Cirque du Pavé

Rovistare nei meandri del pc a volte fa affiorare documenti accantonati, la cui riscoperta risulta una bella sorpresa. E’ il caso di questo mio articolo di circa trent’anni fa, dedicato ad un luogo che mi sta particolarmente a cuore: il Cirque du Pavé, nel Delfinato settentrionale.

Sono un appassionato frequentatore del Delfinato, in tutte le stagioni dell’anno. Verso i miei vent’anni, questo massiccio è stato uno dei luoghi dove ho iniziato esperienza di grandes courses d’alta quota.

Foto di copertina dell’articolo sula Rivista della Montagna: il lago del Pavé con i suoi iceberg fluttuanti. Foto: Arch. Carlo Crovella.

Incastonato fra Grande Ruine e Meije, il circo sommitale del Pavè è impreziosito da un lago turchese dove piccoli iceberg fluttuano anche a estate inoltrata. Tutto è incastonato fra arcigne pareti e tormentati ghiacciai, che contribuiscono a rende l’atmosfera davvero magica. E’ un posto fuori dal mondo.

A rileggere oggi l’introduzione dell’articolo, salta subito all’occhio che il taglio poetico è esplicitamente rébufattiano: si trattava di una scelta sincera e genuina. Quello spirito caratterizzava fin dall’origine il mio peregrinare per i monti e, col tempo, si è consolidato in modo irreversibile.

Refuge du Pavé, base per tutte le salite nel Cirque omonimo. Foto: Arch. Carlo Crovella.

Sono passati diversi anni, ma lo spirito non è mutato. Chissà se un trentenne di oggi, incontrando me e mia moglie, percepisce le stesse sensazioni che elaborai io allora di fronte alla spensieratezza di una coppia non più giovanissima in giro per cime senza assilli? Mi piacerebbe molto se noi due, oggi, lasciassimo la stessa impressione di leggerezza che i due francesi mi trasmisero al Pavé.

Coppie così ne ho incontrate numerose al Pavé e non credo sia casuale la corrispondenza fra lo specifico contesto geografico e lo spirito delle persone che lo frequentano.

Spuntino al refuge du Pavé: spirito leggero e sorridente

In conclusione, una considerazione tecnica. L’articolo si concludeva con la segnalazione dei primi spit apparsi sulle pareti intorno al Pavé. Non a caso si trattava di un’iniziativa di Jean-Michel Cambon, nome che i frequentatori del Delfinato conoscono molto bene, considerate la sua attività nel massiccio.

Refuge du Pavé dopo una nevicata. Foto: https://refugedupave.ffcam.fr/home.html

La possibile evoluzione cui alludevo allora si è concretizzata nel corso di questi decenni, portando all’apertura di vie moderne anche su alte pareti “classiche” come la Sud del Pavé, ben cara a Rébuffat. Anche i grimpeur di ultima generazione, con l’unghia prensile che si aggancia anche sulle “cacchine di mosca”, troveranno validi motivi per fare una capatina al Pavé.

Una via di nuova generazione sulla parete sud del Pavé

Da un lato il Pavé è così bello che mi piace farlo conoscere affinché venga apprezzato da più persone possibili. Dall’altro la sua magia consiste proprio nell’essere un luogo isolato e poco battuto. In realtà penso che, da quelle parti, non ci sarà mai una folla incontenibile: troppo lungo l’avvicinamento, troppo spartana la location, troppo rude il contesto alpinistico circostante. Insomma è la montagna che piace a me: solo se condividete questo spirito, il Pavé vi apparirà un posto davvero magico. Altrimenti meglio dirigersi verso altri obiettivi (Carlo Crovella).

Il lago del Pavé e la parete nord della Grande Ruine. Foto: D. Grillet

Cirque du Pavé
di Carlo Crovella
(pubblicato su Rivista della Montagna n. 107, aprile 1989

Entrando per la prima volta nel Cirque du Pavé, si sa subito che si ritornerà: qualcosa s’agita dentro e, se è vero che l’alpinismo è innanzitutto un’avventura interiore, non si può negare che esistano luoghi privilegiati, dove l’evoluzione personale va in sintonia con l’ambiente. Il Pavé è uno di questi. Come ogni circo rispettabile, offre tre piste diverse: i couloir di ghiaccio, le vie d’arrampicata e le “grandes courses” in quota. Il centro di questo piccolo universo è costituito dal lago omonimo, nelle cui acque gelide e di un azzurro intenso si riflettono i contorni delle montagne. Poco distante sorge il rifugio, o meglio, la baracca degli operai che contribuirono alla costruzione del rifugio vero, distrutto di lì a poco da una valanga staccatasi dalle pendici del Pic Gaspard. Anche la storia alpinistica, qui, fa sognare: non è difficile immaginare Gaston Rébuffat mentre disegna la sua via sulla Sud del Pavé, e Gervasutti in procinto di attaccare la lunga galoppata in cresta al Pic Gaspard. Ogni anfratto del Cirque è intriso dalla magia delle leggende antiche. La sua essenza ti entra nelle ossa e si aggrappa alla tua anima proprio come gli speroni della Grande Ruine affondano le radici nelle profondità del ghiacciaio.

Così torno al Pavé almeno una volta all’anno; anzi, la stagione d’arrampicata non mi sembra completa senza la solita capatina da queste parti. Con gli amici, pochi, i più fidati, perché non è posto per grandi comitive: oppure con l’innamorata di turno, perché capisca cosa intendo quando affermo che andare in montagna non è soltanto un movimento meccanico. Ma spesso ci torno da solo, e allora mi limito a mettere i piedi sul ghiacciaio: magari, se il tempo è proprio bello, mi spingo fino al Col du Pavé per guardare la Sud della Meije. Quest’anno, al rifugio del Pavé ho conosciuto una coppia di alpinisti francesi di mezza età, con calzoni alla zuava e scarponi di cuoio. Provenivano da La Berarde e avevano salito la cresta ovest della Pointe des Aigles. Lei, un po’ più giovane del marito, a suo tempo doveva essere stata una ragazza splendida.

Sulla cresta nord-est del Pic Sud des Cavales.

La osservavo nei colori del tramonto, appoggiata con la schiena contro il rifugio, le gambe distese a catturare gli ultimi raggi di sole. E chiacchierando con lei, semplice ma ricca di entusiasmo, pensavo a certe mie coetanee incellofanate in pantacollant fosforescenti, magari capaci di volteggiare a occhi chiusi sul 7a ma deluse della via se il primo tiro di corda non comincia dal volante dell’automobile.

Ho rivisto la signora francese l’indomani, mentre mi stiracchiavo e cercavo di togliermi di dosso la malinconia notturna. L’ho osservata mentre agile, elegante e con un austero zaino blu sulle spalle, conduceva lungo le placche rugose della Pointe Emma. Sicuramente sorrideva, mentre i suoi occhi neri correvano a cercare gli appoggi adatti per la punta degli scarponi…

Lungo la via Voyage as pays de l’oxigéne rare sulla Sud del Pavé

Il Pavé, però, non è solo un luogo di riflessione, è anche terreno d’azione. Per tutti i gusti. Vediamo. Il couloir per eccellenza è quello che sbuca al Col du Diable: lungo e impegnativo, spesso ostruito da una cornice strapiombante. Necessita di una salita veloce, per via della possibile caduta di pietre. Meglio affrontarlo quando si presenta molto innevato, cioè in inizio di stagione. La discesa sull’altro versante è semplice e offre un punto d’appoggio vicino, il refuge Adèle Planchard.

Gli impallinati degli enchaînement possono collegare il Couloir du Diable con l’ascensione alla rocciosa parete sud della Roche Méane. Tuttavia le caratteristiche di quest’ultimo itinerario (TD, poco chiodato, con discesa delicata) consigliano di rimandarne la salita al giorno successivo, dopo un pernottamento al Planchard. Se siete dei ghiacciatori incalliti ma il Diable vi intimorisce, il Pavé offre altri due canali, l’Ange e, più a sinistra, i Chérubins che, simili al fratello maggiore però meno ripidi e impegnativi, rigano anch’essi la bastionata settentrionale della Grande Ruine. In ogni caso, bisogna mettersi in cammino nel cuore della notte, quando il freddo congela le pietre e anestetizza le paure.

Passerella alla base del lungo vallone verso il Cirque du Pavé (intuibile al fondo)

Se invece siete dei tipi “solari”, lasciate partire gli altri e attendete che la roccia si scaldi bene. Poi andate ad arrampicare sulle cime che circondano il rifugio, dimenticando lì gli zaini e il materiale da bivacco. Salirete come lucertole al sole e sarete di ritorno giusto per godervi il pomeriggio in riva al lago. La scelta non manca: dal Pic Sud des Cavales alla Pointe des Chamois, ogni vetta regala vie splendide di difficoltà classica. Spingendosi a valicare il Col du Clôt des Cavales, oppure il Col des Chamois, l’orizzonte si amplierà fino a comprendere le ascensioni alla cresta ovest del Pic Nord des Cavales o della Pointe des Aigles (per entrambe, una facile discesa sul versante Pavé). Ma non dimenticatevi di essere in alta montagna anche se l’andazzo pare da palestra: durante gli avvicinamenti una piccozza non rappresenta mai un eccesso.

Vi va, infine, l’ambiente “grandes courses”? C’è, innanzitutto, la parete sud del Pavé. 400 metri dove contano intuito e senso della via. Oppure la cresta sud del Pic Gaspard che, per lunghezza e impegno, può costringere al bivacco pur non mancando di scappatoie. E poi abbiamo la “piccola” traversata della Meije, che non deve essere vista come un ripiego modesto alla “grande”, quella cioè dal Promontoire al Bec de l’Aigle. La traversata completa Meije Orientale-Pavé-Pic Gaspard (descritta da Rébuffat in direzione Aigle-Pavé), non permette di scartare a priori la possibilità di un bivacco intermedio, perché si svolge su un terreno spesso delicato. Tuttavia dal refuge du Pavé si può accorciare il tragitto, raggiungendo la Meije Orientale dal Col du Pavé attraverso la Brèche Casimir Gaspard, su un terreno non difficile ma complicato. Dalla punta della Meije Orientale si può tornare alle auto passando per il refuge de l’Aigle e scendendo lungo il Glacier de l’Homme. «Une petite course himalayenne» la definisce Bruno, il custode del refuge du Pavé, e nel descriverla gli brillano gli occhi. Dall’azione, di nuovo alla riflessione. E se non vi andasse di muovervi, neppure un minimo? Restate a tirar sassi nel lago, a guardare le sagome delle montagne. Inutile dire che non sarà una giornata sprecata, arriveranno nuovi stimoli e altre idee per arrampicare. Qualcosa resterà nel cuore, perché il Pavé sembrerà appartenervi un poco, così come voi apparterrete un poco a lui.

La “prodigiosa” Meije: ecco la parete sud vista dalle vette che delimitano il Cirque du Pavé.

Un baedeker sul Pavé
Accesso. Il Cirque du Pavé si trova al termine del vallone omonimo, che costituisce una diramazione laterale della valle di Villar d’Arène (versante settentrionale del Delfinato).
Raggiunta Briançon attraverso il Monginevro, si risale la Valle della Guisane e si valica il Col du Lautaret. Sul versante opposto, si cala sino a imboccare il bivio segnalato per Le Pied du Col. Senza arrivare al paese, ma tenendosi lungo il torrente, si percorre la strada, prima asfaltata e poi sterrata, che si incunea nella valle.

Discesa a doppie lungo la cresta sud del Pic Nord del Cavales

Punto d’appoggio. Il refuge du Pavé 2840 m, di proprietà del CAF di Briançon, dispone di 26 posti. Normalmente è custodito per due mesi da luglio a fine agosto, ma i gestori sono disponibili, previa prenotazione telefonica, all’apertura in altri periodi per gruppi sufficientemente numerosi. In questo 2021 il rifugio sarà custodito il weekend del 20 giugno e poi in continuità a partire dal 27 giugno. A causa di un problema tecnico i custodi pregano di contattare il rifugio unicamente per telefono 09 71 72 98 72 tra le ore 8 e le ore 19; al di fuori di questi orari, pregano d’inviare una mail a refugedupave@ffcam.fr.
La custode è Sophie Loos, https://refugedupave.ffcam.fr/home.html.
Quando non è gestito, il rifugio resta aperto, però non dispone di gas né di altro materiale da cucina. Per accedervi, da Le Pied du Col si segue la mulattiera diretta al refuge de l’Alpe du Villar d’Arène fino al bivio (palina segnaletica) dove si stacca il sentiero che, in un primo momento, è in comune col tragitto al refuge Adèle Planchard. Percorso per intero l’esteso Pian de l’Alpe, si arriva vicino alle sorgenti della Romanche Si attraversa il torrente su un ponticello caratteristico a quota 2050 per risalire il vallone del Pavé lungo una morena a schiena d’asino fin sotto la bastionata che sorregge il lago. Le ripide barre di roccia sottostanti il rifugio sono attrezzate con un cavo metallico. In alternativa, si può proseguire sul sentiero verso il Col du Clôt des Cavales, abbandonandolo a quota 2910 m e raggiungendo il rifugio con un traverso in leggera discesa.

La cresta che dalla Grande Ruine si estende fino alla Meije: il Cirque du Pavé si trova a destra dello spartiacque

Guide e carte
Lucien Devies, François Labande, Maurice Laloue, Le Massif des Écrins, vol. I e II. Arthaud, Parigi 1976;
Gaston Rébuffat, Le cento più belle ascensioni nel Massiccio degli Écrins, Zanichelli, Bologna 1978;
Didier & Richard 1:50.000 n.6, Parc National des Écrins;
IGN 1:25.000 f.241, Meije-Pelvoux.

Il carnet delle salite
Non si tratta di una radiografia sistematica del campo d’azione che s’incontra al Pavé, bensì di una lista veloce delle possibilità offerte da questo vallone. Le relazioni dettagliate degli itinerari proposti si trovano nei testi citati in bibliografia.

Canaloni
1 – Col du Diable, D, 600 m con passaggi a 50°, forti pericoli oggettivi. Occorre uscire non dopo le 7 del mattino.
2 – Col de l’Ange, AD, 400 m.
3 – Brèche des Chérubins, AD, 300 m.

Arrampicate
1 – Pic Nord des Cavales, cresta sud, via normale e di discesa, PD+; parete est, Voie du Génépi, TD, consigliata e ben chiodata; via Tomoz, TD-, meno attraente, poco chiodata; cresta ovest, D, classica.

In sosta sulla cresta occidentale del Pic Nord des Cavales. Foto: S. Carabelli.

2 – Pic Sud des Cavales, cresta nord-est, D, consigliata. La discesa si effettua lungo la cresta sud al Col de la Grande Ruine.

3 – Pointe Emma, l’unico itinerario consigliato è l’attraente Voie des Dalles, D, sulla parete est. La discesa avviene per la cresta sud sino a un piccolo intaglio, e poi lungo una cengia (neve in inizio di stagione) sul versante sud-est.

4 – Pointe des Chamois, cresta nord, AD+ con alcuni passi atletici (fessure). La discesa è elementare, lungo la via normale.

5 – Pointe des Aigles, cresta ovest, D, classica. La discesa si effettua sul Col des Chamois e di qui al rifugio.

Grandi salite
1 – Le Pavé, parete sud, via Rébuffat, TD, 400 m, roccia buona a patto che non si esca dall’itinerario. Le varianti sono invece più impegnative e su terreno meno compatto. La discesa avviene sul versante ovest (ed è definita “merdique” dagli autori francesi) fino al Col du Pavé. Di qui si ritorna facilmente al rifugio.

La parete nord della Grande Ruine. Al centro il Couloir du Diable. Foto: Arch. Carlo Crovella.

2 – Pic Gaspard, cresta sud, via Gervasutti. TD, 1100 m, tempi secondo l’allenamento personale (8-10 ore se non di più). La discesa è delicata, prima sul versante est e in seguito lungo il Vallon Claire.

3 – Traversata della Meije Orientale: dal Col du Pavé si raggiunge la Brèche Casimir Gaspard (si tratta della prima brèche a nord-ovest del Pavé, sulla cresta che da quest’ultimo va alla Meije Orientale) su terreno non difficile ma complicato, che deve essere sgombro dalla neve. Un’ascensione, dunque, da affrontare non prima della fine di luglio. Dalla brèche, lungo la cresta est, si guadagna la Meije Orientale. La discesa è lungo la via normale fino al refuge de l’Aigle. Si ritorna infine a Le Pied du Col per il crepacciato Glacier de l’Homme.

Il lago del Pavé e la parete nord della Grande Ruine

4 – Anello Col du Pavé-Col du Clôt des Cavales: itinerario d’alta montagna, ma decisamente meno impegnativo del precedente, con pernottamento intermedio al refuge du Châtelleret. Il Glacier des Etançons, che si affronta in discesa dal Col du Pavé, è molto crepacciato. La risalita al Col du Clôt des Cavales, si svolge in ultimo lungo un incassato canale detritico, con possibile caduta di pietre. Dal colle si può preventivare l’ascensione al Pic Nord des Cavales per la cresta sud.

Una svolta?
Dall’agosto dello scorso anno (1988, NdR), anche nel Cirque du Pavé hanno cominciato a brillare gli spit. Jean-Michel Cambon, di Briançon, ha realizzato infatti Traffic, un itinerario sulla parete est del Pic Nord des Cavales, aperto con 40 spit e valutato TD+/ED- dal primo salitore. Si attende, come è ovvio, una ripetizione per confermarne le difficoltà. Un capitolo nuovo si sta forse aprendo nella storia del Cirque du Pavé?

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Cirque du Pavé ultima modifica: 2021-06-17T05:25:00+02:00 da GognaBlog

2 pensieri su “Cirque du Pavé”

  1. L’Oisans, o Massif des Ecrins, è magico e chi viene conquistato dalla sua atmosfera non si stacca più. E’ necessario però adeguarsi a quello che gli specialisti del Gruppo definiscono “Stile Oisans” che significa: valloni lunghi e selvaggi che ti costringono ad avvicinamenti infiniti, pareti Nord altissime e severe dove trovi di tutto, compresi tratti di roccia molto delicata e spesso pietre volanti, pareti sud di un granito particolare ove a volte è difficilissimo trovare fessure per assicurarsi, discese spesso laboriose. Chi non ama la fatica e scala solo per divertirsi non vada nel Grande Oisans.
    Ai miei tempi sono stato completamente conquistato dall’ambiente e dallo stile “Oisans” e sulle grandi pareti di questo massiccio ho vissuto molte delle mie più belle avventure alpinistiche. 

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