L’illustrazione dei primi undici di questi tredici “tipi” è stata possibile grazie al lavoro incredibile di Bob A. Schelfhout Aubertijn che nei suoi album ha raccolto migliaia di immagini di scalatori, vedi Bob A. Schelfhout Aubertijn su facebook: anche se lui modestamente dice che tutto il merito è di Eberhard Jurgalski e del suo sito www.8000ers.com.
Il britannico Alexander (Alex) MacIntyre, nato il 5 aprile 1954, salì il Dhaulagiri I nel 1980 e lo Shisha Pangma nel 1982. Morì colpito da una scarica di sassi nello stesso anno sull’Annapurna, all’età di 28 anni. Nella foto, da sinistra, Wojtek Kurtyka, Krzysztof Zurek, John Porter e Alex MacIntyre nell’ottobre 1978 al ritorno dalla loro splendida via nuova sul Changabang. Foto: Jozef Nyka.
Il basco Juan Eusebio (Juanito) Oiarzabal, nato il 30 marzo 1956, salì il Cho Oyu quattro volte (1985, 2002 e due volte nel 2003), il Gasherbrum II due volte (1987 e 2003), il Nanga Parbat nel 1992, l’Everest due volte (1993 e 2001, questa senza ossigeno), il K2 due volte (1994 e 2004), il Makalu due volte (1995 e 2008), il Broad Peak nel 1995, il Lhotse due volte (1995 e 2011), il Kangchenjunga due volte (1996 e 2009), il Gasherbrum I due volte (1997 e 2003), il Manaslu due volte (1997 e 2011), il Dhaulagiri I e lo Shisha Pangma nel 1998 e l’Annapurna I due volte (1999 e 2010). Il suo sogno sarebbe stato quello di salire tutti e 14 gli Ottomila due volte, di cui una senza ossigeno.
Il brasiliano Waldemar Niclevicz, nato il 12 marzo 1966, ha salito l’Everest due volte (1995 e 2005), lo Shisha Pangma e il Cho Oyu nel 1998, il Gasherbrum II nel 1999, il K2 nel 2000, il Lhotse nel 2002 e il Makalu nel 2008. Ha anche terminato nel 1997 la versione Carstensz delle Seven Summits e nel 2006 la versione Kosciuszko.
Lo svizzero Jean Troillet, nato il 10 marzo 1948, salì il K2 e il Dhaulagiri I nel 1985, l’Everest nel 1986, il Cho Oyu e lo Shisha Pangma Central-Peak nel 1990, il Makalu nel 1991, il Lhotse nel 1994, il Kangchenjunga nel 1995 e i Gasherbrum I e II nel 2007.
Lo svizzero Fritz Luchsinger, nato l’8 marzo 1921, assieme a Ernst Reiss, fece la prima ascensione del Lhotse 8516 m, la quarta montagna più alta al mondo, il 18 maggio 1956. In seguito salì il Dhaulagiri I nel 1980, per poi morire allo Shisha Pangma nel 1983, all’età di 62 anni.
L’americano William Francis (Willi) Unsoeld fece la prima ascensione del Masherbrum nel 1960. Con Tom Hornbein fu in vetta all’Everest (22 maggio 1963) dopo la leggendaria salita della cresta ovest con successiva discesa sulla cresta sud-est. In seguito diresse i Peace Corps in Nepal, fu portavoce dell’Outward Bound, faculty member all’Oregon State University e al The Evergreen State College, nonché guida alpina. Durante una salita invernale al Mount Rainier una valanga gli tolse la vita il 4 marzo 1979.
Il tedesco Fritz Wiessner, nato il 26 febbraio 1900 e tra i più cazzuti e leggendari alpinisti al mondo, diresse la spedizione americana del K2 del 1939, raggiungendo assieme a Pasang Dawa Lama la quota di 8382 m senza usare ossigeno. Precursore del sesto grado sulle prealpi calcaree austriache, si trasferì in America nel 1929 e lì aprì vie nuove un po’ dappertutto, Cannon Mountain, the Adirondacks, Devils Lake, the Tetons, e Mt. Waddington. Rifiutava di fare da secondo di cordata a chiunque. Reinhold lo ha definito il “pilastro” dell’alpinismo del XX secolo. Morì nel 1988, all’età di 88 anni.
I polacchi Krzysztof Wielicki e Leszek Cichy (a destra), qui ritratti e festeggiati, furono i primi a salire l’Everest d’inverno (17 febbraio 1980), nella spedizione diretta da Andrzej Zawada.
Il tedesco Toni Kinshofer (a sinistra, qui ritratto con Walter Almberger durante la prima ascensione invernale della Nord dell’Eiger, assieme a Toni Hiebeler e Anderl Mannhardt) era nato il 16 febbraio 1931. Nell’epica prima invernale dell’Eigerwand (6-12 marzo 1961) fu lui in testa alla cordata per la maggior parte del tempo. Il 23 giugno 1962 fu il primo dei tre alpinisti della spedizione tedesca ad arrivare in cima al Nanga Parbat (seconda ascensione) dopo averne vinto il versante Diamir con Sigi Loew e Anderl Mannhardt. Avevano bivaccato oltre quota 8000 m durante la discesa. Una ritirata terribile, nella quale Loew (quello che aveva salito la Diretta alla Nord della Cima Grande di Lavaredo assieme a Lothar Brandler, Joerg Lehne e Dietrich Hasse) scivolò e cadde mortalmente, mentre Mannhardt e Kinshofer ebbero varie amputazioni a dita di mani e piedi. Oggi la via è chiamata giustamente via Kinshofer, la stessa seguita da Simone Moro e compagni per la loro recente prima invernale alla montagna. Kinshofer trovò la morte a 30 anni nel 1964 cadendo nella zona di Battert, vicino a Baden-Baden, nella Foresta Nera.
I gemelli americani James W. (Jim) e Louis W. (Lou) Whittaker erano nati il 10 febbraio 1929. Jim è stato il primo americano a salire sull’Everest (1 maggio 1963, con Nawang Gombu Sherpa).
Il russo Aleksey Bolotov, nato il 20 gennaio 1963, salì il Makalu nel 1997, l’Everest due volte (1998 e 2002), il Lhotse Central-Peak nel 2001, il Dhaulagiri I nel 2005, il Cho Oyu nel 2006, il K2 nel 2007, l’Annapurna I nel 2008, il Manaslu nel 2009, i Gasherbrum I e II nel 2010 e il Kangchenjunga e il Broad Peak nel 2011. Non fu tra quelli che ne raggiunsero la vetta, ma Bolotov fu colonna portante nella famosa Diretta russa alla Nord dello Jannu (2004).
Royal Robbins a Camp 4, Yosemite Valley
Dan Osman sale a jumar su El Capitan.
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Molto interessante!
La storia dell’alpinismo mi ha sempre affascinato tantissimo: una storia di uomini che hanno sognato e lottato. Spesso sono caduti nel tentativo di realizzare i propri sogni. Ma hanno seguito la loro strada.
Comunque li si voglia giudicare, sono stati uomini fuori dell’ordinario.