E’ questa la nostra montagna scintillante?

E’ questa la nostra montagna scintillante?
(il bivacco Zeni e l’asta North Face)
di Alessandra Longo
(pubblicato su verticales.it il 1° agosto 2018)

Lettura: spessore-weight(2), impegno-effort(1), disimpegno-entertainment(3)

Nel 2017 c’è stato il “bivacco culturale”, il progetto A-2410 sulla cima della Grigna Settentrionale che prevedeva una struttura mobile sponsorizzata da Ferrino in grado di ospitare installazioni artistiche, concerti, esperienze video ed acustiche. Nel 2018 è la volta del bivacco Zeni trasformato in temporary pop-up point da North Face. Location perfetta per l’avvio del Pinnacle Project, il tour che il famoso brand dedica ai cinquant’anni di attività e che vede, per la sua prima tappa italiana, un’asta per accaparrarsi un pezzo della collezione indossata dai più famosi esploratori, da Alex Honnold e Conrad Anker fino a Tamara Lunger. Borse, piumini e zaini esposti nel bivacco opportunamente brandizzato.

Il bivacco in Val Vallaccia, intitolato a Donato Zeni, il medico della prima salita al Gasherbrum IV nel 1958 con Walter Bonatti. Foto prima e dopo: fonte Zlatorg – GognaBlog.

La struttura luccica, rossa, laccata: nella valle e nella digital strategy del marchio che, proprio in questi giorni, ha organizzato in Val san Nicolò il suo Mountain Festival. Parafrasando il titolo di Bonatti – è così che vogliamo la “montagna scintillante”?  

Sicuramente brilla. Attira attenzione, richiama persone. È un male? No, non vogliamo essere anacronistici e proporre la purezza incontaminata dell’ambiente: non è mai esistita. Come dice l’antropologo Duccio Canestrini in “The Clean Approach” l’uomo è una specie impattante: cambia l’habitat ed il suo intervento in montagna è decisivo. Pensate ai terrazzamenti ed alle opere agricole che hanno contribuito a forgiare la bellezza delle nostre valli.

Cos’è dunque che stride? Cos’è che ha innescato una querelle che parte dall’articolo su GognaBlog (del 31/07/18) e si espande ai commenti sui social? Forse è l’espansione pubblicitaria che conquista spazi che, per tradizione, abbiamo elaborato simbolicamente come aperti, liberi, lontani. La réclame ci sta bene fintanto che si limita ai beni di consumo: i prodotti sono – bene o male – tutti equivalenti. Perché scegliere lo shampoo X invece che Y? Perché ci convince meglio, come diceva Roland Barthes, quell’immagine pubblicitaria riesce a “stendere davanti all’oggetto un velo di immagini, di ragioni, di senso” (Il sistema della moda, 1967). Non mi prolungo nel puppozzo filosofico-marxiano sulla merce, il consumo e la fascinazione fantasmagorica del simulacro.

31 luglio 2018: la notizia si diffonde online e sui social.

Non è questo il luogo. Siamo in montagna e, da sempre, le vette hanno avuto un’elaborazione immaginifica di tipo culturale e sociale: quando ero piccola il Seguret, lo Chaberton ed il Rocciamelone erano davanti ai miei occhi, ma filtrati dai racconti di guerra di nonno Aldo e dagli aneddoti (spazianti dal curioso allo spaventoso) di nonna Marisa. La percezione della realtà si intrecciava con il sogno, il mito, la tradizione, la storia. In questo sono stata fortunata, lo ammetto. I miei coetanei che non sono cresciuti in montagna, hanno tratto la loro conoscenza dalle gite Cai, dello scoutismo, dall’estate ragazzi e dalle colonie, quelle classiche con la suora che sbraita, ma che poi si inerpica sulle salite con tutto il gruppo al seguito. Oggi – di fronte ad una generazione di urban explorer, skyrunner e speed mountaineer – mi chiedo: da dove proviene il nostro immaginario sulla montagna?

Un cambio di paradigma nella rappresentazione della Valle d’Aosta, ieri ed oggi. Foto: Instagram, Valledaostaimmaginiemozioni.

Le immagini più potenti ed i messaggi più efficaci ci vengono dal marketing che, in pochi anni, ha ristrutturato – anche linguisticamente – il mondo della montagna. Qualche giorno fa, una signora alla presentazione del volume “Laboratorio Alpino” di Cipra (Commissione Internazionale per la protezione delle Alpi) tenutosi nella borgata di Chateau Beaulard (To) lamentava la retrocessione dell’escursionismo in favore dell’outdoor. Anche qui: che male c’è a ricorrere a termini nuovi? A creare etichette per meglio proporre al pubblico il prodotto? Ecco, forse è bene tenere a mente che parole e immagini concorrono a creare la nostra realtà.

Torniamo allo shampoo di prima. Può assumere mille sembianze: setificante, rinforzante, agli olii essenziali. Alla fine tra tante opzioni accattivanti mi perdo: soggiaccio a quel che mi propinano (in genere cedo alla vista di aggettivi esaltanti come “meraviglioso”) e compro smarrendo totalmente l’essenzialità dell’acquisto (mi serve qualcosa per questa massa di ricci che mi ritrovo). In montagna questo non può accadere: tutto è prepotentemente autentico. Non posso mascherare il vento freddo come un’indimenticabile esperienza outdoor. È gelido e basta. Il segnavia non mi può compiacere promettendomi un tempo di percorrenza inferiore. Ed il bivacco? Mi aspetto che sia quel che è: un rimedio ad una notte all’addiaccio.

Così non è stato per Michele Lucchini e Giacomo Duzzi che si sono trovati di fronte ad un bivacco dalla porta sbarrata che ha momentaneamente smarrito la sua identità. Aristotele diceva che la sostanza è data da un’unione armonica di materia e forma: ad esempio un martello per essere tale, dovrà avere una certa consistenza e per assolvere alla sua funzione non potrà essere di vetro, di carta, ecc. Il bivacco per rispettare il suo profilo deve fornire ospitalità: se non lo fa scade in qualcos’altro, tradisce la sua natura, diventa qualcosa di estraneo a se stesso. È un martello di cristallo: bellissimo, ma inutile.

Ora lasciamo da parte il caso estemporaneo North Face. Anche perché i più critici mi obietteranno due cose:
1) il progetto non solo è per un breve periodo (quindi ad impatto limitato), ma si propone anche con uno scopo benefico, in quanto i proventi verranno destinati alla valorizzazione (sic!) del territorio (ho messo sic, ma metterei anche sigh perché l’abuso della parola “valorizzazione” mi mette lo sconforto);
2) io frequento Festival Outdoor simili al North Face Mountain Festival e quindi potrei essere tacciabile di incoerenza (anche se – al contrario – segnala che non rifiuto nessuna prospettiva e mi confronto direttamente con le diverse realtà per conoscerne le dinamiche).

Veniamo alle conseguenze più consistenti di una costruzione dell’immaginario montano mediata dalle promesse del marketing. Creare una crescente domanda che nutre aspirazioni ed esigenze su un’immagine “senza sostanza” della montagna dove ci porterà? Dove condurrà l’exploring, l’adventuring,  il never stop e tutta l’estetica delle cime basata sugli obiettivi di vendita, sull’ampliamento dei mercati e la scalabilità dei prodotti?

Io, per lo shampoo non mi preoccupo: dopo l’aloe, l’olio e l’avocado il mercato sortirà un’altra trovata. Sono preoccupata per i gestori di rifugio, sempre più in difficoltà nell’assecondare le pressanti richieste di un pubblico che nutre aspettative ingigantite dai pacchetti turistici: il menù a più portate, le serate ricreative, il wifi fino alla jacuzzi ed alla sauna. E per le guide e gli accompagnatori che si trovano alle prese con clienti che curano più il profilo Instagram che l’allenamento, pretendendo la vetta come l’ovvia controparte del pagamento. E per tutte le comunità locali che fino a trent’anni fa aspettavano “i villeggianti” e ora sono esausti e profondamente impreparati ad accogliere masse di “nuovi turisti” che sempre più si dirigeranno verso chi meglio saprà costruire la propria immagine, al di là della reale corrispondenza con le risorse disponibili, in una competizione non dissimile dalla guerra delle offerte al supermercato.

È il payoff del mio blog: “ogni montagna è unica, basta sapere raccontare agli altri il perché”. L’accento non è tanto sullo storytelling (altro termine abusato e già sorpassato). Non basta costruire narrazioni efficaci. Bisogna trasmettere agli altri la consapevolezza del perché. L’unicità è data da motivazioni individuali. Ecco perché ci piace così tanto la montagna: perché è fatta da pezzi unici, irripetibili, incontrollabili. Ed impagabili: nessun asta potrà mai quantificarne il valore.

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E’ questa la nostra montagna scintillante? ultima modifica: 2018-08-07T05:43:41+02:00 da GognaBlog

27 pensieri su “E’ questa la nostra montagna scintillante?”

  1. Lungi da me essere favorevole alla nuova ondata di iniziative commerciali sul mondo della montagna.

    Il mio voleva solo essere un commento sulla figura di Don Chisciotte e sull’uso improprio che spesso ne viene fatto.

  2. E’ in effetti il modello dell’alpinista classico che vive in un eterno passato.

    Io non credo che sia così.

    L’alpinista classico secondo me è proprio il contrario. Ponendosi dei limiti, senza cercare di forzarli con un eccessivo  aiuto tecnologico, ha lo sguardo aperto verso il futuro. Magari non sarà lui a risolvere , ma di certo lo farà chi verrà dopo.

    Anche le autostrade, le hanno date in gestione ai privati. Mettono le tariffe che gli pare a loro garantendosi incassi faraonici. Poi però i ponti cadono.

    Mettiamoci  anche i bivacchi in mano ai privati. Così …. sarà garantita la manutenzione.

  3. La figura di Don Chisciotte è spesso mal intesa; era un vecchio rimbambito che leggeva tanti libri cavallereschi ma usciva ben poco dalla sua dimora e partiva infine per una sua personale crociata senza senso, confondendo il mondo concreto con le fantasie derivate dalle troppe letture acritiche.

    Come il Werther ed altri personaggi “romantici”, è la metafora di chi travisa la realtà e vive di valori assoluti e talora egocentrici.

    E’ in effetti il modello dell’alpinista classico che vive in un eterno passato.

  4. Paolo a me Don Chisciotte è molto simpatico. Anzi direi che è da ammirare, da prendere ad esempio.

  5. Dopo i 65 anni vi sono tante esenzioni dai ticket!
    Se ci si arriva, tutto è molto piacevole quando si riesce a guardarlo!
    E le battaglie dichiarate sembrano quasi tutte avvenire fra emuli donchisciotteschi.

    Purtroppo ci si accorge che le guerre non vengono viste.

  6. quando un giorno questa società moderna, vi chiederà il patentino e soprattutto di dover  pagare per poter salire un itinerario, una cima…sarete tutti più contenti.

    Anche perchè vi avranno detto che questi soldi, che voi pagate…serviranno al buon mantenimento della montagna, dei bivacchi, dei rifugi, delle vie.

    Buona e libera montagna a tutti.

     

  7. Oltre l’acceso dibattito sull’eticità e la convenienza di affittare un bivacco per la promozione di un prodotto o di un evento, e sulla provvisoria indisponibilità dello stesso dovuta a quanto si evince ad un malinteso, in questo come in tutti i blog si registrano opinioni diverse più o meno condivisibili. Questa è la libertà di parola, sacra in tutte le democrazie. Mi hanno colpito, ed ultimamente accade sempre più spesso, alcune giustificazioni che si usano a sostegno delle proprie idee che semplifico in (io vado in montagna più di te quindi……. io vivo in loco, sulle vette e non nelle basse come voi…… chi sei tu per intervenire nei problemi di casa mia?…….. la montagna ai montanari, le valli ai valligiani……… ecc. ecc. ecc.) per non parlare degli insulti gratuiti e pesanti ( vedi Kali Alessandro per non far nomi) purtroppo anche gli alpinisti veri o presunti stanno diventando lo specchio di questi tempi.

  8. La Longo alla Gogna!

    Anche no dai, non esageriamo.

    Detto questo dico la mia: ben vegano i soldi dai privati per la ristrutturazione delle strutture alpine. Anzi direi che l’equazione fondi privati=distruzione della montagna, mi sembra un po’ esagerata, soprattutto in questi casi. Bisognerebbe avere l’intelligenza e la maturità di saper scindere.

     

  9. Secondo me non avete la più pallida idea di cosa accada davvero in montagna.

    Signora Elena Montasio ce lo spieghi LEI cosa accade in montagna. Ci apra gli occh, Ci illumini con la sua sapienza, con la sua lungimiranza., con la sua esperienza.

    Noi siamo degli sbarbatelli , abbiamo bisogno di imparare e di essere educati.

     

  10. Abbiamo capito che il bivacco era chiuso, ma nemmeno tanto perché poi hanno trovato le chiavi no? Comunque il problema é stato risolto oppure no? Avete fatto tutto sto casino per cosa? Almeno date qualche informazione in più.

    Poi incredibile che dal fatto che il bivacco sia stato sponsorizzato da North Face si sia ricamato sopra una congiura capitalistica contro la montagna. Secondo me non avete la più pallida idea di cosa accada davvero in montagna.

    ciao

     

  11.  

    Il meno che si possa dire è che i “vari imbecilli con la penna in mano” in Italia non mancano mai. E non mi riferisco all’autrice, ma ai ai sedicenti montanari che si autodefiniscono autentici. Ormai sono dapperttutto nel web e spiace vederli criticare chi almeno ha il coraggio di prendere posizione di fronte a dubbie iniziative commerciali di aziende importanti. E cosa criticano i poverini? Una citazione ad hoc di Duccio Canestrini (peraltro autentica) oppure che non si è elogiata l’iniziativa sulla Grigna (semplice esempio) nella quale si sono divertiti.

     

    Ai nostri veri montanari non piacciono i falsi moralismi: peccato che poi diventino peggio del mago Otelma in grado di pronosticare età anagrafica, indirizzo e turbe emotive dopo aver malamente letto poche righe. Naturalmente i montanari-psicologi sbagliano.

    Si citano poi Umberto Eco (ma avranno letto un suo libro?) con una frase copiata dal web e non capiscono neppure l’intenzione dell’articolo: l’autrice è partita dall’esempio del bivacco ingiustamente chiuso (a chi dice il contrario, auguro semplicemente di restare fuori quando serve veramente) per riflettere sull’immagine della montagna proposta dai media. Su quello si poteva discutere, usando anche 100 parole invece di 10 perchè il linguaggio è veicolo di libertà, negata dai “delinquenti”, ma anche purtroppo schermo della propria stupidità: evidentemente scalare e camminare non basta, ci vuole cervello.

  12. Io sarei molto contenta se tutti i bivacchi venissero smantellati. Non ci sarebbero più problemi di manutenzione.

  13. L’iniziativa è validissima! Anzi complimenti per l’idea. L’errore è stato lasciar chiuso il bivacco. Potevano copiare le iniziative linkate nell’articolo (a4210 mi pare)  E ad esempio mettere una bella tenda da campo base temporanea posta a lato del bivacco in maniera da dare spazio all’iniziativa e lasciare attivo il bivacco.

    I soliti polemici Gognani vedono sempre il business marcio dietro queste cose come se fosse il male assoluto da combattere.

    beh se avremo un bivacco ristrutturato saremo tutti contenti, e chissene da dove arrivano i soldi!

    Cosa aspettiamo la filosofia astratta di Gogna e di questa Longo per sistemare le strutture alpine?Magari si sbattessero un po’ per qualcosa di concreto!

  14. Già all’inizio ho espresso il mio pensiero sull’argomento. Mi sembra tutto molto enfatizzato.

    Qualche volta mi è capitato di avere contrattempi nell’utilizzo di un bivacco; ho informato la Sezione e poi si passa oltre.

    E’ stato lasciato tutto pulito? SI

    Sono state chiodate a spit vie classiche o storiche ? NO

    E’ stato perpetrato qualche altro misfatto concreto? NO, o almeno così sembra

    Di concreto ci sono i soldi che serviranno a sistemare bivacchi e sentieri.

    Contestare Moro e gli altri alpinisti mi sembra quantomeno stravagante.

    Però capisco il dibattito. C’è libertà di opinione ed è giusto che ciascuno possa dire la propria opinione senza essere insultato; sta poi a ciascuno dare il peso alle varie idee.

    Quello che francamente non riesco sempre a capire è lo stile e il contenuto di alcuni articoli e di alcuni interventi. Non è lo stile asciutto e concreto di gente che scala e vive la montagna; mi sembra uno stile “irreale”. Molte volte (ma qui intervengono i miei limiti intellettuali e l’età) non capisco ne quello che c’è scritto ne quello che si vuole dire ma soprattutto quello che si vuole o che si dovrebbe fare perché ogni cosa fatta è sbagliata. Certo se non si fa nulla, nulla si sbaglia.

    Quando discuto di una chiodatura dico semplicemente lunga o corta, una via bella o brutta, un passaggio difficile o facile, atletico o tecnico; punto.

    In alcuni autori o commentatori (non sono sicuramente io in grado di stilare graduatorie ) trovo quello stile asciutto e concreto. In altri no.

    Ricordo che qualcuno di saggio diceva” chi dice con 100 parole ciò che si può dire con 10 è un delinquente capace d’ogni malvagità” (citazione a memoria e forse inesatta nella forma).

    Francamente questo articolo non sono riuscito a finirlo ( forse perché avevo il socio che mi aspettava in macchina per andare ad arrampicare).

     

  15. signora o signorina Longo, forse non  sono stato chiaro: il valore della scrittura non è desueto affatto, anzi!Non si deve sopravvalutate solo perché il web le da uno spazio in cui scrivere le sue cosucce!È lei con i suoi vari blog e blogghetti scritti a cazzo che ne annienta il valore. Come ha sottolineato un altro attento lettore con il dono della sintesi, se si voleva denunziare un misfatto, bastava farlo con i giusti termini e la giusta impronta (e magari con un articolo fatto meglio?) Il suo è solo un temino da adolescente come già detto. Non si offenda e non si giustifichi. Il web consente a tutti di dire la propria no? E questo è il suo spazio, lo usi come vuole! Le riporto una frase celebre di Umberto Eco (che lei sicuramente conosce): “I social media hanno dato diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli”.

    Si potrebbe definire la “ultra democrazia” che da diritto di parola a tutti! Così Lei come il Gogna trovano uno spazio per poter esprimere le loro frustrazioni da mancanza di montagna. Beh tra gli imbecilli di cui sopra ci metta anche me, non mi sottraggo affatto a questa schiera.

    Le auguro tanta fortuna

    K.A.

  16. caro Davide Fabiana, ognuno la pensa come vuole. Te sei d’accordo , invece io no. Bene siamo diversi. Evviva le diversità di pensiero e culturali. Rendono il mondo più vario ed interessante.

    Quanto alla  grandezza di  Benigno Balatti che non conosco di persona ma di fama si. Non credo che metterebbe  all’ asta i suoi abiti per essere sponsorizzato. Magari però mi sbaglio.

  17. Avete buon tempo per complicare le cose a quanto pare:

    -il problema reale é che il bivacco era chiuso, quindi si denuncia il fatto direttamente ai responsabili e si cerca di riottenere l’immediata riapertura e il ripristino del servizio, o un eventuale collaborazione.

    Tutto il resto:

    -sono fronzoli, quisquilie, pinzillacchere buone solo all’esercizio narrativo di chi scrive.

    -fanno perdere di vista il problema reale

    -sono falsi moralismi

    concordo con uno dei commenti precendenti sul fatto che certe polemiche che fate sono forzate e fini a se stesse…anche se piacevoli e attirano alla lettura e al commento gli sfaccendati endemici come me.

    Tra l’altro incomprensibile il paragone con le splendide iniziative della Grigna Settentrionale; ho partecipato a 2 incontri con alpinisti, uno Cala Cimenti (durante una tormenta e tempesta impressionante) e un altro con un alpinista locale che ovviamente non conoscevo, Benigno Balatti (fortissimo e molto attivo e forte anche oggi alla sua etá) e che ho conosciuto grazie all’iniziativa che ha attirato soprattutto i giovani. Cosa c’entra con un bivacco chiuso? Mah! Ignoranza o forzatura?

    Un consiglio da amico:

    un po’ meno falso moralismo e soprattutto informatevi meglio, perché molti si stanno accorgendo che non siete onesti nel raccontare le cose; l’onestá costa fatica, tempo e dedizione al particolare, ma se sfornate 10 post al giorno forse non potete essere che approssimativi (non basta linkare e condividere)…insomma qualche articolo in meno ma fatto meglio? Vedete voi!

    Poi ovviamente farete ciò che volete, ma se andate avanti ad essere così pedanti e polemici, i miei amici non la smetteranno di insultarmi sapendo che vi leggo.

    buona fortuna

     

    Davide Fabiana

     

     

  18. se le guide con clienti non mi permettono l’ingresso in un bivacco , nel quale magari sono arrivato per tempo, credimi che finisce male.

  19. ” Non capisco tutto questo moralismo o scandalizzarsi quando tutti o quasi ne usufruiscono alla grande, mitizzando e premiando anche la maggioranza degli sponsorizzati.”

    Sinceramente Paolo io non mitizzo ne premio nessuno. Tanto meno questi  superatleti sponsorizzati , a cui di noi miseri alpinistacci della domenica,  non gli frega nulla !!

    Ma  sinceramente a me non mi frega nulla di loro. Tanto meno dei loro abiti sudati.

    Non ho dubbi che la N.F.  è un’azienda e deve fare soldi. Ma ci sono modi e modi. A me questo non  piace. E trovo sbagliato che piaccia alla SAT.

     

    Quanto alle guide che non mi farebbero entrare all’Eccles , ci sarebbe da discutere. Stanne certo.

  20. Secondo me sono stati molto bravi.
    La maggioranza della gente, quella che spende, vuole immagine, sicurezza e divertimento, senza doversi impegnare più di poco.
    La NF non è un ente morale o una struttura educativa, o un club più o meno statale che cura solo la propria esistenza, che io sappia la NF è una azienda, fa affari e deve guadagnare dindini, cercando di non infrangere le leggi degli stati.
    Quindi, qui da noi, “Tutto fa Brodo”, basta guadagnare.
    Non capisco tutto questo moralismo o scandalizzarsi quando tutti o quasi ne usufruiscono alla grande, mitizzando e premiando anche la maggioranza degli sponsorizzati.
    Mi spiace per i due, ma, pensandoci poco, da sempre le guide coi clienti non permettono l’ingresso ai bivacchi all’Eccles, o gli squattrinati non lasciano entrare al Dal Bianco quando vi campeggiano.

  21. Gentile Kali Alessandro,
    grazie per il commento. Sono Alessandra, l’autrice del post.
    Sono nata e cresciuta in montagna, in Valle di Susa.
    Mi sono sempre impegnata “offline” per la tutela
    del luogo in cui vivo, prendendo a cuore le problematiche
    di chi abita in montagna e di montagna (mettendoci
    la faccia, non solo su Facebook). Ho adottato il punto di
    vista dei gestori di rifugio alpino poichè collaboro con
    AGRAP (Ass. Gestori Rifugi Piemonte) e percepisco
    concretamente le difficoltà a cui sono quotidianamente sottoposti.
    Infine: cito Canestrini perchè inserito in un film che, a mio,
    avviso contribuisce a diffondere una consapevolezza nella frequentazione
    dell’ambiente alpino con modalità comunicative decisamente
    vicine agli standard attuali (non accademici, non libreschi, ecc.).
    Tuttavia, non credo che il valore
    della scrittura sia desueto (a dispetto della tua affermazione
    per cui “scrivere cagate su cagate su un Blog sperando
    di cambiare il mondo non è una soluzione”).
    Per scrivere certamente occorre leggere (e leggere con le giuste intenzioni):
    proprio Carrol (raccontando di una ragazzina in crisi!)
    ci ricorda come il significato delle parole dipende,
    in fin dei conti, da una nostra decisione. Se stabiliamo a priori
    che i blogger sono “scrittori dell’inutile” probabilmente non riusciremo a scorgere nulla di buono. Se vuoi confrontari, trovi i contatti su Verticales.it.
    Grazie. Ciao. Alessandra

  22. Se il mio amico Luca mi manda il link di uno scritto su GognaBlog significa che devo prendermi una parentesi di 10 minuti dai miei impegni per leggerlo. Temevo che fosse la solita polemica sterile, forzata e inutile “alla Gogna”. Invece ho dovuto ricredermi, intanto perché lo scritto non è del Gogna, poi perché, quando arrivo a leggere la citazione sconvolgente di “Duccio Canestrini”, capisco che invece si tratta di una gran cazzata. Il povero Duccio è stato usato e abusato per dar giustificazione a qualsiasi idiozia. E questo sembra più il tema di una sedicenne che vive il tipico conflitto del passaggio all’età adulta. Forse dovrebbe camminare di più, scalare di più, guardarsi di più intorno e parlare soprattutto con le persone che vivono in montagna e che vivono della montagna. Stare dietro una scrivania a Milano o a Torino a scrivere cagate su cagate su un Blog sperando di cambiare il mondo non è una soluzione, ma il passatempo di un cittadino/a annoiato/a che fa più danno di un maldestro turista della montagna in atto. Si preoccupa dei gestori dei rifugi alpini la nostra “autrice”: sappia che probabilmente i gestori di rifugi si preoccupano invece per voi scrittori dell’inutile che avete sviluppato una forma di sociopatia malsana e molesta. Si consiglia due gocce di valuim (o una tisana) e di lasciar perdere il buon Duccio Canestrini, e ritornate a leggere Lewis Carroll…anzi, ritornate in montagna va!!

  23. ma vuoi mettere possedere il piumino dove la Tamara Lauger o Simone Moro  hanno sudato.

    Mica è lo stesso sudore di gente comune. Quello dei campioni è profumo, mentre quello dei comuni mortali puzza.

     

    Se un’azienda privata da fondi è giusto riconoscerlo. Ma di certo non in questo modo.

    Una cosa simile su una tabella l’ho vista scritta al rifugio Franchetti, lavori di restauro fatti con il contributo di: ……..

  24. Personalmente non sono del tutto contrario alla “sponsorizzazione” dei bivacchi. Non in questo modo pacchiano del vendere capi di abbigliamento dei campioni, come nel caso North Face. Ma se fosse un modo più soft e meno invasivo, non lo troverei sbagliato. Potrebbe essere una tabella con scritto qualcosa di simile: “L’azienda XY contribuisce alla manutenzione di questo bivacco”… In questo modo si otterrebbero fondi (che sappiamo non sono mai abbastanza) per una migliore manutenzione o dotazione dei bivacchi. Perché no?

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