Come calcolare il valore di qualcosa
(della falesia di Ciampino chiusa da una recinzione)
di Alberto Sciamplicotti
Come calcolare il valore di qualcosa?
In particolare, come determinare l’importanza di una vecchia buca scavata in epoca romana a ridosso di un’antica strada consolare? Il valore potrebbe essere dato dall’importanza della via di comunicazione adiacente, quell’Appia che collegava Roma con Brindisi e di conseguenza con tutto il mondo greco. Oppure potrebbe essere dato dalle innumerevoli vestigia che ancora si possono ammirare lungo lo stesso tragitto, ville, mausolei e tombe di patrizi, consoli e mercanti. O anche, rimanendo in ambito storico, dal fatto che da quella buca siano stati estratti proprio parte dei materiali serviti per costruire la strada e le vestigia che la costeggiano.
Per qualcuno, più moderno e vicino a noi, il valore di quella cava, risiederebbe invece nel fatto che essendo una buca è semplicemente un vuoto da riempire, magari in maniera del tutto abusiva e illegale, con rifiuti vari. Per altri ancora invece, il valore potrebbe essere rintracciato nel fatto che negli ultimi quarant’anni sia diventato uno dei luoghi più importanti nella capitale per la prostituzione omosessuale. Così di frequente capita di vedere passeggiare avanti e indietro fornitori di servizi e utenti in attesa di far coincidere offerta e domanda. Per tanto tempo, vicino alla buca e sotto un albero di mimosa, è stata persino presente una postazione fissa, una vecchia roulotte o in diversi tempi una baracca di lamiera e legni, predisposta agli incontri dell’umana mercificazione.
Quindi, come determinare il valore di questa antica buca? In teoria, le ultime opzioni, essendo fuori legge, non dovrebbero essere prese in considerazione. Anche se eliminare lo smaltimento irregolare di rifiuti e la prostituzione inciderebbe in misura negativa, non tanto sul valore intrinseco della vecchia cava, quanto sulla capitalizzazione derivante dagli utili di queste attività. Una parte considerevole dell’economia del nostro stato.
Volendo quindi considerare il solo valore storico e archeologico, determinato dalle vicine strutture, la via Appia, le tombe e i Mausolei, sarebbe logico preservare questo aspetto maggiormente, eliminando tutto quanto non conforme. In quest’ottica rientrerebbe perfettamente un’azione come quella di recintare la cava, in modo da impedirne usi non legali e non conformi alla pubblica morale.
D’altra parte, in realtà, un bene non utilizzato diviene anche un bene non valorizzato, perso, lasciato a se stesso, annullato, in cui ogni presunto valore è cancellato da quella stessa rete che lo circonda. Azione che comunque sarebbe di assoluto e lecito diritto quando intrapresa dai proprietari della cava, bene per prima cosa privato e non pubblico.
Eppure, questa cava, questa buca scavata nel terreno in epoca romana e da cui per secoli sono stati estratti materiali da costruzione, rocce effusive prodotte dai vulcani dei Colli Albani, per assurdo che possa essere ha anche altri valori oltre a quelli descritti. Valori che sono propri di questo luogo e che non giungono solo per effetto transitivo dai monumenti che la circondano o per l’uso come pied a ter rurale votato alla fornicazione a pagamento.
Queste rocce infatti, che dal fondo dello scavo si alzano per una altezza che giunge fino ai 13-15 metri e che formano un anfiteatro con un diametro di circa 100 metri, sono state dagli anni ’80 fino a ieri il terreno di gioco di quanti nella capitale hanno intrapreso quella strada che altrove iniziava sulle facili vie di arrampicata delle Dolomiti, sul Sasso Remenno, sui massi di fondovalle del Monte Bianco. Insomma, per chi arrampica a Roma, questa cava posta davanti all’aeroporto di Ciampino (da cui ha preso il nome) è stata ne più ne meno l’equivalente di quello che per i parigini è stato Fontainebleau. E’ evidente che qui stiamo parlando di qualcosa di immensamente più piccolo, di più modesto, se volendo anche di più rozzo, degli esempi riportati sopra. Quello che non è cambiato invece è stato sicuramente il modo di approcciarsi alle rocce. Il desiderio di arrampicare, salire, provare a modificare limiti e possibilità nel gioco dell’arrampicata è ed era stato sempre lo stesso.
A Ciampino, come in Dolomiti, in Val di Mello, e qualunque luogo venga in mente a chi leggendo queste righe è arrivato fin qui. Un modo di porsi verso un oggetto (la cava stessa) che ne ha accresciuto il valore nonostante i rifiuti disseminati qua e là e le frequentazioni poco ortodosse. Un valore che era (ed è) proprio in quel buco nella terra, in quello slargo a qualche decina di metri dalla via Appia, in quell’anfiteatro di rocce vulcaniche più simili al granito per conformazione che al calcare, un valore aumentato dalla frequentazione di migliaia di persone. Perché il luogo stesso, le rocce, hanno acquistato valore, indipendentemente dalla via Appia (spettacolare e maestosa con e senza la cava a fianco) o dai vari traffici che vi si svolgevano intorno. Un valore sociale, di relazione e di crescita che ha influenzato generazioni di arrampicatori della Capitale, forse ancor di più di altri luoghi volti a questa attività. Perché è qui che questo sport è diventato popolare. Aggettivo che non vuole sottolineare solo una diffusione di conoscenza dell’attività, quanto la possibilità a tutti e per tutti di praticare in modo spontaneo, democratico e comune il verticale.
La chiusura della cava, la sua recinzione (peraltro legittima) è come avesse messo il sigillo a un interno movimento ma anche a una piccola fabbrica di cultura. Quella cultura che nasce spontaneamente dalla passione, dalla voglia di emozionarsi e di condividere.
Un movimento libero e originale che fra l’altro ha avuto sempre a cuore questo posto, per tanti versi abbandonato a se stesso, investendo risorse piccole e grandi al fine di migliorarlo, provare a tenerlo pulito, farne un parco giochi degno del gioco intrapreso.
Sarebbe bello se si riuscisse ad avviare un percorso di riconoscimento reciproco con la proprietà del terreno, un percorso che veda protagonista anche l’Ente del Parco Regionale dell’Appia Antica, il parco urbano più grande d’Europa con un’area protetta di circa 4580 ettari, e associazioni come il CAI. Purtroppo, quasi inevitabilmente, tutto questo porterà a una perdita di quell’azione spontanea nata dalla pulsione della passione. Forse si perderà un po’ di libertà, saranno imposti limiti, orari (ma speriamo non costi). Speriamo solo che ne valga la pena. Far parte di una storia, per quanto piccola, di una tradizione, di un modo di essere libero, è qualcosa il cui valore è impossibile da calcolare. Non ha infatti prezzo.
11Scopri di più da GognaBlog
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.
Buonasera, volevo chiedere se la Cava è effettivamente chiusa o se si può raggiungere in qualche modo!
grazie
Non sono più stato a Ciampino dopo l’epoca della sua scoperta, del resto non frequento neppure il parco dell’Appia Antica. C’è una tale desolazione nei dintorni di Roma che toglie ogni voglia di uscire. Ormai si salva solo il centro storico e la campagna sembra un’immensa periferia.
I cocci piu’che altro bucano le gomme se vai in bicicletta , anche alle ruote gommose di trabiccoli danno fastidio;( skiroll vien dialetizzato dai locali in schirollo che fa rima con ossodelcollo) per il momento mica te li tirano dietro, sono tracce di attivita’precedenti, semiclandestine o in orari esclusi ai vegliardi.
Se invece vai su pista ciclabile omologata, attigua a strade statali, e ti ritrovi i micro cocci all’improvviso..tenti la frenata disperata o..fai gimkana , passi sopra, preghi , fai scongiuri.. spesso accolti o poco dopo te ne accorgi e partono sonore *****.La pulizia viene fatta 1 volta l’anno.
Lontanto ricordo.Dopo libera fruizione di Palestra Padovana RoccaPendice a libera fruizione, ci trovammo un deflettore di nostro catorcio 3 mano spaccato e interno “esplorato”a vuoto.
A proposito di cave o pareti entro possedimenti privati recintati , un accordo col proprietario e un lavoro per NEET ci scapperebbe fuori, pagamento ingresso a fronte di alcuni servizi.
Ho iniziato ad arrampicare nella cava di Ciampino negli anni 80, come molti a Roma. Ci andavo con la 500 dei miei, o anche con la bici, dall’EUR, quartiere non lontano. Poi ho cominciato a frequentare altre falesie e le montagne, ma alla cava sono sempre rimasto affezionato. Il punto è che è in un terreno privato e già qualche anno fa era stata installata una recinzione, per impedirne formalmente l’accesso e tutelare la proprietà. La cava infatti è sotto il piano stradale e non se ne percepisce l’esistenza se non a pochi metri dal bordo. Negli anni sono successi diversi incidenti (a gente che arrampicava) e anche qualche crollo piuttosto rilevante (la “Tre chiodi”, una via molto popolare) e immagino che in questo modo il proprietario (il principe di Fioranello) voglia tutelarsi. Non so se esistono altri interessi. La via da percorrere anche in questo caso sarebbe quella di una trattativa diretta con la proprietà, come avviene in tutte le falesie che stanno all’interno di un terreno privato, e che credo stia già avvenendo.
Mitico Albert, al tuo posto starei bene attento alla ricaduta bottiglie lanciate verso l’alto mentre sfrecci in skiroll. E in secondo luogo a eventuali tiratori scelti al soldo di tradizionalisti veciuscarpun che mal tollerano attività alternative, specie se con denominazioni britanniche.
Le tenaglie tagliafili le vendono pure al supermercato e forse i primi ad adoperarle senza remore sarebbero i non scalatori, ma utenti del parco per altri utilizzi.La soluzione concordata e’sempre la via da percorrere , a volte piu’ difficile delle vie sulle paretine.
La legge parla di res nullius distinta da res derelicta.
Personalmente in pieno regime zona gialla, avevo trovato viale di zona industriale semi abbandonata ,chiuso alle auto e con asfalto buono, per praticare in pace skiroll.Pero’essendo a libero accesso attraverso varchi stretti ci vanno anche a bere birre ed alcolici( niente di male e)ma poi lanciano in alto le bottiglie con cocci sparsi almeno nei primi 50 metri , altri abbandonano sacchetti di rifiuti , alcune cabine attesa pullman previsti ma mai mai arrivati, ..ridotte a discariche e cessi.. alcune volte visto passare in bicicletta personaggi non proprio dediti a sport, sembravano disturbati in qualche consegna di mercanzia ad auto fermatesi ai confini .
Un impianto custodito per pattinaggio o skiroll, costerebbe parecchie centinaia di migliaia di euro, ma ci fanno affari in molti e poi lo chiudono con cancelli. Se invece e’ gratuito, si lascia andare in malora.
Nel Mio comune l’amministrazione ha fatto costruire ben 3 campi calcio, ma due sono chiusi e uno riservato a societa’.
Anche in Trentino, i proprietari di frutteti adiacenti a paretone di arrampicata dette “lastroni “, hanno chiuso e delimitato e chiesto divieti causa i comportamenti vandalici di certi frequentatori.
Bellissimo e utile contributo
Grazie Alberto Sciamplicotti e Alessandro Gogna, e a tutti coloro si stanno prodigando per una soluzione pacifica e condivisa del problema.
Fabio Rugghia
Apprezzo molto il tono dell’articolo, tra lo storico, il narrativo e il sociale; fa presente la sottrazione di un valore senza tendere alla contrapposizione, ma invitando al dialogo.
Bello.
Comunque con 10€ si possono comprare delle ottime tenaglie tagliafili…
UN CROWDFUNDING sarebbe possibile?Tanta passione, auspici.. ma qualcuno che tira fuorila grana non si trova?In alternativa giornate di volontariato per pulizia. Quanto alla fornicazione a pagamento..ormai e’tollerata..la fanno ovunque non solo nei parchi naturali anche nei parcheggi fronte scuole elementari ..piscine, zone industriali..almeno si spera fuori orario.
Dopo aver letto regolamento di una palestra mista pareti cemento con inserti artificiali e ammasso di blocchi di roccia ammmassati cementati in pianura friulana, passa la voglia. Son messi meglio a Padova, Rocca Pendice e Pirio, sui Colli Euganei.