Proponiamo qui questo articolo abbastanza leggero sul tema delle cordate di lunga durata o di grande successo. A voi il giudizio se la scelta (quattro cordate francesi su dieci) risenta o meno del difettuccio un po’ sciovinistico dei nostri cuginetti francesi…
Dieci cordate leggendarie
di Thomas Vennin
(pubblicato su summit-day.com il 5 giugno 2016)
Che sia di canapa o di nylon, a seconda dell’epoca, la corda è sempre stata l’accessorio per eccellenza dell’alpinista. Ma senza un compagno legato all’altra estremità, si può dire che l’oggetto perde un po’ del suo fascino… Ammettiamolo, l’alpinismo è come tutto il resto, è meglio in due! Ecco, a titolo di esempio, dieci cordate che hanno fatto la storia.
Louis Lachenal e Lionel Terray, i più leggendari
Chi meglio di Lionel Terray può presentare la cordata più famosa del dopoguerra: “Dotato di un’abilità prodigiosa, della vitalità di una bestia selvaggia, di un coraggio che rasentava la temerarietà, in tutti i terreni delicati o instabili, Lachenal era di gran lunga l’arrampicatore più veloce e brillante che abbia mai conosciuto. Alcuni giorni era capace di un’ispirazione davvero brillante, ma faticava nei passaggi atletici e soprattutto il suo morale era instabile. Impulsivo e incredibilmente ottimista, mancava di pazienza, persino di perseveranza e di riflessione, e il suo senso dell’orientamento era gravemente carente. Meno dotato di lui in tutti i campi, ma più potente e capace di una resistenza più prolungata, più ostinata e più ponderata, ero l’elemento moderatore della nostra squadra ma, mi sembra, le davo la stabilità e la solidità indispensabili alle grandi imprese”.
Le grandi imprese a cui Terray si riferisce in questo estratto di Les Conquérants de l’inutile sono, tre le più belle, la parete nord delle Droites, la Walker e, naturalmente, la seconda ascensione della parete nord dell’Eiger con tempi che farebbero impallidire una macchina di Formula 1. Ma nel 1950, il povero Biscante tornò dalla spedizione dell’Annapurna in condizioni pietose. Senza i suoi piedi, non era più in grado di tenere il passo di Terray, che abbandonò le Alpi per cime più lontane come il Fitz Roy, il Makalu e lo Jannu.
Edmund Hillary e Tenzing Norgay, una cordata storica ma di breve durata
Qualcuno direbbe che hanno scalato insieme solo una volta, e solo alla fine della scalata… Ma che scalata! La prima scalata dell’Everest! Perdonate il gioco di parole! Il team Tom Bourdillon/Charles Evans avrebbe potuto essere al loro posto se il primo tentativo, lanciato tre giorni prima, fosse andato a buon fine. Ma le circostanze fecero sì che alla fine fossero Edmund Hillary e Tenzing Norgay a raccogliere la gloria il 29 maggio 1953 sul Tetto del Mondo.
Certo, avevano beneficiato del lavoro di un’intera squadra, e anche di quello della spedizione svizzera dell’anno precedente, ma la scalata del risalto roccioso che oggi porta il nome di Hillary fu comunque una grande impresa e conferisce loro il diritto indiscusso di entrare nel pantheon degli scalatori leggendari!
Joe Brown e Don Whillans, generazione Inghilterra
Negli anni ’50 e ’60, il Regno Unito ha visto emergere una generazione di scalatori eccezionali. Per più di vent’anni, Chris Bonington, Doug Scott, Dougal Haston, Joe Brown, Don Whillans e Ian Clough infiammarono il piccolo mondo dell’alpinismo con una serie di risultati altisonanti, tra cui la prima salita della parete sud dell’Annapurna e della parete sud-ovest dell’Everest.
Come parte di questo prodigioso gruppo, Joe Brown e Don Whillans formarono una squadra formidabile – e non solo per il modo in cui tracannavano le birre – che esordì nel Peak District nel nord dell’Inghilterra, nel Galles e in Scozia, prima di affrontare le Alpi, dove nel 1954 compirono la terza salita della parete ovest del Dru e la prima della parete ovest dell’Aiguille de Blaitière. Fu durante questa salita che Joe Brown diede il nome alla famosa “fessura Brown”, che riuscì a salire grazie all’incastro nella fessura dei pietroni inviatigli da Don Whillans, che bloccò nella fessura per poi usarli per la progressione e assicurazione. Così britannico!
Lucien Bérardini e Robert Paragot, “la cordée des voyous”.
Robert Paragot e Lucien Bérardini facevano parte dell’allegra brigata di Bleausards che arrivò sulle Alpi all’alba degli anni Cinquanta con l’idea di scuotere la secolare routine delle guide di Chamonix. Qualche grande successo dopo, nel 1953 i nostri due accoliti si imbarcarono nella spedizione guidata da René Ferlet sulla parete sud dell’Aconcagua, in compagnia di Pierre Lesueur, Edmond Denis, Guy Poulet e Adrien Dagory. Berardini perse alcune dita, ma questo non gli impedì di fare squadra con Paragot per vent’anni di ascensioni brillanti ed eclettiche: la parete nord del Grand Capucin nel 1955, l’Huascarán 6768 m in Perù nel 1966, il Makalu nel 1971, oltre ad alcune belle prime ascensioni nelle Dolomiti.
Ci hanno lasciato un libro: Vingt ans de cordée pubblicato nel 1974 da Flammarion e Jean Afanassieff ha dedicato loro un film dal titolo evocativo: La cordée des voyous (la cordata dei teppistelli).
Georges Livanos, Robert Gabriel… e Sonia!
Ho già detto quanto amo il “greco” e i suoi racconti pieni di sapore e autoironia. Ma non dobbiamo dimenticare che Georges Livanos non era solo spiritoso, era anche un formidabile scalatore che, per 30 anni, ha scosso le Calanques e le Dolomiti con i suoi colpi di martello. Il suo partner d’elezione: Robert Gabriel. “Faceva schifo, ma quando è entrato in contatto con me è migliorato”, ha detto il greco a proposito del suo buon amico. Insieme hanno salito, tra le altre, la terribile via Cassin sulla Cima Ovest, poi la prima del diedro della Su Alto.
E poi è arrivata la spumeggiante Sonia, prima in tre, poi in due dopo il ritiro di Gabriel. Era una donna “alta un metro e mezzo, debole, ignara delle difficoltà, della fatica, della paura, del freddo, della sete e della fame”, responsabile della schiodatura in Marmolada ma anche nella ripetizione, vent’anni dopo, della Su Alto. Semplicemente, “la coppia più sesto grado del secolo”…
Jean Couzy e René Desmaison, tre anni di eccellenza
È durata solo tre anni, ma è un eufemismo dire che la famosa coppia Couzy-Desmaison è stata un successo sfavillante. Prima di partire per il Makalu – che aveva scalato con Lionel Terray nel 1955 – Jean Couzy propose a René Desmaison di unirsi a lui per tentare la parete ovest del Dru, che fino a quel momento era stata scalata solo tre volte: “Questa salita riuscita insieme ci ha permesso di valutare il potenziale reciproco in un terreno estremamente difficile. Eravamo consapevoli di formare una squadra di prim’ordine. I tre anni successivi lo dimostreranno” scrive Desmaison in La montagne à mains nues (La montagna a mani nude).
Il resto è storia: primi sulla cresta nord dell’Aiguille Noire de Peutérey, primi sulla parete nord-ovest dell’Olan (la famosa via Couzy-Desmaison), prima salita invernale della parete ovest del Dru, prima salita dello sperone della Punta Margherita della parete nord delle Grandes Jorasses. La loro grande storia si concluse bruscamente e tragicamente poco dopo quest’ultima grande ascensione, quando Jean Couzy rimase ucciso da una caduta di massi nel massiccio del Dévoluy il 3 novembre 1958.
Peter Boardman e Joe Tasker, in stile alpino leggero
Si sono incontrati per la prima volta nel 1971 sulla parete nord di Les Droites e hanno partecipato alla loro prima spedizione congiunta nel 1976 al Changabang 6864 m. Il loro credo è lo stile alpino leggero. La loro fantastica salita del Kangchenjunga nel 1979 rimane un punto di riferimento nel settore. I due sono stati inseparabili fino alla loro morte nel 1982, quando hanno tentato di scalare l’Everest attraverso la cresta nord-est come membri di una spedizione britannica guidata da Chris Bonington.
Il “Boardman-Tasker” è oggi un premio letterario assegnato ai migliori libri di montagna in Inghilterra.
Reinhold Messner e Hans Kammerlander, Ottomila e ancora Ottomila
Quando, nel 1982, incontrò il giovane Hans Kammerlander, Reinhold Messner era già un immenso alpinista che aveva scalato nove dei quattordici 8000 del pianeta. Kammerlander lo avrebbe aiutato a completare il cerchio, ma non solo, perché anche se hanno scalato insieme i cinque Ottomila mancanti a Messner (Cho Oyu, Annapurna, Dhaulagiri, Lhotse e Makalu), il loro team è noto anche per aver completato la famosa traversata dei due Gasherbrum (8068 m e 8035 m) in una sola volta, senza tornare al campo base, nel 1984. Questa impresa monumentale è stata seguita dal campo base da Werner Herzog, che ne ha tratto il film La montagna lucente.
La loro bella storia si concluse nel 1986 dopo l’ultimo Ottomila di Messner, ma anche Kammerlander, colto dal virus, tentò di compiere la stessa impresa. Tuttavia, la tragedia che lo colpì sul Manaslu nel 1991 – la morte di due suoi amici – gli impedì di tornare su quella montagna…
Jerzy Kukuczka e Voytek Kurtyka, la cordata magica
Gli anni ’80 sono stati un’epoca d’oro per l’alpinismo polacco, e i fantastici successi dei grandi nomi Krzysztof Wielicki, Wanda Rutkiewicz, Kukuczka e Kurtyka sono difficili da contare. Il sodalizio triennale di questi ultimi due rappresenta certamente l’apogeo di questa benedetta epoca dell’alpinismo himalayano. È stata una lettera inviata da Kurtyka a mettere tutto in moto: “Sono ai piedi della parete ovest del Makalu con Alex MacIntyre e René Ghilini. Penso che si possa fare. Vi aspetto”. Alla fine Kukuczka raggiunse la vetta del Makalu da solo, ma dal 1982 in poi Jerzy Kukuczka e Voytek Kurtyka formarono una “squadra magica” che li portò in cima al Broad Peak e ai due Gasherbrum. La loro più grande impresa è stata senza dubbio la traversata delle tre cime del Broad Peak nel 1984. Cinque giorni da soli per percorrere dieci chilometri a un’altitudine che sfidava ogni competizione.
Dopo quest’ultima impresa, i due uomini decisero di porre fine alla loro collaborazione. Da quel momento in poi, Kukuczka puntò alle quattordici cime degli Ottomila metri, mentre Kurtyka preferì concentrarsi su salite più impegnative.
Erhard Loretan e Jean Troillet, l’Everest in 43 ore
Nella sua ricerca dei quattordici Ottomila, il fenomenale alpinista svizzero Erhard Loretan ha avuto diversi compagni di cordata, tra cui André Georges, Pierre Morand, Pierre-Alain Steiner e l’alpinista polacco Woytek Kurtyka. Ma il suo alleato più fedele sarà senza dubbio Jean Troillet. Insieme hanno raggiunto otto cime oltre gli 8000 metri, sempre in stile alpino, a volte in inverno come sul Dhaulagiri nel 1985, e spesso per vie nuove come sullo Shisha Pangma o sul Cho Oyu.
Ma l’impresa che sicuramente ha lasciato il segno più grande nei loro dieci anni di spedizioni insieme è stata la leggendaria scalata dell’Everest nel 1986: 43 ore per andata e ritorno attraverso il canalone Hornbein. La discesa al campo base, effettuata scivolando sulle natiche in sole tre ore, non è un’impresa da mostrare in nessuna scuola di alpinismo!
Forse non conoscete Bortolo Sandri e Mario Menti….. l’Eiger però li ha conosciuti come pure Gino Soldà e così Biri Carlesso.
Io personalmente, anche se sono cordate più “recenti”, ci vedrei bene i fratelli Huber e la cordata Nico favresse e Sean Villanueva!
grandi imprese a cui Terray si riferisce in questo estratto di Les Conquérants de l’inutile sono, tre le più belle, la parete nord delle Droites, la Walker e, naturalmente, la seconda ascensione della parete nord dell’Eiger con tempi che farebbero impallidire una macchina di Formula 1. Ma nel 1950, il povero
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seconda ripetizione quindi terza salita.
4/5 agosto: Terza salita, le guide svizzere Hans e Karl Schlunegger da Wengen e Gottfried Jermann da Dittingen nel canton Basilea.
Che ci acchiappa?
Ognuno ha le proprie preferenze e fa le sue scelte, ma l’autore ha una buona conoscenza della storia dell’alpinismo? Ho un po di dubbi. Oppure è solo di parte…
La nord del pizzo non è proprio uguale alla seconda ripetizione della nord dell Eiger.
A proposito di Messner e Kammerlander, invito a guardare il film di Herzog:
Reinhold Messner & Hans Kammerlander in The Dark Glow Of The Mountains – YouTube
Per me da menzionare meroy Nives e marito. Unica!!!!
La cordata Elso BIAGI e Angelo NERLI autrice di importanti e classici itinerari in Apuane, parete sud del Monte Sumbra e parete nord del Pizzo d’Uccello.
Posso dire che a me questa mania di elencare i top five, i migliori dieci, i venti più grandi, ecc. mi pare una…corazzata Potiomkin, diciamo così e una vera americanata.
Sopratutto poi se applicata in campi dove non è proprio possibile stilare una classifica seria.
I bellunesi Franco MIOTTO e Riccardo BEE ??
Le loro vie sul Burel, e alle Pale di san Lucano sulla Palazza nei Feruc, sono viaggi rimaste irripetute per decenni.
E della cordata Castiglioni-Detassis cosa vogliamo dire?
Che hanno aperto una miriade di itinerari e praticamente esplorato le Pale di San Martino.
Bonatti/oggioni
Bonatti /zappelli
Boivin/Gabarrou
grassi / comino
castiglioni/detassis
ed Armando ASTE e Franco SOLINA dove si mettono?
Vogliamo fare l’elenco e la qualità delle loro realizzazioni?
E come dimenticarsi di Michel Piola e Pierre Allain Steiner?
La mania del numero 10 in questo caso è limitante.
Dove mettiamo Ermanno Salvaterra e Maurizio Giarolli, o, Riccardo Cassin e Gino Esposito?