Economia circolare?

Economia circolare?
di Guido Dalla Casa

I processi propri del nostro modello culturale (la civiltà industriale) non sono cicli, sono processi che consumano qualcosa di fisso (le risorse, che si esauriscono) e abbandonano qualcosa di fisso (i rifiuti, che si accumulano). In mezzo sta il processo di produrre-vendere-consumare, che il nostro modello vuole in continua crescita. Tutti questi processi costituiscono un sottosistema del Sistema Naturale terrestre, molto più grande, ma sono alla lunga incompatibili con il mondo naturale, che si muove per cicli: quindi distruggono la Natura cui appartengono. Come si è evidenziato in tempi recenti, i processi della civiltà industriale disarticolano i cicli naturali e provocano estinzioni degli altri esseri senzienti (altri animali, piante, esseri collettivi, ecosistemi), direttamente o indirettamente.

Economia circolare, cioè che funziona per cicli, è una delle locuzioni inventate recentemente per continuare tutto come prima, analogamente a espressioni come sviluppo sostenibile, crescita verde, green economy, e così via. Si tratta di locuzioni contraddittorie. Sostenibile è solo un processo che non altera il funzionamento del sistema più grande di cui fa parte. Sostenibile è incompatibile con sviluppo, una crescita non potrà mai essere verdegreen è incompatibile con economy.

Per ottenere veramente qualcosa nel campo della protezione della Natura, e quindi della Vita, è necessario uscire dai princìpi della civiltà industriale e dimenticare l’economia. Di solito, quando si parla di economia, si intende automaticamente economia in crescita, gara a chi vende con il prezzo più basso, aumento della produzione, e roba del genere. Con la cosiddetta economia circolare non si otterranno mai prodotti “economicamente competitivi”, senza contare che uno sguardo ai numeri, cioè alle quantità, rende evidente l’impossibilità di ottenere qualche risultato conservando il sistema attuale, il cosiddetto “libero mercato”, quello che Serge Latouche, uno dei paladini della decrescita, ha chiamato “una libera volpe in un libero pollaio”. Inoltre, il numero enorme degli umani sulla Terra rende impossibile qualunque rimedio “all’interno del sistema”, cioè senza cambiarne radicalmente anche le premesse.

Pertanto, bisogna uscire dall’economia, abbandonare in toto la civiltà industriale, che si è innescata facilmente sulla cultura occidentale qualche secolo fa, dato il mostruoso antropocentrismo che già la caratterizzava. Non basta “correggere la rotta”, bisogna invertirla completamente, non basta “cambiare modello di sviluppo”, occorre abolire e dimenticare lo sviluppo (materiale). Bisogna intaccare a fondo e ribaltare i fondamenti filosofici, non basta ritoccare i processi.

Il sistema economico ha una sola variabile (il denaro) ed è assolutamente incompatibile con il Sistema Terrestre, che è un Sistema più grande ad altissimo grado di complessità con un numero enorme di variabili. Può persistere come sottosistema al suo interno solo per tempi molto brevi.

Usciti dalla trappola della crescita, il passo successivo sarà l’abolizione del denaro, in qualunque forma: né reale, né virtuale. Cinquemila culture umane, ormai distrutte dall’Occidente, sono vissute senza il denaro per tempi lunghissimi: quindi è possibile, anche se questo non significa che dovremo vivere come una di quelle culture.  Ecco le ultime parole del libro Assalto al pianeta di Pignatti e Trezza (professori dell’Università La Sapienza di Roma): “di fronte a una società dominata dall’ambizione di fare tutto ciò che appare fattibile, e che per questo sta andando verso la catastrofe, rimane soltanto il coraggio dell’utopia“.

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Economia circolare? ultima modifica: 2023-12-28T04:07:00+01:00 da GognaBlog

24 pensieri su “Economia circolare?”

  1. Uno: in Texas gli allevatori sono una potenza economica che non si farà calpestare da nessuno, tanto meno da un’agenda europea inventata a tavolino. Voglio vedere quale futuro presidente americano andrà là e gli dirà: “Basta mandrie sterminate, basta petrolio”. Utopia e/o illusione. Due: in Cina c’è una dittatura? Va bene, ci sta. Però rimango convinto che un popolo che ha già fatto una rivoluzione ne potrebbe fare un’altra se le condizioni diventassero davvero invivibili. E poi, per inciso, qui non c’è una dittatura? Forse più soft ma ci fanno ingollare tutto quello che decidono ai piani alti e Oltreoceano, alla faccia di quello che pensano i cittadini… Ricorda solo che la von der Lynden è riuscita a far togliere i lupi dalle specie protette al 100% nella UE solo perché uno gli ha ucciso un pony… Altrimenti avrebbe avuto ben altro di cui occuparsi visto la recessione in arrivo (per prima nella sua patria)…

  2. Grazia, ritengo che l’organismo umano abbia bisogno anche di proteine di origine animale, tra cui la carne. 
    Quella artificiale prodotta da Bill Gates è tutto tranne che di origine animale.
    Tra la carne in vendita nelle macellerie e quella prodotta negli stabilimenti chimici continuo a preferire la prima, nonostante le tue giuste osservazioni.
     
     
     
     

  3. Grazia 17 : mi sembra che si estremizzno sempre le cose , comprendo , almeno mi pare, il tuo atteggiamento rispetto a queste problematiche , ma dovresti anche capire che essere parte di un progetto in cui tutti sono tenuti a fare la loro parte è meglio e più fruttifero ( vedi ad esemipio la raccolta differenziata , anche se nel caso della plastica tutto è stato demandato all’individuo , raccogli e separa,  e niente o quasi hanno fatto le grandi industrie che no hanno minimamente cambiato atteggiamento ) .  

  4. Fabio, una delle ragioni per cui non mangio carne da vent’anni è perché tengo alla mia salute. Gli esseri allevati in fabbrica non possono più essere definiti “maiali”, “vacche”, “galline”, etc. Sono qualcos’altro che da decenni abbiamo modificato geneticamente, nutrito con prodotti inenarrabili, imbottito di farmaci, limitato nella vita, maltrattato, etc, etc. Non so com’è che si possa ancora avere il desiderio di mangiarli.

  5. Marco, evidentemente non l’hai già dedotto che, se è già in laboratorio la produzione di carne, significa che fra non molto chiuderanno tutti gli allevamenti intensivi, non solo in Texas. 

  6. Andrea, purtroppo non mi sorprende, poiché non è la prima volta che capita: da sempre i governi danno sovvenzioni per non coltivare o per soppiantare le colture autoctone con altre standardizzate. 

    Il lume della ragione l’ha certamente perso chi propone, ma ancor di più di accetta. Mi fa piacere ricordare, mio malgrado, che qualunque dittatura senza la bassa manovalanza del popolo non avrebbe valore alcuno.

    Nella Piana di Catania, nota soprattutto per la produzione di una varietà di arance chiamata Tarocco, stanno cominciando a vender lotti per installare pannelli solari. Quell’area normalmente in estate raggiunge alte temperature – quest’anno si scioglievano i telaini dentro alle arnie, per dare un’idea – e possiamo facilmente immaginare che allo sradicamento degli alberi seguirà un innalzamento delle temperature con l’avanzata della desertificazione già in atto.

  7. Marco, in Cina, purtroppo, il popolo, benché per una porzione sappia ribellarsi a proprie spese, è assoggettato alla dittatura ed è, ahimè, avvezzo alle mancanze. Sarebbe utile che cominciassimo a pensare a quel che accade in altri paesi – e anche da noi, visto che, per esempio, quest’anno con il mio pandino non potrò circolare a Milano – così poi magari saremo più preparati e meno perturbabili.

  8. Luciano, per salvare il mondo (😂😂😂) sei ovviamente libero di nutrirti con grilli e carne sintetica, al grido di “Ursula lo vuole!”.
    Io però vorrei conservare la libertà di mangiare carne, se lo desidero. Ti pare una pretesa?
     
    Se però l’Unione Europea stabilisce d’autorità di diminuire drasticamente il numero di bovini, suini e ovini, come potrebbe allora la carne non diventare carissima e quindi, di fatto, riservata ai ricchi?
     
    Carne ai ricchi e insetti alla plebe. È questa l’Unione Europea che ci prospettano? Beninteso, oltre a tante altre “cosette”.
     
    P.S. In effetti mangio pochissima carne, ma non allo scopo di preservare il mondo dalle flatulenze bovine, bensí per evitare il macello a qualche povero animale. Però non mi fido a eliminarla del tutto dalla dieta.
     

  9. Andare in Texas dove la Von der Lynden e la sua banda, se vanno a proporre le stesse cose che in Europa-beota, le sparano dietro, letteralmente…

  10. Per “salvare il mondo” (😂😂😂), l’Unione Europea ha intenzione di diminuire drasticamente il numero di bovini, suini e ovini.
    Che cosa mangeremo al loro posto? Insetti e carne sintetica.
    Se uno non è d’accordo, che fa? Dovrà comprare una bistecca di manzo a peso d’oro al mercato nero?
     
    P.S. Viviamo in un mondo normale?

  11. 10 Giuseppe, io non guardo o leggo Byoblu però è vero che la UE ha intenzione di diminuire drasticamente il numero di allevamenti bovini ovini suini… 

  12. @7
    Mah, prima di farsi salire l’indigno ( 🙂 ) per lo “Stop alla produzione agricola in Emilia Romagna” [cit. Byoblu], forse sarebbe meglio dare anche un’occhiata alla delibera e al bando. Ma anche senza leggere tutte le 121 pagine, basta solo rapportarsi alla cifra stanziata.
    A me pare che più che “all’ennesima palese contraddizione dell’agenda verde” [cit. Byoblu], siamo davanti all’ennesimo imbarazzante articolo di Byoblu: l’autodefinita “Tv dei cittadini”…

  13. USA: 28,9 vacche da carne; 9,40 milioni di vacche da latte; 34,5 milioni di vitelli: chi glielo dice ai texani di abbatterle per rallentare il cambiamento climatico? Australia: 150 milioni di pecore… Idem… Più facile prendersela con il tutto sommato piccolo allevatore in Italia, no? In fondo da noi, tra tutti i tipi, ce ne sono solo circa 6 milioni di vacche e 8 milioni circa tra pecore e capre… il nulla: diamogli addosso!

  14. 4. Vegetti, la “catastrofe”, conseguenza dei cambiamenti climatici e che è già iniziata da alcuni anni, consiste in realtà in tanti piccoli (per modo di dire) eventi: un’alluvione qua, una tempesta Vaia lì, una grandinata con chicchi di 10 cm che distrugge tutti i tetti di una cittadina là, ma che, per chi non li subisce direttamente, non ti cambiano la vita. Questi “saggi” hanno visto in questa “catastrofe” una nuova opportunità per fare soldi (tant’è vero che ultimamente si trovano in rete centinaia di testi di predicatori tutti uguali) ma è evidente che nessuno di loro è realmente interessato a trovare soluzioni, in prima istanza perché probabilmente una vera soluzione non c’è (se non quella impraticabile di tornare ad una popolazione mondiale dimezzata), poi perché nessuno ci tiene particolarmente a rinunciare, se non a parole, allo status di vita attuale.

  15. Beh, non so se un cinese che finalmente è riuscito a comprarsi un’auto accetterebbe tanto volentieri di disfarsene perché nell’ “opulento” Occidente qualcuno dice che è meglio.. Comunque, a parte irrealizzabili utopie, non ho ancora letto qualcuno che dica come fare questa nella pratica “decrescita”… Non parlo di scelte o azioni individuali, ma di scelte e azioni a livello ben più grandi, per numeri e interessi…

  16. Caro Marco,
    i paesi che noi chiamiamo “in via di sviluppo”, così come tutte le realtà che da sempre fanno a meno di ciò che a noi appare indispensabile, non avranno difficoltà come noi a far senza di certe cose. Quelli che saranno nei pasticci – soprattutto psicologicamente – saranno proprio gli abitanti delle aree evolute.
    Chi descrive ciò che sta accadendo, come Pignatti, Trezza, Guido, stanno preparandosi da sempre e sanno che a un certo punto la diffusione del loro pensiero potrebbe essere ostacolata.

  17. Sarò ignorante, retrogrado, tutto quel che volete, ma pongo e mi pongo una domanda: va bene tutto, ma come attuare ciò? Ovvero: come far accettare questo drastico cambiamento alle popolazioni (in primis quelle occidentali) e poi a quelle in via di sviluppo che DEVONO RINUNCIARE a quel che hanno o che stanno ottenendo? Sanno, esagerando un po’, Pignatti e Trezza che dovranno trovarsi qualcosa da fare perché non ci sarà più università (con i suoi costi diretti e indiretti), non avranno più i computer (con quel che divorano e inquinano) per scrivere i loro libri che usano carta (o acidi per riciclarla), non verranno pagati per le copie che (teoricamente) venderanno perché non ci sarà più denaro, ecc. ecc. ?

  18. Grazie, Guido, per ricordarci di riflettere sempre sulle parole utilizzate e per invitarci a non abituarci a schemi che sembrano non avere via d’uscita.

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