Dolori beffardi

Metadiario – 266 – Dolori beffardi (AG 2005-001)

La prima metà del 2005 ebbe giorni accomunati dal minimo comune denominatore di quei dolori diffusi che mi perseguitavano ormai da metà settembre 2004. Mi feci visitare dal medico della mutua, ma anche da reumatologi, chiropratici (a Como), fisioterapisti, osteopati. Ricorsi anche a trattamenti di agopuntura e massaggi vari (questi ultimi addirittura richiedevano una trasferta Milano-Lago d’Idro…).

La diagnosi su cui molti convennero fu di “polimialgia”, termine medico che vi assicuro dice tutto, ma anche niente. Nessuno seppe consigliarmi una qualunque terapia, né mi fu somministrata alcuna medicina. Non potevo certo imbottirmi di Aulin o di altri analgesici per mesi…

Guya verso il Resegone
Nei pressi del rifugio Azzoni, siamo investiti da un forte vento

Il picco era sempre alla mattina, quando l’immobilità del sonno mi provocava il massimo del disagio. Alzandomi il fastidio diminuiva un po’, ma avevo male tutto il giorno, alle mani, ai polsi, alle spalle, alle gambe: per fortuna queste zone non erano mai colpite tutte in contemporanea. I dolori erano molto girovaghi e a loro piaceva tormentarmi con fantasia. Erano escluse la colonna e la cervicale, ma anche piedi e ginocchia. Descrivere queste algie mi era difficile, nessuno sapeva districarsi (e neppure io) tra cartilagine articolare, infiammazione muscolare o tendinea.

Arrampicare e camminare non erano impossibili, ma erano esercizi che non miglioravano né peggioravano la situazione. Restavano comunque un fastidio che mi faceva stringere i denti e allontanava qualunque tipo di piacere.

Luca Mozzati sul terrazzo della sua baita all’Alpe Devero, 16 gennaio 2005
Le due Elene e Marta giocano sulla neve del Devero

Il lavoro aveva un suo trantran ostacolato da mille problemi giornalieri, affrontando i quali sarebbe stata più piacevole perfino la noia.
L’atmosfera in ufficio era avvelenata dai nostri rapporti con Riccardo. Il 10 gennaio Marco mi spedì questa mail:
Per farti passare i complessi di colpa mi sono permesso di guardare tra le mail di Riccardo, solo quelle del dicembre scorso. La cosa mi dà fastidio perché non sono uso a spulciare tra le carte altrui, ma sono andato in cerca dell’umore e delle situazioni che ci riguardano.
Ti mando in allegato le più interessanti. In summa, si evince che:
– il rapporto è da entrambe le parti a dir poco di merda;
– da fine settembre lavora part time presso la IMGinternet;
– ho il forte sospetto, ma non la sicurezza, che parte del tempo trascorso in ufficio a nostre spese lo passi a far lavoro pagato da altri.
Questo per farti passare i sensi di colpa”.

Le due Elene e Marta giocano sul ghiaccio del Lago Devero
Sistemazione delle ciaspole a Elena

Il 7 gennaio, approfittando di una bella nevicata, con Guya salimmo da Morterone alla vetta del Resegone. Tutto andò bene durante la salita, in prossimità del rifugio Azzoni fummo investiti da forti raffiche di vento che ci fecero sembrare il raggiungimento della croce di vetta una vera e propria impresa alpinistica… Salvo poi rimpinzarci subito dopo di polenta e spezzatino.

Altro ricordo bellissimo risale al 16 gennaio, quando con la mia Elenina andai all’Alpe Devero: con l’intera famiglia Mozzati (Luca, Renata e le due figlie Elena e Marta) salimmo con le ciaspole ai piedi all’Alpe Crampiolo e al Lago Devero 1856 m. La superficie del lago artificiale era ghiacciata e ci divertimmo in tutte le maniere, anche senza pattini. Ai grandi sembrava d’essere proprio come i bambini.

Lago Devero

Il 30 gennaio fu una giornata di sole, ma molto fredda. Portai Guya, Petra ed Elena sul Monte Palanzone 1433 m. Partimmo dalla Colma del Piano (o di Sormano) 1122 m e iniziammo la lunga teoria di rilievi che costituiscono la cresta nord-est del Monte Palanzone, per fortuna senza grossi dislivelli (Monte Falo 1182 m, Colma del Comune (o di Caglio) 1129 m, Monte Pianchetta 1237 m, Braga di Cavallo 1340 m, Monte Croce 1343 m, Bocchetta di Caglio 1297 m, Monte Bul 1406 m). C’era vento e debbo dire che le ragazze quella volta furono abbastanza eroiche nel sopportare la cavalcata “siberiana”. Solo in vetta al Palanzone potemmo sederci un po’ (assieme ad altra gente) al riparo dell’enorme costruzione che invade la cima. Scendemmo quasi subito al rifugio Riella 1275 m. Lì ci rifocillammo con una bella polenta e formaggio, poi proseguimmo per la Bocchetta di Nesso 1293 m, la Bocchetta di Caglio e da lì a ritroso fino all’auto lasciata alla Colma di Piano.

Dalla Colma di Piano (o di Sormano) Guya sale al Monte Falo. Sullo sfondo, Grignone e Grignetta. 30 gennaio 2005.
Elena e Guya in salita al Monte Bul, 30 gennaio 2005

Sfogliando l’archivio delle mie mail, scopro che la mia ammissione al GISM (Gruppo Italiano Scrittori di Montagna) risale al 5 febbraio 2005. Non ci avevo mai tenuto, ma chissà perché ad un certo punto ho pensato che ne valesse la pena. Più che altro trovo che sia stupido partecipare ad un’associazione senza essere attivi, ma se si è attivi si corre il rischio di pestare i piedi a qualcuno. C’è sempre qualcuno, in un’associazione, che se la prende per cose assurde. Questo mi spiega perché, dopo la bruciante esperienza di Mountain Wilderness, non mi sia mai più voluto esporre con collaborazioni attive dall’interno di un qualche club. Appoggio esterno sì, vita “sociale” no.

Elena e Guya in vetta al Monte Palanzone

Il 13 marzo ancora gruppo familiare, questa volta a salutare gli amici di Castenuovo Garfagnana. La povera Elena aveva un braccio ingessato per un incidente sciistico avvenuto a Verbier. C’era parecchia neve e non si poteva raggiungere Piglionico con l’auto. Ci fermammo infatti 4 km prima e ce la facemmo a piedi fino a Piglionico. Tra l’altro, c’era anche un tempo schifoso. Lì lasciai le ragazze con Tania e prosegui assieme a quattro amici (tra i quali il mitico Guzzi, al secolo Sergio Dini) fino al rifugio Rossi.

Petra in vetta al Monte Palanzone

Seguì, dal 23 al 28 marzo, un soggiorno sciistico ad Axamer Lizum (ospiti dell’Ufficio del Turismo di Innsbruck, nostro cliente). Il tempo abbastanza “loffio” non ci permise sciate memorabili. Meno male che avevo finito il lavoro dei Grandi Spazi delle Alpi, così almeno non dovevo fare fotografie… Nell’unica giornata passabile volli, però, far provare l’ebbrezza dello scialpinismo alle mie figlie, naturalmente noleggiando il materiale, considerato il loro scarso entusiasmo. Il 26 marzo andammo a Kühtai (Dortmunder Hütte) e con gli impianti salimmo alla Drei Seen Hütte 2311 m. Qui lasciammo Guya a prendere il sole.

Hoadl Haus. Elena e Alessandro durante la settimana di sci ad Axamer Lizum

La meta prevista era il Gais Kogel 2820 m, dunque avevamo da affrontare un dislivello di circa 500 m. Con il materiale non ci fu alcun inconveniente (le pelli e gli attacchi non si staccavano e gli scarponi non facevano male…), ma, a dispetto di ciò, già dopo circa 150 metri ci furono da parte di Petra le prime lamentele. A 2550 m rischiavamo il pianto, perfino Elena mi dava una mano a convincere la sorella. Almeno raggiungere la Gaißkogelscharte 2658 m, poi si sarebbe visto. Ma Petra, giunta a circa 2600 m, si fermò con la precisa intenzione di non salire oltre. E così dichiarai chiuso quel ridicolo tentativo. L’episodio ebbe però uno strascico, perché Petra si sentiva in colpa di non “essere quella che il papà desiderava”. Il processo di neutralizzazione di questo inconfessato sentimento che coinvolgeva entrambi fu assai lungo e faticoso e si protrasse per anni.

Hoadl Haus. Guya e Alessandro durante la settimana di sci ad Axamer Lizum
10 aprile 2005, vetta del Monte Bolettone: da sinistra, Paola Mazzucchi, Michael Daniele, Jacopo Spinazzé, Guido Daniele, Elena Sinazzé, Petra, Giovanni Sicola. In ginocchio, Costanza Sicola ed Elena Gogna.

Un altro fatto notevole fu la notizia che diffuse Marcello Cominetti il 1° aprile:
Ciao a tutti, vi scriviamo per darvi la triste notizia che Cristiano Delisi, nostro amico e socio, si è spento a causa di una malattia la notte del 31 marzo 2005. Per qualsiasi comunicazione di lavoro o privata potrete rivolgervi ai recapiti di sempre (incluso in Agenzia info@guidestarmountain.com)”.

La siesta di Guido Daniele alla capanna Mara
La siesta di Paola Sicola alla capanna Mara

Il 23 aprile ci fu la definizione di una trattativa con Alp per un lavoro particolarmente interessante, cioè la curatela di un numero speciale di Alp dedicato al Cervino, previsto per il 2006. Ecco la mail dell’allora direttrice di Alp, Linda Cottino, che specificava i nostri compiti:

Monografia Cervino.
1) Definizione del sommario, con apposito incontro Cottino/Redazione Alp/Curatore ed eventuali collaboratori abituali (dopo che ciascuno avrà preparato in anticipo una sua lista di contenuti/argomenti);
2) Definizione contenuti (articoli) e proposte (dopo discussione in comune) di attribuzione a vari autori;

3) Il Curatore (con l’ausilio della segreteria di Redazione) fa rispettare le scadenze agli autori, svolge la ricerca iconografica e, secondo il calendario di lavorazione, fa convergere in redazione i testi (di cui compie un primo veloce assemblaggio a bozzetto) e le fotografie;

Alessandro Gogna alla capanna Mara

4) La Redazione realizza l’editing. In un secondo (ed eventualmente terzo) incontro, il Curatore lavora con la Redazione nel primo giro di bozze, per discutere e correggere insieme la scelta delle immagini fatta dall’ufficio grafico e preparare le didascalie;
5) Revisione e correzione definitiva dell’impaginato a cura della Redazione;
6) La parte iconografica da realizzare ex novo dovrà essere preparata entro la stagione corrispettiva dell’anno precedente (in questo caso l’estate 2005);
7) Cartine e disegni sono a cura dei disegnatori e cartografi dell’Ufficio Grafico: ad essi vengono date indicazioni dalla Redazione d’intesa con il curatore, e la correzione viene fatta dalla Redazione;

8) Per tale incarico è previsto per il Curatore un compenso di euro 4.000 + IVA, comprensivo della curatela, della scrittura (eventuale) di articoli, delle fotografie del Curatore, del lavoro sulle prime bozze, della scelta iconografica sul primo impaginato, della preparazione didascalie.

Paola Sicola alla capanna Mara

Note
a) Per i costi non sono previsti rimborsi, ma agevolazioni per pernottamenti, pasti e spostamenti che vengono richieste dalla Redazione all’ente del turismo, ai rifugi, alle funivie, ecc.;
b) Il budget complessivo di un numero per quanto riguarda le foto è di circa euro 7.000 + IVA”.

Ischgl, 2005. Concerto di Alanis Morissette

Il 10 aprile amalgamai un improbabile gruppone di amici per salire al Monte Bolettone 1318 m: con le figlie (ma senza Guya) salimmo alla cima con Jacopo ed Elena Spinazzé, Guido e Michael Daniele, ma anche con Paola, Costanza e Giovanni Sicola. Questa volta le condizioni furono assai più piacevoli che al Palanzone: in discesa passammo dalla capanna Mara.

Ischgl, 2005. Concerto di Alanis Morissette
Guya di ritorno dalla Quota 2348 m della Testa Bernarda

Il lavoro con Ischgl ci portò a promuovere, presso la stampa italiana, il fatto che il 30 aprile la rockstar canadese Alanis Morissette si sarebbe esibita nel più grande concerto sulla neve, al cospetto di migliaia di fan e del fantastico scenario della Silvretta Ski-Arena, per la tradizionale chiusura della stagione invernale di Ischgl. Nel nostro comunicato stampa, dopo una breve biografia della Morissette e accenni alla sua discografia, concludevamo:
Solo la fede può smuovere le montagne, ma mandare in estasi alcune migliaia di fan in montagna è un compito che si può far assumere solo ad una star mondiale del calibro della rockstar canadese. Il suo spettacolo si terrà il 30 aprile 2005, alle ore 13.00, sulle nevi aperte dell’Idalp, nello stupendo ambiente delle montagne del Silvretta. L’icona del pop e sacerdotessa di Internet presenterà, accanto ad alcuni pezzi del suo ultimo album So-Called Chaos, anche le sue maggiori hit.
Sono migliaia le persone che ogni anno convengono ad Ischgl per vivere le emozioni del Top of the Mountain Concert, al caldo sole di primavera e sulla neve più bella dell’anno, quel firn che tutti vorrebbero avere sempre sotto gli sci. E la festa continua poi di sera nei club e nei bar, nell’indimenticabile atmosfera della nightlife di questa prestigiosa località
”.

Le due Elene e Marta Mozzati sul tratto attrezzato della Cresta Sinigaglia della Grigna Meridionale. 8 maggio 2005.
8 maggio 2005. In vetta alla Grigna Meridionale. Da sinistra, Guya, Elena Mozzati, Marta Mozzati, Elena Gogna e Petra Gogna (sdraiata).
Paolo Pardini sulla Cresta OSA del Moregallo. 10 maggio 2005.

La collaborazione con Priuli&Verlucca poté continuare con un nuovo progetto, quello de “Le Grandi Montagne”. Questa collana era stata preceduta dall’uscita di un volume fotografico, Le Alpi, nell’ottobre 2004 distribuito assieme al quotidiano La Stampa. Sempre con La Stampa, tra il settembre e il novembre 2006 sarebbero usciti sette volumi, non più solo fotografici e incasellati come “Le Grandi Montagne”: Monviso-Alpi Marittime, Gran Paradiso, Monte Bianco, Cervino-Monte Rosa, Dolomiti Bellunesi, Dolomiti Trentine e Dolomiti del Sud Tirolo. Ne parlo in questa sede perché buona parte del lavoro necessario fu compiuta nel 2005, in collaborazione con “Il Cantiere” di Luisa Raimondi. In seguito proseguimmo la collana, in collaborazione con Alessandra Raggio, per editare altri quattro volumi (novembre 2008): Everest-più alto del cielo, K2-la Montagna grande, Nanga Parbat-la Montagna Nuda e Annapurna-la Dea dell’Abbondanza.

Elena Gogna sullo spigolo nord della Rocca del Prete, 22 maggio 2005

Il 1° maggio, dopo una bella serata passata assieme a Marco Milani e Luisa Raimondi a Pré St-Didier in casa di quest’ultima, Guya ed io salimmo con loro al rifugio Bertone (che era chiuso) e da lì proseguimmo verso la Testa Bernarda, che non raggiungemmo perché ci fermammo alla Quota 2348 m. La giornata all’inizio non era bella, ma poi ci permise, pestando neanche troppa neve, di godere di qualche ora di panorama sul Monte Bianco. Fu lì che sperimentai la mia prima macchinetta fotografica digitale.

L’8 maggio associai le mie figlie alle due sorelle Mozzati, Elena e Marta, e ci rivolgemmo alla salita della Cresta Sinigaglia alla Grigna Meridionale. La compagnia delle quattro funzionò ed evitò qualunque tipo di lamentela. Trovarono tutto divertente, anche l’arrivo in vetta con il caratteristico scatolone metallico del bivacco fisso. In compenso fu la povera Guya a lamentarsi, giunta a metà discesa della Cresta Cermenati, di male alle ginocchia: il calvario durò fino al raggiungimento della macchina, denso di sue imprecazioni al mio indirizzo. Motivazione: il non sapere, io, trovare escursioni “moderate”.

Un’accigliata Guya e una sorridente Elena sui prati sommitali della Rocca del Prete, 22 maggio 2005. Al di sopra è la vetta del Monte Maggiorasca.

Nel frattempo avevo concordato con Paolo Pardini, titolare di una rubrica su sport e ambiente di RaiTre, di andare a fare qualche ripresa di facile arrampicata sulla Cresta Osa dell’Anticima Est del Monte Moregallo. Partimmo da Valmadrera la mattina del 10 maggio, arrivammo al Sasso di Preguda e attaccammo la lunga e facile cresta. Con noi, a fare le riprese, era Franco Lozza. Ne scaturì un documentario abbastanza carino.

Alessandro ed Elena Gogna sui prati sommitali della Rocca del Prete, 22 maggio 2005

Per la gita del 22 maggio Petra non era disponibile: cominciava ad avere un’età in cui l’amicizia con le compagne la vince su tutto. In più, alla fine di quell’anno scolastico aveva gli esami per accedere al liceo dalla terza media.
Così, quel mattino nuvoloso e abbastanza rigido, portai Guya ed Elena alla Rocca del Prete. Posteggiata l’auto nei pressi del Passo del Tomarlo 1482 m, salimmo con moderata pendenza in mezzo al rado bosco, pestando ogni tanto qualche chiazza di neve. L’alta conca di Val d’Àveto, cui eravamo giunti risalendo la bellissima valle del Torrente Nure, era solitaria e affascinante nella sua lieve ostilità. Giungemmo alla base dello spigolo nord della Rocca del Prete 1666 m. Avevo intenzione di salire un vecchio itinerario (III e IV, con 1 passo di V), che Euro Montagna ed Emanuele Manuel Guarnieri avevano aperto il 6 novembre 1960, e che non avevo mai ripetuto considerandolo un po’ troppo “facile”. Invece per quel giorno sarebbe stato ideale. All’attacco c’era qualche bella lastra di roccia asciutta e Guya aveva deciso di starsene lì. Io avevo paura che potesse avere freddo stando così ferma, perciò insistevo che salisse con noi. In ogni caso salii il primo tiro di III+ sperando che Guya, vedendo la facilità con cui sarebbe salita Elena, cambiasse idea. Dalla mia sosta il vento impediva la comunicazione, ma alla fine capii che Elena si era mossa. Velocemente arrivò ad un’altezza dove potevo vederla e dalla quale lei poteva ancora vedere Guya.

Elena e Guya in discesa nel Canale Martincano

Avevamo i telefonini, ma preferii fare l’ultimo tentativo in questo modo:
– Elena… dì alla Guya di venire su, che le puoi ancora buttare la corda, che è facile!

Subito dopo sentii la vocina di mia figlia (non aveva ancora 11 anni) gridare:
– Guya… dice papi di venire su, è facile… Ti butto la corda?

Dopo qualche secondo si rivolse verso di me e mi disse con tristezza:
– Papi… dice la Guya che lei da lì non si muove.

Allora sbottai:
– Elena… dì alla Guya… di andare affanculoooo!

Le treccine le si mossero appena mentre lei, rivolta verso il basso, strillava:
– Guya… dice papi di andare affanculooo!

Guya, Petra ed Elena sul Sentiero Martel, 3 giugno 2005

Dopo questo bel saggio educativo sul rispetto delle libertà offerto al mio virgulto, ero incazzato nero. Vidi un albero dal tronco di più di mezzo metro di diametro che troneggiava su una cengia poco distante. Lo raggiunsi e vi legai Elena in modo che solo Alessandro Magno avrebbe potuto sciogliere il nodo con la spada, come aveva fatto con il nodo gordiano. La pregai di aspettare cinque minuti e mi avviai per la cengia a sinistra verso il Canale Martincano. Raggiunsi il sentierino che avremmo poi percorso in discesa e feci la sorpresa a Guya,

che era sempre là a godersi perfino un pallido sole.

Alla fine la convinsi a salire almeno per il sentierino fino a che non fosse sbucata sui prati della vetta della Rocca del Prete, dove saremmo giunti anche noi. Così avremmo potuto fare pranzo assieme. Salimmo fino a che io dovetti riattraversare a destra per raggiungere la cengia. Le indicai la traccia.

– Ma come sarà da adesso in poi?
– Un facile viottolo.

Petra ed Elena sul Sentiero Martel, 3 giugno 2005
Paola Pavarelli e Sofia

La salutai e mi precipitai da Elena. Impiegai due o tre minuti a slegarla, poi proseguimmo la nostra salita per altri 120 metri fino a che non sbucammo sui prati. Di Guya non c’era traccia.

Allarmato, pregai Elena di non muoversi da lì, ché sarei tornato con Guya. Mi fiondai giù per il sentiero del Canale Martincano e la ritrovai, ferma, sotto un brevissimo tratto di I grado inferiore che però era bagnato.

Soffocai le imprecazioni e le diedi la mano per fare quel breve tratto.
– Meno male che doveva essere un viottolo! – brontolava.

In ogni caso,

dopo pochi minuti arrivammo da Elena che se ne stava tranquillamente sdraiata sull’erba.

Purtroppo non riuscimmo a trovare un punto riparato e ci toccò fare picnic in mezzo alle raffiche. Dire che ci fosse buonumore sarebbe una bugia.

Fine del Sentiero Martel: Petra, Guya ed Elena
Petra e Alessandro nella Discesa Ferné, 4 giugno 2005

Tra le tante decine di volte che andai a Compiano per lavoro, quelle del 27 e del 31 maggio furono indimenticabili. La giornata del 27 era dedicata ad un gruppo di farmacisti ospedalieri provenienti da tutta Italia, quella del 31 a un branco di primedonne oncologi, anche loro di tutte le regioni. Tra di loro non si conoscevano se non di fama. Dovevano sperimentare le difficoltà di costituire team e in effetti ne avevano certamente bisogno.

Specialmente l’orienteering fatto con gli oncologi (una dozzina di professoroni, tra cui due donne, divisi in due gruppi in competizione tra loro) si rivelò un assurdo concentrato di tutto ciò che non si deve fare se si vuole un’equipe, con tasso di litigiosità alle stelle. Solo in sede di feedback, e con l’aiuto dei due psicologi, si ricreò un’atmosfera di rispetto civile e di riconoscimento dei propri errori di vanità e di egocentrismo. Questo ritrovato spirito di collaborazione li aiutò subito dopo in occasione della calata dalla torre del castello.

Luca Santini, Elena e Fred Estienne nella Discesa Ferné, 4 giugno 2005
Petra nella Discesa Ferné, 4 giugno 2005

I dolori non mi davano tregua, ma a dispetto di ciò programmammo ugualmente qualche giorno di vacanza in Verdon: questa volta non in tenda, ma in albergo. La mattina del 3 giugno Guya, Elena, Petra ed io eravamo appena scesi dalla macchina per affacciarci sulle gole, quand’ecco che arrivò Luca Santini. Con lui erano anche Paola Pavarelli e Sofia, la figlia di lei (4 anni). Quel giorno facemmo attività separata, ma ci mettemmo d’accordo per l’indomani. Noi andammo al Sentiero Martel partendo dallo chalet de la Maline e lo percorremmo tutto. Le bambine si divertirono particolarmente nelle due gallerie dove occorreva accendere le pile frontali. Alla fine, ormai quasi a Point Sublime, incontrammo Luca, Paola e Sofia, come d’accordo, e ci fermammo a fare picnic e a fare il bagno.

Elena nell’ultima calata della Discesa Ferné, 4 giugno 2005
Petra, munita di muta, si tuffa nel Verdon

Il giorno dopo avevamo concordato con una guida canyoning, Fred Estienne, e con il suo amico Gael di scendere la parete del Verdon per poi indossare le mute e proseguire nuotando fino alla fine della gola. Facemmo la cosiddetta “discesa Ferné”. Per Luca e per me fu una nuova e assai strana esperienza: per Elena e Petra una roba da ricordare per sempre, specialmente dal momento in cui si sentirono libere di tuffarsi cento volte e di sguazzare nelle limpide acque del Verdon.

Il 5 giugno era giorno di ritorno a casa. Però con Luca decidemmo di fare qualche tiro con la corda dall’alto. Precisamente salimmo entrambi da secondi l’ultimo tiro di El Gringo loco e due monotiri di 6a nel settore Surveiller.

Ischgl, Sentiero dei Fiori

Il 19 giugno andammo con Marco Milani, Matteo Pellegrini e Stefano al Mottarone: salimmo Don’t cry for me Valentina (6b max). Io ero letteralmente uno straccio e quasi non comprendevo come mi fossi fatto convincere.

Molto meno impegnativo fu, il 25 giugno, accompagnare sul Sentiero dei Fiori, fino a Paznauer Taja e a Idalp, i giornalisti in visita a Ischgl e Katja Roediger.

La maestra valuta un tema di Elena del 13 aprile 2005
Dolori beffardi ultima modifica: 2025-03-27T05:59:00+01:00 da GognaBlog

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5 pensieri su “Dolori beffardi”

  1. Il racconto è piacevole, con una nota mista di nostalgia e mancanza nel ricordo di Cristiano Delisi, gran bella persona oltre che alpinista coi fiocchi. 
    Il tema di Elena è delizioso.
    Grazie per la condivisione!

  2. Belìn Bozzo, volare sugli spot da otto arrugginiti più che emozioni ti può dare, ben che vada, un ricovero ospedaliero.

    Nelle foto è notevole come Guya (ciao) sorrida nelle situazioni a favore di gravità (es.: settimana bianca), mentre è serissima in quelle contro gravità.

  3. Sempre interessanti e leggibilissimi questi racconti di Gogna, grazie! Inoltre da un po’ di tempo inserisce descrizioni di uscite alla Rocca del Prete, luogo magico, una ondulata bastionata di roccia che si innalza dai faggi su una lunghezza di circa un chilometro e che contiene parecchie vie.
    Ma anche la bastionata de El Gringo loco non è da meno e soprattutto si presenta con una chiodatura più sicura.
    Però il fascino della Rocca è unico e anche se la roccia qui non è a prova di bomba come nel mitico canyon il posto merita davvero e volare sui marroni spit da otto può regalare emozioni forti.
    Forse il boom arrampicatoria alla Rocca c’è stato a metà ’90 trainato da Calderone & C., ma ancora ogni tanto si vedono cordate che salgono il paretone.

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