CAI Eagle Team

Pensato dall’alpinista Matteo Della Bordella e dal Club Alpino Italiano, il progetto dà la possibilità a dodici giovani alpinisti di partecipare, tra aprile 2023 e dicembre 2024, a un programma formativo per sviluppare le proprie conoscenze tecniche e il proprio patrimonio culturale. Sei di loro faranno parte della spedizione in Patagonia del febbraio 2025 insieme a Della Bordella. Selezione su base curricolare e mediante un test delle capacità alpinistiche, partecipazione gratuita. “CAI Eagle Team” è finanziato interamente dal Club Alpino Italiano.

CAI Eagle Team
(alpinismo di alto livello per giovani talenti)
a cura della Redazione de loscarpone.cai.it
(pubblicato su loscarpone.cai.it il 10 febbraio 2023)

Trasmettere ai giovani le conoscenze tecniche e il patrimonio culturale fondamentali per chiunque ambisca a diventare interprete dell’alpinismo moderno. Promuovere lo sviluppo della pratica alpinistica tra i più giovani, offrendo a un selezionato gruppo di talenti l’opportunità di potersi esprimere al massimo, sulle difficoltà più elevate e sulle montagne più belle al mondo.

Matteo Della Bordella. © Archivio Matteo Della Bordella

Dodici alpinisti tra i 18 e i 28 anni
Questi gli obiettivi del “CAI Eagle Team”, progetto pensato dall’alpinista Matteo Della Bordella insieme al Club Alpino Italiano e al Club Alpino Accademico Italiano (Sezione nazionale che riunisce i Soci CAI che hanno svolto attività alpinistica dilettantistica di particolare rilievo e intensità), che intende selezionare dodici giovani (ragazze e ragazzi) tra i 18 e i 28 anni, offrendo loro l’opportunità di sviluppare il talento alpinistico grazie a un programma pensato per una crescita di alto livello, con tutor selezionati tra i migliori alpinisti italiani e internazionali.
Lo scopo finale? Diventare degli ottimi alpinisti, ma anche guadagnarsi il proprio posto nel gruppo che parteciperà alla spedizione alpinistica internazionale 2025 finanziata dal Club Alpino Italiano in Patagonia, insieme a Matteo Della Bordella e altri due esperti alpinisti.

«Con questo progetto il Club alpino italiano vuole tornare a essere protagonista dell’alpinismo di punta, e lo fa partendo dai giovani più promettenti, puntando ad un percorso di crescita che ha come base i valori che da sempre ci contraddistinguono», afferma Antonio Montani, Presidente generale del CAI. «Sono contento di condividere questo percorso con Matteo Della Bordella, non solo perché è uno dei più forti e talentuosi alpinisti nel panorama italiano, ma soprattutto perché incarna quei valori di esplorazione, solidarietà, sostenibilità e attenzione all’ambiente che da sempre appartengono al CAI e che vorremmo trasmettere alle nuove generazioni. “CAI Eagle Team” può rappresentare un importante spot dell’alpinismo di alto livello praticato dai giovani, invogliando così altri giovani a provare a cimentarsi con una pratica in grado di immergere totalmente nell’ambiente naturale delle alte quote».

«Dare la possibilità a dei giovani di concentrarsi davvero sull’alpinismo di alto livello è il nocciolo di questa avventura», sostiene Mauro Penasa, Presidente del Club Alpino Accademico. «Da tempo ci lamentiamo della crisi di vocazione alpinistica, senza riuscire a mutare la tendenza che sposta l’interesse degli appassionati verso attività più vicine allo sport. Così, chi arriva alla montagna, perché prima o poi ci si arriva, è in media ben preparato dal punto di vista tecnico, ma spesso è ormai tutt’altro che giovane. Come conseguenza il nostro Club, l’Accademico, sta invecchiando inesorabilmente. Il “CAI Eagle Team” è quindi un’occasione da non perdere per portare su terreni di avventura ragazzi di buon livello sotto i 30 anni. Il suo atto finale, la spedizione, sarà per i partecipanti occasione di prendere confidenza con la realtà extraeuropea, di difficile approccio per un giovane, e verificare così la solidità delle consapevolezze acquisite durante il percorso di crescita».

«Sono veramente contento di vedere un progetto come questo prendere forma in Italia, in seno al Club alpino italiano», commenta Matteo Della Bordella. «Non vedo l’ora di iniziare. Abbiamo molti giovani talenti che si muovono su vie dure e difficili in cerca della loro strada futura. Grazie al “CAI Eagle Team” spero di riuscire a scovare alcuni di questi giovani e di aiutarli a crescere attraverso la loro passione. Loro rappresentano il futuro per questa attività, tanto bella quanto assurda, che è l’alpinismo. Sono anni che ascolto i racconti del mio amico Silvan Schüpbach, che in Svizzera porta avanti un percorso simile per il Club alpino svizzero, e mi sono sempre detto che sarebbe stato bello riuscire a farlo anche in Italia. Essere oggi qui insieme al CAI rappresenta un segnale importante, oltre a un’opportunità per tanti ragazzi e ragazze».

Da sinistra: Della Bordella (in video), Montani e Penasa. © CAI

Sei settimane di formazione, poi la Patagonia
Finanziato dal Club alpino italiano e gestito da Matteo Della Bordella (appartenente ai Ragni di Lecco e Accademico del CAI), il progetto “CAI Eagle Team prevede”, tra aprile 2023 e dicembre 2024, sei settimane di attività in varie zone delle Alpi (dalla Grigna alle Dolomiti, dal Monte Bianco alla Valle Orco, fino ad arrivare all’Oberland Bernese), incentrate sull’arrampicata (su roccia, su ghiaccio e misto, in fessura), sull’alpinismo e sull’eventuale apertura di una via. Il tutto per trasmettere ai partecipanti le conoscenze tecniche e il patrimonio culturale fondamentali per ogni interprete dell’alpinismo moderno.
Al termine delle settimane, verranno selezionati, sulla base della valutazione delle capacità tecnico/alpinistiche, caratteriali e logistiche, i componenti della spedizione extraeuropea. Sei i giovani (ragazze e ragazzi) che potranno accedervi, con l’obiettivo di compiere salite di prestigio in Patagonia nel febbraio 2025.

Ciascuna delle sei settimane prevede incontri teorici da affiancare alla pratica della specifica attività prevista, oltre a momenti di approfondimento di natura storico/culturale e su temi di ampio respiro come la gestione del rischio e della sicurezza, e a un focus sul legame tra alpinismo e comunicazione, elemento sempre più importante per chi oggi vuole svolgere attività di alto livello.
Le sei settimane vedranno l’intervento, oltre che di Matteo Della Bordella, di alcuni dei migliori alpinisti italiani e internazionali, mentre i momenti sulla storia e sulla cultura saranno affidati a giornalisti, scrittori, storici e a personaggi di spicco dell’alpinismo.

I dodici partecipanti saranno selezionati su base curricolare e mediante un test delle capacità alpinistiche della durata di due giorni, in programma a fine marzo 2023 in Piemonte, in Val D’Ossola.
Gli interessati possono trovare tutte le informazioni per inviare la candidatura nella sezione apposita del sito cai.it
Per iscriversi c’è tempo fino al 15 marzo 2023.

Matteo Della Bordella in Patagonia. © Archivio Matteo Della Bordella.

Costi
Il progetto è finanziato per la sua interezza dal Club Alpino Italiano che, insieme al Club Alpino Accademico, crede fortemente nell’importanza di offrire un’opportunità alle nuove generazioni, perché possano avere i mezzi attraverso cui mostrare e sviluppare il proprio talento.
Il percorso formativo non prevede costi vivi per i partecipanti, salvo quelli relativi al viaggio per raggiungere le diverse località di svolgimento delle settimane. Allo stesso modo, anche per la spedizione non vi saranno costi fissi a carico degli stessi.
I dodici partecipanti alle settimane, come i sei ammessi alla spedizione, saranno però tenuti al tesseramento CAI e alla stipula dell’assicurazione in attività personale che il CAI mette a disposizione dei soci, nonché all’assicurazione per attività extra europea per il periodo della spedizione.
Il progetto “CAI Eagle Team” rappresenta quindi un’esperienza e un’opportunità unica nel suo genere.

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CAI Eagle Team ultima modifica: 2023-02-14T05:33:00+01:00 da GognaBlog

23 pensieri su “CAI Eagle Team”

  1. Lo sa il CAI, il presidente del CAI che i suoi istruttori, usano per i corsi la propria attrezzatura?!?!?
    Lo sa, oppure no???
     
     

  2. Al 20) Benassi sviluppa un argomento a me caro. Spendiamo cifre importanti per il Soccorso ma per la prevenzione ( scuole) poco a nulla. Il livello e l’impegno e la competenza  richiesta agli istruttori è sempre maggiore ma riconoscimento manco a parlarne. E si badi bene non mi riferisco ad una forma di retribuzione; mi riferisco alle spese vive x aggiornamento, attrezzatura, sviluppo che non viene in nessun modo riconosciuto, o solo marginalmente, ma lasciato a carico dei singoli.

  3. Pare che il CAI per non smentirsi mai abbia fatto come suo solito, ovvero affidando un incarico retribuito (essendo un professionista il Dallabordella di certo non lo farà gratis) senza fare nessuna gara d’appalto come credo invece vada fatto.
    Conosco alcune guide e già serpeggia al loro interno un certo malcontento che serve solo a gettare benzina sul fuoco nei rapporti già delicati tra loro e il Sodalizio.
    Avrebbero potuto concorrere altri professionisti di alto livello alpinistico, che in Italia di certo non mancano. A quanto mi risulta nelle nazioni europee in cui esiste una squadra di giovani alpinisti, quest’ultima è allenata e seguita da una guida alpina, cosa che Dallabordella non mi pare essere. Nell’albo delle guide alpine lombarde non compare il suo nome.
    Accompagnando giovani alpinisti in ascensioni anche impegnative mi domando a che titolo verrà retribuito, visto che per legge è materia riservata ai soli alpinisti in possesso del titolo di guida alpina.
    Per quanto riguarda i conti, dovrebbero essere resi pubblici, secondo la normativa sulla trasparenza. 

  4. Ci sono soldi da spendere? Ricordo al Cai che ci sono le scuole. Sono sue!!!
    Spesso e volentieri  gli istruttori si rumano in tasca!!!

  5. Riva. I 6milioni mi pare siano il contributo statale. Cosa c’entra con la valutazione di un singolo investimento? Il fatto che un ente abbia dei soldi pubblici non significa che non debba spenderli bene. Attenzione, non sto dicendo che sono spesi male. Possono essere un buon investimento in relazione agli obiettivi.  Stavo cercando solo di capirne la portata e di far presente che nella valutazione futura va considerata anche la dimensione economica. Portare aria nuova nella gestione significa anche questo. 

  6. Pasini: 6.000.000 di € per ognuno degli anni 2023, 2024 e 2025. Basteranno per coprire questa e altre iniziative?

  7. Obiettivi/costi/risultati: gli elementi chiave per valutare tra uno/due anni. Ma a quanto ammonta l’investimento per realizzare questo progetto? Qualcuno ha qualche idea? Io ho provato a fare una stima ma con parametri di altri ambienti: 2 gg selezione+42 giorni formazione residenziale per 12 partecipanti + viaggio e spedizione in Patagoni per 6 partecipanti+ coordinamento, docenza, testimonianze, spese promozionali…Direi tra i 100.000/150.000 € ma non sono sicuro delle stime, in particolare della parte che riguarda la Patagonia. 

  8. Matte, l’opportunità per un giovane è innegabile questo posso solo ammetterlo. Sarà  che io ormai sono anziano, sarà che sono sempre stato scarso, ma non ho mai pensato di trasformare la mia passione per l’alpinismo in una professione. Non è avercela con le G. A. tanto di rispetto, visto anche l’impegno per diventarlo,  o con chi, pur non essendo G.A.,  vive di alpinismo a son di sponsor. La mia  è solo una visione diversa.
    Emulazione:   tecnica, cultura, rispetto dell’ambiente, alpinismo leggero pulito  non invasivo, visione, ect. tutti valori da emulare , da acquisire da chi te li suggerisce con il suo esempio. Ma se l’emulazione è diventare, per professione uno sponsorizzato, sinceramente non mi sembra una buona cosa.

    tanta emulazione.che e’ poi quello che tu fai naturalmente con i giovani versiliesi, no ?

    Sono stato fonte di emulazione?  Non credo, ho solo cercato di trasmettere un certo modo di vedere l’alpinismo. Spero che mi avranno ascoltato con spirito critico, senza prendermi per oro colato.
    Quanto ai professionisti dentro l’accademico, per me sono figure fuori posto perchè sono una contraddizione dello spirito con il quale l’accademico è stato fondato. Non è al passo con i tempi? Sicuramente.

  9. Dico la mia (sotto il solito anonimato che indigna le anime belle del web 2.0…che continuano a non capire come questo aiuti a dar importanza ai contenuti e non al nome di chi li afferma).

    Albe’ !  :-)per una volta che il CAI fa un’azione in favore dell’alpinismo, cerchiamo di vedere le buone cose e non solo i difetti (e ce ne sono).
    Questa sorta di gruppo d’élite, assomiglia molto a quanto fanno già’ qui in francia da più di 20 anni (e più’ recentemente in svizzera, austria, spagna, UK, new zeland, etc.):forma gente di alto livello.
    Ovviamente tanti di questi finiranno a fare la guida alpina, o il professionista a vario titolo…e come dicono alcuni, ”non serviranno l’azienda che li ha formati”vero ? ”ni”importante ? mah…se queste iniziative promuovono un certo tipo alpinismo (tecnico, in stile alpino, pulito, lontano dai soliti luoghi), per me è un’ottima cosa indipendentemente dal lavoro futuro dei prossimi ighel-timmini…  almeno qui tra i mangiarane creano un certo spirito di emulazione…hanno finalmente messo in sordina il vecchio mito di ”fast (but not too hard)”, e rivalutato un alpinismo, leggero sì, ma che richiede il tempo che ci vuole per fare salite altrimenti impensabili di corsa.
    Per completare il tutto, e creare un vero effetto di emulazione/percolazione nel resto dei praticanti, ci vorrebbero dei gruppi intermedi, che farebbero il link tra ”la nazionale” e i peones dei corsi CAI.
    Qui in francia ne esistono, uno per provincia, gestiti da un misto di guide e volontari CAF (che vanno d’amore e d’accordo !!): sempre 2 anni di stage ma con obbiettivi solo alpini e meno ambiziosi dei gruppi d’élite. Creano un bel numero di ”bravi alpinisti”, che ingrossano si le file delle future GA (che problema c’e’?) ma che generano anche sezioni CAF con tanti giovani, in attività, e su un certo tipo di alpinismo. Insomma, tanta emulazione.

    Che e’ poi quello che tu fai naturalmente con i giovani versiliesi, no ?
    Magari ora parte il gruppo d’élite…e poi forse il CAI metterà i soldi anche per fare un gruppetto per regione. Insomma, almeno s’inizia.

    Sul problema del CAAI vetusto.
    Soffre, come soffrono tante associazioni in un mondo dove la socialità si fa in modi diversi. Soffre dello stesso problema anche il GHM francese, nonostante accetti da tantissimo tempo anche le guide (e quindi tanti dei giovani che si rivolgono al mestiere e che il CAAI, simpatico/antipatico, attraente/repulsivo che sia, si perde a priori). Un tempo riuniva gente con lo stesso interesse. Ora la gente si incontra più facilmente usando i pollici. Cosa rimane quindi del CAAI oltre alla ”medaglia postuma”? Rimane appunto il poter promuovere un certo tipo di alpinismo…aprendo i convegni e le pubblicazioni all’esterno, e rendendoli/e meno autoreferenziali, organizzando meeting e incontri…e dando il proprio appoggio a iniziative come questa (che avranno i loro difetti, ma che andranno valutate su come verranno effettivamente messa in atto e sui risultati).
    Ultimo e mi cheto ;): il tema ”alpinismo e professione” (parafrasando PA), tanto caro al Cominetti. Certo, la guida alpina è ”il mestiere più bello del mondo” ma:
    1) non tutte le guide alpine esercitano il mestiere più bello del mondo,tante fanno la ”guida alimentare”, che farà sognare alcuni più di condurre un bus a milano…ma non tutti;
    2) non tutti i bravi alpinisti ambiscono a lavorare come guide, ne nella versione ”più bella del mondo”, ne in quella ”alimentare”. Cominetti, devi sapere che esistono tanti altri lavori al mondo che danno tante soddisfazioni. E se hanno il difetto di essere quell’incubo che Donini chiamava ”office work”, sono in compenso molto più stimolanti da un punto di vista intellettuale…(io non sono nessuno, ma Welfringer potrebbe facilmente vivere di sole sponsorizzazioni. invece continua a lavorare a MeteoFrance…perché gli piace!);
    3) tanti amici son diventati guide, alcuni per passione, altri perché in quel paese per vecchi che è la (vostra) italia tanti lavori intellettualmente stimolanti sono o scomparsi, o son pagati come un tempo un tecnico/segretaria. e dopo anni di studi fatti con passione, qualche anno di tentativi…tirar su ”cani morti” per la normale di montarozzi diventa più interessante del lavoro sotto-pagato, sotto-qualificato. ragion per cui un giovane di oggi, appena diventa bravino, va ai corsi guida…che va di pari passo con la visione lungimirante dei (vostri) governanti (attuali e passati): mezza Italia pulisce il culo a’ vecchi, vell’altra mezza serve pizze o corde a’ turisti. de gustibus…vabbe’, son stato caricaturale…perdonateme 🙂
    4) o semplicemente uno non ha voglia di mischiare il proprio divertissement verticale, col lavoro(per poi ritrovarsi, quando lavoro e famiglia chiedon di più, con un’attività  ridotta all’osso…e quindi qui frustrato a scrivere;) )in ogni caso queste contrapposizioni GA Vs amateurs, mi sembrano a dir poco antediluvianese l’importante e’ andar per monti in un certo modo, perché dare importanza al lavoro che uno fa per campare?

  10. Benassi. Viene detto che prepara alla “professione di Guida alpina e alla sponsorizzazione di marchi commerciali”. Il rischio pratico di molti programmi di questo tipo è quello di sviluppare a proprie spese risorse che poi escono dall’organizzazione e vanno a lavorare per la “concorrenza”. L’ho visto un sacco di volte nei programmi aziendali per “top talent” e simili.

  11. Illustrissimo sig Penasa
    la pacatezzezza della sua lettera e la lucidità della sua analisi non riescono a nascodere una certa qual mestizia. E’ evidente a tutti che il progetto nasce con l’obiettivo di dare una nuova “immagine” al CAI e che i giovani che ne saranno coinvolti ambiranno ad un ritorno professionale del loro impegno e forse per riconoscenza accetteranno di far parte del CAAI.
     
    Ricercare e utilizzare risorse esterne al sodalizio è uno smacco per tutto il sodalizio: è manifestare una evidente incompetenza e incapacità proprio sul terreno che si vuole promuovere: l’alpinismo. Il sotto testo è: vuoi fare belle cose in montagna? Non andare al CAI.
     
     

  12. Non volevo fare altri interventi, ma visto che scrive Penasa, ho cambiato idea.
    Scrive Penasa:

    2-Si tratta di formare dei “professionisti”. Certo, ma ditemi chi può essere al vertice dell’alpinismo di oggi senza la possibilità di andare in montagna ogni giorno, il che ne fa in qualche modo un professionista. Quindi questo punto l’ho in qualche modo rimosso. Inoltre nell’alpinismo di Matteo Della Bordella vedo una ricerca etica avanzata, e sono certo che saprà trasferire questa mentalità ai partecipanti.3-La nostra attività si sviluppa nel mondo del volontariato. Questo progetto no, e qui viene fuori ogni tipo di malumore, che a volte traspare nel tono di certe comunicazioni che girano, non solo sul Blog di Alessandro, e che va trattato con delicatezza. Devo però dire che, considerato l’obiettivo alquanto ambizioso, non vedo alcuna altra possibilità che coinvolgere GA di alto livello, che vanno ovviamente retribuite.

    Sicuramente per un giovane è un’opportunità, ma sinceramente non capisco il senso di tutto questo. Ovvero, un pò  purtroppo credo di capirlo, ma non lo condivido. Mi sembra che venga negato totalmente lo spirito originario di queste istituzioni.
    E’ compito del CAI e del CAAI formare dei professionisti?
    Non credo. Il CAI attraverso le sue scuole, con istruttori volontari, che non lo fanno per lavoro, ma per passione,  NON PAGATI, sacrificado il proprio tempo libero, prendendosi mille responsabilità, morali e legali, da una buona preparazione di base tenica e culturale. Sta poi ai singoli  sviluppare e progredire in base alla propria passione, come tutti noi abbiamo fatto fino ad oggi.

    Mi auguro che saremo in grado di selezionare 12 giovani promettenti che di sicuro non deluderanno le aspettative.

    Qui mi pare una rappresentazione di tipo militare. Cosa vuol fare il CAI, progettare crearsi una squadra di alpinisti selezionati di rango estremo, da preparare, allenare e sovvenzionare,  come quando c’era l’unione sovietica?
    Sinceramente sono molto perplesso se non deluso.

  13. Sono Mauro Penasa, attuale presidente del CAAI…
    Quando il Presidente Generale del CAI, Antonio Montani, ci ha coinvolto nella gestione di questo progetto, ho accettato con un certo entusiasmo ma non senza qualche patema.
    Da tempo nel CAAI lamentiamo carenze di vocazione alpinistica, senza peraltro essere mai stati capaci di un intervento stutturato che vada al di là di meeting di scalata, occasionali o anche ricorrenti ma sempre molto localizzati. Ora, l’Eagle Team è un progetto indirizzato a giovani di buon livello per consentire loro di avvicinarsi in tempi relativamente brevi ai vertici dell’alpinismo. Vertici che raggiungerebbero probabilmente lo stesso, solo con qualche anno di ritardo. I giovani alpinisti che verranno coinvolti avranno l’opportunità di incontrare personaggi di alto livello tecnico e di sviluppare una consapevolezza delle proprie capacità in un tempo relativamente breve. Ma dovranno comunque trovare la loro strada e dimostrare nel tempo la loro crescita. Il risultato si misurerà in salite, e il futuro potrà portarli alla professione di GA, alla sponsorizzazione di marchi industriali, se ci sarà margine potranno diventare Accademici, non vedo sinceramente il problema che sembra  assillare tanto Marcello Cominetti.
    Capisco invece altri tipi di obiezione.
    1-Vengono dedicate molte risorse per un numero ristretto di alpinisti. Di certo il fattore immagine non è fuori dagli obiettivi del CAI, formare dei top player dà sicuramente risultati più immediati che non impelagarsi negli scambi culturali tra istruttori alpini e appenninici. Però, perché questi risultati siano anche duraturi occorrerà nel tempo organizzare delle attività ad uno step intermedio, dedicate anche all’alpinista medio, all’istruttore delle Scuole. Nel progetto Eagle Team sono previsti tre meeting a mettere in contatto i partecipanti con i giovani istruttori delle Scuole di Alpinismo. Un’iniziativa da potenziare.
    2-Si tratta di formare dei “professionisti”. Certo, ma ditemi chi può essere al vertice dell’alpinismo di oggi senza la possibilità di andare in montagna ogni giorno, il che ne fa in qualche modo un professionista. Quindi questo punto l’ho in qualche modo rimosso. Inoltre nell’alpinismo di Matteo Della Bordella vedo una ricerca etica avanzata, e sono certo che saprà trasferire questa mentalità ai partecipanti.
    3-La nostra attività si sviluppa nel mondo del volontariato. Questo progetto no, e qui viene fuori ogni tipo di malumore, che a volte traspare nel tono di certe comunicazioni che girano, non solo sul Blog di Alessandro, e che va trattato con delicatezza. Devo però dire che, considerato l’obiettivo alquanto ambizioso, non vedo alcuna altra possibilità che coinvolgere GA di alto livello, che vanno ovviamente retribuite.
    Concludendo, spero sinceramente che quando si tratterà di scalare montagne ogni dubbio e malumore sparirà, come sempre avviene. Mi auguro che saremo in grado di selezionare 12 giovani promettenti che di sicuro non deluderanno le aspettative. Dopo il progetto spero davvero che i partecipanti all’Eagle Team sapranno spiccare il volo verso un futuro luminoso, con la consapevolezza di aver avuto l’occasione di partecipare ad una grande irripetibile avventura.
    Mauro Penasa – presidente generale CAAI

  14. Tanto Romantico quanto velleitario.
    I giovani bravi e forti  se arrampicano fanno gli sportivi, se scalano ambiscono a diventare guide. Se non sono guide,  come dalla bordella, diventano delle star dell’outdoor sistem e lavorano per i marchi industriali. Possono essere cooptati nel CAAI ma solo per lustro di una istituzione a dir poco ar cai ca.
    Sara interessante vedere la carriera futura di questi giovani 

  15. Con la differenza che starsene lassù magari gli da gioia esattamente come può darla condurre l’autobus nel centro di Milano.

    Ma quando mai!!!
    Caso mai tanti moccoli e vaffa…

  16. Fare la guida vuol dire vivere di alpinismo. Se quella è la tua passione, rende felici.
    Non credo che i giovani che parteciperanno a questo progetto lo faranno per diventare bravi alpinisti. Visto che c’è una selezione che avrà come requisito l’esserlo già. 
    Chi fa la Gnifetti tutti i giorni è un lavoratore come un altro. Con la differenza che starsene lassù magari gli da gioia esattamente come può darla condurre l’autobus nel centro di Milano. È questione di gusti e tutti andrebbero rispettati.
     
    (Teo hai rotto il cazzo con questo anonimato da sfigato)

  17. Si può anche aspirare a diventare un buon alpinista, se non ottimo, per il puro piacere personale di fare del grande alpinismo. Per la sola passione e non per farne un lavoro.
    Non credo che per tutti valga il principio che si è fortunati a fare della propria passione il proprio lavoro.
    Armando Aste è stato un grande alpinista, ma ha fatto sempre l’operaio.
    Detto questo, è anche vero che uno come Della Bordella, pur non essendo una guida alpina è un professionista della montagna.

  18. Cominetti, guarda che c’è gente che non vede solo un business nell’andare in montagna. Essere guida non significa essere nel Gotha dell’Alpinismo, anzi mi sembra che diventare  guida spesso sia paragonabile ad andare a vendere mobili all’Ikea, visto il numero di normali alla Gnifetti che fanno le guide per campare… Della Bordella non è una guida infatti. E mi stupisco come Cominetti non abbia già sbraitato sul fatto che, come presumo, non farà tutto questo gratuitamente ma riceverà un compenso..se non è guida, come farà?

  19. L’iniziativa è senz’altro lodevole. Qualche decennio fa avevo proposto al Cai centrale la stessa cosa e neppure avevo ricevuto risposta. Tanto per dire che i tempi sono cambiati… Nel Cai tutto avviene in maniera ritardata. Ricordo che nella Cronaca Alpinistica su La Rivista uscivano notizie vecchie di mesi e spacciate per novità… limiti del volontariato (anche quando certi incarichi sono regolarmente retribuiti, ma lasciamo perdere) mi sono sempre detto.
    Essendo convinto dell’odierna inutilità dell’esistenza di un Caai a cui nessun giovane o quasi, ambisce ad appartenere,  mi chiedo cosa mai faranno questi giovani che il buon Matteo DallaBordella e C. formerà.
    Il Cai potrebbe impazzire se questi ultimi, per la maggior parte, ambiranno a divenire guide alpine, come sarà normale che accada.  Dico questo perché non credo proprio che un giovane capace che abbia accesso a questa esperienza, voglia dopo diventare istruttore Cai o membro dell’accademico. 
    Sarebbe come fare studiare architettura a un giovane estroso e talentuoso e poi metterlo a lavorare gratis all’Ikea dove si dispensano consigli su come comporre il salotto o la camera da letto dei bambini,  quando non il cesso. 
    Qualche fenomeno diventerà un alpinista professionista come Matteo ma credo che il 99% vorrà diventare guida alpina, sempre che Eagle team preveda anche un’esigente parte dedicata allo sci di montagna. 
    Pur considerando Dalla Bordella (che ho il piacere di conoscere personalmente) un super alpinista e una persona in gamba, vedo nel progetto una autoreferenzialità di tipo militare che mi ricorda i tempi in cui ero ufficiale degli Alpini. Essendo un alpinista potevo chiedere si miei superiori qualsiasi cosa perché il prestigio per il corpo di avere al suo interno alpinisti capaci era immenso, e quindi…
    Ma oggi i tempi sono cambiati.
    Almeno così mi sembra.
    In ogni caso auguro al progetto e a chi vi parteciperà la massima soddisfazione e divertimento!

  20. Sono molto scettico su queste iniziative “di punta”, “d’eccellenza”, “d’alto livello”. Sinceramente mi pare una trovata per fare notizia, buona per qualche post da lanciare sui social. Più interessante il gruppo di lavoro dedicato ai giovani, ma per quello serve tempo, impegno e meno protagonismo, che ho sempre ritenuto uno dei problemi del Cai.

  21. Ottima iniziativa, sintomo di una gestione attuale del CAI tutt’altro che “ferma” e “retrograda”, fin dal vertici apicali del Sodalizio: se, nel CAI di oggi, qualcosa si muove, significa che “lassù” si è quanto meno concordi, se non addirittura il motore delle novità. Abbiamo un Club “vivo”, fin dalla testa, il che è sicuramente preferibile all’ipotesi di un Club “decapitato”.
     
    Ciò premesso, a voler spaccare il capello in quattro, sull’iniziativa specifica ci sta qualche piccolo appunto personale. Per le sue caratteristiche qualitative molto elevate (spedizioni, performance, impegno di tempo e di energie…), questa è un’iniziativa più da CAAI che da CAI e in effetti l’Accademico è già coinvolto. Probabilmente questo è il primo passo sull’argomento e quindi si è mosso il Sodalizio nella sua interezza (e con il “peso” dei vertici), ma prospetticamente iniziative di questa natura dovrebbero essere appannaggio del solo CAAI. Idea che avevo già espresso nei passati dibattiti anche sul Gogna Blog e che può sicuramente potrà rivelarsi come uno dei volani per rivitalizzare il CAAI. Infatti i giovani che partecipano con merito a iniziative del genere accumulano mentalità e formazione che li rendono “pronti” per l’Accademico, il che ringiovanirebbe significativamente il CAAI.
     
    A mio parere l’obiettivo del CAI (cioè del club di base) deve essere leggermente diverso. E’ un bene instillare la mentalità “alpinistica” nei giovani soci, al fine di far tornare la barra del timone verso un CAI che sia di nuovo il “club degli alpinisti”, ma occorre farlo in modo coerente con le esigenze del CAI, in quanto club di base e non club di punta (questo è il CAAI).
     
    Infatti il CAI nella sua interezza non è e non deve essere il CAAI. Possiamo sintetizzare la differenza in termini “aziendalistici”, sottolineando che il CAI è la “produzione di serie”, mentre il CAAI è la “squadra corse”. FIAT e Ferrari per capirci, e ognuno deve avere il suo ambito istituzionale. La FIAT produce dalla semplicissima Panda fino alla tranquilla berlina famigliare, la Ferrari “deve” correre per vincere (al momento non ci riesce tanto, ma questo è un altro discorso…).
     
    Quindi il CAI (=produzione di serie) dovrebbe concentrarsi su iniziative, sempre “alpinistiche”, ma meno elitarie in termini tecnici, anche se altrettanto importanti per il numero di giovani/e coinvolti. Per esempio iniziative che consentano la reciproca conoscenza, e quindi la reciproca “inclusione”, ai giovani soci CAI (sia m che f) di regioni e realtà diverse (es del Sud con quelli del Nord, attraverso raduni, stage, traversate da rifugio a rifugio organizzati in modalità “scambio” fra Alpi e Appennini).
     
    Inoltre, grazie agli oltre 10.000 istruttori titolati CAI e credo si vada oltre i 15.000 contando anche gli istruttori sezionali (ovviamente stiamo parlando di istruttori nel diverse discipline), si possono ipotizzare delle iniziative (a partecipazione “spontanea” ma anche “spintanea”…), che, oltre a mescolare fra loro giovani di regioni e realtà diverse, mescolino tali giovani con soci di generazioni anagraficamente diverse, in modo tale da ottenere quella “inclusione” che sembra essere il mantra istituzionale del momento (e che, a parere personale, se perseguita come obiettivo a sé, difficilmente si realizza).
     
    In conclusione: vivissimi complimenti al CAI (a cominciare dal vertice massimo) per l’iniziativa varata, con suggerimento però di estenderla (adeguandola nelle caratteristiche) anche ai giovani soci che non siano dotati del talento oggi richiesto per partecipare a questa iniziativa. 

  22. Bella iniziativa!Condivisione strutturata di esperienze per la continuità di un certo ideale di alpinismo.

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