Nota 2022. Ripresento un articolo di qualche tempo fa, ma non così “vecchio”, se si considera la sola differenza cronologica. Può essere, invece, che questi pochi anni abbiano determinato dei cambiamenti epocali nei ghiacciai. In realtà non si può dire con certezza: non ci sono più le stagioni di una volta. A un inverno caldo e secco, magari segue (per compensazione) una primavera umida e piovosa, che corrisponde a significative nevicate in quota.
I ghiacciai di inizio estate, quindi, potrebbero anche ripresentarsi candidi come qualche decennio fa. Oppure, se il meteo non va in quel modo, potrebbero risultare neri, duri e spaccati in mille crepacci. Tocca all’alpinista affinare il proprio fiuto per far sì che, fin da casa, egli capisca quando e come si può partire.
L’incidente mortale del febbraio 2022 sulla Hohlaubgrat dell’Allalinhorn dimostra che chi fa spallucce, quando legge classificazioni PD o AD, non ha un approccio maturo e consapevole alla montagna. Il fatto che, in precedenza, siano accaduti eventi anche fatali non deve costituire un ostacolo alla nostra percorrenza degli itinerari: tuttavia in montagna non va mai allentata l’attenzione, neppure su terreni di impegno medio. Anzi, è proprio lì che spesso accadono gli incidenti.
Come ho scritto nell’introduzione del 2018 a me piace tutto dell’andar in montagna. È però vero che, dopo lo scialpinismo (che resta il mio amore più intenso, specie se in alta quota e su ghiacciaio), l’alpinismo classico, anche su difficoltà medie, è l’altra mia grande passione. In fondo scialpinismo e alpinismo classico non sono altro che due facce della stessa medaglia, che è l’amore per l’alta quota alpina, da percorrere con o senza sci a seconda dei momenti (Carlo Crovella)

Due “otto” per due quattromila
(alpinismo classico fra i giganti del Vallese)
di Carlo Crovella
(pubblicato su Montagne360, luglio 2018)
Foto: Archivio Carlo Crovella
Il titolo dalla formulazione “matematca” racchiude in realtà un sogno decisamente “romantico”: quello di tornare a calcare i ghiacciai che culminano sulle vette di 4000 m, nonostante il poco tempo libero, gli assillanti impegni, lo scarso allenamento (a sua volta figlio dei primi due elementi) e, ultimo ma non ultimo, con l’obiettivo di ottimizzare i costi di viaggio. Infatti, se si piazzano due ascensioni nella stessa trasferta, si ammortizzano le spese di spostamento.
Nella fase della vita in cui mi dibatto, devo confrontarmi con tutti questi paletti e spesso non è facile organizzare le uscite estive sui ghiacciai.
La mia passione per la montagna spazia da zero a quattromila (anzi da zero a quattromilaottocento, vetta del Bianco), poiché amo con ugual intensità le Calanques marsigliesi, poste sul bordo del mare, come le creste affilate dei giganti alpini, senza perdermi nulla delle sfumature intermedie.
È indubbio, però, che le alte vette hanno un fascino particolare, un qualcosa di indefinibile che, per giunta, viene enfatizzato dalle difficoltà organizzative per raggiungerle.
I quattromila sono tutti belli, ma certe vie normali risultano ormai troppo affollate e ciò sminuisce la loro attrattiva. Per far quadrare il cerchio, ho analizzato a fondo la bibliografia alla ricerca di itinerari che fossero da un lato non troppo impegnativi (visto che ormai mi considero compreso nella definizione di alpinista “medio”) e dall’altro meno usuali delle vie normali.
Scorrendo con occhio attento le cartine, mi sono reso conto che, in alcuni casi, gli itinerari possono essere concatenati, disegnando dei percorsi a forma di otto sulle pendici della stessa montagna.
Si tratta di salire in vetta da un versante, per poi scendere verso un rifugio posto sull’altro versante, risalire il giorno dopo in vetta (con un itinerario diverso da quello della prima discesa) e discendere definitivamente al punto di partenza originario.
I singoli itinerari possono chiaramente vivere di vita propria, ma, considerata la lontananza e i costi di viaggio, concatenandoli si realizzano piccoli tour di tre o quattro giorni in alta quota.
Due fra i tanti giganti del Vallese hanno colpito la mia attenzione in questo nuovo gioco: l’Allalinhorn e lo Strahlhorn.
Più corti, ma tecnicamente più impegnativi (al limite superiore delle possibililità per l’alpinista “medio”) risultano i percorsi segnalati per l’Allalinhorn, mentre quelli dello Strahlhorn sono meno difficili sul piano tecnico, ma decisamente più lunghi e richiedono un discreto senso dell’itinerario e un’appropriata capacità di valutazione delle condizioni nivo-glaciali.
Sul piano logistico le ascensioni, qui descritte con partenza da Saas Fee, possono essere intraprese anche partendo dalla valle di Zermatt.
In ogni caso non va mai dimenticato che si tratta di percorsi di alta quota su terreni glaciali: non li si può affrontare senza il congruo bagaglio di preparazione tecnico-fisica, esperienza, abbigliamento, attrezzatura e, soprattutto, “corretta” mentalità.
Taccuino operativo
Bibliografia: Fra mille riferimenti, si segnalano: M.Vaucher, Le Alpi Pennine. Le 100 più belle ascensioni fra il Gran San Bernardo e il Sempione, Zanichelli, Bologna, 1980; H. Biner, Guide du Valais. Du Trient au Nufenen, Editions du CAS, Berna, 2004; M Vannucchi, 4000 delle Alpi Vie normali, Vel editore, Sondrio, 2013.
Cartografia: Carta Nazionale Svizzera 1:50.000, Foglio n. 286, Mischabel; Carta Nazionale Svizzera 1:25.000, Fogli n. 1328, Randa, n. 1329, Saas en. 1348, Zermatt.
Rifugi
- Britanniahütte, 113 posti: tel. 0041.279572288, www.britannia.ch
- Täschhütte, 70 posti: tel. 0041.279673913, www.taeschuette.ch
- Fluhalp, 50 posti: tel. 0041.279672597, www.fluhalp-zermatt.ch
Informazioni turistiche
- Ufficio del Turismo di Saas Fee, tel. 0041.279581860, www.saa-fee.ch
- Ufficio del Turismo di Zermatt, tel. 0041.279668100, www.zermatt.ch
Impianti di risalita
- Impianti di Saas Fee (Fleskinn), tel. 0041.279581100, www.saas-fee.ch
- Impianti di Zermatt (Sunnegga): tel. 0041.27.9668100, www.zermatt.ch
Accesso
A seconda della località di partenza, conviene valicare il confine tramite il Colle (o il traforo) del Gran San Bernardo oppure attraverso il Passo del Sempione. Nel primo caso, da Martigny si risale la Valle del Rodano verso est, nel secondo la si scende verso ovest. In corrispondenza di Visp si imbocca la diramazione per Zermatt-Saas Fee e si risale fino al bivio fra le due destinazioni. Entrambe le cittadine di fondovalle sono chiuse al traffico automobilistico. A Saas Fee si lascia l’auto negli ampi parcheggi (a pagamento) ad inizio paese e lo si attraversa completamente a piedi (o con navette elettriche a orari prestabiliti) fino alla partenza degli impianti Felskinn. Per Zermatt, si lascia l’auto nei parcheggi a pagamento di Täsch e si prende il treno fino a Zermatt. Usciti dalla stazione, si tiene la sinistra, si attraversa il torrente e si raggiungere l’evidente partenza degli impianti di Sunnegga. Per raggiungere la Täschalp, base di partenza per la Täschütte, all’inizio di Täsch si imbocca una stradina sterrata che risale con stretti tornanti il fianco destro orografico della valle principale prima di infilare il vallone, terminando in località Ottavan 2214 m.
Attrezzatura
Attrezzatura da alta montagna, ovvero piccozza, ramponi, imbragatura, materiale da ghiacciaio (anche qualcosa da roccia, per i tratti di misto). In più abbigliamento adeguato e, soprattutto, “testa” da alte quote. Casco consigliato.

Descrizione degli ITINERARI
1) Allalinhorn 4027 m
È considerato uno dei più abbordabili 4000 di Saas Fee, perché gli impianti giungono fino a 3460 m, permettono anche di salirlo in giornata. D’estale la facilità di approccio rende molto affollata la via normale (che, però, è bellissima, a maggior ragione in stagione sciistica). Le due creste qui descritte sono decisamente meno battute (specie la Sud-ovest) e riportano l’avventura nella giusta dimensione dell’alta quota.
Partenza: Stazione degli impianti Felskinn 2991 m
Rifugi di appoggio: Britanniahütte e Täschhütte
Primo giorno: dalla stazione degli impianti si imbocca l’evidente itinerario che, in traverso verso sinistra, dopo aver valicato un colletto, conduce in meno di un’ora alla Britannia 3030 m
Secondo giorno: salita all’Allalinhorn per la cresta est-nord-est, detta Hohlaubgrat
Dislivello: salita: 1025 m; discesa: 1325 m
Difficoltà: AD: ghiacciaio crepacciato, cui segue un’affilata cresta nivo-glaciale con un risalto roccioso non banalissimo (max III) e un facile pendio finale
Tempo di salita: 4-4.30 ore (discesa 3-3.30 ore)

Salita: dalla Britannia si imbocca in leggera discesa l’itinerario dello Strahlhorn, fino a incrociare l’Hohlaubgletscher. Si gira a destra e si risale detto ghiacciaio con un ampio semicerchio (zone crepacciate), prima verso destra e poi verso sinistra. Per salire in cresta vi sono due possibilità, da preferire a seconda delle condizioni: o la si approccia al risalto basale, transitando sul filo già in corrispondenza della quota 3332 m, oppure si prosegue nell’ampio vallone glaciale (che a questo punto assume un asse Nord-est/Sud-ovest), per risalire successivamente un valloncello laterale a monte di un evidente sperone glacio-roccioso. In tal modo si giunge in cresta alla sella successiva alla quota 3530 m. Questo secondo itinerario è seguito da chi giunge sull’Hohlaubgletscher dopo essere uscito dalla stazione intermedia (Hohlaub) del métro alpin, ipotesi che permette di compiere questa ascensione in giornata. Dalla suddetta sella si percorre il filo di cresta: subito dopo un crepaccio che, in certe condizioni, può essere molto aperto, conviene già predisporsi con una distanza di corda adeguata al superamento del successivo tratto roccioso, perché alla base di questo non si trova uno spazio comodo. Anzi occorre passare direttamente dalla cresta innevata alle rocce (si tengono i ramponi ai piedi): si sale il primo tratto più verticale (III) per una fenditura fra balzi rocciosi, seguendo i punti di assicurazione fino alla soprastante sosta attrezzata (circa 25 metri). Successivamente, su terreno roccioso più rotto e meno verticale, si compie un semicerchio, prima verso destra e poi verso sinistra, fino a dove le rocce lasciano di nuovo il posto alla parte innevata che conduce facilmente in vetta.

Discesa: si cala in direzione ovest lungo la via normale che però si abbandona al Feejoch 3826 m: infatti si risale (terreno misto) sulla prosecuzione della cresta e la si segue fino al Feechopf 3888 m. Si cala sul versante opposto fino all’Alphubeljoch 3782 m. A questo punto si scende a sinistra sul versante Täsch, dapprima su terreno glaciale e poi morenico-detritico fino alla Täschhütte 2701 m. Nota: se l’intenzione è di percorrere il tour partendo dalla valle di Zermatt, si puà salire (1.30 ore) alla Täschhütte da Ottavan.
Secondo giorno: salita all’Allalinhorn per la cresta sud-ovest
Dislivello: salita: 1325 m; discesa: 570 m
Difficoltà: AD: attraversamento di ghiacciaio cui segue un cresta nivo-glaciale, interrotta da alcuni risalti rocciosi (II, passi di III), e con un facile pendio finale
Tempo di salita: 4.30-5 ore (1.30-2 ore per la discesa)
Salita: dalla Täschhütte si prende un sentiero che si dirige in direzione est, ma verso i 2750 m. si rimonta a sinistra una conca che conduce all’Alphubelgletscher, a 3250 m circa. Riprendendo una generale direzione est, si attraversa per intero tale ghiacciaio e, in corrispondenza del costone che scende dalla quota 3758 m (sulla cresta spartiacque), si imbocca in discesa una comba detritica che cala sul Mellichgletscher. Su questo ghiacciaio si mantiene la direzione est: superato l’iniziale dedalo di crepacci, si sale in modo parallelo alla bastionata rocciosa che scende dal Feechopf e poi dal Feejoch, puntando al ripido pendio (con crepaccia terminale), che permette di salire in cresta alla sella quotata 3734 m. Si segue (verso sinistra) il filo innevato fino alle rocce grigiastre (purtroppo poco solide). Si scala direttamente (II, passi di III) il primo risalto, si contorna a destra (cioè lato Allalingletscher) il secondo e si affronata nuovamente in modo diretto il terzo salto (II, passi di III). Un corto tratto innevato conduce alla seconda parte rocciosa: ci si porta facilmente alla base del Gran Gendarme 3921 m. Lo si contorna sul ripido e molto esposto pendio a destra (che piomba in basso sull’Allalingletscher): questo tratto può risultare molto delicato perché la neve tende a rammollirsi rapidamente a causa dell’esposizione sud-est. A monte del gendarme, il facile pendio finale conduce rapidamente in vetta.
Discesa: si cala lungo la via normale fino al Feejoch 3826 m.: a differenza del giorno prima, si volta a destra e, seguendo la via normale in genere ben tracciata, si passa tra alcuni seracchi, fino ad uscire dal ghiacciaio verso i 3550 m. Seguendo le piste da sci, si raggiunge facilmente la terrazza della stazione superiore (chiamata Mittel Allalin) del métro alpin, 3460 m. Attenzione: calibrare le tempistiche con gli orari degli impianti.
2) Strahlhorn 4190 m
Lo si può considerare un “gigante buono”: si tratta di una cima elevata (circa 4200 m), ma dalle forme pachidermiche. Infatti, visto da nord, non presenta pareti repulsive. La via normale, bellissima in stagione scialpinistica (spesso si arriva con gli sci in vetta o quasi), si rivela però molto affollata d’estate. Le due creste segnalate costituiscono intriganti alternative: pur non presentando ardue difficoltà tecniche, questi percorsi sono però molto lunghi e quindi richiedono un adeguato allenamento e un certo “occhio” nel saper individuare il miglior itinerario e nel valutare le condizioni nivo-glaciali.
Partenza: Stazione degli impianti Felskinn 2991 m
Rifugi di appoggio: Britanniahütte e Fluhalp
Primo giorno: dalla stazione degli impianti si imbocca l’evidente itinerario che, in traverso verso sinistra, dopo aver valicato un colletto, conduce in meno di un’ora alla Britannia 3030 m.
Secondo giorno: salita allo Strahlhorn per la cresta nord-est
Dislivello: salita: 1250 m (dalla Britannia si perdono circa 90 m di dislivello); discesa: 1575 m
Difficoltà: PD: ghiacciaio con alcuni nodi di crepacci, cui segue una cresta innevata dapprima facile, quindi un pendio più ripido e crepacciato e una crestina finale con qualche roccetta
Tempo di salita: 6-7 ore (3.30-4 ore per la discesa).
Salita: dalla Britannia si imbocca in discesa l’itinerario che, dopo aver lasciato a destra l’Hohlaubgletscher, consente di raggiungere l’Allalingletscher a 2943 m circa: appena messo piede sul ghiacciaio, si incontra subito un nodo di crepacci il cui superamento può risultare complicato (anche perchè lo si affornta normalmente al buio). Si risale successivamente l’ampio e lievemente inclinato ghiacciaio in direzione dell’Adlerpass. A circa 3350 m (quando il Rimpfischhorn già incombe alla propria destra), si svolta a sinistra e si risale il vallone glaciale che conduce al Flutchpass 3725 m posto sulla cresta a ovest del Flutchhorn. Si gira a destra e si percorre l’arrotondata cresta: scavalcato il dosso quotato 3898 m, si abbandona la cresta per attraversare invece il pianoro fin verso la metà del soprastante e ripido pendio. Si risale detto pendio (che, a seconda delle condizioni, può opporre difficoltà per la presenza di crepacci oppure, all’opposto, problematiche di stabilità nevosa, in caso di abbondanti nevicate), al cui termine si riconquista il filo di cresta. Si volta a destra e, per un tratto dapprima nevoso seguito da facili roccette, si perviene in vetta.
Discesa: si cala lungo la via normale fino all’Adlerpass 3789 m, da cui si scende sul versante Zermatt lungo un pendio piuttosto ripido. Intorno ai 3500 m la pendenza si attenua decisamente: si prosegue in direzione ovest prima sull’Adlergletscher e poi sul Findelgletscher, da cui si esce verso destra in corrispondenza della quota 2683 m. In pochi minuti, per sentiero, si raggiunge la Fluhalp 2618 m. Volendo salire a questo rifugio da Zermatt, occorre prendere i primi due tronconi degli impianti di Sunnegga: dalla stazione intermedia Blauherd, si segue a destra un sentiero che in mezza costa porta, in circa 40 minuti, alla Fluhalp.
Terzo giorno: salita allo Strahlhorn per l’Adlerhorn e la cresta ovest
Dislivello: salita: 1650 m; discesa 1250 m (si risalgono altri 90 m circa per accedere alla Britannia)
Difficoltà: PD: percorso su ghiacciaio, cui segue la salita di un ripido costone nivo-glaciale fino all’Adlerhorn e una cresta finale che, seppur priva di difficoltà tecniche, è piuttosto lunga e può essere affilata. Dato il dislivello “rotondo” e la necessità di improvvisare l’itinerario (specie nella parte centrale), si tratta di un’ascensione da non sottovalutare, cui si aggiunge una discesa “eterna” verso la Britannia (con risalita finale e successivo spostamento alla stazione Felskinn).
Tempo di salita: 7-7.30 ore (4 ore per la discesa e altri 45 minuti per gli impianti)
Salita: dalla Fluhalp si percorre a ritroso gran parte della discesa del giorno prima. Una volta sull’Adlergletscher, verso i 3450 m circa, si abbandona l’itinerario per l’Adlerpass e si compie un ampio semicerchio verso destra. Dopo essere transitati in corrispondenza della quota 3531 m, si punta alla comba glaciale compresa fra lo Strahlhorn e l’Adlerhorn. Si attraversa per intero la comba, puntando alla base del costolone che scende dall’Adlerhorn. Si risale il ripido costolone fino in vetta all’Adlerhorn, 3988 m. Si cala a sinistra lungo la cresta, non difficile ma affitata e con ripidi fianchi: oltrepassata la sella intermedia, circa 3920 m, si risale lungo la prosecuzione della cresta fino alla quota 4128 m, dove ci si innesta nell’ultimissimo tratto della normale.
Discesa: si cala lungo la via normale: se le condizioni lo permettono, ben prima dell’Adlerpass si scende con decisione sul versante Britannia raggiungendo il piano dell’Allalingletscher verso i 3600 m (in alternativa si transita dall’Adlerpass). Si ripercorre interamente il tragitto lungo l’Allalingletscher, da cui si esce in corrispondenza della quota 2943 m. Si risale (90 m circa) alla Britannia e, seguendo l’itinerario a mezza costa, si raggiunge la stazione Felskinn. Il ritorno dalla vetta fino agli impianti è davvero molto lungo, per spostamento e risalita, e occorre calibrare molto attentamente le tempistiche con gli orari degli impianti. Vale sicuramente la pena pernottare alla Britannia e scendere il giorno dopo: si beneficia di una notte in più fra questi meravigliosi giganti glaciali.
3) Gran tour Strahlhorn-Allalinhorn
La conformazione di queste montagne e l’obbligo, sul versante Zermatt, di parcheggiare l’auto a Täsch, stuzzicano la fantasia a mescolare i percorsi dei due giganti vallesani, realizzando dei tour che ricordano l’approccio tipico degli alpinisti ottocenteschi (prevalentemente britannici). Per esempio si può, da Zermatt (con pernottamento alla Fluhalp), compiere l’ascesa dello Strahlhorn per la cresta ovest e, dopo aver pernottato alla Britannia, salire l’Allalinhorn per l’Hohlaubgrat, per poi scendere a piedi fino a Täsch. Oppure, partendo da Täsch e pernottando alla Täschhütte, si può salire l’Allalinhorn per la cresta sud-ovest, scendere lungo la normale, utilizzare il métro alpin fino alla stazione Felskinn e spostarsi alla Britannia. Il giorno dopo si può compiere l’ascensione dello Strahlhorn lungo la cresta nord-est, per scendere alla Fluhalp e poi con gli impianti a Zermatt, tornando infine a Täsch con il treno. Il bello dell’andare in montagna è che ci trovano sempre nuovi spunti per sognare.
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Mai fidarsi degli svizzeri. Gente che vive alle spalle degli altri, con i soldi degli altri, e pretende anche di farti la morale.
Certamente itinerari interessanti che però, svolgendosi in Svizzera, hanno bisogno di un’accensione di in mutuo tra impianti utilizzati e rifugi svizzeri. La mia insofferenza per la nazione dei cantoni, a parte qualche volta in Albigna, Grimsel e la Cassin al Badile, forse nasce anche per un lontanissimo (nel tempo) episodio in cui un (ex) amico svizzero, appunto, mi ha fatto cornuto, ovviamente consenziente lei…per cui per me niente Svizzera, me ne sono fatto una ragione.
Nelle foto si capisce che lo strato di neve sta reggendo alla calura ed al peso e alle punte di acciaio. Forse se si va oggi e’una palta acquosa, anche nelle ore “fredde”, inconsistente sotto i piedi