Una guida austriaca guiderà presto i viaggi sulla vetta più alta del mondo in meno tempo di una normale vacanza al mare. I viaggi d’avventura stanno andando sempre più veloci verso la fine dell’avventura stessa.
Come scalare l’Everest in una settimana
di Simon Usborne
[pubblicato su ft.com (Financial Times), l’11 gennaio 2025]
All’inizio di maggio 2025, un pilota di linea, due imprenditori e un ministro del governo attenderanno la chiamata per mobilitarsi. L’attrezzatura del gruppo britannico sarà già al campo base dell’Everest insieme a Lukas Furtenbach, una guida alpina austriaca. Non appena questi dichiarerà che una finestra meteo sta per aprirsi, i suoi clienti si precipiteranno a Heathrow per i prossimi voli per Kathmandu. Poi prenderanno un taxi e andranno direttamente a una clinica sanitaria. Per 30 minuti, indosseranno una maschera attaccata a un ventilatore per somministrare xeno, un raro gas nobile più spesso usato come anestetico e propellente per razzi. Dopo aver inalato una miscela di xeno formulata da un medico tedesco che per primo presentò a Furtenbach quest’idea radicale, gli uomini voleranno in elicottero al campo base. Dopo non più di due ore per prepararsi e incontrare la loro mezza dozzina di sherpa, inizieranno la loro salita. Il trattamento allo xeno è la parte fondamentale dell’audace progetto che Furtenbach pensa potrebbe trasformare l’alpinismo commerciale.
Se riuscirà a portare a termine il suo piano, che sta rivelando ora dopo anni di preparazione segreta, i suoi clienti sperano di tornare nel Regno Unito appena una settimana dopo la loro partenza. “Non vedo l’ora di scoprire se riusciremo a partire da casa lunedì mattina, raggiungere la cima dell’Everest giovedì sera e tornare a casa per il pranzo della domenica”, afferma Garth Miller, pilota e leader del gruppo, che include Alistair Carns, ministro dei veterani della Gran Bretagna. Ma la prospettiva di un pacchetto di sette giorni per scalare l’Everest, che secondo Furtenbach costerà circa 150.000 € (124.000 £) a persona (il gruppo di Miller ha pagato un prezzo di lancio non reso noto), solleva ancora più interrogativi etici sull’attrattiva della vetta più alta del mondo, che tradizionalmente richiede fino a 10 settimane per essere scalata. Da quando l’Everest è entrato nell’era del turismo commerciale negli anni ’90, i summiter sono stati accusati di farlo solo per vantarsene. La richiesta di velocità è aumentata in parallelo a quella di “lussuosi” campi dotati di sauna e bagno privato, nonché di scorte illimitate di ossigeno in bombola e forza-lavoro Sherpa.
Nel frattempo la crescita nella fascia bassa del mercato, dove i pacchetti sono partiti da “appena” $ 35.000 (£ 28.000) negli ultimi anni, ha contribuito a trasformare il campo base in una città inquinante estesa per un miglio. Le foto dei trenini ad alta quota nei giorni di tentativo alla vetta sono diventate normali, al posto delle immagini degli alpinisti pionieri di un tempo.
In un’era moderna in cui quasi 400 clienti paganti raggiungono la vetta ogni primavera (assistiti da quasi 500 guide e sherpa che arrivano anche loro in cima), scalatori e operatori con account sui social media disperatamente cercano nuovi “primati”. Lo scorso maggio, Devon Lévesque, un imprenditore americano, si è brevemente tolto la maschera dell’ossigeno per rivendicare il primo salto mortale all’indietro in vetta al mondo. Vendere spedizioni sempre più veloci ad “avventurieri” ricchi di denaro ma poveri di tempo che non potrebbero mai sognare di prendersi mesi o addirittura settimane di pausa dalle loro vite frenetiche è diventato un altro modo per gli operatori di distinguersi. Eppure, come ha dimostrato il terremoto di martedì scorso (7 gennaio 2025, NdR) sul versante cinese della montagna, l’Everest non è un parco giochi. Furtenbach mi dice che lo xeno contribuirà a rendere le spedizioni più sicure riducendo l’esposizione dei suoi clienti al pericolo. Ma si è anche preparato a una reazione negativa in una comunità in cui ognuno traccia i propri limiti etici. Dopo più di un secolo di tentativi e successi, confezionare l’Everest come un viaggio che potrebbe concludersi più velocemente della media delle vacanze al mare è un passo troppo lungo? Furtenbach, che gestisce la Furtenbach Adventures a Innsbruck, nel 2019 ha ricevuto un’e-mail da Michael Fries, medico anestesista presso un ospedale di Limburg an der Lahn (Germania occidentale).
Aveva sentito parlare di Furtenbach per il suo approccio già allora radicale alle montagne che si innalzano nella “zona della morte” sopra gli 8000 metri, dove i livelli di ossigeno sono pericolosamente bassi. Infatti dal 2006 Furtenbach, ora 47enne, fa parte di una piccola ma crescente nicchia di guide dell’Everest che forniscono ai clienti tende da notte ipossiche. Fino a otto settimane prima di un viaggio, una macchina estrae ossigeno da baldacchini sigillati sopra i loro letti. Più di recente, i suoi clienti hanno anche iniziato a respirare aria più rarefatta mentre si allenano in palestra, usando maschere o camere sigillate. Simulare in anticipo le condizioni di alta quota, secondo la teoria, innesca la risposta naturale del corpo all’ipossia, o bassi livelli di ossigeno, dicendo ai reni di produrre più eritropoietina, o EPO. L’ormone, una versione sintetica del quale è vietata nello sport, aumenta la produzione di globuli rossi, aumentando la capacità del corpo di trasportare ossigeno. La normalità è che gli alpinisti devono acclimatarsi aspettando che i loro reni producano EPO sulla montagna come adattamento naturale a un deficit di ossigeno. Ma questo richiede tempo, riposo e rotazioni, o discese temporanee e salite ripetute. Se si sbaglia, l’ipossia può causare sintomi che vanno dal mal di testa alla morte.
Il mal di montagna ha ucciso circa il 15 percento delle 335 persone che sono morte sull’Everest. Con il “pre-acclimatamento”, ottimizzando la logistica e utilizzando previsioni meteo avanzate, Furtenbach ha ridotto il tempo necessario per riposare e ruotare. Già nel 2024 vendeva viaggi “flash” sull’Everest (103.900 €, tre settimane). Nel frattempo, Alpenglow Expeditions, un operatore americano, ha utilizzato la strategia per consentire a Roxanne Vogel di fare un viaggio di 14 giorni sull’Everest nel 2019. Fries ha detto a Furtenbach che lo xeno potrebbe permettere salite ancora più rapide. Il dottore sa tutto del gas come anestetico. Ma dice che ha un effetto separato a dosi più basse: aumentare la produzione di EPO. “Stavo suggerendo che un’inalazione di xeno una tantum potrebbe essere più efficace delle tende ipossiche e non così ingombrante“, dice.
Furtenbach ha iniziato a pianificare una prova, per la crescente domanda di velocità ad alta quota che il mercato impone.
Un portavoce dell’operatore antartico White Desert mi dice che i suoi viaggi “The Greatest Day”, introdotti nel 2020, vanno a ruba più velocemente che mai. Per poco meno di $ 16.000, gli ospiti prendono un volo di 10 ore da Città del Capo per tre ore sul ghiaccio, tornando dopo un picnic con champagne. Un viaggio di sette giorni da $ 105.000 include ulteriori voli verso il Polo Sud stesso.

Jimmy Carroll del tour operator Pelorus vede una domanda crescente per safari più brevi, viaggi sugli sci e tour sui vulcani. I clienti che vogliono vedere l’aurora boreale ora piombano in Norvegia per una notte con un jet privato quando le condizioni sembrano buone. “L’altra grande caratteristica di questa tendenza è quella di decidere le cose all’ultimo minuto“, aggiunge Carroll. “I clienti firmano il contratto e subito dopo dicono, ‘Bene, andiamo’, perché possono“.
Furtenbach, che l’anno scorso ha avuto 40 clienti per l’Everest, afferma che molte persone che lo contattano si tirano indietro all’idea di dedicare anche solo tre settimane alla montagna. Lo xeno sembrava un nuovo strumento potenzialmente potente. E mentre Fries riconosce che non si sappia proprio tutto sull’utilizzo dello xeno in alpinismo, afferma di non avere preoccupazioni sulla sicurezza, data la ricchezza di studi sul suo utilizzo come anestetico e le dosi relativamente basse che il gruppo di Miller assumerà. Effettivamente un altro anestesista da me contattato conferma ciò, anche lui sottolineando che “danni imprevisti” sono sempre possibili con nuovi approcci in ambienti estremi.
Autonominatosi cavia, Furtenbach è volato a Francoforte per sottoporsi al trattamento allo xeno prima di una spedizione all’Aconcagua (quasi 7000 metri) in Argentina nel gennaio 2020. “Ho scalato una via difficile a otto giorni dalla partenza da Innsbruck e non ho avuto problemi in vetta“, racconta. Un semplice dispositivo per la punta delle dita ha mostrato che i suoi livelli di ossigeno nel sangue erano più alti di quelli delle guide locali completamente acclimatate. “Ero lì in piedi, pensando, ‘OK, funziona davvero’. Ero totalmente convinto“. Furtenbach afferma di aver avuto simili successi con lo xeno nelle stagioni successive, incluso sull’Everest. Ha anche lavorato per migliorare la logistica rigorosa che sarebbe stata necessaria. Il Covid ha ritardato i suoi piani. Poi lo xeno è diventato estremamente costoso e quasi impossibile da reperire dopo l’invasione russa dell’Ucraina, che è il più grande fornitore di gas nobili al mondo. Fries mi dice che lo xeno per un scalatore ora costa fino a $ 5.000.
Le stelle si sono quindi allineate per il 2025 e Furtenbach ha iniziato a cercare i suoi primi clienti da sette giorni. Anche Miller, pure lui 51enne, non è estraneo alle alte montagne o alle tende ipossiche. Ha scalato per la prima volta in Himalaya più di 20 anni fa dopo essersi unito ai Gurkha come giovane ufficiale dell’esercito britannico. Ha preso il “virus” della velocità nel 2022 dopo un viaggio di 21 giorni che includeva le scalate dell’Everest e del vicino Lhotse 8516 m. Si mise in contatto con Furtenbach e fu “sedotto” dai suoi piani sullo xeno. Furtenbach vide Miller come un buon candidato. Il pilota radunò un gruppo di veterani che includeva anche Kevin Godlington, 49 anni, e Anthony Stazicker, 41. Come Carns, che ha 44 anni, gli uomini d’affari sono scalatori in forma ed esperti. Gli uomini, che raccolgono fondi per Scotty’s Little Soldiers, un ente di beneficenza per i figli dei militari in lutto, hanno anche figli e lavori impegnativi.
“È la velocità che ci fa realizzare questo sogno“, dice Miller. Sebbene sarà sempre una sfida, l’Everest è considerato una delle vette più facili ad alta quota. I percorsi principali sono facilitati dalle corde fisse. In assenza di una regolamentazione significativa in un mercato redditizio, gli operatori e i loro clienti sono lasciati a leggere da soli la propria bussola morale. Gli elicotteri vengono sempre più utilizzati per far scendere gli scalatori dagli accampamenti alti, accorciandone la discesa. Vengono utilizzati anche dai turisti in volo e come navette dagli scalatori che inseguono record di velocità mentre raggiungono tutte le 14 vette che superano gli 8000 metri (vedi ad esempio Kristin Harila).
Dopo le proteste dei tour operator, a dicembre 2024, la Civil Aviation Authority del Nepal ha bocciato i piani del parco nazionale in cui si trova l’Everest di limitare l’uso degli elicotteri. “L’industria del turismo prevale sempre”, afferma Furtenbach.
Il doping
Poi c’è la questione del doping. Gli scalatori hanno assunto diverse pillole nel corso degli anni, tra cui il desametasone, uno steroide controverso che può ridurre il gonfiore cerebrale, uno dei sintomi del mal di montagna. Nel 2014, la World Anti-Doping Agency ha aggiunto lo xeno alla sua lista di sostanze vietate dopo le segnalazioni del suo utilizzo alle Olimpiadi invernali di Sochi. Furtenbach, i cui allenamenti e corse per giorni sono stati più veloci del 10 percento dopo le scalate alimentate allo xeno, non era a conoscenza di precedenti tentativi di usare il gas sull’Everest. Afferma di aver consultato medici legali per poter rispondere per i suoi clienti da sette giorni a qualunque accusa di doping. “In definitiva” mi dice “non è uno sport regolamentato, quindi tecnicamente non c’è doping in alpinismo“. Di nuovo, spetta ai singoli decidere dove tracciare il limite. E l’attrazione di una giornata in vetta all’Everest supera quasi sempre qualsiasi preoccupazione sulle scorciatoie, doping o altro.
Dopo tutto, tutte tranne cinque delle 861 salite totali di successo dell’anno scorso 2024 sono state raggiunte con il farmaco più puro di tutti: l’ossigeno in bombola, che simula l’arrampicata a quote più basse. E ora viene utilizzato in dosi sempre più massicce anche alle quote più basse della montagna, persino al campo base. Il prozio di Furtenbach, Oswald Oelz, un alpinista austro-svizzero, era il medico della spedizione di Reinhold Messner e Peter Habeler nel 1978, quando i due diventarono le prime persone a scalare l’Everest senza bombole di ossigeno. Fino ad allora, si pensava che fosse più facile camminare sulla luna senza ossigeno piuttosto che raggiungere la vetta dell’Everest. Oelz rifiutò la saggezza prevalente e Messner fece la storia. L’alpinista ed esploratore italiano in seguito descrisse se stesso sulla vetta come “nient’altro che un singolo e piccolo polmone boccheggiante“.

I racconti di Oelz dalla zona della morte ispirarono in seguito Furtenbach e — forse — i suoi dubbi sull’ortodossia. Anche quando era a scuola, la guida ricorda di aver fatto infuriare gli insegnanti mettendo in discussione i loro metodi: “Dicevo: ‘Se la mia soluzione mi dà lo stesso risultato, perché non posso usarla?’“.
Miller è a suo agio con il concetto di sette giorni, ma non consiglia scorciatoie prima che gli scalatori sopportino — e si divertano — nelle spedizioni classiche. “Non confondetelo con un team che sta accelerando la scalata dell’Everest senza aver fatto il duro lavoro“, dice.
Nel frattempo, non avrà tempo per una sauna al campo base, anche se ne volesse una. “Non devi soffrire per mostrare rispetto per la montagna, e farlo più velocemente non la rende più facile“, aggiunge Miller, il cui gruppo ha in programma di impiegare solo tre giorni per arrivare dal campo base alla cima, senza rotazione, completando la discesa il quarto giorno. “Direi che lo sforzo è maggiore. Non puoi andare più in alto, quindi andare più veloce porta nuove ed entusiasmanti sfide“. Le spedizioni stavano diventando più veloci ben prima delle tende ipossiche, quelle che Furtenbach ha distribuito a tutti i suoi clienti dell’Everest già dal 2016. Secondo l’Himalayan Database, che registra le spedizioni dell’Everest, la durata media delle salite, dall’arrivo al campo base alla vetta, è scesa costantemente da circa 60 giorni negli anni ’80 a 25 giorni nel 2024.
L’alpinista britannico sir Chris Bonington ricorda di aver impiegato 10 giorni solo per raggiungere il campo base nel 1985, ma è stato lontano da casa solo per sei settimane grazie al bel tempo, agli sherpa e all’ossigeno in bombola. “Mentre nel 1961, quando ho scalato il Nuptse, sono stato via per circa 10 mesi“, mi racconta. “Ma poi ho accompagnato la nostra attrezzatura su una nave da Liverpool a Bombay e poi via terra“. Il novantenne pensa che un viaggio di sette giorni implichi una mancanza di rispetto? “All’Everest non importa un fico secco di queste piccole persone che ci vanno su e giù“, dice. “Ma in generale mi rammarico di quello che sta succedendo“.
La guida britannica Kenton Cool, che questa primavera si appresta a raggiungere per la 19a volta la vetta dell’Everest, aveva sentito parlare di xeno ed è scettico sul pre-acclimatamento. Pensa che i miglioramenti nell’attrezzatura e nelle previsioni meteo, e una migliore comprensione di ciò di cui le persone sono capaci con la giusta formazione e pianificazione, abbiano messo in discussione le vecchie teorie sull’acclimatamento. Ha fatto l’Everest in tre settimane, e i suoi clienti privati spesso lo fanno in quattro, senza pre-acclimatamento. “Nutro un enorme rispetto per Lukas, ma non è qualcosa che consiglio ai miei clienti di seguire“, afferma. “Forse è un riflesso della società moderna, dove vogliamo tutto ieri e nessuno è disposto ad aspettare“.
Alan Arnette, un cronista dell’Everest che ha preso parte a un viaggio di sei settimane nel 2011, afferma che il tempo trascorso a fare trekking fino al campo base, godendosi la cultura Sherpa e i molteplici tramonti, è memorabile quanto il giorno della vetta: “Penso che si possa ridurre a quattro settimane e mantenerle, ma una settimana è davvero troppo poco. Si sta perdendo lo spirito di quello che dovrebbe essere una spedizione alpinistica“.
Adrian Ballinger, una guida alpina americana di origine britannica che ha fondato Alpenglow Expeditions nel 2004, mi racconta che i suoi viaggi “rapidi” di 36 giorni sull’Everest sono iniziati come un atto egoistico. “Gli alpinisti della vecchia scuola che amano stare seduti a bere whisky e giocare a carte per settimane… non ero io“, dice. Si sente a suo agio con il suo approccio, ma non vede limiti a quanto l’Everest possa essere reso facile. “Qualcuno lo porterà al punto in cui diventerà essenzialmente come il turismo spaziale. Indosserai una tuta spaziale, con ossigeno da quando arrivi, e poi chiunque potrà scalare l’Everest in quattro giorni“.
Furtenbach non può controllare i ritardi dei voli o altri potenziali intoppi, ma è sicuro che i suoi clienti avranno successo. Si è anche preparato alle critiche. Quando la TV svizzera ha recentemente seguito la sua attuale spedizione “flash”, “c’è stata quasi una tempesta di merda. La gente diceva: ‘Questo sta distruggendo l’esperienza, è la fine dell’avventura’“. Afferma che i paesi di lingua tedesca in particolare aderiscono all’ideale di Messner. Parafrasando l’ottantenne altoatesino, che ha 80 anni, Furtenbach afferma che Messner crede che “l’alpinismo è reale solo se puoi morire… Ma per me e i miei clienti, morire non è un’opzione“. Furtenbach, che ha due bambini piccoli, afferma che i viaggi ben gestiti diventano più sicuri ogni giorno che esce dalla zona della morte o dalla cascata di ghiaccio del Khumbu sopra il campo base, che gli scalatori tradizionalmente attraversano più volte durante le rotazioni. Oltre all’ossigeno in bombola, afferma che il gruppo di Miller porterà con sé ossigeno puro nel caso in cui qualcuno si ammali. “Questi sono investimenti salvavita“, afferma Miller, anche lui con un figlio e una figlia piccoli. Ma è chiaro che lui e Furtenbach, che opera in un mercato altamente competitivo, sono spinti principalmente da un motivo che ha sempre attratto le persone all’Everest: il desiderio di essere i primi. “Le cose stanno cambiando nell’alpinismo ad alta quota e se non ci impegniamo in prima linea, lo farà qualcun altro“, aggiunge Miller, che tra un paio di settimane intensificherà il suo allenamento, tirerà fuori la sua tenda ipossica e spererà che i prezzi dello xeno rimangano stabili.
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Una settimana sull’Everest al giorno d’oggi?
No, grazie. Preferisco quasi Riccione a Ferragosto. E lo dico con tanta tristezza.
The perversity of the capitalist system can be clearly seen in these activities. It is no longer about experiencing nature – a confrontation with the mountain – or about mountaineering. No, it’s all about money and pathological ambition. It’s just sick 🙁
Kilian, tutti i 4000 in 19 giorni.
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Ricordo di una pornodiva che ha trombato 1000 uomini in 24 ore ( per il piacere delbuon sesso, s’intende, mica per la notorietà).
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Chissà che estasi..
Mario, da 8 anni in RSA a Bormio, tutti i giorni dalla finestra si gode la montagna!
Kilian, tutti i 4000 in 19 giorni.
Tipico esempio di chi non si gode la montagna e non ha ben chiaro dove andare.
Occhio a dare etichette….
Stando più stretti sul tema dell’articolo, purtroppo ( perché non mi riesce di augurare il male a nessuno) sarà l’ ematocrito incontrollabile a far sparire questa assurda modalità di acclimatamento. Se a 4000 te la cavi ( non sempre) con un mal di testa ed una vomitata, a 8000 ci lasci le penne
Kilian, tutti i 4000 in 19 giorni.
Tipico esempio di chi non si gode la montagna e non ha ben chiaro dove andare.
Occhio a dare etichette….
Stando più stretti sul tema dell’articolo, purtroppo ( perché non mi riesce di augurare il male a nessuno) sarà l’ ematocrito incontrollabile a far sparire questa assurda modalità di acclimatamento. Se a 4000 te la cavi ( non sempre) con un mal di testa ed una vomitata, a 8000 ci lasci le penne
@ 25 Regattin
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Caro Regattin ,
Forse è solo una questione di punti di vista, ma nella mia forma mentis mesolare un’ascensione con una gara di velocità o di ripetute non mi da” nessuna gratificazione , e sono molto d’accordo con Panzeri quando dice :”Ma dove cazzo corri , che non sai neanche dove sei ?”
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Ho fatto gare agonistiche di mtb ( dove peraltro non ero un fulmine…) , ma mescolare la testa bassa , la concentrazione e la visione a tunnel di chi ha come obiettivo il riscontro cronometrico mi rovina completamente il piacere e la contemplazione di essere in montagna anziché ad una corsa campestre oad una partita di calcetto.
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Posso competere con me stesso quando voglio senza un pettorale e senza che questo mi debba far perdere di vista l’immersione in un contesto magnifico che ho atteso per una settimana.
mi dispiace molto, vedo che perseveri nella tua visione banalizzante della realtà. Su Dobbiaco non mi pronuncio, su MLT non sai un cazzo, oltre a non averci capito un cazzo, eppure continui a parlare. Quelli che si approfittano di certe situazioni portando avanti acritiche gestioni del territorio vivono e sopravvivono grazie a quelli come te: semplificatori e teorici del sovraffollamento. Pazienza, il tempo ci darà ragione, solo purtroppo quelli come te avranno la fortuna di essere morti prima di doverlo ammettere (perché l’intelligenza per capirlo prima vi manca). Dai, aspetto di godermi la prossima banalizzazione di un problema da parte tua su articoli del blog. Ciao
“qui non si tratta di paragonare Everest, Tre Cime e fondovalle, bensì una visione turistica del benessere e del tempo libero che dagli anni 60-70 a oggi sembra non avere fine, figlia della visione di progresso e consumo di una generazione alla quale tu e molti altri che qui scrivono appartenete.”
Sei tu che hai tirato in ballo qui le tre cime e la Valdadige per accusare me di essere un teorico del sovraffollamento e il fatto che io o chiunque altro sia nato negli anni ’60 non significa che sia responsabile di alcunché o tantomeno che condivida o pratichi quella visione di progresso e consumo.
Che le dichiarazioni del sindaco di Dobbiaco sulla strada di Lavaredo siano una bega assolutamente avulsa dalla preoccupazione del sovraffollamento è palese.
Esattamente come lo è la schiodatura di Mamma li Turchi
Matteo va bene criticare la forma, però a un certo punto devi arrivare alla sostanza. Circa gli ordini di grandezza continui a non cogliere il punto: qui non si tratta di paragonare Everest, Tre Cime e fondovalle, bensì una visione turistica del benessere e del tempo libero che dagli anni 60-70 a oggi sembra non avere fine, figlia della visione di progresso e consumo di una generazione alla quale tu e molti altri che qui scrivono appartenete. Però sono sempre tutte beghe di quartiere di quattro esaltati che non vi vogliono a casa loro giusto? che problema c’è, i problemi della vita sono ben altri!
Criticare il modo con cui si presenta un problema o con cui qualcuno pensa di risolverlo, non significa affatto negare il problema o la sua importanza.
Non capirlo significa avere pregiudizi ideologici che impediscono qualunque confronto.
Gli ordini di grandezza sono sicuramente importanti nella definizione di un qualunque problema, ma più importante è considerare tutte le variabili in gioco.
Cosa che tu non quando vuoi paragonare o assimilare il problema dell’affollamento dell’Everest, delle falesie in valle o delle Tre Cime.
Io ti considero a buon titolo un teorico del sovraffollamento perché mi pare che la tua posizione (come quella di altri) sia sempre quella di minimizzare, di ridurre tutto a problemucci provinciali di quartiere, soffermandoti su questioni secondarie come l’anonimato e glissando totalmente su altri problemi che vengono posti, ai quali tu non dai alcun peso. Ne deduco che per te il sovraffollamento sia un problema solo quando manifesto e prorompente, oppure solo in determinate zone tipo l’Everest (anche se non lo dichiari apertamente, lo deduco dal tuo auspicio); probabilmente ragioni per ordini di grandezza: le falesie del fondovalle o i piccoli comuni non sono abbastanza grandi o iconici per te e per quelli che come te continuano a non vedere l’evidenza perpetrando un atteggiamento banalizzante nei confronti delle rivendicazioni degli altri (che sono sempre esagerate, inutili, infondate, anonime, condannabili). Quindi ave Matteo, teorico del sovraffollamento turistico!
Gelido 3.0, annotati di fare l’upgrade a 4.0 perché evidentemente non capisci proprio nulla di quello che scrivono gli altri: affermare che una schiodatura anonima o Dobbiaco che accusa Auronzo di pensare al guadagno sono beghe livello portineria, non vuol dire essere teorici del sovraffollamento (e nemmeno del liberi tutti crovellico)
Leggo quanto scritto dai Teorici del Sovraffollamento: si invocano calamità sull’Everest per fare un po’ di pulizia etica – niente beghe locali in questo caso? – mentre altrove le rivendicazioni sono illegittime perché bisogna prima arrivare all’eccesso e alla follia, e solo in un secondo momento si può iniziare a capire e denunciare il problema. Meglio se già troppo tardi (tipo il caso Tre Cime). Annoto
21 come al solito tuo (lo fai sempre) ti inventi frasi o termini non presenti. Dove hai letto “pubblicità” in quello che ho quotato?
22# ciao Massimo ( l altro)
[ma chi è l’altro?]benvenuto!
Forse per un approccio “armi “pari?
Hai detto bene “scala”diversa.
Tante scale … di alluminio e lega.
E ora anche con la nocciolina di SuperPippo.
Due frasi dall’articolo: “ognuno traccia i propri limiti etici” (croce e delizia dell’alpinismo), e “L’industria del turismo prevale sempre” (tragica realtà sempre più attuale).
Molti abbiamo ammirato i racconti, anni ’60, ’70 (?) di quando alpinisti dilettanti, lavoravano per vivere, uscivano dalla fabbrica o dall’ufficio il venerdì sera salivano in auto attraversavano la pianura padana e alba attaccavano una via mitica del Bianco per tornare a casa giusto in tempo per dormire due ore la domenica notte prima del turno in fabbrica.
Com’è che a questi non ci è mai venuto in mente di imputargli l’eccesso di velocità, il far tutto di corsa senza godersi la montagna in modo più pieno?
E’ la stessa cosa in scala diversa.
@ 19
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Senza alcun desiderio polemico, condivido quello che dice Panzeri sull’andare in montagna di corsa in cerca di un riscontro cronometrico da “spendere” in pubblicità.
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… _”Honestum laedis cum pro indigno intervenis”_ Quando ti schieri in difesa di un indegno, danneggi l’onesto.
Pensavo che commenti del generi si potessero trovare solo su facebook o altri social, da parte di chi “in montagna si va solo camminando”.
Che tristezza. Ma soprattutto, quanta ignoranza e arroganza.
Overturism…?
Come le formiche di F.Vettori(2)
solo più stupide!
parlare di alpinismo in questo caso non c’entra nulla, come parlare di himalaismo non c’entra, già usano le bombole di ossigeno tutte le persone che frequentano quelle zone e molti dichiarano di essere saliti senza ossigeno e nel frattempo si attaccavano o si attaccano alla bombola di notte in tenda ….che vergogna.
tutti corrono nel mondo della montagna; per apparire o per fare foto in vetta da pubblicare o per dire di essere arrivati prima…..secondo me stanno scappando, scappando da loro stessi o da non saprei cosa; metto a pari passo tutte le persone che si possono trovare in giro in montagna abbigliate da atleti che corrono,corrono,corrono….ma dove caxxo andate….lo sapete?….no che non lo sanno, no che non conoscono il territorio, no che non conoscono la tecnica come non conoscono i rischi o i pericoli.
se posso, ho un ricordo di un’esperienza vissuta in diretta mentre scendevo dalla vetta del Lhotse, scendendo ti incontri sotto le fasce gialle con la via di salita-discesa del Everest; un componente di una spedizione commerciale che era salito in vetta al Everest munito di bombola di ossigeno sulle spalle dello sherpa che lo accompagnava mi ferma e mi chiede di sistemargli il rampone che non sa nemmeno cosa sia……lo sherpa stravolto non è in grado di aiutarlo come non lo sono stato io….dovevo pensare a scendere…come lui c’erano tanti personaggi che strisciavano per cercare di scendere e ritornare alla vita normale con in mano la foto di vetta….mi dispiace…forse una selezione naturale ma non è bello dirlo.
quello che ho letto in un commento che NON E’ MOLTO DIVERSO DA QUELLO CHE FACCIAMO OGNI GIORNO non lo capisco e non lo condivido, anzi mi fa incaxxare
Ho letto da qualche parte che Kurt Diemberger a volte partiva per gli 8000 con qualche chilo di troppo , e le due settimane di avvicinamento gli servivano a perderlo , oltre che ad acclimatarsi e a carburare.
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Immagino che cosa porteranno a casa questi nuovi everester della loro esperienza in provetta
Bisognerebbe che l’organo internazionale competente togliesse il patentino di guida alpina a chi propone certi servizi. Il problema sarebbe risolto e si eviterebbero queste schifezze.
Bisognerebbe che l’organo internazionale competente togliesse il patentino di guida alpina a chi propone certi servizi. Il problema sarebbe risolto e si eviterebbero queste schifezze.
Bella schifezza. Speriamo che alla prima “scalata” ci resti qualcuno, così tra avvocati, assicurazioni e tribunali ‘sta stronzata si pianta.
A questo punto non mi resta che una sola speranza: che la notizia giunga alle orecchie di Elon Musk, uomo avvezzo a viaggiare alle alte quote, e che lassù ci resti per sempre.
Quando Otzi, cacciatore del Similaun, ha visto i suoi cugini, giù nella piana dell’Adige, allevare mucche e fare formaggi ha detto: “Vomitevole!”
Massimo
Nello schifo di tutto ciò, direi di evitare il termine “alpinisti o scalatori” riferendoci a questi deficenti che ancora oggi vanno all Everest per mettersi in fila.
Basterebbe andare alle poste…gratis.
Penso che continuerò a cimentarmi su cimotti a bassa quota sconosciuti ai più..Che tristezza , correre correre correre , per arrivare in un luogo stereotipato dove l’unica emozione è mandare una cartolina social a gente a cui non frega un cazzo.
#4 Matteo, i boost di eritropoietina indotti dallo xenon possono avere mirabili effetti sull’ematocrito, generando piccole “epidemie” di accidenti cardio-cerebrovascolari in quota…
Jingle sonoro pubblicitario a scelta…
“”E oltre agli indiscutibili effetti sulle performance rupestri puoi contare su illuminazione senza frontale basta che respiri sfregando i denti velocemente e si attiva il faro ,non da ultimo in tenda le scorrreggie allo xeno sembra conciliano il sonno …unico svantaggio devi esser per forza da solo!
Ora essere xenofobi ha assunto un significato alternativo!
PROVA! In vendita nei migliori campi base…a 5000$ un affarone!
Questo genere di evoluzione o le foto come questa dell’Hillary step mi istigano a sperare in un terremoto o a un mutamento imprevisto e molto rapido del tempo…
non è molto diverso da quello che facciamo ogni giorno, tutto fugace, tutto veloce, tutto superficiale…
Fino agli anni 90, per andare sul Bianco si leggevano libri, si studiavano carte, si cercava di parlare con persone esperte. Si prevedva la villeggiatura in cui si faceva acclimatamento, gite per prendere confidenza con l’ambiente, con il compagno, l’attesa del bel tempo e poi si partiva. Oggi il Bianco è una toccata e fuga appena appare qualche bella foto su instagram, si scappa tra mille impegni di lavoro, famiglia e altre mille cose.
Questa cosa dell’everest è la conseguenza naturale della globalizzazione.
Per l’impatto ambientale è davvero peggio? Meno ci stiamo e meno tempo abbiamo per rovinarlo., in fion dei conti quello che conta è la foto di vetta.
Se l’Himalaya è diventato questo Circo Barnum vomitevole, sono ben felice di NON aver più voglia di andarci.
Credo che il “Circo Everest” o degli 8000, in tempi abbastanza brevi, vedrà l’arrivo di un certo mister Musk con la trasformazione del campo base in un vero villaggio turistico, attrezzature di soggiorno e poi della salita ancora più esasperate, impiego massiccio di droni, ecc.
Unico aspetto positivo, ma lo vedo difficile, che con i suoi soldi e le sue pazzie potrebbe anche scegliere di mantenere il villaggio in condizioni eco, al posto dell’immondezzaio che risulta essere.