In gioco c’è l’agricoltura, ma pure infinitamente più di quello. Ovvero creare degli agrosistemi in equilibrio permanente, che non abbiano bisogno di chimica, meccanizzazione, energia e di tutti quegli interventi che l’uomo fa per costringere l’ecosistema a sua immagine e somiglianza. Ecco cos’è la permacultura.
Cosa è la permacultura
(pianificare, riciclare e riusare)
di Laura Succi
(pubblicato su piemonteparchi.it il 20 giugno 2020)
C’è un pensiero ecologico che sarebbe proprio il momento giusto di riprendere, visti lo stato di salute del pianeta Terra e l’emergenza sanitaria che ci porteranno a trasformazioni profonde con cui dovremo fare i conti.
Cristiana Peano del Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università di Torino è una convinta sostenitrice della necessità di adottare un nuovo approccio che metta insieme agricoltura e gestione del territorio: “La pressione sugli ambienti naturali e sui territori sicuramente determina dei grossi scollamenti rispetto a quello che è l’ecosistema naturale e probabilmente noi abbiamo raggiunto il limite“. Dice anche altro la professoressa: “Non so se da questa situazione ne derivi anche l’emergenza sanitaria CoViD-19, non mi permetto di parlare da un punto di vista sanitario perché non rientra nelle mie competenze, però è evidente che qualche cosa è successo“.
Dunque uno degli elementi di crisi è senz’altro l’agricoltura, così com’è concepita oggi. “Il suo errore di fondo” dice Peano “è di fare per sé, senza considerare di essere parte di un sistema più ampio. Perché l’obiettivo deve essere solo quello di ottimizzare sempre di più le performance delle colture andando a stressare l’ambiente all’inverosimile? Senza dimenticare che questo porta a grandi costi sociali ed economici: ci si ammala, e questo ha un prezzo. Lo stiamo vedendo molto bene in questo periodo. Oppure forse bisognerebbe fermarsi e dire: ‘Nonostante io abbia le conoscenze scientifiche per aumentare ulteriormente la resa delle colture, mi freno perché va a discapito dei fiumi, dell’aria, delle persone che vivono lì?”.
Queste sono le domande.
L’agricoltura biologica non è esente da critiche
Non è esente da pecche neppure l’agricoltura biologica. “Quello che troviamo oggi nei negozi e nei supermercati del biologico” spiega Peano “per la maggior parte è legato a un sistema di coltivazione a monocoltura che deriva da un adeguamento allo schema esistente. L’unica vera differenza rispetto ai prodotti che si trovano negli altri circuiti è che sono coltivati con sostanze che non derivano dalla sintesi industriale ma da molecole chimiche presenti in natura come lo zolfo o il rame“. Questo è… e d’altronde è frutto delle dinamiche della grande distribuzione imposte dal modo di operare dominante.
Ci si è dimenticati, o si fa finta di non sapere, che il sistema reale di riferimento è il mondo. Siamo parte di questa Terra, e visto che siamo connessi a tutti gli altri esseri viventi, dal microbo all’elefante, ci sarebbe bisogno di recuperare un modo di vita che non sia di sopraffazione ma di coesione. Quello che serve è un salto in avanti culturale e il sentiero da imboccare ce l’hanno indicato alcune scuole di pensiero nate agli inizi del secolo scorso come l’agroecologia, l’agricoltura biodinamica e la permacultura che proponevano già all’epoca il poderoso passaggio concettuale da coltura a cultura.
L’equilibrio della permacultura
Dall’agricoltura naturale o del ‘non fare’ del filosofo Masanobu Fukuoka prende le mosse nella seconda metà del secolo scorso la permacultura, una tipologia di agricoltura che scaturisce dal pensiero ecologico degli accademici australiani Bill Mollison e David Holmgren: nessun guru si è alzato una mattina dicendo parole in libertà, l’ingrediente di partenza è la scienza, in questo caso l’ecologia.
L’idea su cui poggia la permacultura è di creare degli agrosistemi in equilibrio permanente, che non abbiano quindi bisogno di un eccesso di input esterni per sostenersi, di chimica, di meccanizzazione, di energia e di tutti quegli interventi che l’uomo fa per costringere l’ecosistema a sua immagine come il taglio delle foreste, l’inquinamento del suolo e dell’aria, e solo per citarne alcuni.
Si inserisce qui un altro elemento fondante, la società e quindi le persone che vivono all’interno di questo ecosistema: non importa che le persone siano agricoltori o impiegati di banca perché anche le azioni dei bancari incidono sul territorio in termini di consumo di energia, di produzione di rifiuti, e di tutto il resto. Nella permacultura è una forte etica della società e anche una forte componente architettonica perché l’ecosistema è fatto di piante, di acqua, di sole, di animali e di persone, ma poi queste persone e questi animali devono avere dei ricoveri e qui si inserisce la componente della bioarchitettura, fatta di materiali e di energia rinnovabili, e quindi della cura del paesaggio.
Il sistema ecologico integrato della permacultura è un organismo complesso che non può fare a meno della progettazione del sistema in tutte le sue componenti. E qui viene il difficile, evidenzia Peano: “Il cammino su quella strada è arduo e si muove in similitudine con quello che sta succedendo per la crisi sanitaria, ci sono lobby e grandi interessi in gioco. I sostenitori dell’agricoltura industriale – c’è chi coltiva, chi distribuisce i prodotti, chi li vende e chi li trasforma – e i fautori della coltivazione naturale, devono sedersi attorno a un tavolo e colloquiare per cercare di trovare una terza via. Un cambiamento così radicale comporta poi un periodo di transizione prima che sia performante. Ma se è vero che oggi nessuno lo vuole e nemmeno lo sa immaginare un cambiamento di questa portata e altrettanto vero che è probabile qualche scossone vista la crisi economica alle porte“.
Un sistema ecologico integrato
Due contadini formatori, Nicola Savio e Pietro Zucchetti, ne hanno fatto invece una ragione di vita: hanno creato da anni ciascuno il proprio progetto di permacultura e vivono di quello, proprio qui in Piemonte.
Savio è, o meglio era, un nerd torinese che di agricoltura sapeva poco o nulla e ha cercato di capire in maniera ossessivo-compulsiva come cresce una pianta. Dopo quindici anni di attività oggi è formatore dell’Accademia Italiana di Permacultura. Pianifica, ricicla, riusa e vive nell’ecosistema che ha fatto nascere dal nulla a Lessolo, non lontano da Ivrea. L’ha chiamato OrtodiCarta (Pagina Facebook: OrtodiCarta) ed è una piccola realtà agricola locale e sostenibile da reddito: come la definisce lui “un modulo che dà possibilità a chi la porta avanti di poter vivere e prosperare”.
L’Istituto Italiano di Permacultura invece ha vari progetti in Italia ma è ben radicato, è il caso di dirlo, a Scagnello, sulle Alpi del Mare del monregalese. Zucchetti che ne è il fondatore e presidente dal 2010, vive lì con la sua famiglia di cinque persone. “Il nostro è un sistema di vita permanente che si fonda sulla progettazione di ecosistemi – facciamo riforestazione attraverso la produzione di cibo, rigenerando, ristrutturando e riportando la biodiversità dove non c’è più – sull’aiuto reciproco e sulla cooperazione, condividendo ciò che abbiamo in più: le tre etiche della permacultura sono cura della terra, cura della persona e condivisione del surplus“, racconta.
La loro fattoria è composta da una casa autonoma in stile locale piemontese con fitodepurazione e raccolta dell’acqua piovana, un orto, una vigna antierosione, un giardino foresta con annesso un orto forestale e un sistema per la gestione dell’acqua piovana. Il tema del cambiamento è dunque più che mai attuale e la permacultura è solo una delle strade possibili perché l’importante è entrare in una dimensione ecologica, visto che l’ecologia ha già in sé la componente sociale e di equilibrio dell’ecosistema.
Intanto, dall’Europa arriva una speranza: la Commissione Europea ha presentato le Strategie sulla biodiversità e “Farm to Fork“, componenti essenziali dell’European Green Deal. Bene, le due strategie si tengono perfettamente insieme, natura e agricoltura non possono stare l’una senza l’altra: il cibo prodotto in Europa è famoso per essere sicuro, nutriente e di alta qualità, dovrebbe ora anche diventare lo standard globale per la sostenibilità.
Approfondimenti:
La minifattoria “Orto di carta” di Nicola Savio
Catastrofe capitalista e scientista.
Il cosiddetto bioregionalismo aggiunge molto a quanto in merito alla permacoltura Non solo ragioni tecniche ma umanistiche.