Desiderare senza certezza
di Federico Amanzio
(già pubblicato su verticales.it il 19 aprile 2017)
La conquista più grande? Desiderare qualcosa senza la certezza d’ottenerla.
Secondo lo psicologo Carl Gustav Jung la molla nascosta dell’agire umano è costituita dalla volontà.
Niente di straordinario: tutto ciò è piuttosto intuitivo, ma il genio svizzero aggiunge anche che la volontà nasce e si sviluppa da un pretesto qualsiasi. Il pre-testo non è soltanto ogni cosa che stia fuori o prima di qualsiasi libro stampato, quasi ne fosse la sua musa ispiratrice. Questo moto intimo è piuttosto quel sentimento, vivo e presente nell’animo, ma spesso maledettamente difficile da spiegare ad altri perché non è ancora la volontà cosciente.
Perché si va in montagna? Cosa ci spinge a scalare una parete difficile quando dall’altra parte si può raggiungere la vetta percorrendo un comodo sentiero? Voglia di immedesimarsi nella natura o di provare le proprie forze? Questo è quanto ci dice la nostra volontà, ma il pretesto dev’essere un altro: infatti sensazioni di questo tipo si potrebbe viverle in mille altri luoghi.
La natura gioisce. La primavera alpina ricopre di bellezza le vette. I fiori spuntano oltre i duemila metri di altitudine anche sotto la neve.
Julius Kugy – il forte scalatore goriziano, vero pioniere delle rocce carsiche che costituiscono le propaggini orientali dell’intero arco alpino – scalava anche lui per un pretesto. Giovane appassionato di botanica percorreva le Alpi Giulie in lungo e in largo alla ricerca di un fiore azzurro chiamato Scabiosa Trenta «che Mastro Hacquet aveva scoperto sui monti della Val Trenta quasi cento anni prima». Successivamente nessuno l’aveva più trovato e così questo fiore rimase una specie sconosciuta, che sembrava vivesse unicamente tra le variopinte tavole dei cataloghi illustrati. Seguendo le pagine di Alpi segrete di Marco Albino Ferrari, la cui scrittura ci ha ispirato questa storia, approfondiamo la straordinaria personalità di “Herr Doktor Kugy” che vecchie fotografie ritraggono come «un elegante signore di città, il monocolo d’argento e il loden aperto sul panciotto».
Ci mancano invece le foto della sua gioventù, quando diciassettenne sale in solitaria il Monte Triglav già alla ricerca dell’ambito fiore azzurro. Per anni e anni la sua curiosità lo spinge a percorrere centinaia di chilometri in verticale sulle cangianti pareti delle Alpi carsiche. Ore e ore in solitaria, a tu per tu, sospeso sulla roccia calcarea. Quello che con gli anni divenne un vero e proprio fiore mistico, costante meta dei suoi viaggi e delle sue arrampicate, in realtà non esiste, è una di quelle specie destinate a non essere mai trovate. Il vecchio Kugy scoprì anzi che si trattava di un fiore già noto, la Cephalaria leucantha.
«Ho udito una volta parlare dei tempi antichi, e come fiere e alberi e sassi abbiano allora parlato agli uomini. Ho davvero il senso che debbano da un momento all’altro ricominciare, e ch’io possa vedere al loro aspetto quello che hanno da dirmi (Novalis, Enrico di Ofterdingen)».
Qual è il nostro pretesto? Ognuno ha il suo. Abbiamo voluto ricordare quello di Julius Kugy perché, quando i botanici lo informarono che il fiore azzurro non esisteva, il suo cuore sorrise in silenzio: se non si trovava la specie concreta, il suo ricordo era adesso vivo per sempre. Quando seppe che aveva cercato per tutta la vita un fiore immaginario, fu certo ormai che non avrebbe più perso il suo profumo e la sua dolcezza, e che sarebbe fiorito d’ora in poi solo per lui. Quel fiore è infatti un fiore di montagna: vive perché è lì, senza adrenalina, ignaro di cosa sia il rischio fine a se stesso così comune in quel mondo.
Ma, soprattutto, non gli spiace di rimanere solo un’idea, ben contento se ha nutrito un cuore generoso.
Scopri di più da GognaBlog
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.