Doppia sofferenza

Ricompense a chi denuncia i bracconieri
di Giuseppe Pietrobelli
(pubblicato su ilfattoquotidiano.it l’8 giugno 2020)

Un cacciatore ha ucciso un’aquila reale. La notizia ha suscitato notevole scalpore non solo in Val Pusteria dove alcune settimane fa è avvenuto l’episodio, ma in tutto il Trentino Alto Adige. L’aquila infatti è una specie protetta e a rischio di estinzione. Eppure nel comune di Gais, a pochi chilometri da Brunico, è stato trovato un esemplare ucciso a fucilate nel suo nido, mentre stava covando. Ad accorgersene è stato Markus Kaiser, il guardiacaccia della zona: da otto ore vedeva l’uccello immobile nel proprio nido e così si è allarmato. Poi la conferma dell’uccisione: accanto all’aquila morta, due piccoli completamente formati e un paio di uova non ancora dischiuse. Il colpo a palla l’ha trapassata da parte a parte. Indignazione e rabbia dagli animalisti (e non solo) espressa dalle dure prese di posizione di Lac, Wwf Trentino e Wwf Bolzano. Adesso scende in campo anche l’associazione Naturtreff Eisvogel, che ha messo a disposizione una ricompensa di 1.000 euro a chiunque sia in grado di fornire informazioni utili a identificare l’autore del gesto.

Sfortunatamente, in alcune menti arretrate – scrive Naturtreff sulla propria pagina Facebook – ancora oggi, quando nessuno deve più combattere con la natura per la nuda sopravvivenza, il concetto delle cosiddette ‘specie nocive’ è rimasto. Questo modo di pensare probabilmente ha portato all’atto assolutamente spregevole dell’uccisione di un’aquila reale sui pendii sopra Gais. Lì, vigliaccamente, o per motivi ancora più bassi, un’aquila reale rigorosamente protetta è stata uccisa direttamente nel nido! Il tiratore ha sparato all’uccello mentre stava covando, non preoccupandosi di lasciare lentamente morire eventuali giovani nel nido per il freddo o per la fame”. L’associazione aggiunge: “Questa azione deve essere condannata severamente e chiunque conosca l’identità del colpevole deve essere consapevole che, con il suo silenzio, è complice della distruzione di un patrimonio naturale che appartiene a tutti noi. Se l’autore è un cacciatore, il suo comportamento ha screditato l’intera comunità di cacciatori. Coloro che coprono un simile atto non sono migliori di questo miserabile bracconiere!”.

Thomas Clementi, il tecnico faunistico che dal 2003 monitora la specie, ha spiegato all’Alto Adige: “All’imbocco della Val Aurina il nido si trova in una valletta laterale su una modesta parete di roccia. Sul versante di fronte, alla stessa altezza, corre una strada forestale e c’è un’altana per la caccia agli ungulati. Basta parcheggiare, si fanno due passi, si appoggia il fucile e bum. Finito. Un colpo facile, sono meno di trecento metri in linea d’aria. La caccia è aperta dall’8 maggio e certamente l’animale pochi giorni prima del 16 maggio era ancora vivo”. Un precedente, in Val d’Ultimo, risale al 2018, quando fu trovata la carcassa di un rapace a pochi metri da una strada forestale, ucciso a palla. “Stiamo scontando – ha commentato Clementi – il clima di ostilità, se non di odio, che si è venuto a creare contro lupo e orso, e che per estensione tocca oggi tutta la filiera dei predatori”. L’episodio di bracconaggio è stato bollato anche dal presidente dell’Associazione Cacciatori Alto Adige, Günther Rabensteiner: “È un fatto intollerabile”.

Considerazioni
(a cura della Redazione)
Questo è un fatto indegno di una società civile, uno dei tanti cui ci stiamo pericolosamente abituando. Ma, ad aggiungere mestizia a mestizia, ci si mette la questione della delazione. Essere incoraggiati a denunciare con il miraggio di una ricompensa: anche questo non è degno di una società civile. Siamo dell’opinione che non vi sarà mai alcuna crescita morale fino a che si preserveranno Natura e ambiente con questi mezzi. Nel Medio-Evo, neppure le minacce di terribili ed eterne sofferenze all’inferno e neppure i roghi dell’Inquisizione hanno mai fermato le vecchie atrocità e le nuove Idee. Non lo era con la tortura, non lo è né lo sarà con le sanzioni più o meno severe che si andrà mai veramente avanti.

Nello stesso tempo, con spirito realistico, sappiamo anche che non c’è alternativa. Come ci venissero mostrati due sentieri divergenti: sappiamo bene qual è quello sbagliato, ma sappiamo anche che su quello giusto pochi ci vogliono davvero seguire. Per questo urliamo la nostra doppia sofferenza.

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Doppia sofferenza ultima modifica: 2020-06-19T05:21:00+02:00 da GognaBlog

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19 pensieri su “Doppia sofferenza”

  1. L’abbattimento selettivo al fine di salvaguardare una specie non è caccia e non dovrebbe chiamarsi così, ma vaglielo a spiegare a certi schioppomuniti! Purtroppo quello che oggi viene definito “caccia” include anche gli sparatori agli uccelli di passo e comunque a specie che sarebbero da rispettare. Come sempre il problema è politico e chi ne fa le spese è chi non può difendersi.

  2. bisogna distinguere: una cosa sono i cacciatori tesserati,altro sono i bracconieri. La caccia seria,quella con licenza,è oggi principalmente caccia di selezione.Non si uccide per il gusto di uccidere ma per interventi programmati : ad esempio per eliminare un certo numero di  cinghiali che hanno invaso negli ultimi dieci anni la pedemontana orientale ed il cui abbattimento si è reso necessario visti i danni provocati al territorio ed all’uomo.La loro caccia  è stata richiesta e concordata con i comuni interessati e con la regione.Non si può fare di tutta l’erba un fascio.

  3. L’uccisione di un’aquila oggi è un atto privo di senso logico se non dettato dal piacere di uccidere. La caccia, da molto tempo ormai, soprattutto nella società occidentale, non ha più motivo di esistere. E basta con la motivazione dei cacciatori che si ritengono protettori della natura: è una bufala a cui pochi ormai credono. 

  4. La ricompensa di 1.000 euro dovrebbe essere di 5.000.
    Individuato il responsabile multa da 50.000 euro, minimo.

  5. Caro Alberto, come ci hanno dimostrato alcuni fenomeni durante la fase 1 del Covid, gratta gratta e sotto la superficie sottile dell’uomo moderno trovi elementi antichi della mente umana. Anche con un fucile di precisione e una tecnologia sofisticata puoi trovare un’utilizzatore che, spesso senza saperlo, compie atti che derivano da programmi installati dentro di lui in epoche molto remote e poi trasmessi di generazione in generazione, probabilmente per i loro connessi vantagi evolutivi. In questo caso parliamo di comportamenti violenti e predatori nei confronti di animali cosiddetti “superiori” come l’aquila o il leone (quante foto di safari nel recente passato con il leone abbattutto anche di persone colte ed evolute) ma può valere anche nei confronti della morte e della sofferenza dell’uomo. Un amico anestesista, anche lui laico e illuminista come me, mi ha raccontato i comportamenti antichi da lui osservati con grande pietas nei mesi scorsi nel suo reparto da parte di pazienti e parenti,con tutto il corredo di riti, immagini e oggetti tradizionali. Certo l’aggressività verso la preda o il nemico, non può essere guardata con altrettanta pietas e tollerata, ma se vogliamo educarla e incanalarla, dobbiamo comprenderla, accettarla come parte di noi, in qualcuno di più in altri di meno. Non diventeremo migliori attraverso la rimozione ma attraverso la consapevolezza e la capacità individuale e collettiva di gestire anche i nostri istinti più arcaici, compresa la violenza. Quello che si nega e si espelle dalla porta, perchè razionalmente o eticamente non in linea con la sensibiltà moderna, poi torna dalla finestra, più selvaggio e ingovernabile di prima, cosa che non avevano previsto gli illuministi razionalisti e buonisti del Settecento, ma che noi, educati dagli orrori del Novecento, dovremmo ben sapere. Amen.

  6. belle parole Roberto ma non siamo ne nel medioevo in mezzo a pozioni magiche e, nemmeno  sperduti in qualche luogo primitivo tra sciamani. E non credo nemmeno a qualche rito di magia nera.
    Qui, piuttosto,  si tratta di essersi bevuti il cervello, anche perchè questo animale è stato ammazzato sicuramente con un fucile di ottima precisione che spara assai lontano e non con arco e freccia o con la fionda.
    E qui ritorno la caccia come sport….ammazzare come sport, come divertimento.
    Proviamo ad invertire i ruoli: mettiamoci lo sportivissimo  cacciatore a fare da preda.
     

  7. Antichi miti e riti. Sopravvivono anche in fasi diverse della storia della specie. A volte sono agiti inconsciamente da individui specifici più “primitivi”, a volte rimangono nascosti negli strati profondi dello stesso individuo che si proclama moderno ed evoluto e si riattivano solo in situazioni particolari. L’aquila, come il leone, sono da sempre simbolo di forza e di potenza, non a caso utilizzati come simbolo da tutti gli imperi. Uccidere l’animale simbolo di potenza e poi magari indossarne la pelle o le piume vuol dire acquisire le sue qualità. Una forma di “pensiero” magico arcaico che rimane viva anche in epoche apparentemente dominate dalla ragione. Il capro espiatorio è un altro mito e rito antico. Il gruppo si libera dal male “uccidendo”, a volte simbolicamente con la riprovazione sociale a volte realmente, il soggetto portatore del male: il cacciatore, l’uccisore di animali sacri, il corridore, il membro di oscuri circoli di potere, il carnivoro, il “cannibale”…Il processo non finisce mai e ha bisogno di sempre nuovi capri, finchè il gruppo non fa i conti con se stesso e riesce a gestire il “male” che sta dentro di lui. Tutto questo è parte del “selvaggio”che vive in noi, alla faccia del mito cittadino del “buon selvaggio” , incontaminato e politicamente corretto, elaborato dalle elite cittadine in cerca di pace, di purezza e di espiazione, nelle terre alte o nella campagna bucolica delle età dell’oro.

  8. questo è un atto del tutto IGNOBILE.
    Mi piacerebbe parlare con questo persona per chiedergli di spiegare il senso di avere ammazzato questo animale.
    l’avrà fatto per sfamarsi?
     

  9. Se ciascuno di noi fosse educato a rispettare ogni risvolto dell’ambiente (dal singolo animale all’intera foresta, dall’atmosfera pulita alle pareti rocciose integre…) non registreremmo episodi di questo genere e non si sentirebbe la tentazione di stimolare la “delazione”

  10. La questione, aprendo la via ad altre situazioni analoghe, potrebbe essere punita e repressa sospendendo la caccia in tutto l’ambito territoriale. In tal modo i cacciatori si autogovernerebbero senza bisogno di fastidiose delazioni. Occorre trovare l’escamotage di diritto.

  11. Mi ritorna in mente i commenti sui cacciatori buoni e su quelli cattivi di qualche giorno fa…
    La caccia va bandita come indegna e comunque inquinatrice.
    E in una società civile il bracconiere non va delato all’autorità (che poi gli fa “tac” sulla manina) ma va preso con le buone maniere.
    Di notte.
    In tre o quattro.
    E corcato de mazzate! 

  12. @5
    L’utilizzo, oggi, di un metodo altrettanto incivile per una causa che riteniamo giusta, apre la strada, domani, all’utilizzo di metodi altrettanto incivili per cause che potremmo ritenere non altrettanto giuste.

  13. Di civile qui non c’è nulla ne l’uccisione dell’aquila, ne la ricompensa per chi da notizie dell’energumeno che può ancora pensare all’aquila come ad un animale nocivo. Non vedo nemmeno grande differenza tra cacciatore e bracconiere, la linea tra l’uno e l’altro è molto sottile, il cacciatore si dice amante della natura, se così fosse perché non è felice nel vedere un animale vivo e libero. Può definirsi sport uccidere un essere vivente, quando nemmeno sussiste più |un motivo di sopravvivenza umana. 
     
     

  14. non sappiamo chi e perchè lo ha fatto.Magari era un idiota come quelli che hanno ucciso  l’orso in Trentino,oppure il lupo in Abruzzo,oppure come quelli che sterminano le vipere che trovano lungo i sentieri oppure come coloro che non si fermano con l’automobile quando incrociano un cane/gatto oppure un pacifico riccio.C’è sempre,nella nostra società,il bianco ed il nero,la verità e la menzogna, il buono ed il cattivo.Si potrebbe sostenere di  eliminare i cattivi e selezionare una società di eletti,di giusti,di individui senza macchia alcuna e senza paura.Sarebbe una società al massimo livello di civiltà?

  15. Pur non essendo io cacciatore riconosco, mio malgrado che esistano comportamenti sensati anche nella pratica della caccia. credo che ci siano tutta una serie di regolamenti venatori tesi alla protezione e alla conservazione del patrimonio faunistico. L’autore di questo gesto dovrebbe essere messo in condizioni di non nuocere più e non poter più partecipare a tali manifestazioni di inciviltà e di ignoranza, il  Cacciatore, degno di tale appellativo è colui che si confronta ad  armi pari con l’animale o lo fa per vera necessità, ammesso che esista la necessità di uccidere. Ecco in questa luce secondo me deve essere aperta la caccia contro questa specie ingnorante e  incivile di cacciatore. E se per farlo bisogna ricorrere ad una taglia, rattristiamoci pure ma questo è il caso di usare un  metodo altrettanto incivile.

  16. Il fallimento del singolo è un fallimento di tutti.
     
    Personalmente, vedo la società civile nelle persone in cui questo episodio suscita profonda tristezza più che rabbia e indignazione.
    Credo (e spero) che siano molte di più di quanto non si pensi.
     
    Trovo, inoltre, mortificante la ricompensa economica. Trasforma la denuncia in delazione.

  17. e perchè dovremmo dare una  “difesa d’ufficio” ???
    Cosa avrà mai fatto questo animale a questa persona? gli avrà rubato una gallina?
    una Pecorella? Il canarino nella gabbietta?
    Oppure questa uccisione di un animale superiore, nobile  come l’aquila,  sarà stata per lui una prova di coraggio? Ora dopo questa grande prova superata, si sentirà un vero cacciatore, un vero guerriero.
    Bravo uomo sconosciuto, adesso sei soddisfatto, appagato, ti sentirai forte, dominatore, magari te ne vanterai pure.

  18. Per Lorenzo Merlo. Anche il tuo è un grido di dolore, nel momento in cui affermi che praticamente non esiste una “società civile” e pure quando condanni che si voglia aprire la caccia al “nemico”. Il post è un grido di dolore, ma non è e non vuole essere una “caccia al nemico”. Nel momento in cui condanno la delazione c’è anche una specie di “difesa d’ufficio” dell’imputato. Una speranza di riabilitazione per lui, ma anche per i delatori e per coloro che offrono ricompense.

  19. Ma quale sarebbe la “società civile”?
    In cosa la vedi?
    In essa la sofferenza non è doppia è molteplice.
    L’assassino dell’aquila diverrà capro espiatorio di un sentimento comune.
    Ma la caccia al nemico è espressione di una società civile?
    O solo il diritto ad aprire la valvola di sfogo di una condizione generale disumana?

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