Si ringrazia www.differenzatra.it/differenza-tra-rischio-e-pericolo per alcuni spunti tecnici.
Partiamo dalle definizioni date dal decreto legislativo n. 81/2008 e s.m.i. (successive modifiche e integrazioni) all’articolo 2 lettere r) e s):
r) pericolo: proprietà o qualità intrinseca di un determinato fattore avente il potenziale di causare danni;
s) rischio: probabilità di raggiungimento del livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego o di esposizione ad un determinato fattore o agente oppure alla loro combinazione (da www.sgslweb.it/news.php?item.11).
Nei pressi del rifugio Albani sul versante nord della Presolana. Prealpi bergamasche. Foto: Federico Raiser / K3
Per cercare di definire in termini più facilmente comprensibili:
– il pericolo è una proprietà, o una qualità, o una modalità dannosa di uno strumento, di una situazione, di un’azione. Per capirci, una sega elettrica è potenzialmente pericolosa, come pure una stanza riempita di sostanze tossiche, come pure arrampicare su una parete o scendere in canoa per un fiume selvaggio.
– il rischio invece esiste quando vi è contemporanea presenza di un pericolo e di qualcuno o qualcosa esposto a esso.
Quest’associazione, mentre non è scontata in caso di strumenti e situazioni, è sempre presente nel caso dell’azione.
Il rischio riguarda la probabilità che sia raggiunto il limite potenziale di danno nelle condizioni di impiego, o di esposizione, di un determinato fattore.
Non è il pericolo in quanto tale che danneggia i lavoratori, gli automobilisti o gli sportivi (ivi compresi gli alpinisti), tanto per citare alcune categorie, ma l’esposizione al pericolo, cioè il rischio.
Il rischio può essere espresso dalla formula: Rischio = Pericolo x Magnitudo. Il rischio quindi è dato dal prodotto tra la pericolosità (la probabilità che un evento si verifichi in un determinato spazio/tempo) e la Magnitudo, cioè la gravità delle conseguenze dannose.
Per i lavoratori
Il D.lgs. 81/2008 garantisce la tutela dei lavoratori in materia di salute e sicurezza sul lavoro, sancendo l’obbligo per il datore di lavoro di effettuare l’analisi dei rischi e di attuare misure di prevenzione, di eliminazione, o riduzione dei rischi connessi all’ambiente e alle attività lavorative stesse.
Nelle attività lavorative il rispetto dei dispositivi di sicurezza, l’utilizzo corretto delle attrezzature e il rispetto delle normative vigenti possono prevenire l’accadimento di incidenti e infortuni. Oltre alla prevenzione, un attento piano per la gestione delle emergenze è indispensabile per fronteggiare eventuali situazioni di pericolo reale; a tal proposito, è bene conoscere l’ambiente in cui si lavora, la dislocazione delle uscite di sicurezza e le procedure da seguire in caso di emergenza. La sicurezza sui luoghi di lavoro è un tema sempre attuale ed è interesse sia dei datori di lavoro che dei lavoratori stessi essere sempre aggiornati a riguardo delle normative vigenti e dei rispettivi diritti e doveri stabiliti da quest’ultime.
L’ambiente di lavoro deve essere il più possibile protetto, e ciò a prescindere dalla consapevolezza del lavoratore. Per legge, la responsabilità di un lavoro pericoloso è prima di tutto affidata al datore di lavoro e solo in subordine al lavoratore stesso, cui è solo richiesto il rispetto delle norme.
Per gli amanti dell’avventura e degli sport outdoor
L’esigenza dell’individuo e della società di poter disporre di un qualche campo in cui la legge naturale la faccia da padrone ha fatto sì che nei secoli si sia creata (anche filosoficamente) un’area di rispetto, dove l’individuo possa decidere da solo, scegliere e avere anche libertà di errore.
L’attuale società “sicuritaria”, avversa alla libera iniziativa, condanna e scoraggia la suddetta area di rispetto, cercando di imporre al cittadino scelte preconfezionate e definite “sicure”. E nello stesso tempo incoraggia il ricorso alle vie legali per qualsivoglia incidente, proprio per avere giustificazione nell’intervenire sempre più spesso con nuove normative e legami di comportamento, il legislatore a questo punto quasi “invocato” da una pubblica opinione sempre più livellata.
Parete sud delle Grandes Jorasses. Foto: Federico Raiser / K3
La differenza tra pericolo e rischio è ben valida anche per gli avventurosi: per loro però, che se fossero protetti da una qualunque disciplina legale vedrebbero semplicemente la disintegrazione del loro ambito di gioco e la vanificazione delle proprie aspirazioni di esperienza individuale, per loro è essenziale l’auto-responsabilizzazione.
E’ il singolo avventuroso che deve rispettare il pericolo: acuire le proprie intuizioni, migliorare il proprio equilibrio interiore, “sentire” l’ambiente, allenare il fisico, auto-limitarsi nell’uso di strumenti tecnologici, attribuire grande importanza alla scelta dei compagni e infine darsi una regola etica nell’eventuale chiamata di un soccorso. In un mix sempre variabile di informazioni, strumenti, tecnologie ed equilibrio psico-fisico in armonico rapporto con la performance che vuole compiere. Lo scopo non è quello di eliminare il pericolo (parte integrante dell’ambito di gioco) quanto di diminuire responsabilmente il rischio.
La difficoltà di questo rapporto è data soprattutto da un nuovo concetto che, nel campo degli sport avventurosi, fa capolino: il rischio è stato associato al doppio significato di rischio/opportunità, poiché un evento incerto può essere fonte non solo di esiti negativi, ma anche positivi. Il termine inglese “risk” ben si presta a tale distinzione, un po’ meno intuitiva nel contesto italiano. Nell’accezione negativa il rischio è definito Downside Risk, mentre nella sua accezione “positiva” esso è definito Upside Risk.
E’ infatti purtroppo normalmente ritenuto “positivo”, alla conclusione di un’impresa molto rischiosa, che il protagonista goda di fama e riconoscimento pubblico: esattamente come si può guadagnare un’ingente somma di denaro in borsa da un investimento “ad alto rischio”. Prima di pensare al giudizio della cronaca e della storia, il protagonista dovrebbe riflettere fino al fondo di se stesso: e saper riconoscere quanto della sua esposizione al rischio sia stata in realtà dovuta alla sete di riconoscimenti. Quanto cioè si faccia per gli altri una cosa ad alta Magnitudo (e si rincorra un upside risk che qui non dovrebbe esistere) e quanto per motivazioni tanto più condivisibili quanto più interiori.
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pericolo = la causa
rischio = le conseguenze potenziali
Già
E’ un articolo molto chiaro che lascia un solo punto incerto: che senso ha il rischio per gioco? La risposta a mio avviso è nel senso stesso del gioco: il gioco è un esercizio per la vita, uno studio del proprio ambiente e delle proprie reazioni a diversi stimoli, per questo l’animale (e l’uomo) non può fare a meno di giocare. In tal modo il rischio sportivo, essendo la sperimantazione controllata di una situazione in qualche modo imprevedibile, ci prepara a comportarci in modo più sicuro. Paradossalmente è proprio la ricerca ossessiva della sicurezza, la fuga da tutto ciò che non è già perfettamente noto e codificato, a costituire a sua volta un pericolo per l’individuo e per la società. Guardando l’esempio del mondo del lavoro, non ci sarebbero norme di sicurezza efficaci se non ci fosse a monte l’esperienza di persone che hanno lavorato senza quelle norme ma cercando comunque di sopravvivere: una società di persone ipersicure farebbe lavorare gli schiavi e non si curerebbe della loro sicurezza (e ciò si è visto abbastanza spesso).