprattutto sportive non soprattutto ludiche, che dovrebbero rimanere “pure”, e come qualsiasi altra “arte” creativa non essere assoggettate a forme di pubblicità come questa : l’alpinismo e/o la professione di guida non sono paragonabili all’ andare al luna park con un cliente o comprare questo piuttosto che quel dentifricio.
Io darei un Oscar a Gogna, all’Autore dell’articolo, alle Guide Alpine, ai tanti che commentano. Mi avete consentito di riflettere, non ci avevo mai pensato così! E se non ci foste voi, vorrei sapere dove vado a prenderli questi nutrimenti e questi pensieri. GRAZIE! E ne farò tesoro tutte le volte che mi avvarrò di guide alp o andando con amici esperti di una via (condivido con la cliente età – immagino-, la non sufficiente esperienza, e la gioia di farcela, sorriso finale e ironia della prima parte del video compresi).
Tutti bei commenti, ma c’è anche chi ama la “montagna” e non può più permettersi di fare cose strampalate con difficoltà di 6°, 7° o addirittura 8° grado, c’è chi si accontenta di arrivare in vetta, magari per una “via normale” che, per lui, tanto normale non è, c’è chi incomincia e chi va verso la fine, perchè negare la bellezza di guardare il mondo dall’alto solo per la “purezza” di un gesto o di un passaggio ?
Vorrei ringraziare tutte le Guide Alpine che con passione, dedizione e pazienza, permettono anche ad obesi vecchietti di sognare ancora un po’ di giovinezza ..
Grazie da un amico montanaro non più giovanissimo !
Ironico ? Vero? Bah, la serietà di una Guida Alpina è ben altra cosa. Il video non mi piace.
L’autoironia non è per tutti…
Da facebook 24 marzo 2017 ore 18.02
Pura pubblicità, per vendere e possibilmente lavorare. Come fosse un detersivo o un cacciavite!!!
Da facebook 24 marzi 2917 ore 11.14
C’è poco da aggiungere …Una pubblicità patinata, una “perfetta” promozione commerciale di una qualsiasi attività ludico-sportiva come potrebbe essere andare a fare immersioni con un istruttore ben preparato, salire in eliski per fare scialpinismo ecc,ecc. Promozione che snatura totalmente la vera essenza dell’alpinismo, privandolo totalmente di quel necessario quid di incognita e di Avventura che lo rende tale,un’esperienza prima di tutto interiore nel rapporto con la natura incontaminata e selvaggia ( non addomesticata ), ricerca dell’ignoto dentro e fuori di sé, con o senza guide. È questo del video il modo “normale” di interpretare l’alpinismo, l’essere guida , l’essere cliente ? Che tristezza
Visto e letto tutto.
Il video è simpatico e carino, ma per quanto riguarda il secondo livello di comunicazione, quello più sottile e sì discutibile della montagna predisposta e accattivante, si è arrivati in Dolomiti anche a trapanare artificialmente delle clessidre lungo una via per poter scendere più comodi e in fretta e ad apporre cartelli tipo “Parete in manutenzione” nei periodi in cui si svolgevano questi lavoracci. Insomma, a me le Dolomiti stampate in 3D non piacciono.
Al Sudtirolo perfetto e pulito poi, che qualcuno qui ha decantato, io preferisco invece le montagne venete o friulane, con il loro disordinato e contradditorio sviluppo turistico, dove però si può ancora vivere l’avventura in un ambiente selvaggio.
Il tema non è la qualità dell’accompagnamento, il prodotto filmico (ottimo peraltro), la perizia e professionalità (indiscutibile) della guida, la cura della montagna o la capacità d’occuparsi lodevolmente della manutenzione (con giudizio) delle vie d’arrampicata.
Si è posta l’attenzione su quel sottile e subdolo messaggio che prende corpo di giorno in giorno, che mostra la montagna sotto un aspetto di pura apparenza, lucido, patinato, inteso come forma esclusiva di generale divertimento, come un qualsiasi parco giochi.
Per questo a mio avviso l’ironia iniziale non nasconde, ma accentua la banalizzazione.
Così facendo la salita ad una grande cima si tramuta in una mera attività a “basso contenuto tecnico” praticabile da un normale escursionista, adeguatamente assistito.
Immagino la salita ad una grande montagna, seppur per la via normale, come il desiderio di sottrarsi alla realtà ordinaria, per fuggire dal tempo per qualche ora, in uno spazio che non può e non deve rientrare nella logica dell’utilità funzionale, al pari di un qualsiasi impianto sportivo.
E alla lunga una diversa attenzione e sensibilità potrebbero accrescere ancor di più “prestigio” e “valore”, anche commerciale, di queste salite.
Giovaaaaa, tra poco apriranno i corsi per “aspirante cliente” (ti ricordi?) che poi porteranno gli allievi a sostenere l’esame finale per diventare “cliente”. Ottenuto tale titolo sarà aperta ogni strada. Anche quella per restarsene a casa. Baci. marce
Questo video, bello e ben fatto, lo trovo perfettamente confacente a quel tipo di pubblico che si rivolge ad una guida per compiere una gita in montagna apprezzandone l’aspetto ludico, di semplice diporto e senza lo stress di dover condurre in prima persona la salita.
Sinceramente non vedo motivo di scandalo ma solo di buona educazione se la guida cura con attenzione il suo cliente che è anche, in quel momento, la sua fonte di lavoro e rendito.
In fondo nell’andare per i monti, in tutte le sue declinazioni, ciascuno ritrova la dimensione che preferisce e ludica, sportiva o introspettiva che sia non mi sento di condannarla solo perché eventualmente diversa dalla mia.
Il video mi è sembrato normalissimo.
Promuove un’attività a basso contenuto tecnico praticabile da un normale escursionista che voglia raggiungere una cima bella e prestigiosa.
Il polverone sollevato qui, mi pare esagerato.
Sarà che io i clienti non li tratto così bene né me ne prendo troppa cura (infatti ne ho sempre meno, ma va bene così), ma vedere queste giovani guide tanto affabili, me le fa quasi invidiare…
Michele H. il titolo è scritto giusto:
Bergführer = Guida Alpina
e l’Umlaut in tedesco o Dieresi in italiano quando non rappresentata dalle due virgole o puntini nel caso della stampa, va scritta col dittongo in questo caso ü = ue
@Fabrizio Roveda.
Lo so benissimo e Merizzi e Maspes per me hanno fatto bene !!
Infatti ho scritto: non tutte.
A parte che il titolo non è grammaticalmente corretto (Bergfuhrer = guida alpina e non Bergfuehrer) a me è piaciuto molto come rappresentazione della organizzazione che è alla base di questa attività. Sappiamo benissimo che le Drei Zinnen sono un grande parco giochi ma la metà che sta dal lato di Misurina la trovo decisamente penosa; d’inverno è un viavai di motoslitte che salgono sulla strada a portare masse di gente che pensano di imitare Armin Zöggeler con lo slittino . D’estate è una colonna continua di auto che sale alla mensa del Rifugio (?) Auronzo. Che cosa ci fanno con tutti i soldi che entrano?
Mi auguro che anche il lato Veneto passi al più presto sotto la gestione della provincia di Bz e magari vedremo forse qualche miglioramento nella gestione del territorio.
Parlo da utente delle guide: mi è capitato diverse volte, con la guida che di solito mi accompagna, che lui mi chiedesse di soffermarmi qualche minuto alla sosta per pulire una clessidra in cui infilare un cordino, necessario alla nostra e alle future ascensioni, e anche a tagliare e sostituire cordini marci già presenti in loco. Lo considero parte della giornata. Mi rilasso, mi guardo intorno, mi godo il panorama e l’aria frizzante. E arrivo in vetta felice.
@Alberto Benassi
Se non ricordo male, parecchi anni fa una guida alpina svizzera aveva spittato lo Spigolo Vinci al Cengalo: bene, subito dopo le Guide Italiane Maspes e Merizzi li hanno smartellati via lasciando giustamente le chiodature originali.
Video perfetto. Messaggio pubblicitario azzeccato in pieno. In due minuti mostra la professionalità delle Guide Alpine e la loro attenzione per i Clienti. Il tutto con una punta di ironia che rende simpatico e divertente il messaggio pubblicitario. Speriamo che il video invogli tanti non abitudinari ad andare in montagna accompagnati dalle Guide Alpine.
” Togliere un sasso che si muove o pulire un appiglio non significa trasformare la montagna in un parco giochi. D’altra parte la cura della montagna è una prerogativa delle guide ed è quello che si è sempre insegnato ai corsi di formazione.”
Si ma la montagna non è di proprietà delle Guide.
Togliere un sasso rotto e pericoloso va bene. Sostituire un cordino marcio, rinforzare una sosta di calata, anche. Ci mancherebbe altro. E mille grazie !!
Ma ben diverso è prepare in maniera sistematica gli itinerari (ad esempio richiodatura di itinerari classici) per poi avere facilitato il lavoro. Con il risultato che questi vengono snaturati nella loro caratteristica.
Non tutte, ma diverse guide alpine, con la scusa delle sicurezza, hanno fatto questo.
Non lo trovo ne giusto ne educativo.
Sul percorso di salita al Carrél che immette poi alla Cresta del Leone al Cervino c’è un grosso masso chiamato “Sasso dello zucchero”.
Sapete il perché?
Un tempo quando non esistevano le barrette energetiche, le Guide Alpine facevano sedere lì i loro clienti, tiravano fuori dallo zaino delle zollette di zucchero e gliele offrivano. Un energetico ante-litteram che serviva a far sì che il cliente solitamente poco allenato alla quota, si rigenerasse di quegli zuccheri necessari e riuscisse a raggiungere il rifugio senza grandi impedimenti dovuti almeno al calo di energie, poi il giorno dopo chi c’era c’era con gli altri si tornava a valle.
Non la trovo una pratica scabrosa ma quella cura del cliente che si chiama professionismo.
Ancora oggi ci si ferma lì!
Oggi non diamo più la zolletta di zucchero ma la pausa è quasi obbligatoria per la buona riuscita della prima parte della salita… !
A me il video pubblicitario delle guide altoatesine è piaciuto. Con qualche esagerazione è quello che facciamo noi guide. A chi di noi non è mai capitato di andare a mettere a posto una via prima di portarci un cliente? Togliere un sasso che si muove o pulire un appiglio non significa trasformare la montagna in un parco giochi. D’altra parte la cura della montagna è una prerogativa delle guide ed è quello che si è sempre insegnato ai corsi di formazione. Quanti cordini marci abbiamo tagliato sulle doppie, sostituendoli con cordini nuovi portati apposta? Ammetto di non aver mai portato il giorno prima il pezzo di materassino per far sedere la cliente, ma pesa così poco che non serve portarlo il giorno prima. Però se su una cengia dove ci fermiamo a mangiare c’è un solo sasso comodo per sedersi non mi siedo di sicuro io. Le croci non le ho mai lucidate, questo è vero, ma che male c’è a essere gentili con i clienti? Non è obbligatorio urlare e bestemmiare per essere una buona guida. Quanto al fatto che l’ironia del video la capiamo solo noi guide, non è che i nostri clienti sono stupidi, la capiscono, eccome. E l’apprezzano.
Mi è piaciuto moltissimo!
La cliente è molto felice, le guide pure, sia per la girata in una splendida giornata, sia per il bacio, sia per i soldi che lei ha speso.
E’ una presa in giro di gran classe di tutti quelli che parlano dell’alpinismo fatto con la guida.
Sono professionisti di gran classe, non appassionati, o pazzoidi, o cialtroni, loro lo fanno per mestiere!
Loro portano gli “incapaci” per un motivo o per l’altro sulle montagne.
L’alpinismo e tutto ciò che significa ha una importanza marginale che serve solo come strumento pubblicitario.
Loro forse non concepiscono la nostra ipocrisia.
Bello e bravi!
Come scritto, credo sia un po’ un’esagerazione.
Certamente poteva essere un pelo più ironico ancora oppure più attinente alla realtà, senza aspirapolvere e lucidature e probabilmente avrebbe reso l’idea anche nei confronti di quel pubblico che non sarà in grado di comprendere e crederà nel luna park malgrado tutto.
Una critica in questo senso credo sia né inappropriata né cattiva, anzi, ma il regista probabilmente (ipotizzo, non lo conosco…), ha pensato di ridurre in pochi frammenti ciò che invece avviene in molte giornate di lavoro e probabilmente appunto, non tutti lo comprenderanno ma conoscendo i colleghi di quella scuola e sapendo come operano, sono convinto che lo scalmanato in cerca di adrenalina e luna park non troverà risposte da parte loro..!
Sono convinto, come te del resto, che ci siano delle situazioni nel nostro mondo di professionisti che travalicano quell’atteggiamento etico che vorremmo riconoscere nella figura della Guida Alpina ma credo anche che sia una situazione fisiologica dovuta alle mutazioni della domanda alle quali ci sarà sempre qualcuno che darà una risposta ed aldilà di presentarci in maniera diversa non vedo altre soluzioni… sarà il cliente a decidere da che parte stare, com’è giusto che sia.
Non sono un profeta, ma continuo a vedere sempre più persone che tentano di “ritornare alle origini”, scansando quell’immagine di modernismo che da diverse parti si cerca di lanciare a scopo puramente economico (alcune Guide di solito lo cavalcano ma non sono le fautrici di questo atteggiamento..) e credo non siano distanti i tempi di una rivalutazione che coinvolgerà anche la categoria (dove non sia già coinvolta… e non siamo proprio pochi…) verso una visione più naturale dell’ambiente e della sua frequentazione.
Monte Bianco è risultato un flop ed è già buona cosa!!!
Lungi da me qualunque insinuazione nei vostri confronti. Conosco anche abbastanza la cultura sud-tirolese per capire che quello che dici è vero. Però ti prego di rispondere alla mia domanda: credi veramente che il messaggio ironico, così come è stato realizzato e presentato, sia comprensibile alle tante persone che si vorrebbero raggiungere?
Alessandro, credo che conosci bene tutti e tre (io, Luca ed Emilio) e che tu sappia bene che il concetto di montagna ed accompagnamento professionale che ognuno di noi, a livelli ovviamente personali e personalizzati, non si intenda come commercio senza limiti ma più vicino sicuramente alla considerazione dello stesso Emilio che condivido. Credo siamo intervenuti molte volte, chi più chi meno, in questo blog ma non solo, portando vedute o cercando di inserire vedute che non sono certo compatibili con una visione puramente commerciale delle nostre professioni.
Lorenzo parla di un filo invisibile di comunicazione, quasi subliminale, che si insinua nel video strizzando l’occhio al professionista ma al tempo stesso, coinvolgendo lo spettatore, possibile futuro cliente, in una dimensione di sfruttamento del territorio stile parco divertimenti tutto pulitino e sicuro.
Se così fosse le scene dell’accompagnamento non sarebbero quelle di una Guida a “passo da Guida” ed un inframmezzarsi, seppure minimo, di panorami e scorci particolari. E’ vero che l’ambiente in cui operiamo e che ci da da vivere, non è alla base del video ma non è un documentario, è uno spot pubblicitario della scuola Drei Zinnen…!
Il video poi è rivolto soprattutto ad un pubblico di lingua tedesca (oltre il 90% della clientela locale) e la traduzione inglese è per quel 10% di nazionalità diversa (italiana compresa… l’inglese ormai è internazionale e comporta una traduzione unica al posto di tante), che si connota per una tradizione culturale ben diversa da quella italiana per quanto riguarda la montagna, l’ambiente in genere e la professione di Bergführer (Guida Alpina), l’ordine e la pulizia sono riferibili a quella cultura sud-tirolese che tanto amano gli italiani quando vanno in vacanza e che volenti o no da una forte mano sia al territorio che allo sviluppo turistico, realtà quasi unica in certe vallate.
Poi ci sono pro e contro certamente (vedi ad esempio lo scempio del Plan de Corones che hai ampiamente e giustamente denunciato qui sul blog a suo tempo) , ma continuo a non vedere nulla di poco chiaro in questo video.
Lo stesso bacio di vetta è una tradizione alla quale non mi sottraggo, come quella della stretta di mano bella forte o del Bergheil di mitteleuropea tradizione, esportandoli anche coi clienti italiani che non sempre conoscono.
Cari Emilio, Stefano e Luca: ma voi credete veramente che il messaggio ironico, così come è stato realizzato e presentato, sia comprensibile alle tante persone che si vorrebbero raggiungere?
Tranquilli: a me, Lorenzo e Michele non è sfuggita l’ironia. Il problema è che non tutti possono capire tutte le barzellette. L’ironia, la strizzatina d’occhio non sono purtroppo rivolte al pubblico, sono rivolte a noi e basta. In questo caso, l’inesperto e possibile cliente crederà davvero che le guide si comportino così… crederà davvero che la montagna sia quella. Che è lo scopo del promo. E se anche per voi la montagna è quella (cosa che non credo proprio) allora comprenderei facilmente questa differenza di vedute.
Quanto presente mel mio testo, riferisce pensieri che mi si sono formulati ai tempi del corso aspiranti, che ho vissuto in prima persona negli anni nei quali ho fatto la guida a tempo pieno, che devo confermare ora che pago il costo della patacca per poter fare occasionalmente la guida.
Condivido che prendersi cura è relativo ad un buon professionismo. Ma la mia – le nostre osservazioni – erano dedicate all’informazione “sottile” del video.
Come detto, è ben fatto e non ho difficoltà ad aggiungere che rappresenta anche la cura che mettiamo nelle cose a noi più care, ma questo è solo il primo livello dell’informazione.
Se ce ne accontentiamo possiamo anche continuare a credere che dietro ai cosiddetti fatti non vi sia una biografia che li ha prodotti, ovvero che la realtà sia là, bidimensionale, in attesa di noi. Vedi The Truman Show, più aulicamente Platone e il suo Mito della Caverna, più recentemente e sacralmente Arthur Schopenhauer che ci ha riferito del Velo di Maya.
Io ho letto i vostri commenti prima di guardare il video. Sono un po’ sconcertato, non dal video ma da quello che leggo accanto al video, non vi capisco. A me più che altro quello che sembra andato perso è il senso dell’ironia. Sono d’accordo il linea di massima con voi e con l’idea che i mestieri e i professionisti della montagna (non solo le guide alpine, ma anche i maestri di sci ad esempio) sono sempre meno capaci di rappresentare con le loro proposte l’insieme delle possibilità, delle capacità e dei valori che il vivere o frequentare la montagna (un certo tipo di montagna, un certo tipo di attività) offrono. E’ evidente che la clientela (forse bisognerebbe smetterla di chiamare i compagni di cordata o gli allievi: clienti) richiede “prodotti” sempre diversi, sempre più vendibili, sempre più facili e meno rischiosi, alcuni dei quali finiscono per banalizzare il contesto ambientale e culturale della montagna. Ma a me pare che siamo giunti a questo risultato esattamente a causa della incapacità di differenziare e rendere accattivanti le proposte. Forse, insieme ai video che propongono la montagna come un luna park dovremmo diffidare anche da quelli che la raccontano come luogo di conquista, di espressione del proprio ego, di esclusione delle persone non disposte a correre alcun rischio, che mi viene da definire “comuni” e che anche se non ci piace sono la maggior parte. Siamo arrivati fin qui come risultato della incapacità di separare, nell’offerta commerciale, l’attività sportiva o ricreativa da quella esplorativa e di avventura. Il rifiuto dell’una oggi comporta automaticamente l’esclusione dell’altra, e questo a me pare il problema: i professionisti della montagna non riescono a essere protagonisti del dialogo tra offerta e aspettative del cliente, per questo le attività più banali e commerciali, quelle “da giostraio” finiscono per essere in alcuni casi preferite e preponderanti nella economia della professione. La guida (e anche il maestro di sci) grazie alla sua formazione e alla sua professionalità rappresenta o dovrebbe rappresentare il trait d’union tra questi due mondi e questi due modi di vivere il contesto della montagna che – non dovremmo dimenticarlo mai – è il luogo di tutti. Ognuno in montagna ci va come vuole, anche come non piace a noi. A me pare che quello che manca sia soprattutto la flessibilità, la capacità di costruire delle proposte in funzione delle richieste della propria clientela riuscendo a conservare i valori di riferimento della propria professione e del vivere in montagna, che non è il distaccamento della città o il luogo del divertimento all’aria aperta ma nemmeno un tempio o un museo da seppellire sotto metri polvere. La montagna è un universo e c’è spazio per tutti. C’è ancora un bel pezzo di strada da fare – secondo me – dopo la “gentilezza” o la “cordialità” fino ad arrivare ” all’eccessivo ossequio del cliente”. A me pare che questo video faccia dell’ironia lo strumento di connessione con la potenziale clientela. In fondo al cinema, alla televisione o nella letteratura ciascuno di noi assiste quotidianamente a decine di crimini o assasini, nella finzione filmica i protagonisti sono a volte malvagi, disonesti, cattivi, spietati. Questo non significa per forza di cose che un certo film o libro trasmette un messaggio negativo. A volte per veicolare un messaggio di un certo tipo serve lavorare sui contrasti e sui contrari, in fondo sono certo che le guide che hanno commissionato quel video una volta legati al cliente fanno il loro lavoro con passione ed entusiasmo, con la qualità (non solo tecnica) necessaria. L’importante i clienti e farli arrivare e secondo me se è vero che bisogna diffidare dalla banalità non bisognerebbe avere paura di usare l’ironia. Anche nell’esperienza scolastica di ciascuno di noi in fondo i professori che abbiamo amato di più, i più bravi, non sono quasi mai stati gli scienziati del sapere. A volte semplicemente, i più efficaci, quelli che hanno ottenuto di più da noi e che ci hanno spinto al cambiamento sono stati i più empatici. Essere simpatici o ironizzare non vuole necessariamente dire “svendere” la propria professsione. Mostrare una guida che lucida la croce di vetta o che spolvera gli appigli al proprio cliente non vuole dire “mercificare” ma (almeno nel messaggio filmico del video in questione) “prendersi cura”.
Da facebook 24 marzo 2017, ore 12.45
Concordo con Luca!
Malgrado la prima parte del video sia volutamente un po’ esagerata per far capire in pochi scatti quanto lavoro ci stia dietro ad una salita che il cliente valuta soltanto per quel tempo che impiega a salire e scendere, non la toro scabrosa, proprio perché è piuttosto intuibile che sia un’esagerazione voluta. Non andiamo con l’aspirapolvere a pulire gli appigli… ma accade spesso che si sistemi i percorsi nei fuoristagione o magari anche durante l’ascensione (con un cliente anni fa ho richiodato soste e protezioni intermedie della Fehrmann al Campanile basso e della Martini alla Cima alle Coste, riempendomi lo zaino di cordini marci).
Nessuno però si chiede come mai le calate sulla vie classiche soprattutto siano sempre in condizioni ottimali, i massi pericolanti l’anno dopo non si vedano più e la volta che in discesa c’è la nebbia, quell’ometto messo nel punto giusto che gli ha parato le chiappe facendolo tornare a terra chi è che l’ha costruito…!
Fa parte anche questo della nostra passione per i monti e per la nostra professione.
Chi fa la Guida Alpina a tempo pieno (io e Luca lo facciamo per questo forse non ci scandalizziamo, anzi) sa che non basta accompagnare ma dietro c’è un gran lavoro continuo di rivisitazione e sistemazione dei tracciati siano alpinistici o escursionistici o scialpinistici…
Al tempo di “Monte Bianco” ho contestato quella trasmissione perché falsava completamente la figura della Guida Alpina mostrandolo come figura servile che basta pagare… in questo caso invece vedo la cura e l’amore per la propria professione fatte da chi la montagna la vive 365 giorni all’anno e ne beneficiano tutti anche quelli che con la Guida non ci vanno!!!
Caro agh accompagno clienti ai quali non saresti degno di legare nemmeno le scarpe in quanto ad esperienza e capacità alpinistiche che scelgono coscientemente la Guida Alpina come compagno delle loro avventure perché affidarsi ai sedicenti amici esperti può finire molto male e perché nei loro sogni ci sono salite che probabilmente per te sono qualcosa di infinitamente irraggiungibile o principianti che preferiscono spendere per la Guida piuttosto che in birrette al rifugio di modo da evitare quei passi falsi comuni a tutti i principianti e che in ambiente possono significare molto di più che una gita mancata, perciò evita di offenderli definendoli sacchi di patate che di “Messner dei poveri” ce n’è fin troppi, solo che Messner malgrado tutto è uno dei migliori alpinisti di sempre e da Guida Alpina ha vissuto per anni, non credo sia lo stesso per te!!!
Che pena!!! Non ho altro da aggiungere.
#Andrea d’accordo, era per esemplificare :). E’ che io non ho mai capito quelli che viaggiano coi viaggi organizzati: cioè li capisco e li compatisco allo stesso tempo. Poi per carità ciascuno viaggia come vuole, non c’è problema. Ma i viaggi più belli, secondo me, sono quelli che ti fai da solo, progetti, sogni e affronti, con tutti gli imprevisti del caso. Se togli l’ignoto e un minimo di avventura, cosa resta? Vi immaginate Bonatti (scusate il riferimento) che va nelle foreste del Borneo con un viaggio organizzato? Stessa cosa per la montagna: io NON voglio che sia tutto programmato, peggio ancora da qualcun altro. Non voglio fare le stesse cose che fanno tutti. Ciascuno deve trovare la propria dimensione, per piccola che sia.
Ognuno ci vede ciò che vuole vedere, senza il paraocchi e considerata l’estremizzazione di uno spot pubblicitario, io ci vedo anche un po’ di amore e cura per le montagne dove le guide lavorano, un concetto che a me piace tanto della guida come “custode” e maggior conoscitore della montagna dove lavora (sì, lavora); del patrimonio e della cultura alpina trasmissibile dalla guida purtroppo non c’è l’audio di tutta la salita, per cui non posso accusare il professionista di non averla trasmessa; del tecnicismo esasperato anche ci vedo ben poco, spero però che qualche dritta sul come arrampicare meglio la guida l’abbia data alla sua cliente, visto che anche questo è il nostro lavoro e non sono pochi i clienti che oltre al panorama e cultura da conoscere vorrebbero imparare anche il come muoversi atleticamente; della sicurezza invece ci vedo meno, sennò mancherebbe la scena in cui si resinano e consolidano tutte le Crolloniti per evitare che finiscano in testa al cliente.
Se le guide che qui hanno scritto lavorassero veramente a tempo pieno come guida e non di patacca, capirebbero forse di più il mercato e la domanda, il che non vuol dire esserne sottomessi. Quello che qualcuno reclama senza dare una soluzione concreta o un esempio da portare è ormai fuori dal tempo o applicabile solo in rari casi.
Non capisco il termine emozioni omologate, se c’è emozione il compito della guida ha già dato i suoi frutti e la felicità del cliente vale più di mille parole. La bravura nel nostro mestiere è anche quella di saper interpretare cosa vuole chi accompagniamo e ci paga profumatamente, da chi vuole il VI grado con una corda davanti sentendosi sicuro a chi vuole ravanare nei rovi e sulla roccia marcia mentre la guida gli illustra la montagna preservata dalle masse. In mezzo ci sono le mille e più sfaccettature di questo lavoro, la nostra capacità è saperle interpretare.
PS: per rispondere anche ad agh: la guida mi ha sempre accompagnato, si, assicurato, si. Ma tirato su come un sacco mai… Ho una mia alpinistica dignita’ 😉
Io sono d’accordo con Marco.
Anche se in passato ho fatto alpinismo “by myself” ora quando vado in montagna, nonostante ho 50 anni e fisicamente sono ancora molto in forma, uso la guida.
Perche’? perche’ ci vado una volta all’anno, ho 3 figli e non mi sento di correre piu’ rischi del dovuto. Voglio godere delle sensazioni di mettere le mani sulla roccia (e se non e’ unta e’ meglio 🙂 ) in una giornata di sole, pensando a dove mettere le mani sugli appigli giusti, ma godendomi la giornata. E non ci vedo nulla di male.
E considero che, nella mia mediocrita’ di alpinista, comunque il timore dell’imprevisto che puo’ succedere rimane, anche se sali con una guida.
Sarà anche ironico ma a me il video mette una gran tristezza. Queste “emozioni” omologate, tutte uguali per tutti, lasciano il tempo che trovano. Non ho mai pagato una guida alpina: primo perché costa troppo per i miei gusti, secondo perché preferisco andare in montagna contando sulle mie forze. Come alpinista sono e resto una schifezza, ma non m’importa. Il mio mondo è l’escursionismo, dove ho tutto quello che mi serve: emozione e avventura. E le ravanate di 20 km per cime, mughi e ghiaioni, magari fuori sentiero, sono solo mie: le ho sognate e immaginate, e poi realizzate, esperienze uniche che non si dimenticano facilmente. Certo in montagna ciascuno trova (si spera) la propria dimensione ideale. Ma cosa resta di una “scalata” dove ti hanno accompagnato, assicurato, tirato su per la parete come un sacco di patate?
Siamo inderogabilmente artefici della nostra condizione.
Non troveremmo orripilanti le città (tossicità chimica, acustica, elettromagnetica, estetica) se comparissero di colpo?
Eppure sono opera nostra. Un passetto dopo l’altro le abbiamo create, volute. Ora le tolleriamo, ci sembrano normali, giuste.
Le scelte che compiamo – incluse quelle impersonali realizzate con la muta accondiscendenza – tanto più sono tese a soddisfare l’esigenze immediata tanto più consegneranno ai nostri figli qualcosa che noi stessi non avremmo voluto regalare.
Dunque i commenti possono sì avere il sapore dell’eccesso, ma di fatto esprimono soltanto il timore del buio.
Il video che a prima vista sembra ben fatto nasconde un messaggio ben riassunto da Merlo la mia sintesi è: “BESTIALE”
Premesso che non ho mai pagato una guida e rarissimamente fatto qualcosa in montagna basandomi su un socio più forte di me e non sostanzialmente sulle mie forze… debbo dire che i vostri commenti mi sembrano un po’ esagerati. Io nel video, tra l’altro ben realizzato, ci ho letto più che altro un po’ di ironia e di sdrammatizzazione. Ma, ovviamente, non sono parte in causa, visto che oltre a non aver mai pagato una guida neanche lo sono.