Colpa della sinistra se l’Occidente è in declino

Colpa della sinistra se l’Occidente è in declino
(e ora lo ha capito anche l’establishment)
di Antonio Socci
(pubblicato su liberoquotidiano.it il 23 gennaio 2025)

Che la presidenza Trump chiuda un’epoca e ne apra una nuova, molto diversa, in America e nel mondo, è ormai convinzione unanime. Ma è Trump che ha “creato” questa nuova America “conservatrice”, oppure è la realtà dell’America profonda che – di fronte al fallimento del ciclo storico che va da Clinton a Biden – ha colto al volo il “fenomeno Trump”, capace di interpretare i sentimenti e i bisogni della gente, per cambiare radicalmente strada? La prima è la spiegazione di coloro (anche gran parte delle cancellerie europee) che continuano a disprezzare il voto degli americani e si rifiutano di riconoscere gli errori e il fallimento dell’epoca finita con Biden e Harris.

Non vedono la crisi mortale dell’Occidente e, ritenendo quello “progressista” e woke il regno del Bene, possono demonizzare Trump come il pericoloso artefice del Male (la tecno-destra e tutto il resto). La seconda spiegazione è ovviamente quella dei sostenitori di Trump.

Ma – e questa è la novità – è fatta propria anche da molti che non simpatizzano per lui personalmente, tuttavia riconoscono che si era in un vicolo cieco a causa di errori colossali e scelte ideologiche che hanno prodotto grande instabilità sociale e caos geopolitico, privando l’Occidente della leadership mondiale.

È il caso di un consistente pezzo di establishment americano che, a differenza della prima presidenza Trump (2016-2020), ora si è schierato con il nuovo presidente (o comunque non più contro).

Questo “allineamento” è la più importante novità della seconda presidenza Trump. E non si può banalmente liquidare come “opportunismo” (il ritornello che ripetono certi media), tanto è vero che non si verificò nel 2016. L’establishment semplicemente riconosce che la realtà prevale sull’ideologia. La correzione di rotta delle élite è un fenomeno che sta cominciando anche da noi.

Un esempio è il recente libro intervista di Franco Bernabè (con Paolo Pagliaro), In trappola. Ascesa e caduta delle democrazie occidentali (e come possiamo evitare la Terza guerra mondiale), edito da Solferino.

Bernabè è definito nell’introduzione «Manager italiano cosmopolita, unico occidentale per anni nel board del più importante gruppo petrolifero cinese». Ha ricoperto ruoli significativi all’Ocse e alla Fiat, è stato amministratore delegato di Eni e Telecom e ha fatto parte del direttivo del Bilderberg.

È significativo che il suo libro sia uscito nell’ottobre scorso (quindi prima delle presidenziali Usa) e che Bernabè non manifesti affatto simpatia personale per Trump (o per i cosiddetti “sovranisti”). Eppure la sua analisi fa capire perché la realtà dei fatti ha portato a Trump.

Il primo capitolo del libro s’intitola “Un disastro iniziato con Clinton”. Bernabè spiega cos’è accaduto dopo il crollo del comunismo: «La presidenza Clinton (dal 1992 al 2000, ndr) è stata uno spartiacque tra il vecchio e il nuovo mondo. Ma nel senso opposto a quello che sostiene la vulgata progressista. Io penso che con Clinton sia cominciato il declino dell’Occidente e soprattutto il declino della democrazia».

Bernabè imputa al Dem Clinton quattro scelte strategiche dalle conseguenze devastanti: «Quattro filoni di intervento che poi hanno segnato profondamente le politiche degli altri governi occidentali: la liberalizzazione dei mercati finanziari, la totale deregolamentazione della tecnologia, lo smantellamento dei meccanismi di protezione sociale introdotti da Roosevelt e l’ammissione della Cina al Wto».

Per esempio: «Uno degli ultimi atti di Clinton è stato il via libera all’accesso della Cina al Wto con lo status di nazione in via di sviluppo, status che Pechino pretende ancora oggi. E che ha portato la Cina, che allora aveva un Pil di 1300 miliardi di dollari, ad aumentarlo praticamente di quindici volte, diventando la manifattura del pianeta. Oggi la Cina produce metà dell’acciaio del mondo, metà del cemento, metà dei fertilizzanti. Assieme all’India, produce i principi attivi per moltissimi medicinali salvavita. Ed è diventata un gigante tecnologico, che sfida gli Stati Uniti anche su questo terreno».

Le conseguenze sociali per gli Usa e l’Europa sono state colossali. Dice Bernabè: «Trump in un discorso ai lavoratori di Pittsburgh ha sintetizzato con queste parole l’esperienza della liberalizzazione del commercio internazionale: “La globalizzazione ha arricchito l’élite finanziaria che finanzia i politici ma ha lasciato a milioni dei nostri lavoratori niente altro che la povertà”».

Non solo. Spiega Bernabè: «Il Commodity Futures Modernization Act (di Clinton, NdR)» è una «legge di liberalizzazione dei mercati finanziari che» con un’altra «è poi all’origine della crisi del 2008. È proprio il Commodity Futures Modernization Act, infatti, che apre la strada alla crisi dei subprime, la più grave crisi finanziaria subita dall’Occidente dopo il 1929».

«Eppure» osserva l’intervistatore «Clinton e le sue politiche sono ancora un punto di riferimento molto forte per governi e partiti progressisti. Come te lo spieghi?».

Risposta di Bernabè: «Dovrebbero spiegarlo loro… il risultato della trasformazione genetica del capitalismo avviata a partire dalla presidenza di Clinton è sotto gli occhi di tutti: a più di vent’anni di distanza, osserviamo un’enorme crescita del malessere in tutto l’Occidente, con dei fenomeni che mai ci saremmo aspettati di vedere».

La strada presa da Clinton – aggiunge- «ha innescato paradossalmente il declino dell’Occidente. Determinando, tra le altre cose, l’impetuosa avanzata della Cina. Parte da Clinton e viene amplificato da Tony Blair e dai teorici della terza via il processo di involuzione dell’Occidente che porta alla crisi di oggi: l’idea che si possa fare a meno della manifattura e che al centro del sistema economico ci siano la finanza e la tecnologia, l’idea che i diritti civili siano più importanti dei diritti economici sui quali è stata costruita la storia dei partiti progressisti».

Bernabè solleva dubbi pure su altre bandiere ideologiche del trentennio progressista: la UE («C’è una contraddizione di fondo tra il livello dell’utopia e il livello della realtà») e il clima («C’è il rischio che in Occidente un certo dogmatismo climatico, una ‘isteria’ sul pericolo rappresentato dalle fonti fossili, possa essere all’origine non solo di una diminuzione del benessere ma anche di una crisi del modello democratico»).

Certo, Bernabè parla da manager e gli sfuggono altri aspetti (per esempio i problemi sociali posti dall’immigrazione). Tuttavia è chiaro che è finita l’epoca delle follie ideologiche progressiste e s’impone un sano realismo.

Come dice Trump, torna il “buon senso”.

Il commento
di Carlo Crovella

Questo articolo rappresenta un’interessante disanima delle “cause” che hanno innescato il declino dell’Occidente. Un declino ormai inarrestabile perché l’ascesa economica (e poi anche geopolitica) della Cina e degli altri player un tempo collaterali si traduce nell’inevitabile deindustrializzazione dell’Occidente, in particolare dell’Europa. Infatti fra Occidente ed economie antagoniste (Cina, India, ecc.) è troppo elevato, oggi, il differenziale di costi di produzione (in particolare quelli del lavoro), mentre si contrare sempre più lo scarto qualitativo dei prodotti finali, per cui c’è sempre meno convenienza ad acquistare gli output occidentali (europei in particolari), i cui prezzi finali sono troppo elevati.

Un Occidente sempre più povero, o, meglio, sempre meno ricco (specie a livello di risorse finanziarie pubbliche da destinare ai servizi), ha diffuso nella sua popolazione la progressiva sensazione di insicurezza, trend che ha registrato un’accelerazione esponenziale negli anni della pandemia. Si è rotto un argine: sono ormai sotto gli occhi di tutti le inarrestabili richieste della popolazione occidentale di maggiori “sicurezze”: meno immigrazione, meno tasse, meno costi connessi alle politiche green e, invece, più sicurezza interna, più copertura militare e una politica estera più protagonista e anche più aggressiva.

Ecco il meccanismo che sta alimentando quella che io chiamo “la svolta a destra dell’Occidente”. Interessante leggere la tesi (qui esposta da un manager di lungo corso come Franco Bernabè, non certo accreditato fra gli espliciti sostenitori della destra politica) per cui l’origine di tutto ciò è ascrivibile alle politiche di sinistra varate addirittura trenta anni fa: come sostiene il detto popolare, “il troppo stroppia” e l’ effetto boomerang di quelle politiche di allora (eccessive in una direzione) determina, oggi, una sorta di pena del contrappasso per la sinistra occidentale.

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22 pensieri su “Colpa della sinistra se l’Occidente è in declino”

  1. Il triangolo che mi era venuto srivendo il 16, e che è stato mezzo cancellato da un malaugurato colpo di mouse, e’: democrazia-stato di diritto-benessere (economico in primis, ma anche welfare, servizi, assistenza, cultura, istruzione ecc). Penso che sia la sintesi dell’Occidente, quella cui i non occidentali ambiscono (cercando di rubarci queste cose), ma anche ciò che il cittadino occidentale medio non ha nessuna voglia di condividere con i terzamondisti. Infatti in giro per l’Occidente io non ne vedo tante di “Madri Terese di Calcutta”, anzi.

  2. Fabio.
    1) Articoli e commenti sono due fattispecie completamente diverse. Te l”ho spiegato mille volte. Gli articoli ssonoassimilabili testi ufficiali e professionali, come perizie e responsi di lavoro. Al contrario i commenti sono momenti di distrazione mentre lavoro o, come adesso, alla sera in pieno relax. Se in questo momento stessi telefonando non mi preoccuperei se mi scapozssero cose tipo “a me mi” (anche se pure.il mio.lunguaggio verbale è in genere molto curato). In ogni caso rivendico il mio diritto di commettere refusi di battiturased errori senza esser infastidito in merito (se leggi i commenti di altri, spesso contengono veri errori grammaticali o di sintassi…, per cui se applicassimo criteri di severità, almeno la metà dei commenti totali verrebbe cancellata). Na il punto e un.po diverso: anche i miei refusi fanno parte della mia libertà di espressione, per cui, se escono inavvertitamente, ci sono affezionato.
     2) Non è vero che esiste sempre una perfetta traduzione italiana dei termini inglesi. Inoltre spesso questi termini inglesi hanno ormai assunto una valenza internazionale, che li estrae dal dizionario spicviolo e li rende unici e universali (cmq immediatamente comprensibili da tutti). Prova a prenotare un hotel su internet e verificherai che location e accomodation sono ormai parte del linguaggio burocaratio, direi addorittura del linguaggio quotidiano. Non credo che si usino più i teorici corrispondenti italiani come struttura e soggiorno o cose del genere ecc. In ogni caso, pur essendo io un cultore della lngua italiana (nelle opportune sedi), se mi gira in quel momento di usare un termine inglese, rivendico il mio incontestabil diritto di farlo senza esser infastidito in merito.
     
    Entrambe queste cose te l’ho già spiegate almeno 1000 volte, per cui ti prego di memorizzarle in modo irreversibile: per favore non torniamo più sopra ‘ste scemenze… Di grane e di rogne “vere” ne abbiamo fin sopra ai capelli, non inventiamocene di collaterali, dai…

  3. P.S.: il tuo #17 mi risulta incomprensibile…comunque il triangolo è al massimo l’emblema dei massoni, non dell’Occidente!

  4. Potresti anche avere ragione. Questo è il problema.
    Le risorse sono finite.
    Meno di un quarto della popolazione. in diminuzione, anche armandosi fino ai denti può sperare di assoggettare il restante al massimo con un orizzonte di 30-40 anni.
    Probabilmente di meno, considerando che armarsi fino ai denti significa diminuire significativamente il proprio benessere e il proprio standard di vita.

  5. ———  APPELLO  A  CARLO  ———
    Carlo, tu conosci bene la lingua italiana. Lo provano i tuoi articoli. 
     
    Prima di pubblicare i commenti, rileggili! Correggi gli errori! Sono errori di battitura, provocati dalla fretta. Già lo fai per gli articoli; perché non per i commenti?
    E, per favore, evita le parole inglesi, se esiste il traducente italiano.
    Grazie. 

  6. nel 16 è saltata una cancellazione:
    siaprincipi sono i vertici di un triangolo che è l’emblema dell’Occidente: se ne distruggi uno dei tre, crollano anche gli altri due).

  7. Con 8 miliardi di umani (tendenti a 10 nel giro di pochi decenni), tutti su un pianeta che è ormai allo stremo e viene stremato anno dopo anno, è materialmente impossibile che TUTTI vivano “bene”, cioè far vivere tutti secondo gli standard occidentali, siaprincipi sono i vertici di un triangolo che è l’emblema dell’Occidente: se ne distruggi uno dei tre, crollano anche gli altri due).
     
    Per cui delle due l’una: o, come dei “buona samaritani 2.0”, tagliamo il mantello del nostro stile di vita e, imporerendoci, regaliamo la seconda metà del nostro mantello ai terzomondisti, oppure noi continuiamo a vivere negli agi e nella tranquillità (tipici del modello occidentale). ma non si estinguerà il differenziale con il Terzo Mondo (anzi sarà destinato a incrementare, per ovvie ragioni matematiche, visto che demograficamente loro aumentano a vista d’occhio on un mondo in cui le risorse non rinnovabili, per definizione, si riducono).
    Tertium non datur: cioè l’ipotetica terza via (cioè quella di un’evoluzione economico-sociale-politica dell’intero pianeta, per cui noi occidentali continuiamo a stare bene secondo i nostri standard e i terzomondisti migliorano la loro situazione fino a vivere come viviamo noi) è materialmente IMPOSSIBILE, specie con questi numeri demografici, ma io credo anche con loro numeri complessivi molto inferiori.
     
    Io sono schietto, anche se spietato: fra le due ipotesi sul tavolo (sopra citate), io non ho alcuna esitazione a preferire la seconda ipotesi, cioè che noi occidentali continuiamo a vivere secondo i nostri standard anche se questo rende impossibile al resto del mondo di migliorare strutturalmente il tenore di vita. Ma cmq mi pare che nessuno in Occidente (neppure i “buoni samaritani a parole”) all’atto pratico tagli davvero il suo mantello in due per dare la seconda metà al Terzo Mondo… Per cui, almeno io sono schietto e coerente e dico che gli Occidentali, in stragrandissima maggioranza, preferiscono che l’Occidente mantenga la sua superiorità, cioè che si continui così, a costo di riempirci di carriarmati per alimentare l’effetto deterrenza e magari di usarli se ci minacciano.

  8. Io non comprendo perché chi crede in queste cose talmente assurde, non inizia a praticarle a titolo personale.

    Viviamo in un’epoca in cui si moltiplicano le dichiarazioni d’impegno, le prese di posizione morali, i post indignati, i reel di denuncia. Ma tutto questo attivismo si consuma quasi sempre nello spazio ovattato dei social network, dove ogni gesto è simbolico, e nessun vero sacrificio è richiesto, un impegno diventato virtuale, privo di tempo reale. Perché nessuno rinuncia alla comodità del tempo libero, alle proprie ambizioni personalistiche, spesso futili e declinate in chiave puramente edonistica? Perché si accetta così facilmente che ogni forma di militanza debba piegarsi ai ritmi del benessere individuale, della “self-care”, della leggerezza a tutti i costi?
    La verità è che ci siamo rammolliti. Abbiamo interiorizzato l’idea che il massimo gesto politico oggi sia indignarsi, e subito dopo distrarsi. Che si possa denunciare un sistema senza mai smettere di beneficiarne. Questo vale per i giovani, ma anche — e forse soprattutto — per la generazione dei pensionati di oggi, quella che ha vissuto la povertà, la ricostruzione, le lotte sociali, e che poi si è comodamente adagiata nel benessere diffuso, dimenticando da dove viene.
    I giovani, invece, sembrano figli di questo svuotamento, cresciuti in un mondo che non chiede più nulla di scomodo. Le narrazioni dominanti li esortano ad accettarsi, ad ascoltarsi, a non confrontarsi con gli altri, come se ogni confronto fosse una violenza e ogni fatica una forma di oppressione. “Stai bene con te stesso”, “Non devi dimostrare nulla a nessuno”, “Meriti il tuo spazio, la tua felicità, il tuo tempo”. E così, ci si rifugia nella comfort zone dell’identità, dove ogni frizione con l’esterno è evitata, ogni alterità è temuta, e il mondo finisce dove inizia lo specchio.
    Questa deriva iper-egocentrica, che si maschera da progresso, sta lentamente rivoltando l’Occidente su sé stesso, fino a svuotarlo. Alla perdita di mordente interiore si aggiungono poi le conseguenze strutturali: la deindustrializzazione, la fine del lavoro come esperienza collettiva e trasformativa, la transizione verso un’economia di servizi che spesso serve solo sé stessa. Ci stiamo trasformando in un continente che consuma senso, ma non lo produce più. Si tratta di prendere atto di una perdita: di fame, di lotta, di ambizione collettiva.

  9. “Sono un convinto sostenitore della superiorità (morale, etica, ideologica) dell’Occidente”
    Questo rassicura molto i sostenitori della responsabilità dell’Occidente.
     
    “tale superiorità ci metteva al riparo da ogni rischio finto che disponevamo anche della superiorità economica e, quindi, militare.”
    La superiorità, sia economica che militare è al momento ancora assoluta e di almeno un ordine di grandezza (basta saper far di conto).  
     
    “in realtà tale trend è stato preparato in precedenza da politiche “estensive dei diritti” che, portando la situazione debitoria dell’occidente a essere insostenibile, hanno innescato quelle crisi”
    Questa poi è la ciliegina sulla torta (di vacca) del ragionamento. 
    Il “trend” è iniziato quando le industrie occidentali avendo raggiunto la saturazione del proprio mercato (sia delle merci che del lavoro; quello che ho definito agire considerare infinito un sistema finito).
    Hanno quindi pensato che per mantenere il proprio margine di profitto avrebbero dovuto spostare all’estero le produzioni a basso valore aggiunto, pericolose per gli uomini e ad alto impatto ambientale, propagandando come verità indiscussa e articolo di fede che questo fosse il bene per le persone e per l’ambiente (libero scambio, libertà di commercio). Di fatto imponendo una colonizzazione tramite imposizioni (=ricatti) economiche e non di rado azioni militari.
    Quello di cui non si è voluto (1) tener conto e che i paesi vittime della neocolonizzazione non sono affatto formate da persone inferiori e tantomeno da imbecilli e che semplicemente hanno imparato e si sono messe a giocare anche loro lo stesso gioco. In particolare i cinesi -grande babau degli americani- ma anche indiani e brasiliani. Essendo il mondo intero anche lui comunque finito ed essendo il rapporto tra occidente e resto-del-mondo di circa 1 a 4 non è difficile ipotizzare come può andare a finire per l’occidente se continuiamo su questa strada.
    Posto ovviamente che l’ambiente non dia prima una bella regolata a tutti.
     
    Nota 1: ho scritto “non si è voluto” ma forse avrei dovuto scrivere “non si è potuto”, perché temo che il pregiudizio al fondo razzista circa l’indiscussa superiorità si alquanto inscritta nei cervelli occidentali

  10. Sono un convinto sostenitore della superiorità (morale, etica, ideologica) dell’Occidente, ma tale superiorità ci metteva al riparo da ogni rischio finto che disponevamo anche della superiorità economica e, quindi, militare. Cioè dino  quando abbiamo comandato il mondo. Lo scavallamento dello spartiacque storico è avvenuto fra il 2000 e il 2010, con le ripetute crisi finanziarie occidentali, ma in realtà tale trend è stato preparato in precedenza da politiche “estensive dei diritti” che, portando la situazione debitoria dell’occidente a essere insostenibile, hanno innescato quelle crisi. E’ anche la teso di Bernabé.  A tali crisi è poi corrisposto, per casualità storica, il definitivo consacramento delle nuove grandi potenze mondiali (economiche e quindi anche militari) come la Cina, un certo mondo musulmano (quello “non filo-occidentale”, ovviamente), prospetticamente anche l’India, con l’aggiunta della riproposizione imperilista della Russia di Putin. A questo punto, se noi occidentali vogliamo continuare a beneficiare dei nostri privilegi (il tenore di vita, il welfare, i servizi, la sicurezza o semplicemente vivere in un sistema più evoluto) dobbiamo “difenderci” dagli assalti alla diligenza, che il resto del mondo porta all’Occidente. Altro che esportare privilegi e diritti al resto del mondo! 
     
    E poi non si capisce come dovremmo espiare le colpe (nostre o dei nostri avi, poco rileva): flagellandoci quotidianamente? mangiando un solo pasto al giorno e spedendo il secondo pasto ai negretti del Congo? Tassandoci in modo aggiuntivo per spedire soldi ad afghani, bengalesi e nigeriani? Ospitandoli direttamente nelle nostre comode e tecnologiche dimore occidentali? Baciandoli in bocca, uno a uno, che tanto siamo tutti fratelli? Imprestando auto, portafoglio, casa, moglie ai terzomondisti per compensare le angherie a loro inferte dai nostri nonni?
     
    Io non comprendo perché chi crede in queste cose talmente assurde, non inizia a praticarle a titolo personale. Quando vi vedrò ospitare una famiglia di “terzomondisti” direttamente a casa vostra (rifocillandoci quotidianamente e garantendo lo stesso stile di vita che caratterizza voi e i vostri familiari), solo allora vi riconoscerò credibilità. Sennò siamo alla presa in giro elevata a sistema: volete imporre a tutti gli occidentale cose che neppure voi, a titolo individuale, avete voglia di fare…

  11. “preferisco essere cittadino”
     
    Ma non c’è dubbio!
    Sopratutto considerando cosa ha combinato l’Occidente in Afghanistan, Sudan o Iran, Congo, Burundi o Liberia, in Cina e financo in Corea del Nord e Giappone, peraltro. E non solo.
    Ma questo non significa che io approvi e giustifichi quello che abbiamo fatto e accetti o voglia essere complice di quello continuiamo a fare in quei posti e altrove

  12. Checché se ne dica – e nonostante i difetti – preferisco essere cittadino dell’Occidente (compresi Corea del Sud, Giappone, Singapore, ecc.) anziché mussulmano in Afghanistan, Sudan o Iran, ne(g)ro in Congo, Burundi o Liberia, cinese nella Cina Popolare, coreano in Corea del Nord, suddito di qualche sultanato con sharia, vittima di Maduro, sovietico all’epoca dell’URSS, ecc.

  13. Si certo, ma 
    l’occidente ha causato le guerre più sanguinose e devastanti conosciute
    l’occidente a inventato il genocidio, il razzismo e il colonialismo
    l’occidente vuole imporre a tutti la sua democrazia, imponendola col ricatto e con le armi (e riservandosi il diritto di decidere fino a dove, quando e chi deve essere democratico)
    l’occidente ha deciso che la crescita economica è il bene, che tutto si valuta con il suo valore di mercato e che il mercato deve essere libero (vale solo per le merci ma non per le persone e comunque si sente libero di imporre i dazi, se gli conviene)
     
    E ho volutamente citato solo le perle più recenti, dell’ultimo secolo diciamo…
     
    Comunque il declino dell’occidente è causato essenzialmente dalla sua ingiustizia: dal considerare infinito un sistema finito e dall’impossibilità di escludere indefinitamente dalla competizione l’ottanta per cento dell’umanità.
     
    Sarebbe ora di prenderne atto e iniziare ad agire di conseguenza anziché ascoltare le cazzate di un Socci che cita un Bernabé

  14. L’Occidente è il fondatore della democrazia.
    L’Occidente è il creatore del diritto romano.
    L’Occidente è l’autore della “Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino”.
    L’Occidente è l’artefice dell’Illuminismo.
     

  15. Aggiungo solo un piccolo pensiero, cambiando la distanza dell’osservazione temporale ..
    l’Occidente è in declino da quando i romani invece che fare le guerre in giro per il mondo sono diventati colti raffinati …
    Cosa si intende per declino?
    Ha ancora senso parlare di destra e sinistra? 
    Cos’è l’Occidente?

  16. @ 6
    A completamento, oltre ai testi di “Toni” Negri, consiglierei anche il seguente libro, basilare per la propria formazione criminale e rivoluzionaria:
    Il bandito Cavallero. Storia di un criminale che voleva fare la rivoluzione, di Giorgio Bocca, Editore Feltrinelli.
     
    P.S. Si scrive Antonio “Toni” Negri, NON “Tony”.
    Non sai scrivere nemmeno il suo nome…

  17.   Proprio le strategie economiche dei bernabe’ (la minuscola non è un refuso) spasi nel mondo, volta ad ottenere il maggior profitto’ a qualsiasi prezzo hanno prodotto la delocalizzazione per sfruttare lavoratori sottopagati in aree depresse del mondo. Se pensate che i presidenti americani  o di qualsiasi parte del pianeta siano in condizione di orientare politiche economiche a danno del Capitale siamo messi male. Invece di perder tempo  con antonio socci leggete qualcosa di Tony Negri

  18. Il regno dei Gattopardi è sempre ricco di nuovi interpreti e adepti, e Socci va a inquadrarli portandoli in punta di dita per fare intendere che, alla fine, si possa ancora distinguere l’entità non responsabile a differenza dei boiardi della “sinistra” che si caricano oneri e onori del potere. Tutte balle. L’Occidente vive una crisi dei mercati che è una crisi del consumo, che è una crisi di impoverimento sulle materie prime e che è una crisi del capitale, un ceto ricco morente che, non intendendo passare alla transizione ecologica, volendo mantenere i propri – enormi – margini di profitto con i combustibili fossilie le filiere abituali, ci porta con coraggio solito, barbaro, morente, al collasso planetario. Questo indirizzo non ha variabili ideologiche, Socci è un bugiardo, noi abbiamo di fronte solo due opzioni. Una è stata indicata da papa Francesco, e da filosofi come Latouche, Zygmunt Bauman, sottrarsi alla legge del consumo, il “nuovo lavoro”, diventare sobri, rispettosi del mondo e delle sue macerie. Sopravvivere qualche decennio in più. L’altra, indicata da ogni servo del denaro, dai presidenti americani di destra, sinistra, dalla nuova destra, dai russi, dagli israeliani, fottersene del limite, sforarlo ancora di più, metterci sotto a consumare a palla, a fiamma, gli ambientalisti li manganelli e li imprigioni, i livelli di consumo delle tue materie prime e dei tuoi prodotti li preservi con il ricatto, le materie prime residue le predi con le guerre. Questo è Trump, presidente di una America enormemente indebitata, con asset industriali in settori cruciali che tecnologicamente non sono competitivi un boiardo – un altro – che mette a ferro e fuoco il mondo per assicurarsi qualche margine di guadagno in più sui mercati finanziari.
    Serietà, per favore.

  19. Ho conosciuto Bernabé quando era al vertice dell’ENI e ho adottato il suo insuperato libro di “Finanza aziendale” per i miei corsi all’Università di Trento. Ora l’insegnamento di questa importante materia è, almeno a Trento ma credo anche altrove, nelle mani di teorici incompetenti, gene che non sa neppure analizzare un bilancio, gente avulsa dalle reali problematiche finanziarie che solo uomini di azienda come Bernabé possono capire. Leggerò senza dubbio questo nuovo libro,

  20.  
    Tra le colpe della sinistra c’è soprattutto la mancanza di un’alternativa al capitalismo, almeno teorica. La guerra dei dazi per esempio dimostra una sconcertante convergenza della sinistra e della destra nella stessa difesa del made in Italy. Anche l’Italia rossa e verde vuole esportare il vino in America e nel mondo per garantire la crescita dell’economia italiana. La crescita è compatibile con la tutela dell’ambiente? Rimane ancora qualcosa delle colline venete per esempio o ci sono solo vigneti? I verdi dovrebbero piuttosto ringraziare Trump per salvare qualche albero dalla monocoltura della vite e dalla distruzione del paesaggio.

  21. Ai minimi storici eh? Incommentabile. Uno quasi rimpiange Merlo.  

  22. Ai minimi storici eh? Incommentabile. Uno quasi rimpiange Merlo.  

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