By fair means

By fair means
(la prima salita del Cerro Torre senza l’uso dei chiodi a pressione di Maestri)
di Hayden Kennedy
(pubblicato su The American Alpine Journal, 2012)
Traduzione di Luca Gasparini

La mia mente si arrovella nell’attesa. La notte è limpida e le guglie del Torre e dell’Egger sono diventate dei mostri. La luce della luna è sufficiente per vedere i funghi di ghiaccio sulle loro cime, ma le guglie stesse sono assorbite dall’oscurità.

Queste montagne sono al vertice della catena alimentare dell’arrampicata tecnica alpina. Richiedono un’ampia gamma di abilità, dal ghiaccio al misto, dalla goulotte di neve alla roccia ripida. Il tutto servito in un menù unico. Il nostro obiettivo è la cresta sud-est del Cerro Torre senza usare gli spit di Maestri per proteggersi e arrampicando il più possibile in libera. Jason Kruk e Chris Geisler ci sono quasi riusciti a fine gennaio 2011, ma sono stati bloccati 40 metri sotto la cima. Jason ormai conosce il terreno fino a lì, ma quei 40 metri finali e sconosciuti incombono come se fossero 1000.

Jason Kruk impegnato nella prima salita by fair means della cresta sud-est del Cerro Torre. Foto: Hayden Kennedy.

Il 15 gennaio 2012, Jason e io abbiamo lasciato il campo base alle 8 del mattino. Abbiamo salito lentamente i 300 metri iniziali di misto della cresta sud-est fino al Colle della Pazienza, cercando di conservare le energie per il resto della via. Siamo saliti in maglietta sotto un cielo perfettamente limpido, con una vista irreale sulla parete est, sentendoci piuttosto piccoli sotto quei giganti patagonici. Arrivati al colle con tutto il tempo per riposare, abbiamo montato la nostra tenda bivacco per sfuggire al caldo di mezzogiorno. Avevamo programmato di riposare al colle e di partire il più presto possibile sulla cresta vera e propria, per avere tutto il tempo necessario per affrontare il tratto finale. Con l’avanzare della giornata abbiamo preparato il materiale, non vedendo l’ora di iniziare a scalare.

Cerro Torre, parete est: (1) Maestri-Claus-Alimonta, 1970 e Bridwell-Brewer, 1979; 8″) Mabboni-Salvaterra, 1999; (3) Lama-Ortner, 2012; (4) Smith-Wharton, 2007; (5) Kennedy-Kruk, 2012; (6) Punto più alto della spedizione anglo-argentina del 1968; (7) Geisler-Kruk, 2011. Tracciati e info a cura di pataclimb.com. Foto: Rolando Garibotti.

Suona la sveglia e ci mettiamo a preparare il caffè. La notte è limpida, fredda e senza vento. Alle 2.30 comincio ad arrampicare, fissando per brevi tratti delle corde fisse, Jason le risalirà con le maniglie jumar. Mi piace arrampicare al buio, perché si vede solo ciò che la lampada frontale illumina e non si pensa ad altro. Ma con il sorgere del sole, la mente viaggia più in fretta e così anche la nostra velocità di salita.

Alle prime luci dell’alba ho appena finito di tirare una decina di lunghezze e ci troviamo alla base della variante Salvaterra, che evita il primo chiodo a pressione di Maestri (il traverso a chiodi a pressione di 90 metri) salendo una fantastica lama di granito in A1. La salita è veloce e i tre tiri successivi sono una meravigliosa arrampicata su questa parete ai confini del mondo. Con la vasta parete sud appena a sinistra, e l’altrettanto enorme parete est appena a destra, è uno dei luoghi più belli in cui io sia mai stato.

Ci fermiamo alla base delle Torri di ghiaccio per riorganizzarci. Jason prende il comando lungo il tratto di ghiaccio e terreno misto e progredisce in modo veloce, posizionando poco materiale e pochi ancoraggi. Dalle nostre precedenti scalate sappiamo che lui è il migliore tra noi due quando si tratta di ghiaccio e misto, mentre io sono più bravo su roccia. Il compito del capocordata è quello di far salire la corda il più velocemente possibile; il compito di chi segue è quello di salire con le jumar, recuperare i sacchi e occuparsi della corda.

Telefoto della parete terminale del Cerro Torre. A sinistra è il tracciato della variante Kennedy-Kruk; al centro l’itinerario di Mestri privato dei chiodi a pressione; a destra l’itinerario Lama-Ortner. Foto: Rolando Garibotti.

Verso la fine delle Torri di ghiaccio un’altra fila di chiodi a pressione porta alla base della parete terminale. Nel 2007 Josh Wharton e Zack Smith trovarono un tiro di ghiaccio che oggi batte tutti quelli che abbia mai visto nella mia vita di alpinista. È lungo ed esposto, con la mostruosa parete sud proprio sotto. Jason conduce il tiro piazzando solo una manciata di viti, mentre ammiro il gruppo del Fitz Roy nella luce del mattino.

Quando raggiungiamo la base della parete terminale alle 10 siamo pervasi di sacro fuoco. Vediamo la linea di chiodi a pressione che ha profanato questa straordinaria vetta. Guardando oltre ai chiodi, iniziamo a scalare utilizzando la naturale morfologia della roccia lungo la parete terminale. Lunghi sistemi di scaglie rendono l’arrampicata divertente e atletica, sempre emozionante. Conduco due tiri di 40 metri intorno al 5.11 fino a una cengia proprio al centro della parete. Da qui la fila di chiodi porta a una ripida sezione di roccia liscia. A questo punto Jason e io diamo inizio ad una nuova, nostra linea. Mi spingo verso sinistra su appigli e scaglie, siamo intorno al 5.11+. Questo tratto ci porta a una breve sezione di A1, e subito dopo raggiungiamo uno spit piazzato da Geisler l’anno scorso.

In piedi sui resti del compressore di Maestri. Lo strumento è ancora in loco. Foto: Hayden Kennedy.

Aggancio lo spit e faccio un pendolo, a dir il vero si tratta di un “king swing” verso il lato sinistro della parete. A questo punto ci troviamo su terreno vergine, sconosciuto. La qualità della roccia è cambiata, da sfaldata a sabbiosa. Una grande differenza. I due tiri successivi sono da fuori di testa: un’esposizione incredibile, un’arrampicata in parete di 5.11+ e brevi tratti di artificiale causa il ghiaccio che ottura le fessure. Raggiungo la sommità della parete terminale e urlo al vento. In quel momento il nostro sogno diventa realtà. Non ci rimane che raggiungere la vetta del fungo sommitale.

In cima al Cerro Torre siamo senza parole. Il Torre ha dato a me e a Jason molto di più di qualche foto di vetta, ci ha dato davvero molto di più.

Credo che tutti abbiano letto abbastanza su cosa decidemmo di fare lungo la discesa. Ci comportammo come avevamo deciso. Era quello che volevamo fare, fine della storia. Non c’è giusto o sbagliato in ciò che si è trasformato in una complicata controversia. L’alpinismo è una forma d’arte, quindi le persone possono interpretarla come vogliono. Abbiamo rimosso 120 spit di Maestri sulla parete finale nel tentativo di riportare il Cerro Torre a uno stato più naturale. Avevamo il diritto di togliere gli spit, così come Maestri aveva il diritto di metterli.

Hayden Kennedy e Jason Kruk in vetta al Cerro Torre, 12 gennaio 2016

Sommario
Area: Massiccio del Chalten, Patagonia argentina.
Ascensione: prima salita completa della cresta sud-est (via del Compressore) del Cerro Torre senza utilizzare neppure per protezione gli spit di Cesare Maestri, 16 gennaio 2012. Hayden Kennedy e Jason Kruk hanno salito quattro nuovi tiri (5.11+); per il resto hanno seguito la via del Compressore e le varianti aperte da Mauro Mabboni ed Ermanno Salvaterra nel 1999, da Zack Smith e Josh Wharton nel 2007 e da Chris Geisler e Kruk nel 2011 (la variante di Salvaterra segue i primi due tiri del tentativo angloamericano del 1968). Nella sua interezza, la via è ora nota semplicemente come Southeast Ridge. Durante la discesa, Kennedy e Kruk hanno rimosso 120 spit infissi da Maestri lungo la parete terminale.

Nota sull’autore
Hayden Kennedy, 22 anni, è cresciuto e vive a Carbondale, in Colorado, là dove ha effettuato la sua prima salita di più tiri, la Castleton Tower, all’età di 13 anni con suo padre Michael Kennedy. Quella salita ha dato il via a una passione che lo ha poi portato a scalare in quasi tutti i continenti. Il 7 ottobre 2017, sciando a Imp Peak (Montana), Kennedy e la fidanzata Inge Perkins furono travolti da una valanga. Solo Hayden sopravvisse, a dispetto degli sforzi che fece per salvare Inge. Sconvolto dal dolore, Hayden si suicidò il giorno dopo.

Per ulteriori dettagli, vedi: https://gognablog.sherpa-gate.com/la-schiodatura-della-maestri/

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By fair means ultima modifica: 2024-04-13T05:25:00+02:00 da GognaBlog

13 pensieri su “By fair means”

  1. Prima il gota dell alpinismo mondiale e andato in cerca di un chiodo che avvalorasse la versione di Maestri, e qui dove i chiodi erano facili da trovare……. 
    E tra l’ altro vorrei fare notare che tutti i campioni dell’arrampicata si allenano in palestre dove gli ancoraggi abbondano, e con tanto di rinvii anche lunghi in loco….. Andrebbero schiodate anche quelle?
    No vero?! Altrimenti si dovrebbe abbassare di 5/6 gradi il limite raggiunto!
    E il bello è che è stata assegnata una menzione speciale al piolet d’ or! In base a che? A quale grande impresa? 
    Se sono arrivati fin qui , anzi ,fin lì! Al Cerro, è grazie a chi è passato prima di loro! E se per raggiungere la “fama” si deve ancora speculare su Maestri , e peggio ancora rovinare un pezzo di storia ,una fila di chiodi sperduta nel nulla, be! 
    Chi si ricorderà più il nome di questi due atleti ( non alpinisti) che hanno brillato di una luce riflessa tra qualche anno?
    Maestri è e rimarrà ancora lì ancorato al Torre come il compressore!
    Rispettatelo! 

  2. Sono vecchio, ma certi ricordi indelebili nella mia mente non verranno mai cancellati, schiodare, ma perché fa parte della storia alpinistica, forse vecchio, incapace di capire le nuove tecniche?
    Ma che romanticismo altri tempi, altre storie, altre tecniche, altra attrezzatura, ma sempre in montagna si andava e in cima si cercava di arrivare, ciao a tutti voi un sentimentalità Enrico 

  3. Condivido  Mcenzo la storia non va profanata ma condivisa la cicatrice insegna, solo il tempo può cancellare comunque il segno non amo i tatuaggi nemmeno le scritte fanatiche, con fatica sopporto. Panta rei.

  4. Condivido Mcenzo il passato insegna non va cancellato. Lo sfregio è una cicatrice il tempo non rende giustizia scorre semplicemente ma solo lui è imparziale e giusto. 

  5. …Belle pagine davvero!Ci si immedesimava nei lontani guadi gelidi o entrando nella gabbia dei leoni…come vedi sono un sentimenalnostalgico pure io .
     

  6. @ Antonio
    .
    Sono un sentimentale e ho letto i libri del Cesare sulla prima , contesa , scoperta del bellissimo Cerro Torre , forse la montagna piu’ bella del mondo.
    Descriveva avventure , giornate di camion nella pampa patagonica , e questo gioiello che emergeva nascosto ai piu’ non troppo lontano dal Fitz Roy.
    Del Cesare hanno detto che si e’ inventato tutto , e Salvaterra ha detto di non avere trovato prove , io so solo che era un grande alpinista , forse impareggiato su roccia al suo tempo.
    La spedizione del 70 e’ stata molto meno romantica di quella del 59 , ma per me schiodargli la via e’ stato uno sfregio alla storia in cui hanno perso tutti.
     

  7. 6#EXPO
    …Tutti allora potevano farne a meno!Ma non hanno rinunciato a porre sigillo.
    Nemmeno noi qui, spettatori non paganti e scriventi.
    In questa vicenda di Cesari e Cesarini molto umana ,introversa e complessa vi sono aspetti intimi e dolorosi mai trapelati che sono per sempre scomparsi con i protagonisti, al contempo aspetti etico alpinistici mondiali (il Cerro è di tutti ,su cui si potrebbe parlarne e scrivere per ore )molto presenti e attuali.
    Jason e Chris sono stati il gesto e il braccio di generazioni di alpinisti però ignavi.
    Giusto o sbagliato è alla pari dell’ uso o meno del compressorone ed è secondario o anche meno. 
     
     

  8. Non mi è mai piaciuto quel modo di forzare una parete. Sono contenta che i chiodi a pressione siano stati rimossi esattamente come lo sono quando il vento si porta via una croce di vetta. 
    NB. I chiodi a pressione sono un mezzo di progressione, non di sicurezza 

  9.  
    E parte della storia dell alpinismo, perché distruggerla?
    Vale per le croci di vetta, per i sentieri o le ferrate, vale per le statue gli obelischi , vale per tutti quei ” simboli” passati di moda, o riletti con gli occhi analitici del presente.
    Non se ne facciano di nuovi, ma distruggere la storia non e un gesto nobile.

  10. Voglia non si voglia se si vuole raccontare qualche cosa bisogna sempre tornare al Cesare ogni disquisizione è inutile paragonare una via di 50 anni fa quando persino lo stesso Torre è un’altra cosa

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