Coprire i ghiacciai non è la soluzione

Coprire i ghiacciai con i teloni? Non li salva, fa danni ambientali ed è un «greenwashing» di interessi economici. La clamorosa lettera di otto istituzioni scientifiche e degli esperti delle massime università italiane: «Come studiosi siamo preoccupati della ambigua comunicazione su questi progetti».
GognaBlog aveva già denunciato questa pratica nel 2016, in seguito alle osservazioni fatte sul ghiacciaio del Presena nell’estate del 2000 quando fu realizzata la seconda copertura (la prima era stata nell’estate del 1999).

Coprire i ghiacciai non è la soluzione
a cura della redazione di ladige.it
(pubblicato su ladige.it il 21 gennaio 2022)

Coprire i ghiacciai non significa proteggerli dallo scioglimento e dal ritiro: lo rileva una lettera aperta firmata da otto istituzioni scientifiche e da esperti dei maggiori enti di ricerca e università italiane, a proposito della pratica che si sta diffondendo sulle Alpi, di coprire i ghiacciai in estate con teloni bianchi (geotessili) per proteggerli dalla radiazione solare e dal calore. In primis, in Trentino, sul ghiacciaio Presena, da parte della società Carosello-Tonale che lo fa da anni.

Ghiacciaio del Presena. Foto: Francesca Ferrari

“Raccontare la copertura dei ghiacciai come una soluzione agli effetti avversi del cambiamento climatico non è soltanto sbagliato, è anche un tentativo di greenwashing per descrivere un intervento impattante sull’ambiente da numerosi punti di vista, come sostenibile e anzi addirittura auspicabile”, si legge nella lettera. “Come studiosi che si occupano di ghiacciai e clima – prosegue la lettera aperta – siamo preoccupati per l’ambigua comunicazione spesso accompagnata alla divulgazione di questi progetti. Questa narrazione rischia di creare confusione e compromettere la sensibilità ambientale che con fatica si è consolidata negli ultimi anni”.

Secondo i ricercatori, “considerati gli effetti negativi sull’ambiente e i costi proibitivi, coprire i ghiacciai può avere senso solo localmente per tutelare gli interessi economici legati allo sfruttamento di specifici ghiacciai. Non ha invece nulla a che vedere con il contrasto al cambiamento climatico, che anzi contribuisce ad aggravare”.

Ghiacciaio del Presena, sono ben visibili i resti dei teloni degli anni precedenti. Foto: Elena Bertoni.

“E’ vero che l’applicazione dei teli sulla superficie dei ghiacciai rallenta la fusione di neve e ghiaccio”, osservano i ricercatori, ma “il carburante per alimentare i gatti delle nevi che movimentano i teloni ogni anno e la produzione dei teloni stessi, spesso composti di materie plastiche, sono risorse non rinnovabili, il cui utilizzo contribuisce a incrementare il riscaldamento globale”.

Inoltre “i teloni rilasciano grandi quantità di fibre plastiche, ancora non è chiaro dove si accumulino una volta espulse dai ghiacciai insieme all’acqua di fusione e quali siano gli effetti ambientali”.

La tecnica della copertura, osservano ancora, non conidera che i ghiacciai “sono ecosistemi dove vivono comunità ecologiche attive che svolgono fotosintesi e accumulano materia organica, contribuendo all’assorbimento di CO2 atmosferica. Ricoprirli con i teli significa impedire questi processi ecologici e distruggere le comunità biologiche che trovano sulla superficie dei ghiacciai gli ambienti più adatti alla propria sopravvivenza”.

Ghiacciaio del Rodano. Foto: Mathias Huss.

Va poi considerato, si legge ancora nella lettera, che “da un punto di vista logistico sarebbe impossibile raggiungere un numero significativo di ghiacciai per coprirli, molti di essi si trovano infatti in ambienti impervi e di difficile accesso, dove non è fisicamente possibile operare con mezzi meccanici”.

Per gli scienziati “sarebbe corretto indicare chiaramente che finanziare la copertura dei ghiacciai oggi non ha nulla a che fare con il contrasto al cambiamento climatico e con la salvaguardia o ‘valorizzazione’ dei ghiacciai. Significa proteggere un interesse economico locale che porterà profitti a imprese e aziende. Se questo non viene specificato, come purtroppo accade nella maggior parte dei casi, questi interventi – si rileva nella lettera – si configurano come tentativi ben architettati di greenwashing, vale a dire operazioni di marketing finalizzate alla costruzione di un’immagine positiva dal punto di vista ambientale di una pratica che di ambientale e sostenibile ha in realtà poco”.

Ghiacciaio del Presena

I ricercatori rilevano infine che i “ghiacciai si salvano solo stabilizzando il clima del pianeta” e che i più recenti studi hanno mostrato che “se saremo capaci di ridurre l’utilizzo dei combustibili fossili e contenere l’incremento delle temperature planetarie entro i 2 gradi rispetto al periodo preindustriale (accordo di Parigi), salveremo il 40% del ghiaccio oggi presente sulle Alpi”.

Confronto 1916-Oggi (con copertura), Ghiacciaio del Presena.

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Sottoscrittori

Enti-Istituzioni
● Comitato Glaciologico Italiano
● Fondazione Montagna Sicura (Courmayeur, Aosta)
● Italian Climate Network
● Servizio Glaciologico Alto Adige
● Servizio Glaciologico Lombardo
 Società Alpinisti Tridentini
● Società Meteorologica Alpino-Adriatica
● Società Meteorologica Italiana

Scienziati
● Roberto Ambrosini, Università degli Studi di Milano
● Giovanni Baccolo, Università Milano-Bicocca
● Carlo Baroni, Università di Pisa
● Luca Bonardi, Università degli Studi di Milano
● Irene Maria Bollati, Università degli Studi di Milano
● Aldino Bondesan, Università di Padova
● Francesco Brardinoni, Università di Bologna
● Pietro Bruschi, Servizio Glaciologico Alto Adige
● Francois Burgay, Paul Scherrer Institut (Svizzera)
● Alberto Carton, Università di Padova
● Daniele Cat Berro, Società Meteorologica Italiana
● Marta Chiarle, CNR-IRPI
● Nicola Colombo, Istituto di Ricerca sulle Acque-CNR
● Renato R. Colucci, Istituto di Scienze Polari-CNR
● Philip Deline, Université Savoie Mont Blanc (Francia)
● Biagio Di Mauro, Istituto di Scienze Polari-CNR
● Matteo Fioletti, ARPA Lombardia
● Massimo Frezzotti, Università Roma Tre
● Jacopo Gabrieli, Istituto di Scienze Polari-CNR
● Antonio Galluccio, Servizio Glaciologico Lombardo
● Serena Giacomin, Italian Climate Network
● Marco Giardino, Università degli Studi di Torino
● Susanna Grasso, ARPA Lombardia
● Matthias Huss, Politecnico di Zurigo (Svizzera)
● Giovanni Kappenberger, glaciologo (ex MeteoSvizzera)
● Valter Maggi, Università Milano-Bicocca
● Luca Mercalli, Presidente Società Meteorologica Italiana
● Umberto Morra di Cella, ARPA Valle d’Aosta
● Giovanni Mortara, CNR-IRPI
● Guido Nigrelli, CNR-IRPI
● Matteo Oreggioni, Servizio Glaciologico Lombardo
● Elisa Palazzi, Università di Torino
● Giovanni Prandi, Servizio Glaciologico Lombardo
● Riccardo Scotti, Servizio Glaciologico Lombardo
● Franco Secchieri, Servizio Glaciologico Alto Adige
● Roberto Seppi, Università di Pavia
● Mauro Varotto, Università di Padova
● Cristina Viani, Università degli Studi di Torino
● Fabio Villa, Servizio Glaciologico Lombardo

Coprire i ghiacciai non significa salvarli 
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Coprire i ghiacciai non è la soluzione ultima modifica: 2022-02-17T05:22:00+01:00 da GognaBlog

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15 pensieri su “Coprire i ghiacciai non è la soluzione”

  1.  Dosi anche minime di residui chimici, se vanno nei bambini possono provocare “interferenze endocrine”..letto oggi su  Corriere d .s. Quindi  chi ha ormai una certa stazza puo’fare spallucce , qual che e’ entrato è entrato,  ma a quei “sempremeno” che nascono NO.
    Poi tra gli abusi inutili delle plastiche , mai pensato che  siano indispensabili  i copricerchioni delle auto che scimiottano i cerchi in lega? eppure l’inventore ci ha fatto la grana e spesso se ne trovano scaraventati ai bordi delle strade.

  2. https://startupitalia.eu/2019/09/03/nave-salvare-pianeta…vecchia idea usata anche per bruciare aumm&aumma residui di prodotti chimici militari.
    Si evitano le proteste NIMBY.Quanto alla platica dello  lo sci estivo..l’ ha ordinato il medico che si debba sciare anche in estate? ci sono pattini in linea, skiroll  e skike e downhill su strade asfaltate .Cio’ che e’ tecnicamente possibile su piccola scala locale non e’estensibile a pratica generalizzata.( ce l’avete el telun?  tel chi el telun!, allora anch’io! No , tu no!)Comunque se uno sostenesse l’opinione che in Italia non si accendano  caldaie in certe zone  graziate dal clima..tranne per brevi periodi affrontabili con  difesa dal frescolino con  un vestiario adeguato, si scatenerebbe una rivolta mediatica.Gia’per eperienza di genitore, se si inceppa il flusso di acqua calda  fluente a gogo da rubinetto, la prole si incazza ..e l’acqua” fredda ” sui 30 gradi sarebbe sopportabilissima per una doccia veloce.Meno co2,  docce fresche e spesa con bici e carrellino a traino.
     

  3. Credo che sia difficile concepire per la montagna qualcosa di piú aberrante di un ghiacciaio ricoperto da teloni: da immagine della purezza a immagine della schifezza.
    Ma ciò che conta è che sul Ghiacciaio del Presena si possa sciare anche per Ferragosto…

  4.    Almeno ridurre:in bagno ci sono detersivi liquidi, ammorbidenti ,shampoo, bagno schiuma,  creme,  che potrebbero essere sostituiti da detergenti solidi . Chi ha passato gli n-anta ricorda che molti di questi prodotti un tempo non c’erano o erano concentrati in scatole di carta. Se per i capelli bastava un detergente o sapone solido , adesso ci sono parecchi flaconi differenziati   capelli secchi, semigrassi, grassi , antiforfora, alle erbe, ai frutti ecc.ogni  appartenente alla famiglia ha la sua scorta privata diversificata Chi si ricorda la saponina in scaglie?? Serviva pure in cucina per i piatti.Per  capire la tipologia di prodotto che conteneva, basta camminare su spiaggia invernale. E’ ovvio che la plastica da vestiti non e’comparabile con altri ammassi…ma il “tu qoque -anche tu fai..”” non deve essere un alibi per non porsi i problemi .Altro settore che domina in casa: tinozze, caraffe , bacinelle, secchi..che un tempo erano di legno o metallo zincato o smaltato…e fanno compagnia agli altri nei fiumi e laghi e mari. Comunque nella regione Veneto  vige per plastica e lattine una raccolta differenziata:sacchetto azzurro trasparente  da collocare su strada in giorni fissati su calendario fornito a tutte le famiglie. Come pure altri recipienti per solo vetro e altro per sola carta, oltre ad un centro raccolta rifiuti ingombranti, ( diversi contenitori ,cassoni di camion, per ramaglie, legno, cartone,  plastica e plastica dura,     elettronica varia, olio dimotore , olio di fritture,carta  materiali inerti , metalli, batterie, copertoni, cartucce stampante e dato il frequente trincamento..pure tappi di sughero. Ad ogni conferimento si compila un questionario e si passa la card sanitaria, onde evitare incursioni da fuori zona. comunque rimane   un residuo in % che “non sa leggere il calendario  ed il manuale”, getta alla rinfusa  nel sacchetto sbagliato, sfugge all’anagrafe della ditta che consegna bidoni con codice a barre.Non sempre anagrafe comunale di residenti e  semplici domiciliati in appartamenti ( alcuni in nero)e anagrafe degli intestatari di bollette si parlano.Molti disinvolti gettano i rifiuti nei cestini   dei giardini pubblici. Dalle strade sopra argini o campagne volano sacchi..e gli inquinatori son talmente rapidi nell’ esecuzione dello sbolognamento che neppure un tiratore scelto con colpo in canna riuscirebbe a togliere la sicura, mirare e” sanzionarli”..in pochi secondi le auto o gli scooter   li recuperano e con pilota  f1 sgommano e partono a razzo. Altro fenomeno:capannoni vuoti dell’epoca passata di “un distretto zona industriale  per ogni paesotto” servono da deposito di rifiuti indifferenziati provenienti da altre zone, specie se un’autostrada e’ vicina con tanto  di comodo casello.

  5. Di sicuro i tessuti rilasciano microfibre e quindi?
    Se vola via un cappello di pile disperdi nell’ambiente un peso paragonabile a tutte le microfibre perse da tutti gli sciatori in quella stagione.
    Ma ancora, il problema è dove vanno a finire tutti i vestiti di tutti? Quanti vestiti di fibra artificiale vengono dismessi ogni stagione (e quanti ancora nuovi, perdipiù) e quanta parte divengono microfibre nell’ambiente?
    Tutto questo in peso non è nulla rispetto agli imballaggi nella medesima stagione. Imballaggi che sono praticamente tutti a perdere e di cui una parte finisce nei fiumi e nel mare, diventando microplastiche ecc.

  6. https://www.repubblica.it/green-and-blue/2022/03/01/news/un_mondo_senza_plastica-337854871/?ref=RHVS-VS-I271182744-P4-S1-T1
    Simili  teli si usano molto come protezione degli orti in inverno.Poi  quel che rimane si dovrebbe  conferire nella differenziata..ma il polverino vien fuori ugualmente quando  li rimuovi..La faccenda delle microfibre rilasciate dai tessuti , non me la sono inventata ma vista in Geo con tanto di immagini al microscopio.In effetti sembra pignoleria ..ma chissa’.

  7. Articolo senza grinze e iniziativa di denuncia firmata autorevolmente.
    Niente da aggiungere se non applausi.

  8. Albert, sei un genio nel fare affermazioni vere ma assolutamente ininfluenti e sempre per sostenere lo status quo.
    Dubito che il peso di tutte le pelli antiscivolamento usate da tutti gli scialpinisti su tutte le Alpi sia equivalente in peso alla copertura del Presena.
    Così come le fibrille che si staccano dai vestiario degli alpinisti sono una frazione infinitesimale del peso del vestiario stesso, che è solo una parte minuscola delle fibre sintetiche usate nel campo globale dei vestiti. Quindi semmai chiediti come venga smaltito questo.
    Se vuoi parlare dell’inquinamento da plastica o limitarla, parla di come la plastica è usata, cioé di dove è necessaria e dove no.
    E parti da dove è più usata: gli imballaggi.

  9. Purtroppo sostenuta e somministrata, alla popolazione,   a gran voce dai media. Già questo fatto doveva innescare dubbi. Finalmente l’inganno viene smascherato
    Non vi ricorda qualcosa che con la plastica non c’entra?

  10. In merito a: “Inoltre “i teloni rilasciano grandi quantità di fibre plastiche, ancora non è chiaro dove si accumulino una volta espulse dai ghiacciai insieme all’acqua di fusione e quali siano gli effetti ambientali”.
    Il  rilascio di microplastiche avviene anche  da parte del vestiario tecnico e modaiolo..usato sulle nevi e ormai prevalentemente sintetico e impregnato divari prodotti chimici. Anche da pelli antiarretramento sintetiche. Infatti causa  lo sfregamento combinato con  i raggi solari..non sembra ,ma si  staccano fibrille che poi si riscontrano in analisi miscroscopiche accurate delle acque di fusione . Che si propone? chiusura delle linee abbigliamento o ritorno a lana, cotone, seta??  Chi continua a scegliere le fibre natuareli e’ un  demode’ , uno snob o un ecologista?Aggiungiamo che anche  le piste artificiali estive a spazzole    fibrille e le piste di finto ghiaccio per pattinaggio natalizio, anche belle  fette di trucioli biancasti.

  11. Era abbastanza ovvio che fosse un’operazione di “facciata” inutile e probabilmente peggiorativa. Purtroppo sostenuta e somministrata, alla popolazione,   a gran voce dai media. Già questo fatto doveva innescare dubbi. Finalmente l’inganno viene smascherato. 

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