E’ appena stato pubblicato il rapporto della TAM (Commissione Tutela Ambiente Montano del CAI) al riguardo delle stazioni sciistiche, con particolare attenzione all’espansione e alla gestione di queste nei confronti della diversificazione delle attività sportive invernali. Il documento è importante e meritoriamente fermo nel descrivere e condannare la situazione attuale e nell’indicare alcune possibili soluzioni. Alcuni punti, a nostro avviso, avrebbero richiesto una documentazione ancora più puntigliosa.
Cambiamenti climatici, neve, industria dello sci – 1
(Analisi del contesto, prospettive e proposte)
a cura della Commissione Tutela Ambiente Montano del CAI
(in rosso le Note della Redazione di GognaBlog)
1. Introduzione
Le recenti proposte di ampliamento di diverse stazioni sciistiche alpine (Via Lattea, Cime Bianche, Alpe Devero, Ortler-Ronda, Val Pusteria, Comelico, Cortina, Cervinia, ecc.) e appenniniche (Terminillo, Monte Acuto, Ovindoli, Prati di Tivo, ecc.) sono basate su ingenti investimenti e su previsioni di incremento della frequentazione turistica, dei fatturati per le imprese e dei redditi per le popolazioni locali.
Tuttavia, si pongono numerose domande sull’effettiva razionalità di tali investimenti, in relazione alle reali prospettive di mercato dell’economia sciistica, all’evoluzione dei redditi locali, al ritorno finanziario, alle conseguenze ambientali e al riscaldamento del clima. In particolare, gli ampliamenti dovrebbero occupare in molti casi aree intatte dal punto di vista ambientale, spesso tutelate dalla legislazione europea o nazionale.
Inoltre, è necessario chiedersi se le somme da investire, quasi sempre con la partecipazione di danaro pubblico, non produrrebbero uguali o maggiori benefici per le comunità locali se impiegate in attività diverse dallo sci da discesa.
La risposta a tali questioni dovrebbe informare sia le Istituzioni locali e nazionali responsabili dei piani strategici di sviluppo, sia la posizione e le azioni del Club Alpino Italiano, quando confrontato a progetti economici o infrastrutturali nelle aree montane (NdR1).
Tra l’altro, la posizione dei Club Alpini dei paesi limitrofi nei confronti delle nuove infrastrutturazioni in zona montana è chiarissima, ferma e unanime:
• Il Club Alpino Austriaco (ÖAV) ha già preso una posizione molto determinata in difesa delle aree naturali minacciate dall’ampliamento dei comprensori sciistici (1). Nel sito ufficiale si legge: “Il Club Alpino Austriaco sta concentrando tutti i suoi sforzi per impedire l’ampliamento del carosello sciistico alpino verso ulteriori aree naturali intatte (2)”.
• Analogamente, il Club Alpino Svizzero (SAC-CAS) dichiara, in relazione agli impianti di risalita (3): “Il Club Alpino Svizzero assume una posizione critica verso il (loro) potenziamento e rifiuta nuovi sviluppi ed estensioni in aree intatte (4)“.
• Parimenti, “il Club Alpino Tedesco (DAB) rifiuta l’ampliamento di infrastrutture turistiche nella regione alpina al di fuori dei siti già sfruttati (5)”, come riporta il suo sito ufficiale (6).
• Sulla stessa linea, il Club Alpino Francese (FFCAM), nella sua Carta della Montagna (7), esige tout court “il divieto di nuovi collegamenti fra stazioni e di qualsiasi nuovo impianto in siti vergini (8)”.
2. L’economia dello sci da discesa
2.1 Le Alpi
I Paesi alpini (Francia, Italia, Svizzera, Austria, Germania, Slovenia, Liechtenstein) posseggono le maggiori stazioni sciistiche a livello mondiale, cioè quelle che godono di almeno 100.000 presenze all’anno (9). Tali stazioni, pur rappresentando numericamente solo il 20% del totale, concentrano l’80% di tutte le presenze a livello globale.
Le Alpi ospitano annualmente circa 150 milioni di presenze e la frequentazione stagna ormai da almeno un ventennio attorno a quella cifra. Circa due terzi degli sciatori sulle Alpi provengono da paesi non alpini, per la maggior parte da altri paesi europei.
Tra le stazioni in vetta alla classifica della frequentazione a livello mondiale, si trovano sette grandi comprensori italiani con più di 1 milione di presenze annue, tra cui Campiglio-Dolomiti di Brenta e Gardena-Alpe di Siusi che superano i 2 milioni.
Negli ultimi anni, si sono affacciati sulla scena nuovi paesi europei concorrenti, come Bulgaria, Romania e Slovacchia, attraverso nuovi investimenti, ma con un mercato ugualmente stagnante (10).
2.2 Italia
L’Italia ospita circa 200 stazioni di sci (11), per lo più di piccole e medie dimensioni. Nonostante gli ingenti investimenti avvenuti negli anni 2000, soprattutto al fine di aumentare la capacità degli impianti di risalita, il numero di presenze annue si è stabilizzato da almeno un decennio tra 25 e 30 milioni. Tali cifre rappresentano circa un quinto della frequentazione alpina totale, a fronte dei 50 milioni di presenze di Francia e Austria rispettivamente e i 25-30 milioni della Svizzera (12).
Secondo le stime, nel decennio 2010-2019, il numero di italiani praticanti un’attività sportiva invernale in montagna (13) è aumentato di quasi il 16%, attestandosi nel 2019 attorno ai 4 milioni. Il numero degli utenti delle piste (sci alpino, snowboard, freestyle) rappresenta i tre quarti del totale (quasi 3 milioni nel 2019, +11% dal 2010), mentre i praticanti sport che non utilizzano piste da discesa (sci di fondo, scialpinismo, ciaspole, slitta) rappresentano un quinto del totale, ma con una crescita nel decennio 2010-2019 di quasi il 30%, per raggiungere le 836.000 unità. Dal punto di vista della frequentazione e delle ricadute economiche, per contro, l’aumento del numero dei praticanti è controbilanciato dal calo del totale delle giornate trascorse in montagna dai singoli individui (14). Nella stagione invernale 2018-2019, il fatturato del comparto italiano degli sport invernali (15) è stato pari a 10, 4 miliardi, con un calo dell’11% rispetto alla stagione precedente (16).
Alla luce dei dati sopra esposti, l’industria dello sci in tutti i paesi della regione alpina e in Italia viene unanimemente considerata come “matura”, con poche possibilità di espansione della clientela, con la presenza di attori affermati e di grandi dimensioni, oltre a una notevole concorrenza tra le stazioni sciistiche.
A questa situazione si è arrivati attraverso varie concause, come la stagnazione dei redditi delle classi medie, l’aumento dei costi, l’esaurimento progressivo della generazione di sciatori del baby boom, lo scarso interesse da parte delle generazioni urbane più giovani, la concorrenza di altre destinazioni e attività, facilitata dalle nuove forme di mobilità (es.: voli low cost), il periodo relativamente lungo di apprendimento delle tecniche sciistiche e i cambiamenti climatici, con il relativo accorciamento della stagione invernale (17, 18, 19, 20).
2.2.1 I benefici per le comunità locali
L’industria sciistica ha senza dubbio rappresentato negli scorsi decenni un importante fattore di crescita economica delle aree di montagna. Ancora oggi, la redditività economica delle imprese che gestiscono gli impianti sciistici non sembra, per la maggior parte dei casi, ancora minacciata, anche se un certo numero di esse beneficia di sovvenzioni pubbliche e malgrado si conoscano numerose stazioni in difficoltà o abbandonate (NdR2).
Per quanto riguarda la redditività delle società di gestione degli impianti, le dimensioni dei comprensori sembrano giocare un ruolo fondamentale. Infatti, le stazioni maggiori sembrano assicurare ritorni finanziari superiori e presentano uno stato debitorio meno preoccupante rispetto alle stazioni medie e piccole. Le stazioni maggiori sono quindi considerate come meglio posizionate in relazione agli investimenti necessari per far fronte ai cambiamenti climatici, per diversificare le loro attività e per migliorare la qualità dell’offerta. Inoltre, esse sembrano offrire una maggiore forza di attrazione della clientela (21).
Questo contribuisce a spiegare l’attuale tendenza a collegare stazioni sciistiche diverse per formare comprensori di dimensioni maggiori.
Tuttavia, le ricadute positive della redditività economica delle società di gestione devono essere ridimensionate, se si considerano i benefici per le popolazioni montane in generale e le notevoli variazioni a seconda delle situazioni. Infatti, nelle regioni alpine italiane, tra il 2002 e il 2016, nonostante un incremento rilevante dei redditi IRPEF per abitante dei comuni sedi di stazioni sciistiche, il reddito medio nel 2016 resta inferiore alla media dei redditi delle rispettive regioni in Piemonte, Lombardia e Friuli-Venezia Giulia, mentre risulta superiore in Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige.
La presenza delle stazioni sciistiche sembra avere avuto effetti positivi, ma non dovunque, sulla permanenza degli abitanti, il cui numero è cresciuto o è rimasto stabile in quasi due terzi dei comuni sciistici, mentre è diminuito nel terzo restante.
I dati economici e demografici (redditi IRPEF, occupazione, popolazione, frequentazione turistica) mostrano però che le dimensioni dei comprensori sciistici non sono per forza collegate ad un miglioramento delle condizioni di sviluppo della popolazione locale. Sebbene le stazioni sciistiche maggiori tendano in media ad offrire condizioni economiche migliori ai residenti, appare che estensioni oltre i 175 km di piste non offrano vantaggi aggiuntivi alle popolazioni locali in termini di reddito, occupazione e stabilità demografica. Infatti, diverse stazioni sciistiche di medie o piccole dimensioni offrono comunque redditi relativamente elevati e mostrano tendenze demografiche in crescita. In generale, il successo turistico di queste stazioni, concentrate soprattutto nelle regioni “sciistiche” per eccellenza e cioè Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta, nonché i benefici per la popolazione locale risultano influenzati, piuttosto che da pesanti investimenti in infrastrutture e dalla presenza di grandi catene, da altri fattori. Tra questi, si possono annoverare l’attrattività e la bellezza dei luoghi, l’abbondanza, la qualità e l’efficienza dei servizi, prezzi competitivi, la facilità di accesso, la durata della stagione sciistica, l’ammodernamento degli impianti di risalita, l’afflusso turistico estivo, il livello di redistribuzione dei proventi, l’appartenenza regionale e le relative politiche, la prevalenza di un modello di economia familiare e di piccole imprese.
Peraltro, alcuni Comuni alpini che non godono della presenza di impianti sciistici e dei massicci investimenti ad essi correlati, ma che hanno favorito un turismo diversificato e attività nella natura, mostrano dati reddituali e demografici del tutto comparabili a quelli rilevati in molti Comuni sede di stazioni sciistiche delle loro rispettive regioni (22) (NdR3).
3. Cambiamenti climatici
I cambiamenti climatici colpiscono anche le montagne in maniera molto sensibile. In particolare, le Alpi subiscono un riscaldamento doppio rispetto a quello che si manifesta in altre aree, con un aumento di circa 2°C nel XX secolo, rispetto ad una media attorno ad 1°C dell’emisfero nord, con un’accelerazione negli ultimi decenni e un’accentuazione alle quote più elevate. Il riscaldamento provoca quindi in generale una diminuzione della copertura nevosa e della sua durata, il relativo innalzamento (circa 150 m di quota per ogni °C), la riduzione della quantità di neve che rimane al suolo. Questo fenomeno globale riguarda in particolare le stazioni alpine situate tra i 1500 m e oltre i 2000 m e provoca anche il ritiro dei ghiacciai, oltre al calo della loro massa e del loro spessore. Inoltre, le previsioni climatiche alpine per il XXI secolo segnalano un probabile accentuarsi del riscaldamento, la diminuzione degli eventi di abbondanza nevosa (23) e una riduzione del numero di giornate in cui la temperatura resta al di sotto di 0°C (24). Secondo gli studi disponibili, nelle regioni alpine dove l’altitudine di “affidabilità” della copertura nevosa (almeno 30 cm per 100 giorni/anno) è sita attualmente a 1500 m, un incremento di 1°C provocherebbe l’innalzamento di tale quota a 1650 m, un aumento di 2°C a 1800 m e uno di 4°C a 2100 m. Un innalzamento di temperatura di solo 1°C provocherebbe, in assenza di innevamento artificiale, la “non affidabilità” di circa la metà delle 250 stazioni dell’arco alpino prese in considerazione dagli studi (25).
4. Adattamenti
4.1 L’adeguamento dell’offerta sciistica alle nuove condizioni di mercato
In generale, in un mercato “maturo”, la strategia principale consiste in una migliore qualificazione e caratterizzazione dell’offerta, attraverso la proposta di servizi originali e di alta qualità che possano distinguere una determinata stazione rispetto alle concorrenti. Come rilevato in precedenza, le dimensioni di un comprensorio sciistico giocano un ruolo ambivalente, laddove altri fattori diventano rilevanti, come l’attrattività di un luogo, la sua quota o la qualità dei servizi offerti.
“Diversificazione” sembra perciò il concetto principale da applicare alle località che hanno finora basato la propria crescita economica sullo sci da discesa (26). Ad esempio, i cambiamenti climatici, se vanno a svantaggio della frequentazione invernale, possono invece finire per favorire il turismo estivo, che attualmente rappresenta una parte minoritaria delle presenze annuali.
Oltre al principale mezzo di adattamento tecnico, cioè la produzione di neve artificiale, la maggior parte delle stazioni svizzere ha sviluppato offerte alternative, nell’ambito sia delle attività sciistiche, sia di altre attività, come la segnalazione di percorsi escursionistici estivi ed invernali, per la mountain bike, la slitta o le racchette da neve, nonché l’organizzazione di eventi ludici, culturali e gastronomici (27). Diverse stazioni sciistiche sono molto attive nel campo delle azioni pubblicitarie e di marketing, con sconti, promozioni e offerte mirate a particolari tipi di pubblico (famiglie, coppie, gruppi, ecc.) anche per attirare clientela straniera. I comprensori si stanno progressivamente attrezzando per dotarsi di servizi sempre più raffinati e competitivi, dai trasporti capillari alla copertura wi-fi su tutto il comprensorio, dalle piscine ai centri wellness, dai servizi on line alla ristorazione decentrata, dalle attività per i bambini all’accoglienza delle persone disabili (28), dall’organizzazione di congressi ai soggiorni terapeutici (29). Tali adattamenti hanno anche lo scopo di attrarre una clientela diversificata e non prioritariamente interessata al solo sci da discesa e che riguarderebbe una quota piuttosto elevata di utenti (30). Di fatto si consolida la visione proposta da Karin Frick (responsabile della ricerca e membro della direzione del GDI- Gottlieb Duttweiler Institute) di trasformare le stazioni sciistiche in “hub turistici”, nei quali i frequentatori provenienti dai grandi centri urbani possano ritrovare “tutto ciò che hanno disponibile in città, in condizioni ambientali molto attraenti” (31).
Pur comprendendo quanto sia seducente il modello proposto e anche trascurando le prevedibili conseguenze ambientali e urbanistiche, è necessario considerare come esso possa incidere negativamente e appiattire la civiltà montana su modelli urbani. Di fatto in un periodo non molto lungo si giungerebbe alla omogeneizzazione dei comportamenti e delle culture, alla scomparsa delle tradizioni con conseguente perdita della identità montana, quella identità montana così diversificata da essere elemento identificativo del paesaggio delle Alpi e degli Appennini (NdR4).
Tuttavia, per fare fronte alla generale diminuzione tendenziale delle giornate dedicate ai soggiorni invernali (32), l’allungamento delle stagioni turistiche, al di là dell’inverno, è una delle possibilità prospettate (33). Essa dipende sia dalla capacità degli operatori di proporre offerte e attività qualificate dalla primavera all’autunno, ma anche da visioni strategiche nazionali e internazionali relative, ad esempio, ad una migliore distribuzione delle ferie durante l’anno, in collegamento con i calendari scolastici. Se la Francia, ad esempio, ha già da tempo proceduto ad un parziale scaglionamento dei periodi di ferie per area geografica, le ferie italiane continuano a concentrarsi prevalentemente durante il mese di agosto e nel periodo tra Natale e l’Epifania. Questa situazione provoca un eccesso di domanda in quei periodi, con sovraffollamento, decadimento della qualità dei servizi, intasamento della rete stradale e dei trasporti, aumento dei prezzi. Una distribuzione di ferie e vacanze scolastiche più uniforme durante l’anno permetterebbe perciò un uso più razionale delle risorse turistiche alpine e delle altre regioni, attraverso un allungamento della stagione turistica.
Dal canto suo, la CIPRA (Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi, di cui il CAI fa parte, insieme ai Club alpini della maggior parte dei paesi interessati), suggerisce che le stazioni sciistiche (34):
– siano servite da mezzi di trasporto a scarse emissioni di CO2 (p.es. i trasporti pubblici) e da una “mobilità dolce” all’interno delle località stesse;
– si dotino di costruzioni efficienti dal punto di vista energetico;
– riducano la loro dipendenza dagli sport invernali;
– rinuncino alle espansioni su territori finora intatti;
– dedichino le sovvenzioni allo sviluppo di un turismo sostenibile e non all’innevamento artificiale;
– limitino la proliferazione di seconde case.
All’estero, qualche località sta riflettendo sulla possibilità di favorire il potenziamento delle attività ricettive, scoraggiando nel contempo la costruzione di residenze secondarie, considerate come poco redditizie per la comunità locale dal punto di vista sia economico, sia dei tassi di occupazione, a causa dello scarsissimo tasso di presenza dei proprietari, nonché dei costi fissi per l’amministrazione e del consumo di territorio (35).
Questa visione, che auspica un forte rallentamento nella edificazione delle seconde case con conseguente risparmio di consumo suolo e minor frammentazione degli habitat, ma con incentivazione alla edilizia di recupero dell’esistente, trova una sostanziale conferma nella recente pubblicazione, a cura del Gruppo di verifica della Convenzione delle Alpi, sul tema “ Uso parsimonioso del Suolo (36)”.
Un ulteriore adattamento consiste nel ricercare forme di cooperazione con altri comprensori per tentare di raggiungere economie di scala e ridurre i costi. Al di là dei costosi e ambientalmente insostenibili progetti di collegamento sciistico tra comprensori diversi, alcuni operatori propongono più semplicemente abbonamenti che coprono più stazioni o servizi coordinati, come i trasporti tra una località e l’altra. A ciò si affiancano operazioni di pubblicità e marketing in comune, per qualificare un intero territorio che include diversi comprensori.
Infine, le stazioni sciistiche tentano di adattarsi attraverso la ricerca di finanziamenti pubblici o di sostegni da parte del settore alberghiero, sotto forma sia di aiuti puntuali o rinnovabili, sia di partecipazioni durante la realizzazione di cantieri e progetti o di fondi di gestione per coprire deficit, ammortamenti e ammodernamenti, come nel caso degli impianti di innevamento artificiale (37). Questo, ovviamente, segnala problemi di redditività delle stazioni sciistiche e delle difficoltà nel fare fronte autonomamente ai nuovi investimenti resisi necessari a causa della “maturità” del mercato, dell’alto livello di concorrenza internazionale e dai cambiamenti climatici.
4.2 Adattamenti tecnici messi in atto a seguito dei cambiamenti climatici e delle condizioni di concorrenza (38)
4.2.1 Innevamento artificiale
Questa situazione ha spinto numerose (NdR5) stazioni sciistiche a dotarsi di impianti di innevamento artificiale per assicurare una durata economicamente accettabile alla stagione sciistica. Tali impianti, implicano notevoli investimenti finanziari per la costruzione della rete idrica e dei bacini di raccolta, oltre a un grande consumo di energia e di acqua, che viene sottratta agli ecosistemi o ad altri usi. I bacini di raccolta incidono negativamente sul paesaggio e consumano ulteriore suolo. Inoltre, la neve artificiale e la sua lavorazione causano una prolungata copertura nevosa del suolo, che ne altera le caratteristiche fisiche ed ecologiche.
4.2.2 Lavori di spianamento delle piste
La rimozione degli ostacoli sulle piste riduce lo spessore della copertura nevosa necessaria per renderle sciabili, anche in caso di scarse precipitazioni. Questo provoca ulteriori alterazioni del suolo e degli habitat.
4.2.3 Innalzamento degli impianti e sfruttamento dei versanti nord
In alcune stazioni sciistiche si prevedono ampliamenti dell’area sciabile ad una quota più elevata, rispetto a quella originaria oppure verso le pendici non ancora sfruttate e rivolte a settentrione, dove la neve permane più a lungo, o ancora sviluppare piste e impianti sulle superfici dei ghiacciai.
4.2.4 Potenziamento e ammodernamento degli impianti esistenti e collegamenti fra stazioni sciistiche
Nell’attuale situazione di maturità del mercato, gli aggiornamenti tecnologici e l’ampliamento dei comprensori permettono alle società di gestione di ottenere, almeno in teoria, economie di scala e di rimanere concorrenziali.
5. Conseguenze
Le proiezioni dei dati climatici per il XXI secolo nelle zone alpine indicano che la stabilità e la durata del manto nevoso saranno sempre più compromesse almeno fino alla quota di 2000 m. A quote superiori, si assisterà comunque a riduzioni del volume annuale di neve disponibile (39). Sugli Appennini, in relazione alle quote generalmente inferiori, alle temperature più alte e alle minori precipitazioni, la situazione appare ancora più compromessa.
I fattori climatici, uniti alle condizioni dettate da un mercato sciistico altamente “maturo” e concorrenziale, impongono ulteriori investimenti per mettere in atto strategie di adattamento, se gli operatori turistici vorranno aderire ad una logica “tradizionale” di espansione e perseguire il tentativo di fare sopravvivere le attività attuali, con poche variazioni. Tali investimenti, come quelli per l’innevamento artificiale, l’ampliamento dei comprensori sciistici o i collegamenti tra stazioni, insinuano ulteriori dubbi sulla redditività dell’intero sistema, in diversi casi già sovvenzionato da finanziamenti pubblici (NdR6), e pongono con forza la domanda se queste risorse non sarebbero più utilmente impiegate in altri settori.
(continua)
Note
(1) Sito del Club Alpino Austriaco (Österreichischer Alpenverein-ÖAV): https://www.alpenverein.at/portal/naturumwelt/alpine_raumordnung/skierschliessungsprojekte/index.php
(2) “Der Österreichische Alpenverein konzentriert sich mit aller Kraft darauf, die Ausweitung des alpinen Skikarussells auf weitere unerschlossene Naturräume zu verhindern”.
(3) Schweizer Alpen-Club (SAC), SAC-Richtilinien Umwelt und Raumentwicklung, 2017 (Linee guida del Club Alpino Svizzero sull’ambiente e lo sviluppo territoriale)
https://www.sac-cas.ch/fileadmin/Umwelt/Landschaftsschutz/Energie/SAC-Richtlinien-Umwelt-und-Raumentwicklung-2017.pdf
(4) 5.2.1 Bergbahnen und Skitourismus: “Der SAC steht dem Hochrüsten kritisch gegenüber und lehnt Neuerschliessungen sowie Erweiterungen in unerschlossene Gebiete ab”.
(5) ”Der DAV lehnt den weiteren Ausbau der Tourismusinfrastruktur im Alpenraum außerhalb bereits erschlossener Gebiete ab”.
(6) Sito ufficiale del Deutscher Alpverein (DAV, Club Alpino Tedesco): https://www.alpenverein.de/Natur/Alpine-Raumordnung/Alpen-unter-Druck/
(7) Fédération Française des Clubs Alpins et de Montagne (FFCAM), Charte Montagne, 2016
(8) «Interdiction de nouvelles liaisons interstations et de toute création en site vierge».
(9) Presenza: persona che visita una stazione sciistica per una giornata o una parte di essa per svolgervi la pratica dello sci da discesa, snowboard e simili.
(10) Laurent Vanat, 2020 International Report on Snow & Mountain Tourism Overview of the key industry figures for ski resorts, 12th Edition, April 2020
(11) Con almeno 5 impianti di risalita
(12) Laurent Vanat, 2020 International Report on Snow & Mountain Tourism Overview of the key industry figures for ski resorts, 12th Edition, April 2020
(13) Categorie considerate: 1. Che utilizzano piste da sci da discesa: sci alpino, snowboard, freestyle; 2. Che non utilizzano piste da sci da discesa: sci di fondo, scialpinismo, ciaspole; 3. Non determinato: altre discipline.
(14) Skipass Panorama Turismo, Osservatorio italiano del turismo montano – Situazione congiunturale Montagna Bianca Italiana 2019-2020 – Previsioni e tendenze, JFC Tourism & Management, 2019
(15) Comprende gli impianti di risalita, le strutture ricettive e i servizi.
(16) Skipass Panorama Turismo, Osservatorio del turismo montano, Consuntivo stagione invernale 2018/2019
(17) Skipass Panorama Turismo, Osservatorio del turismo montano, Consuntivo stagione invernale 2018/2019, JFC Tourism & Management, 2019
(18) Andrea Macchiavelli, Alpine tourism, Revue de Géographie Alpine/Journal of Alpine Research [Online], 97-1 | 2009
(19) Skipass Panorama Turismo, Osservatorio italiano del turismo montano-Situazione congiunturale Montagna Bianca Italiana 2019-2020-Previsioni e tendenze, JFC Tourism & Management, 2019
(20) Klaus Grabler, Wachsen oder Sterben? Die Wachstumsherausforderung für Europas Skiberge. OITAF Konferenz, Bozen, 2017
(21) Jordi Moreno-Gené, Laura Sánchez-Pulido, Eduard Cristobal-Fransi, Natalia Daries, The Economic Sustainability of Snow Tourism: The Case of Ski Resorts in Austria, France, and Italy, Sustainability 2018, 10, 3012
(22) Federico Nogara, Ampliare un comprensorio sciistico: è una buona idea? Esame dei comuni alpini sedi di un comprensorio sciistico: redditi, stabilità della popolazione, presenze turistiche, 2020, Studio non pubblicato
(23) Andreas Gobiet, Sven Kotlarski, Martin Beniston, Georg Heinrich, Jan Rajczak and Markus Stoffel: 21st century climate change in the European Alps – a review, Science of the Total Environment, 2014
(24) Istituto di Scienze dell’atmosfera e del clima-CNR/Sole24Ore, 9.10.2019
(25) Paolo Angelini, Luca Cetara, Data and Elaboration on the Italian Alpine and Pre-Alpine Ski Stations, Ski Facilities and Artificial Snowmaking, Italian Ministry for Environment, Land and Sea, Accademia Europea di Bolzano-EURAC, ANEF, 2006
(26) Bruno Abegg, Shardul Agrawala, Florence Crick and Anne de Montfalcon: Climate change impacts and adaptation in winter tourism, in: Climate Change in the European Alps, OECD, 2007
(27) Christophe Clivaz, Camille Gonseth, Cecilia Matasci, Tourisme d’hiver. Le défi climatique, Presses polytechniques et universitaires romandes, 2015
(28) Skipass Panorama Turismo, Osservatorio italiano del turismo montano-Situazione congiunturale Montagna Bianca Italiana 2019-2020 – Previsioni e tendenze, JFC Tourism & Management, 2019
(29) Le tourisme face au changement climatique. Un rapport de synthèse, n. 1/2011, CIPRA, 2011
(30) Le tourisme face au changement climatique. Un rapport de synthèse, n. 1/2011, CIPRA, 2011
(31) Paolo Bertossa e Gaetano Agueci-Marianne Kägi, Assalto alle Alpi – La Svizzera degli arabi, “Falò”, Programma della Radiotelevisione Svizzera (RSI), puntata del 20/9/2018
https://www.rsi.ch/la1/programmi/informazione/falo/Assalto-alle-Alpi-La-Svizzera-degli-arabi-10841222.html
(32) Skipass Panorama Turismo, Osservatorio italiano del turismo montano-Situazione congiunturale Montagna Bianca Italiana 2019-2020-Previsioni e tendenze, JFC Tourism & Management, 2019
(33) Le tourisme face au changement climatique. Un rapport de synthèse, n. 1/2011, CIPRA, 2011
(34) Le tourisme face au changement climatique. Un rapport de synthèse, n. 1/2011, CIPRA, 2011
(35) Martin F. Price, Diana Borowski, Calum Macleod, Gilles Rudaz, Bernard Debarbieux, The Alps, The Alpine Convention, Swiss Federal Office for Spatial Development, 2011
(36) Convenzione delle Alpi, Verifica di approfondimento del gruppo di verifica della Convenzione delle Alpi sul tema « Uso parsimonioso del suolo », 2020
(37) Le tourisme face au changement climatique. Un rapport de synthèse, n. 1/2011, CIPRA, 2011
(38) Climate Change in the European Alps, OECD, 2007
(39) Martin Beniston, Is snow in the Alps receding or disappearing? Wiley Interdisciplinary Reviews, 2012, vol. 3, no. 4, p. 349–358
Note della Redazione di GognaBlog
(NdR1) Sarebbe stato meglio citare anche che la risposta alle questioni deve informare soprattutto l’opinione pubblica.
(NdR2) L’impressione è invece, al contrario, che la redditività economica delle imprese che gestiscono gli impianti sciistici sia molto minacciata, e che le sovvenzioni pubbliche siano assai diffuse proprio perché ci sono numerose stazioni in difficoltà quando non abbandonate. Dunque qui sarebbe stato meglio specificare, con cifre, la reale situazione. La mancanza di questi dati decisamente gioca a favore degli impianti…
(NdR3) Anche qui sarebbe stata opportuna una miglior precisione. E’ infatti opinione abbastanza diffusa che le attività invernali non legate allo sci siano meno redditizie dello sci stesso. Qualunque dato possa dimostrare che questo non è vero sarebbe importante in questa analisi.
(NdR4) Il processo cui qui si accenna è purtroppo già iniziato da tempo. Omogeneizzazione dei comportamenti e delle culture, con la scomparsa delle tradizioni e conseguente perdita della identità montana, sono ad uno stadio così avanzato che già nel comune linguaggio è presente la parola “recupero”.
(NdR5) Al posto di “numerose” sarebbe più opportuno scrivere “la quasi totalità”.
(NdR6) Affermare che, nell’intero sistema, in diversi casi siano presenti sovvenzioni da finanziamenti pubblici è impreciso. L’impressione è che il finanziamento pubblico sia effettivo in ogni caso. Occorreva essere più precisi.
(continua in https://gognablog.sherpa-gate.com/cambiamenti-climatici-neve-industria-dello-sci-2/)
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Frequento Cortina d’Ampezzo da 43 anni e si vede bene il cambio climatico, infatti ricordo che negli anni ‘80 durante le vacanze pasquali a Cortina era normale vedere il paese ancora almeno parzialmente coperto di neve nel mese di aprile, poi negli anni seguenti a metà marzo o fine marzo già priva di neve, eccetto qualche inverno dove arriva a malapena ai primi di aprile (le piste ovviamente ancora sciabili grazie ai cannoni) solamente gli inverni del 2009 e l’attuale inverno 2021 sono simili agli anni ‘80 x la permanenza neve al suolo in città (nel 2014 ha sfiorato 2 metri ma si è sciolta velocemente a marzo-aprile), inoltre non vedevo mai la pioggia nei mesi invernali…
Per non parlare del ghiacciaio Marmolada vedendo la webcam ogni anno a settembre il suo ritiro, ecco perché da vari anni non si può più andare a sciare là in estate….
So che in Marmolada c’è la polemica degli nuovi impianti ma a me sembra più sensato rimettere lo skilift ancora (riattivarlo o sostituirlo con uno nuovo, che sia àncora o monoposto) visto che è quello che danneggia meno il ghiacciaio rispetto alla ipotetica funivia in più o cabinovia a causa delle grandi stazioni a valle e monte, c’è già una funivia perché mettere un’altra?
Le cabinovie o seggiovie solo fino alle pendici del ghiacciaio come la cestovia graffer.
Il sovvenzionamento pubblico ha fatto il suo tempo quando si trattava di dare un impulso per portare il turismo sciistico a regime.Se e’ vero che gli impianti generano economia indotta, chi gode di vantaggi indotti si comperi azioni di societa’ gestione impianti assumendo un ruolo attivo nella gestione… sia negli utili che nelle perdite. Secondo me allora certi progetti sulla carta o computer design di ampliamenti e ammodernamenti e nuovi caroselli ..verrebbero frenati o scartati. Quando fa comodo si e’ a favore della libera iniziativa, diminuzione delle tasse, , quando ci si rimette allora fa comodo l’economia sussidiata dal settore pubblico, mantenuta dalle tasse di chi mai e’ stato in montagna, mai ha usato un impianto.
A mio modesto parere si è fatta un po’ di confusione su certi dati. Citando zone che conosco bene mi stupisce di vedere paragonati comprensori sciistici come Campiglio Brenta con Val Gardena-Alpe di Siusi che in realtà fa parte di un’area molto più vasta che ingloba tutto il cosiddetto Sellaronda. Inoltre, si sottolinea che molte stazioni hanno ultimamente preso la direzione di proporre attività alternative allo sci come ciaspole, passeggiate, ecc. quando questo succede da decenni e serve solo ad accaparrarsi un numero sempre maggiore di utenti, perché lo sci resta e le altre attività servono appunto a quello che ho appena descritto.
In sostanza mi è sempre sembrato che i grandi comprensori, che sono quelli che muovono grandi numeri, si interfaccino con frequenza pari a zero con ciò che sostengono i vari Club Alpini e vadano dritti per la loro strada. Quindi, prendendo a prestito una nota tesi crovelliana, è inutile protestare e perdere tempo in tanti discorsi ma per fare qualcosa di concreto i Club Alpini dovrebbero irrompere nei consigli d’amministrazione delle società funiviarie, indire elezioni per rovesciare l’attuale situazione, se non gli piace, convincere i vari presidenti a cambiare linea di condotta, ma…. c’è sempre un ma, come diceva mia figlia da piccola, poi gli stessi Club Alpini organizzano la settimana bianca nelle stesse località che certe loro Commissioni Speciali di “esperti” condannano con tanto di studi e manifesti. Qualcosa non va. O mi sbaglio?
Alessandro, non fare il complottista.
Almeno tu.