Perché costruire e ristrutturare con canapa e calce?
I vantaggi dei materiali naturali in edilizia si estendono su almeno quattro grandi campi di interesse: ecologico, economico, tecnico e sociale.
Eppure l’opinione comune e il mercato non sembrano coglierli, orientando le scelte in una direzione apparentemente più vantaggiosa… ma è veramente vantaggiosa?
Bioedilizia: canapa e calce
(per una bioedilizia a prova di futuro)
di Gilberto Barcella*
(pubblicato su ingenio-web.it il 28 settembre 2021)
Il ruolo degli edifici nella crisi climatica
L’edilizia contribuisce per il 39% alle emissioni globali di gas serra. Finora, gli sforzi per migliorare questo preoccupante dato, sono stati indirizzati verso l’azzeramento della domanda energetica dell’edificio nella sua fase d’uso, attraverso operazioni di efficientamento dell’involucro e il ricorso a fonti di energia rinnovabile. Non si è però tenuto conto dell’impatto ambientale di tutte le altre fasi del ciclo di vita, come l’estrazione e lavorazione delle materie prime, il trasporto, la manutenzione e sostituzione di componenti, le operazioni di costruzione e smantellamento.
Per quale motivo queste ultime vengono così spesso trascurate?
Perché i tradizionali protagonisti della storia del nostro costruire, come la pietra, il legno, la calce, la terra, le fibre vegetali, vi hanno sempre contribuito in modo marginale. Nell’ultimo mezzo secolo abbiamo visto farsi spazio nel nostro settore materiali nuovi, sintetici, altamente performanti dal punto di vista energetico, ma altrettanto costosi dal punto di vista ambientale.
Superbonus per ridurre le emissioni o superbomba di CO2 in atmosfera?
Green Deal, transizione ecologica e incentivi Super-eco-bonus sono ormai il pane quotidiano dei nostri dibattiti, poiché tutti ci stiamo adoperando nel cercare soluzioni e strategie per affrontare quella che forse è la più grande crisi del nostro tempo: la crisi ambientale.
Eppure, le soluzioni che troviamo sembrano avere le gambe corte: in che modo incentivare l’impiego di materiali sintetici, prodotti in laboratorio e poi in industria al prezzo di tonnellate di CO2 immesse in atmosfera, dovrebbe salvaguardare i nostri ecosistemi, tutelare la vita e garantire alle future generazioni un ambiente migliore di quello che abbiamo ereditato? Aldilà di tutti gli slogan, è proprio questa la definizione di sostenibilità: condizione di uno sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri.
Parliamo di materiali che esistono da pochi decenni, di cui non possiamo garantire la durabilità a lungo termine e che prima o poi dovranno essere smaltiti, andando a riempire discariche già piene, andando ad aggiungere alle già significative emissioni di produzione, quelle legate allo smaltimento. Il riciclo è infatti, troppo spesso, un’illusione, se non addirittura un inganno. Non tutti i prodotti sintetici sono riciclabili, ma soprattutto quasi mai lo sono al 100%. Le normative tendono ad adeguarsi ai limiti dell’industria, con il risultato che prodotti nuovi contenenti solo il 10% di parte riciclata vengono messi sullo stesso piano di prodotti naturali che una volta dismessi, semplicemente tornano alla terra.
Incentivare l’uso di isolanti sintetici leggeri, a discapito di quelli naturali massivi, che consentono di vivere in abitazioni quasi o del tutto prive di impianti e con costi di gestione irrisori, non fa altro che allontanarci dagli obiettivi. È come camminare facendo un passo avanti e due indietro.
Differenza di impatto ambientale tra prodotto sintetico e prodotto naturale
Per rendere l’idea della differenza di impatto ambientale di un prodotto sintetico rispetto ad uno naturale, si riportano di seguito i kg di CO2 emessi da 1 kg di alcuni dei materiali più diffusi in edilizia.
I dati sono forniti dal KBOB, ovvero la Conferenza di Coordinamento degli Organi della Costruzione e degli Immobili dei Committenti Pubblici in Svizzera.
Isolanti di origine sintetica
EPS → 4.46 kgCO2-eq (produzione) + 3.19 kgCO2-eq (smaltimento) = 7.64 kgCO2-eq
XPS → 11.3 kgCO2-eq (produzione) + 3.19 kgCO2-eq (smaltimento) = 14.5 kgCO2-eq
Aereogel → 48.4 kgCO2-eq (produzione) + 0.303 kgCO2-eq (smaltimento) = 48.7 kgCO2-eq
Isolanti di origine vegetale
Balle di paglia → 0.09 kgCO2-eq (produzione) + 0 kgCO2-eq(smaltimento) = 0.09 kgCO2-eq
Fibra di legno → 0.624 kgCO2-eq (produzione) + 0.041 kgCO2-eq (smaltimento) = 0.665 kgCO2-eq
Pannelli di sughero → 1.12 kgCO2-eq (produzione) + 0.221 kgCO2-eq (smaltimento) = 1.34 kgCO2-eq
Notiamo come i primi siano notevolmente più impattanti dei secondi.
Possiamo isolare meglio e contemporaneamente diminuire le emissioni di CO2, immagazzinandola negli involucri delle case per sempre. Disinnescare la bomba che sta per esplodere non è solo possibile, è molto più alla portata di quello che sembra.
La calce e la canapa: una soluzione possibile
La pianta di canapa rappresenta una grande risorsa per l’edilizia, soprattutto in termini ambientali. Si pensi che in soli quattro mesi un ettaro coltivato produce circa 12 tonnellate di canapa che, attraverso il processo della fotosintesi, assorbe anidride carbonica rilasciando ossigeno, e immagazzina una quantità di carbonio pari a quella che verrebbe immagazzinata da un bosco delle medesime dimensioni.
Diversi studi europei hanno attestato che i biocompositi in canapa e calce sottraggono e immagazzinano nell’involucro delle case da 20 a 60 kg di CO2 per 1 mc di impasto, a seconda dei cicli di produzione e delle densità (vedi “Edilizia a basso impatto ambientale: analisi del ciclo di vita di materiali naturali a base di calce-canapulo”). I biocompositi in canapa e calce sono mappati nel protocollo per la certificazione degli edifici LEED e rispondono ai Criteri Minimi Ambientali (CAM) stabiliti dal Ministero dell’Ambiente.
Fino ad oggi, il maggiore ostacolo alla diffusione di materiali costruttivi di origine vegetale, a impatto negativo di CO2, è rappresentato dalla difficoltà ad industrializzarli.
La canapa, materiale ad alta efficienza energetica e carbon footprint negative, è già disponibile in diverse soluzioni industrializzate, accessibili e competitive. Si spazia dai Biomattoni ai pannelli per murature prefabbricate, dai Biocompositi premiscelati in impianto a quelli posati in opera con le macchini spruzzatrici e intonacatrici.
Gli edifici in canapa e calce in Italia
Dal 2011 ad oggi in Italia sono stati costruiti e ristrutturati edifici mono e plurifamiliari per un totale di circa 500 fortunati inquilini (dato in crescita). La loro edificazione è equivalsa alla piantumazione di circa 680 ettari di bosco (pari a circa 95 campi da calcio) e alla conseguente sottrazione all’atmosfera di circa 1700 tonnellate di CO2 (Carbon Footprint Negative)
Il condominio “Case di Luce”, realizzato nel Comune di Bisceglie dalla Pedone Working con i biocompositi in canapa e calce, è stato premiato con il Cubo di Platino CasaClima2017 e ha vinto la categoria Energy and Hot Climates del Green Building Solution Award 2016.
Il riconoscimento più gradito, però, sarà quello che avremo dalle generazioni future: il modo più efficace di ridurre le emissioni di gas serra consiste nell’immagazzinare CO2 negli involucri dei nostri edifici. A lungo andare, questo comportamento ci permetterà di raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, che mira a contenere l’aumento della temperatura media globale per contrastare gli effetti del cambiamento climatico.
Per dare risposta alla domanda iniziale, ovvero “perché costruire in canapa e calce?” nasce il libro dal titolo ‘Canapa e Calce. Tra tradizione e innovazione dalla bioedilizia alla neoedilizia”. Attraverso i capitoli ho cercato di approfondire le ragioni e i vantaggi del costruire con materiali naturali, per un’edilizia sostenibile. Il volume è disponibile a questo LINK.
*Gilberto Barcella è Direttore Tecnico e R&D della Tecnocanapa Senini.
Per ulteriori notizie sulla canapa, consultare:
https://blog.enecta.it/quando-in-italia-si-coltivava-la-canapa
e
https://www.emilcanapa.it/la-canapa/la-canapa-industriale-in-italia/
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