Cinquant’anni fa, a Pietracamela

Pubblicato nel dicembre del 1971 dall’Araldo Abruzzese, l’articolo qui sotto riportato contiene le affermazioni dell’allora Sacerdote di Pietracamela don Andrea Papa. Don Andrea era originario della Provincia di Milano, ed è stato per tanti anni lo storico e “severo” Parroco di Pietracamela. Ora riposa nel cimitero di Pietracamela capoluogo.

Don Andrea, già nel 1971, aveva intuito la fine che avrebbe fatto Pietracamela, la fine che avrebbero fatto i Prati Di Tivo e più in generale la fine che avrebbe fatto la Montagna Teramana.

Don Andrea, in queste affermazioni, dimostra la Sua non comune intelligenza e la Sua raffinata lungimiranza perché, mentre lancia questo accorato allarme sulle sorti future del turismo sulla Montagna Teramana (è la fine del 1971), le piste da sci dei Prati di Tivo erano stracolme perché frequentate da turisti provenienti da ogni parte del centro Italia e al paese di Pietracamela si contavano migliaia di “villeggianti” che vi trascorrevano le proprie vacanze (sia nel mesi estivi che in quelli invernali).

Dalla vetta del Corno Piccolo. Foto: Paolo De Luca.

E’ da ricordare che in quegli anni, a Pietracamela – tra i numerosi turisti – trascorrevano le proprie vacanze l’attrice Carla Gravina e il compositore musicale Luis Bacalov, premio Oscar nel 1996 per la colonna sonora del film Il Postino.

Purtroppo, con infinito dispiacere, è da dire che ai Prati di Tivo e a Pietracamela si sta avverando ciò che temeva il caro don Andrea. Una Preghiera per lui (Paolo De Luca).

Il dramma della montagna
(l’agonia di Pietracamela sul Gran Sasso)
di Andrea Papa
(da L’Araldo Abruzzese del 5 dicembre 1971)

Nel suo editoriale del 21 novembre, in una lettera aperta al Presidente del Consiglio Emilio Colombo in occasione di una sua prossima visita ufficiale a Teramo, il Direttore di questo periodico scriveva, senza peli sulla… penna, queste veritiere quanto coraggiose parole: «Da lunghi anni una ferita è stata aperta in questa Provincia dissanguata dall’emigrazione, questo male atavico, questa maledizione per noi abruzzesi, costretti da sempre alle strazianti emozioni dell’addio, alle lunghe agonie, lontani dalla propria terra, dai figli, dalle spose. Non è retorica questa, Signor Presidente, è la costatazione di una realtà che deve cambiare, e Lei oggi deve assicurarci che cambierà… Bisogna trovare la soluzione per fermare l’emorragia e chiudere la ferita apertasi per il secolare e colpevole abbandono».

Raccogliamo il grido d’angoscia di Giovanni Verna; ed il tragico quadro ch’egli ha tracciato con tocco magistrale lo vogliamo completare e commentare col descrivere la situazione di un paese che forse più di tutti ha sofferto e continua a soffrire di questa dolorosa realtà: Pietracamela sul GranSasso.

Ed è triste constatare che questa piaga dell’emigrazione non è imputabile alle condizioni ambientali – ché anzi la Provvidenza ha dotato il nostro paese di risorse turistiche incomparabili – ma alla mala amministrazione di persone poco scrupolose (o inette) che queste risorse hanno consegnato (o lasciato consegnare) in mani d’altri, lasciando a bocca asciutta il grosso della popolazione locale, che per poter sopravvivere ha dovuto prendere la via dell’emigrazione e chiedere il pane all’estero. Ciò che natura ci ha dato, l’uomo ci ha tolto.

Dell’assurdo fenomeno si sono recentemente interessati persino diversi giornali canadesi; l’eco ne è giunta fino al quotidiano italiano più diffuso e più letto degli Stati Uniti: «Il turismo – scrive Il Progresso Italo Americanoha arricchito alcuni intraprendenti affaristi di altri centri estranei. Ai Pietracamelesi non rimaneva che emigrare».

Visione dei Prati di Tivo dalla vetta del Corno Piccolo. Foto: Paolo De Luca.

Riassumiamo i fatti.
Quando, all’indomani dell’ultima guerra mondiale, si iniziò la costruzione della strada per aprire la via del turismo ai Prati di Tivo, e le ruspe cominciarono a sconvolgere i terreni dei cittadini, occupandoli «come proprietà di nessuno, roba di rubello, terra di conquista», senza, si noti bene, avvertire i legittimi proprietari, e tanto meno chiedere il loro consenso; senza produrre nessuno straccio di carta che giustificasse tali arbitrarie requisizioni fatte contro ogni forma di legge; senza, ancor meno, una parola sugli indennizzi da corrispondere, secondo legge e giustizia; anzi, gravandoci poi di nuove tasse (e queste, si noti anche, non applicate, come vuole ancora la legge, ai soli confinanti dalle strade stesse, ma a tutti i cittadini indistintamente, compresi quelli della frazione che non hanno nulla a che vedere con tali terreni. Perché?); quando, dico, venivamo cosi spogliati delle nostre terre, a coloro che, meravigliati, si azzardavano a chiedere spiegazioni, si ripeteva invariabilmente: «Non vi preoccupate, vi faremo ricchi col Turismo». Allo stesso modo, pochi anni prima – ci si perdoni il paragone, ma viene in taglio – a quei poveretti che venivano detenuti e fatti entrare nelle camere a gas, ignari di ciò che li attendeva, i soldati di Hitler dicevano: «Non fi preoccupare, fi fogliamo fare un bel bagno, fedrete (Attento, proto: non sono errori di stampa, ma la pronuncia teutonica della lettera V)».

E queste belle promesse venivano regolarmente e solennemente ripetute nei vistosi manifesti che tappezzavano i muri, e nei discorsi forbiti che ascoltavamo a bocca aperta come gli allocchi in attesa dell’imbeccata, all’avvicinarsi delle campagne elettorali, politiche, amministrative e regionali. Ma, conseguita la vittoria, non dicevano nemmeno grazie, e noi, poveri pifferai di montagna, ritornavamo con le pive nel sacco: dopo il danno, l’inganno e la beffa!

Così da 25 anni. C’è stata di mezzo persino una perizia del Tribunale di Teramo, che fissa i giusti prezzi delle indennità in base alle vigenti leggi sugli espropri, e che ancora non è stata notificata ai proprietari espropriati, dopo quasi ormai due anni dalla sua emissione.

Se reclamiamo, ci si ostina a rispondere con le solite obiezioni, cavilli e sofismi, che pure sono stati esaurientemente smantellati nel nostro articolo-fiume del 2 novembre 1969 e in altri successivi; articoli ai quali nessuno ha mai saputo replicare. Ma tant’è! E’ proprio vero che non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Si approfitta della nostra semplicità, fiducia e buona fede, delle nostre divisioni, magari fomentandole apposta, secondo il bell’adagio divide et impera!.

La vetta del Gran Sasso d’Italia e il ghiacciaio del Calderone, agosto 2019. Foto: Paolo De Luca.

Ma perché, perché tutti questi inganni, raggiri e tergiversazioni, e mai, mai una risposta chiara e precisa, nemmeno alle lettere? Per non effettuare i pagamenti (che pure sono già stati previsti; almeno in parte, nelle perizie dei progetti)? o per ritardarli sine die? Vi credete forse al disopra delle leggi, voi? o del popolo che vi ha eletti?

Quali sono le conseguenze di questo stato di cose? Quali i risultati di questi promessi miracoli di benessere e di prosperità che il Turismo avrebbe recato (e dovuto recare) ai nostri valligiani?

Il paese si è svuotato delle sue menti e braccia migliori: quelle, in prevalenza maestri e professionisti, disperse in varie parti d’Italia; queste – e sono la stragrande maggioranza – emigrate all’estero, soprattutto in Canada, ove molti si sposarono. Cominciò allora quell’esodo di massa che ricorda l’In exitu Israel de Ægypto. Non passava un giorno senza qualche dolorosa separazione tra figli e genitori, mogli e mariti. Addio monti!… Una volta ne partirono 24 insieme. Era uno strazio. E’ una storia che richiederebbe un volume a descriverla tutta. Se fossi Geremia, ne comporrei una elegia: «Pietracomeria depopulata: “Quomodo sedet sola civitas plena populo; facta est quasi vidua…».

Il piazzale dei Prati di Tivo affollato da camper e roulotte

Risultato: Pietracamela è semi vuota, e siede «vedova e sola» come la Roma di Dante; i suoi abitanti, che trent’anni fa ammontavano a oltre mille, sono oggi ridotti a poco più di 300. Più della metà delle case sono deserte; parecchie, abbandonate del tutto, sono crollate; altre sono vendute a forestieri, che le rivendono poi a prezzo raddoppiato, o ne fanno la propria residenza estiva. Gli alunni delle elementari, che allora salivano a 120-130, sono da due anni, 9 (dico nove) in tutto: due per ogni classe (con tanti insegnanti a spasso!). La scuola media – che dovrebbe per Legge essere istituita in ogni capoluogo di Comune – manco a parlarne; e quei giovanetti del paese – nonché della frazione Intermesoli – che vogliono, come è d’obbligo, proseguire gli studi elementari, devono recarsi tuti i giorni a Montorio o a Teramo, alzandosi ogni mattina un’ora prima di giorno per arrivare in tempo con la corriera; oppure le famiglie, per risparmiare ai figli questo sacrificio, se lo prendono su di sé, col pagare una pensione in città, o coll’andare a stabilirvisi con loro. La corriera stessa ha ridotto il numero delle sue corse, ed è quasi sempre vuota!

Il defunto Prevosto concludeva così un suo opuscolo su Cenni storici di Bie- tracamela, scritto nel 1925: «Il nostro paese è di sicuro avvenire, tante sono le ricchezze naturali e le benedizioni che profuse Dio alla sua terra. Quando saranno migliorate le comunicazioni, e resi più moderni gli ambienti, a migliaia vi affluiranno, nella stagione estiva, i villeggianti: il paese se ne ripromette ricchezza e prosperità».

Pietracamela

Fortunato te, don Egidio, che hai lasciato questo mondo conservando in cuore le tue rosee speranze, e senza vedere lo scempio e l’emorragia che da allora ha dissanguato il tuo paese, privandolo dei suoi figli migliori! Come suonano amare, e tragicamente ironiche le tue parole, lette oggi dopo mezzo secolo! Ma tu non prevedevi, né potevi allora prevedere, che il mondo – voglio dire gli uomini – sarebbero tanto cambiati, e che ciò che doveva essere per noi fonte di «ricchezza e di prosperità» sarebbe diventato, per la loro corruzione o incuria colpevole, frutto amaro di povertà e di desolazione.

Ma di questo confronto tra passato e presente discorreremo in altra occasione.

***

Tale è, Signor Presidente del Consiglio dei Ministri, la triste e tragica situazione della zona più depressa di una delle più depresse provincie italiane: le vie di comunicazione ci sono, larghe e spaziose; il turismo e la villeggiatura sono in piena fioritura, ma non hanno (ancora) maturato i frutti attesi e promessi; abbiamo lasciato occupare (stavo per dire rubare) i nostri terreni ma senza riceverne (fino ad ora) il giusto compenso: sic nos non nobis.

Gli impianti di Prati di Tivo

Quando Lei verrà a Teramo, La porteranno, com’è ormai d’uso, a vedere i nostri Prati di Tivo, vantando «tutto ciò che si è fatto». Ora se avrà avuto la bontà di leggere quanto sopra, sa anche ciò che NON si è fatto, e che si poteva e doveva fare a pro di questi poveri montanari, così duramente colpiti, non dalla natura, ma dagli uomini. Conosce ormai il retroscena doloroso nascosto dietro questo meraviglioso sviluppo turistico, e quante lagrime e sangue ci è costato e continua a costarci.

Asciughi, Signor Presidente, con un Suo autorevole ed efficace provvedimento, le nostre lagrime, rimargini queste ferite, tamponi questa emorragia, obbrobrio e vergogna della nostra provincia.
Sac. Andrea Papa, Prevosto di Pietracamela sul Gran Sasso

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Cinquant’anni fa, a Pietracamela ultima modifica: 2019-11-29T05:09:08+01:00 da GognaBlog

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2 pensieri su “Cinquant’anni fa, a Pietracamela”

  1. Io vengo da quelle montagne. Sul Gran Sasso imparai ad arrampicare e sul piccolo Campanile Livia feci il mio primo tiro di corda (sganciandomi a metà terrorizzato e infilandomi in un buco da cui mi tirarono fuori a scarpate… poi arrivai in cima 😉 ).
    Conosco bene la storia di quei luoghi e delle malvervazioni. Perché di malversazioni si trattò e si tratta in molti casi recenti. Amministratori da due soldi e imprenditori da strapazzo, che meriterebbero se non la galera, una sassaiola di granito, di quello duro.
    Oggi le cose stanno un po’ cambiando, con alti e bassi. Diversi sono stati i casi virtuosi di amministrazione pubblica (non tantissimi). Ma la cultura del politico locale è sempre bassa, miope e oggi, pur nelle buone intenzioni, resa immobile da mille burocrazie e lacci finanziari.
    Sì è fatto molto, moltissimo per l’Appennino. Ma io non credo che si risolleverà mai più. Non nel modo tradizionale. I tempi sono cambiati e tante, troppe cose buone non si possono più fare, troppo alti i costi, sempre meno popolazione locale, troppo management, o niente del tutto.
    Ho visto le mie montagne, nel tempo, piano piano salvate, ma con il risultato spesso di diventare inaccessibili per le attività tradizionali (quelle piccole piccole per intenderci) ed anche spesso inaccessibili per l’escursionista, l’alpinista, la guida.
    Proporrò al Gogna Blog qualche bel articolo di Stefano Ardito, che in modo ben più documentato di me, sarà in grado di offrire un quadro, nei suoi aspetti positivi e negativi.
     
    PS: sono stato assente per un po’ perché inspiegabilemnte il mio cell non apre più il blog…

  2. Dove sono tutti quelli che si lamentano se qualcuno pianta uno spit perché deturpa irreparabilmente la montagna e che chiede a gran voce come ridurre o rendere inaccessibile la montagna a quei turisti sciacalli che sporcano puzzano e inquinano….. facile parlare e giudicare quando si ha la pancia piena …. purtroppo tutti quelli che hanno la soluzione semplice a portata di mano hanno anche una mente semplice che non gli permette di comprendere la complessità della vita reale..

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