Emergenza planetaria 2.0

Il piano di emergenza planetaria 2.0, aggiornato per includere approfondimenti sulla pandemia globale CoVid-19, dimostra che siamo inequivocabilmente nel mezzo di un’emergenza planetaria. Il piano prevede dieci impegni a protezione dei Beni Comuni e Pubblici globali sostenuti da dieci azioni trasformative essenziali per azionare il cambiamento dei sistemi e stabilizzare la Terra.
Occorre garantire un nuovo accordo per le persone, la natura e il clima.

Il Piano di emergenza planetario è sostenuto dalle organizzazioni internazionali emergenti planetarie che chiedono ai governi e alle Nazioni Unite di elaborare un piano d’azione. La partnership è iniziata nel 2019 con il Club di Roma, con il Postdam Institute for Climate Impact Research e con il WWF. Dal 2020, quindi dalla pandemia in poi, il team si è rafforzato notevolmente.

Emergenza planetaria 2.0
A cura del Club di Roma, in collaborazione con Potsdam Institute for Climate Impact Research e con il WWF
(agosto 2020)

Perché un piano di emergenza sanitaria
Il Piano di emergenza planetaria pubblicato nel luglio 2019 ha chiesto alle Nazioni Unite e ai governi di dichiarare un’emergenza planetaria e attuare un piano d’azione per costruire un futuro resiliente. Ora, nel 2020, il CoViD-19 sta infettando milioni di persone in tutto il mondo e ha causato oltre 700.000 (813.000 al 25 agosto 2020, NdR) vittime, con numeri in aumento. Il virus continua a sconvolgere l’economia globale e i mercati finanziari e ha un impatto diretto sulla vita e sui mezzi di sussistenza delle persone in tutto il mondo. Il CoViD-19 ha esposto le nostre vulnerabilità e ha rafforzato la necessità di un’azione di emergenza. Viviamo in un mondo sempre più turbolento (vedi tabella 1) con pressioni crescenti sulle persone e sul pianeta che innescano shock estremi, come focolai di malattie, siccità, inondazioni e ondate di caldo. Stiamo vivendo oltre la capacità di carico del pianeta, mettere i sistemi umani in rotta di collisione con i sistemi naturali di cui facciamo parte. La pandemia è una manifestazione di questo fatto, dimostrando che la salute delle società e la stabilità delle economie sono profondamente connesse alla salute del nostro ecosistema.

Il CoViD-19 è solo una pandemia in una serie di epidemie di malattie infettive in aumento negli ultimi decenni, che vanno da Ebola e Sars, all’influenza aviaria. Tutti sono stati causati dalla diffusione del virus dalla fauna selvatica e dagli animali domestici all’uomo, probabilmente innescata dal degrado umano degli ecosistemi naturali e rafforzata da alti livelli di viaggi globali, commercio di fauna selvatica e vita ad alta densità. Il recupero dalla pandemia ci offre un momento di trasformazione in un momento critico per la nostra specie. Ricostruiamo la nostra economia con le stesse disuguaglianze, fragilità, vulnerabilità e instabilità di prima? Oppure ricostruiamo un mondo più resiliente in grado di affrontare shock inevitabili? Perché qualcuno dovrebbe accettare un mondo in cui la nostra sicurezza economica e la nostra sopravvivenza a lungo termine sono a grave rischio e il nostro futuro è così incerto?

Questo è un decennio critico per l’umanità. Per 10.000 anni, la civiltà umana è cresciuta e prosperata grazie alla notevole capacità rigenerativa della Terra che sostiene la stabilità del clima e la ricca diversità biologica. Negli ultimi 50 anni l’attività umana ha seriamente minato questa capacità di recupero. I nostri modelli di crescita economica, sviluppo, produzione e consumo stanno spingendo i sistemi di supporto vitale della Terra oltre i loro confini naturali. La stabilità di questi sistemi – i nostri beni comuni globali da cui dipendiamo così fondamentalmente – è ora a rischio. Le nostre azioni nel prossimo decennio influenzeranno la traiettoria del nostro pianeta e la nostra futura sopravvivenza. Non è possibile fare affidamento su altri 10.000 anni di sviluppo umano se continuiamo a distruggere il terreno su cui è stata costruita la nostra civiltà: una biosfera ricca, diversificata e funzionante. La posta in palio è davvero alta.

(Nota 1) https://gisanddata.maps.arcgis.com/apps/opsdashboard/index.html#/bda7594740fd40299423467b48e9ecf6

12 mesi critici
La pandemia CoViD-19 ha sconvolto il mondo e portato immense sofferenze e caos economico. Questo era evitabile. Più di 50 anni fa eminenti esperti economici e scientifici predissero nel rapporto Limits to Growth al Club di Roma che la ricerca dell’umanità di una crescita iniqua e continuata a scapito degli ecosistemi naturali e dell’uso delle risorse non avrebbe creato una crisi singola, ma una convergenza di crisi come quella che stiamo vedendo oggi. Non possiamo permettere che passino altri 50 anni prima di agire, né permettere che si verifichi un’altra crisi evitabile. CoViD-19 ha evidenziato la nostra fragilità collettiva e i profondi legami interdipendenti tra malattie, perdita di ecosistemi, clima ed emissioni, prosperità, equità e giustizia.

Un mondo diverso, un’economia diversa è fattibile, desiderabile e necessaria. Abbiamo gli strumenti per progettare la resilienza alle crisi future piuttosto che semplicemente reagire al disastro. Ma abbiamo bisogno di volontà politica e leadership unita. Questa è un’opportunità senza precedenti per abbandonare la crescita assoluta a tutti i costi e fornire un cambiamento duraturo verso un percorso di sviluppo che promuova persone sane, pianeta e prosperità per tutti.

Il periodo di 10.000 anni di rilevante stabilità e la diversità biologica che ha permesso l’emergere della civiltà umana sono ora a rischio.

Un decennio di azione
Il 2020 segna l’inizio della più rapida trasformazione economica della storia. Insieme dobbiamo fare del 2020 l’inizio di un decennio d’azione di successo. Per raggiungere gli obiettivi del nostro accordo di Parigi e prepararci a future pandemie, dobbiamo ridisegnare i nostri governi, i sistemi economici e finanziari al servizio delle persone e del pianeta.

Il 2020 è anche un anno della memoria, poiché celebriamo il 75° anniversario delle Nazioni Unite. Questo è il momento per abbracciare l’importanza della collaborazione e della solidarietà tra le nazioni mentre riflettiamo sull’impatto globale di una delle più grandi pandemie mai viste. È il momento della trasformazione e della co-creazione di soluzioni e leadership. Le Nazioni Unite hanno guidato le società attraverso un periodo di pace senza precedenti attraverso la cooperazione economica. Ora, mentre affrontiamo una sfida ancora più grande, dobbiamo diventare tutti amministratori efficaci dei beni comuni globali e promuovere l’accesso ai beni essenziali di base disperatamente necessari (cibo, acqua, assistenza sanitaria, ecc.) Al fine di garantire la resilienza alle future crisi sanitarie e ambientali e offrire una prosperità più equa per tutti. È attraverso un’azione collettiva nazionale, regionale e locale che i decisori, assieme ai cittadini, possono ri-costruire meglio e assicurare un’esistenza più dignitosa alle diverse comunità della Terra.

Emergenza dall’emergenza
Il CoViD-19 ha influenzato direttamente le nostre vite e i nostri mezzi di sussistenza. La convergenza di questa pandemia con i punti critici del clima e della biodiversità ha creato il maggior rischio esistenziale per la società. Ogni aumento di 1° C della temperatura pone un miliardo di persone in più oltre la “nicchia climatica” dell’umanità e la sopravvivenza di tutte le specie. Questo decennio sarà un punto di svolta: il momento in cui il mondo piega la curva, scongiura disastri imminenti e opta invece per un percorso di trasformazione per progetto, non per il disastro. Le opportunità non solo per evitare il disastro, ma per ricostruire, migliorare e rigenerarsi sono già disponibili. La storia ha dimostrato che l’umanità è straordinariamente resistente. Siamo ben adattati per rispondere al disastro attraverso i nostri doni più grandi: cooperazione e innovazione. Ma abbiamo una finestra ristretta per agire ora per ridurre il rischio o evitare catastrofi.

La dichiarazione di un’emergenza planetaria fornisce una nuova bussola per le nazioni e inietta l’urgenza essenziale nel processo decisionale. Garantirà che tutte le azioni a partire dal 2020 saranno prese in considerazione attraverso il loro impatto sulla stabilità dei sistemi di supporto vitale della Terra e saranno sostenute dalle trasformazioni sociali ed economiche necessarie per garantire la salute e il benessere a lungo termine delle persone e del pianeta. In questo modo, possiamo finalmente assicurarci di promuovere collettivamente il progresso sociale e migliori standard di vita come richiesto nel 1945, quando nacquero le Nazioni Unite.

Tuttavia, mentre i nostri sforzi dovrebbero essere globali, le nostre risposte devono essere anche nazionali e locali. Dovrebbero essere adattati alle esigenze, alle risorse e alle culture locali per garantire il massimo impatto e lavorare a vantaggio di tutti.

Il nostro obiettivo è proteggere i beni comuni globali attraverso 10 impegni chiari e garantire che vengano rispettati implementando immediatamente una serie di politiche di trasformazione e leve di mercato a livello nazionale e locale. Questa è la nostra polizza assicurativa per uscire dall’emergenza e garantire una transizione giusta per tutti.

Gli impegni e le azioni in questo rapporto sono definiti nel contesto dell’azione di emergenza. In sostanza significa la sospensione del business-as-usual a tutti i livelli della società e nel processo decisionale aziendale e politico. Insieme dobbiamo fare tutto il necessario per risolvere questa crisi planetaria, adottando diversi approcci di gestione del rischio, sistemi di governance più appropriati e nuovi modelli economici incentrati sul benessere. Le iniziative seguenti devono progredire il più rapidamente possibile, fatte salve le inevitabili limitazioni pandemiche. Non c’è priorità più alta. Dobbiamo attuare immediatamente gli impegni e le azioni di questa relazione, riconoscendo che il progresso umano a lungo termine e la prosperità nel Nord e nel Sud sono più importanti degli interessi economici a breve termine di pochi.

(Nota 2) Ad esempio, leggi di più sul lavoro sugli indicatori di benessere della Wellbeing Economy Alliance (WEALL) o sul lavoro di Kate Raworth sulla doughnut economics: https://wellbeingeconomy.org/ e https://www.kateraworth.com/doughnut/

Invitiamo le nazioni sia a dichiarare un’emergenza planetaria sia ad adottare un Piano di emergenza planetario con il benessere di tutte le persone saldamente ancorato al suo nucleo. Proponiamo che un tale piano sia fondato sull’urgente necessità di dimezzare almeno le emissioni di gas serra entro il 2030, per raggiungere la neutralità del carbonio molto prima del 2050, arrestando la perdita di biodiversità e proteggendo i beni comuni globali e la salute umana.

Crediamo di poter emergere dall’emergenza in un mondo che avvantaggia tutte le specie, entro i confini planetari e senza lasciare indietro nessuno. Questo è il mondo che immaginiamo, il mondo cui tutti dobbiamo aspirare, dove le persone sane vivono in simbiosi su un pianeta sano.

10 impegni per i beni comuni globali e per i beni pubblici 
1) Entro il 2030, dichiarare gli ecosistemi critici come beni comuni globali e aree protette, essenziali per il funzionamento di un pianeta stabile e attraverso un regime di amministrazione e responsabilità di tutti per una gestione sostenibile. Riconoscendo il ruolo fondamentale della natura in quanto stock di carbonio e l’importanza delle soluzioni basate sulla natura (Nota 3), e garantendo un’adeguata compensazione per quei paesi, regioni, comunità più colpite (Nota 4).

2) Impostare una moratoria globale universale sulla deforestazione entro il 2025, utilizzando una metrica di deforestazione e degrado a tasso zero e triplicando gli investimenti annuali nella conservazione delle foreste e nel ripristino del paesaggio forestale. Allo stesso modo, fermare tutti gli investimenti che guidano la deforestazione continua, l’uso insostenibile del suolo e il cambiamento di ecosistemi intatti e insostituibili e spostare tali investimenti verso la protezione del capitale naturale, pratiche di uso rigenerativo del suolo e giusti fondi di transizione per le comunità più colpite.

3) Firmare una moratoria sull’esplorazione e lo sfruttamento delle riserve di petrolio e gas dell’Artico, sostenendo il ritiro dalle ricerca delle energie fossili, e stabilire un piano di conservazione della criosfera per proteggere questo ecosistema critico.

4) Fermare il declino degli ecosistemi e degli habitat oceanici critici e vulnerabili e garantire un solido Nuovo Trattato sull’Oceano (ai sensi dell’UNCLOS) per la protezione e l’uso sostenibile della biodiversità in aree al di fuori della giurisdizione nazionale, inclusa la moratoria sull’estrazione petrolifera in acque profonde.

5) Entro il 2025, fermare tutte le conversioni di zone umide, praterie e savane a zone per la produzione di materie prime agricole e triplicare gli investimenti annuali nella loro protezione, ripristino e resilienza efficaci.

6) Aumentare gli investimenti per fornire beni pubblici essenziali come l’accesso all’assistenza sanitaria, nonché servizi globali e nazionali inclusi (ma non limitati a) monitoraggio delle malattie, scambio di conoscenze e diffusione di informazioni, supervisione del mercato, riduzione dell’inquinamento e risposta alle pandemie (Nota 5).

7) Incrementare i flussi finanziari pubblici e privati ​​per il ripristino degli ecosistemi critici, inclusa la mobilitazione di 200 miliardi di dollari per il Green Climate Fund e il Global Environment Facility nel prossimo decennio.

8) Lanciare un fondo permanente di emergenza planetaria pubblico-privato per i beni comuni globali entro la fine del 2020, basandosi sul G7 Amazon Emergency Fund e impegnando il capitale necessario per assicurare l’umanità contro le crisi presenti e inevitabili future.

9) Introdurre strumenti politici e strumenti finanziari simili a un “fondo per una transizione giusta” entro la fine del 2020 per sostenere le comunità che dipendono dai beni comuni globali, inclusi agricoltori locali, silvicoltori, conservazione della fauna selvatica e popolazioni indigene, per garantire il proprio sostentamento, migliorare la resilienza a future pandemie e passare all’agricoltura rigenerativa, alla silvicoltura sostenibile e ad altre pratiche di uso sostenibile del suolo.

10) Entro il 2025, richiedere a tutte le grandi aziende, città e governi nazionali quotati in borsa e di proprietà familiare di impegnarsi a raggiungere obiettivi basati sulla scienza per i beni comuni globali (mitigazione e adattamento del clima, nonché protezione e rigenerazione degli ecosistemi), rivelare l’impatto ambientale, tenere conto nei loro bilanci del capitale naturale e del valore della natura.

(Nota 3) Per ulteriori informazioni sull’importanza delle soluzioni basate sulla natura, vedere ad esempio:
https://wedocs.unep.org/bitstream/handle/20.500.11822/29705/190825NBSManifesto.pdf?sequence=1&isAllowed=y;
https://weforum.ent.box.com/s/9fu6u76jbixddc3nw9zr7u0fnhy1as52;
https://www.iucn.org/commissions/commission-ecosystem-management/our-work/nature-based-solutions;
https://nature4climate.org/nature-positive-recovery/.

(Nota 4) https://www.thelancet.com/pdfs/journals/lancet/PIIS0140-6736(15)60901-1.pdf;

(Nota 5) https://www.climatechangenews.com/2019/08/08/un-science-report-shows-time-reboot-relationship-nature/;
https://www.wri.org/blog/2018/09/safeguarding-carbon-stored-indigenous-and-community-lands-essentialmeeting-climate/

10 Azioni urgenti per la trasformazione
a) Creare società giuste ed eque
1) Introdurre indicatori di progresso economico che includano socio-ecologico, salute umana e benessere entro il 2030, riconoscendo che quest’ultimo dipende dalla gestione degli ecosistemi naturali e sostenendo i più vulnerabili del mondo (Nota 6).

2) Rivoluzionare la tassazione per i 21° C. Esternalità ambientali e sociali a costo negativo. Tassare ciò che non vogliamo: disuguaglianza, carbonio, inquinamento terra-acqua-aria, consumo eccessivo di risorse e cibo e bevande malsani. Non tassare o ridurre la tassazione su attività e comportamenti economici positivi: lavoro, basse emissioni di carbonio, ecosistemi sani, soluzioni basate sulla natura, processi circolari e rigenerativi. Affrontare più specificatamente le profonde disuguaglianze sociali nella distribuzione della ricchezza e della prosperità tra il Nord e il Sud, introducendo tasse sulla ricchezza e sistemi fiscali internazionali efficaci per le multinazionali.

3) Entro la fine del 2020, garantire l’accesso ai servizi sanitari, all’istruzione e ai programmi per l’occupazione che promuovono l’apprendimento e l’innovazione trasformativi, la riqualificazione e il ri-addestramento dei lavoratori e dei giovani sfollati per aumentare la resilienza delle generazioni future agli shock economici, sanitari ed ecologici post-CoViD-19. Garantire in particolare che le ragazze e le donne abbiano pari accesso a tutti i servizi sanitari, all’istruzione e ai programmi di occupazione.

4) Co-creare meccanismi legali e di finanziamento che consentano a tutte le comunità indigene di garantire il proprio diritto a terra, cibo, acqua, sistemi di conoscenza indigeni e assistenza legale, nonché servizi essenziali come l’assistenza sanitaria. In qualità di amministratori di queste terre per la mitigazione dei cambiamenti climatici e del degrado dell’ecosistema e per via della loro vulnerabilità alle crisi sanitarie globali e alle crisi ambientali, assicurarsi che anche le popolazioni indigene siano unite alle nazioni “prime” nella stesura di meccanismi politici, legali e finanziari che non solo proteggano ma anche promuovano la voce di tutte le comunità indigene nella sfera pubblica. Tali meccanismi devono includere finanziamenti e assistenza legale per garantire che queste comunità abbiano accesso alla giustizia (Note 7 e 8).

(Nota 6) https://www.thelancet.com/pdfs/journals/lancet/PIIS0140-6736(15)60901-1.pdf

(Nota 7) https://www.climatechangenews.com/2019/08/08/un-science-report-shows-time-reboot-relationship-nature/

(Nota 8) https://www.wri.org/blog/2018/09/safeguarding-carbon-stored-indigenous-and-community-lands-essentialmeeting-climate

b) Trasformare i sistemi energetici
5) Fermare l’espansione, la produzione e l’uso dei combustibili fossili bloccando i sussidi e spostando i ricavi e gli investimenti verso una distribuzione energetica a basse emissioni di carbonio. Ciò include la definizione di date di fine per le infrastrutture basate sui combustibili fossili, la mobilità e la generazione di elettricità in linea con le valutazioni scientifiche della necessità e gli obiettivi di neutralità climatica.

6) Continuare a raddoppiare la capacità eolica e solare ogni quattro anni triplicando gli investimenti annuali e stanziando almeno l’1% del PIL (Nota 9) in ricerca, sviluppo e innovazione nelle energie rinnovabili, nell’efficienza energetica e nelle tecnologie a basse emissioni di carbonio, compreso l’idrogeno verde per i settori ad alte emissioni prima del 2025.

7) Stabilire un prezzo minimo globale per il carbonio ad almeno 30 USD per ogni tonnellata di C02, che internalizzi le esternalità energetiche del carbonio in tutti i prodotti e servizi. Iniziare immediatamente per i paesi sviluppati e non oltre il 2025 per le economie in transizione più avanzate, assieme a un accordo vincolante che compensi adeguatamente quelle economie più dipendenti dall’energia e dalla produzione ad alto contenuto di carbonio.

(Nota 9) Gli autori di questo rapporto non supportano il PIL come misura accurata dello sviluppo economico e propongono di passare a indicatori di progresso del benessere economico che hanno al centro la salute socio-economica e umana, come stabilito nell’azione 1.

c) Passaggio a un’economia circolare e rigenerativa
8) Concordare immediatamente di dimezzare l’ingombro di consumo e produzione nelle economie sviluppate ed emergenti e chiudere i circuiti nelle catene del valore e nei processi di produzione industriali, energetici e agricoli inefficienti entro il 2030 internalizzando le esternalità, migliorando l’uso rigenerativo del suolo, arrestando lo sfruttamento insostenibile delle risorse naturali, comprese le terre rare/minerali, in riconoscimento dell’impatto sociale ed ecologico derivante dall’uso mondiale delle risorse per l’industria 4.0, la produzione alimentare e la trasformazione del sistema energetico.

9) Internalizzare le esternalità nella produzione e nel consumo non sostenibili e ad alto tenore di carbonio attraverso tasse e normative mirate sui consumi, nonché attraverso una contabilità basata sui consumi, entro il 2025.

10) Sviluppare per tutti i paesi roadmap nazionali e transnazionali che adottino indicatori di uso rigenerativo del suolo, benessere, basse emissioni di carbonio ed economie circolari, riducendo drasticamente materiale umano, nonché portando a tasso zero il footprint di carbonio (trasformando tutti i settori ad alta intensità di carbonio in industrie “a natura positiva” entro il 2030.

Il modo e la priorità in cui vengono attuate queste azioni variano da paese a paese, ma l’obiettivo generale della rapida riduzione delle emissioni di carbonio, della rigenerazione della natura e del miglioramento della salute e del benessere umano dovrebbe essere un obiettivo comune nel prossimo decennio.

Diagrammi 1 e 2

La motivazione dell’azione di emergenza
Siamo di fronte a un’emergenza planetaria. La definizione di emergenza è quella di un evento pericoloso che richiede un’azione immediata per ridurre il rischio di risultati potenzialmente catastrofici. Non si tratta solo di clima. Affrontiamo le minacce combinate di clima, perdita della natura e pandemie per la salute umana. Dei nove confini planetari che mantengono la Terra in uno stato relativamente stabile, quattro sono sotto un’enorme pressione da parte dell’umanità e mostrano segni di stress estremo (vedi diagramma 1). L’umanità ha alterato il ciclo del carbonio, il ciclo dell’azoto e il ciclo dell’acqua; ha causato l’acidificazione degli oceani; ha fatto un buco nello strato di ozono e ha scatenato una crisi ecologica.

La scienza è chiara: clima, biodiversità e salute umana sono del tutto integrate e interdipendenti. Dalla rivoluzione industriale in poi, ogni anno gli ecosistemi terrestri e oceanici hanno assorbito quasi la metà di tutte le emissioni provenienti dalla combustione dei fossili (vedi diagramma 2).

Senza la capacità della natura di assorbire e immagazzinare i nostri gas da effetto serra, avremmo già oltrepassato i 2°C di aumento medio di temperatura, con conseguenze potenzialmente disastrose.

La violazione di questo limite, combinata con il collasso dell’ecosistema, potrebbe portare il pianeta a un irreversibile destino catastrofico per l’umanità.

Quando il cambiamento climatico altera i processi naturali chiave, può innescare una reazione a catena che destabilizza i sistemi planetari essenziali. L’aumento della siccità, ad esempio, sta riducendo la capacità delle foreste tropicali di assorbimento di carbonio, rendendole più inclini agli incendi, rilasciando ancora più emissioni di gas serra. Nel 2020, i ricercatori hanno dimostrato che l’Amazzonia sta perdendo la sua capacità di assorbimento di carbonio e potrebbe diventare un importante emettitore di carbonio già nel 2035. La colossale perdita di ghiaccio nell’Artico ha ridotto la capacità riflettente (albedo) delle superfici terrestri di allontanare il calore dal pianeta. Questo è il motivo per cui stiamo assistendo a temperature record a nord del Circolo Polare Artico. Nel giugno 2020, parti della Siberia hanno raggiunto i 38° C (100° F). Maggiore è la temperatura, più il permafrost si scongela, con maggiori emissioni sia di CO2 che di metano, con la conseguenza di ulteriore riscaldamento e dell’innesto di cicli ancora più negativi.

La perdita di biodiversità sta raggiungendo tassi di estinzione di massa. Almeno un milione degli otto milioni di specie identificate rischia di scomparire, molte entro decenni (Nota 10). Le catene alimentari sono già state colpite, gli ecosistemi vitali stanno collassando e il rischio di pandemie è in aumento. La diversità delle specie e l’integrità degli ecosistemi svolgono un ruolo fondamentale nella regolazione del clima, dei cicli dell’acqua, dell’isolamento del carbonio, della produzione alimentare e della protezione della salute umana. La pandemia CoViD-19 ha mostrato ancora più chiaramente la nostra dipendenza dalla sicurezza alimentare, dall’accesso all’acqua e dai servizi sanitari adeguati. Anche se oggi è difficile smuovere un intero mondo di 9 miliardi di abitanti, non abbiamo altra scelta che tornare in uno spazio operativo sicuro entro i nostri confini planetari.

(Nota 10) https://www.ipbes.net/global-assessment-report-biodiversity- eco-services/

Creare società giuste ed eque. Che si evolvono in sicurezza operando nello spazio di una Terra stabile e resiliente, fondato sui principi del benessere della popolazione e del pianeta.

I cambiamenti radicali nell’ambiente minacciano di minare i progressi che abbiamo compiuto in termini di salute e aspettativa di vita. Un maggiore stress da calore associato all’inquinamento atmosferico, ad esempio, riduce la produttività del lavoro e provoca più morti, in particolare nelle regioni a media e bassa latitudine. Gli incendi intenzionali in agricoltura si sono diffusi alle fattorie e alle foreste vicine, danneggiando la capacità di carbonio del suolo e la produttività. Il calo dei raccolti nelle regioni tropicali e subtropicali aumenterà la malnutrizione per molti milioni di persone, arrestando la crescita dei bambini. Inoltre, i cambiamenti nell’uso del suolo, l’inquinamento e l’aumento della temperatura stanno causando più malattie infettive (trasmesse da vettori).

Focolai di zoonosi e altre malattie infettive come Ebola, Sars, influenza aviaria e ora CoViD-19, causati da un nuovo coronavirus, sono in aumento e questa è solo la punta dell’iceberg. Senza armonia tra umanità e natura, le malattie zoonotiche come CoViD-19 continueranno a prosperare. Il superamento di questa soglia di riscaldamento spingerà il pianeta verso risposte irreversibili e catastrofiche della biosfera e maggiori conseguenze per la salute umana (Nota 11).

Le attuali valutazioni economiche dei cambiamenti planetari sono profondamente preoccupanti e i rischi economici e sociali globali di una pressione planetaria accelerata sono inimmaginabili. Tuttavia, sappiamo che i costi dell’azione sono di gran lunga inferiori ai costi dell’inazione. Gli strumenti di cui abbiamo bisogno per rispondere con coraggio all’emergenza planetaria sono prontamente disponibili e trarranno significativi vantaggi sociali ed economici. Il rapporto speciale dell’IPCC su 1,5° C (SR 1.5) ci dice che rimanere a 1,5° C o al di sotto di esso rimane fisicamente, tecnicamente ed economicamente alla nostra portata se agiamo a velocità sufficiente. Tuttavia, il bilancio del carbonio, che ci fornisce due possibilità su tre di raggiungere questo obiettivo, si esaurisce in sette anni e quattro mesi (partendo da agosto 2020) (Nota 12).

Non sappiamo come ricostruire le calotte glaciali e il ghiaccio marino artico, il ciclo idrologico, le foreste pluviali, le barriere coralline e tutti gli altri sistemi di supporto vitale sulla Terra. I punti di ribaltamento inclusi nel diagramma precedente rappresentano una frazione dei danni causati al nostro ambiente naturale. Se aspettiamo che l’emergenza si manifesti pienamente, sarà semplicemente troppo tardi per invertire il crollo dei sistemi umani e naturali e le conseguenti crisi sanitarie che avrà causato. Ora abbiamo l’opportunità di trasformare in base alla progettazione piuttosto che attraverso il disastro, quindi facciamolo. Un futuro stabile, resiliente e prospettico per le persone e il pianeta, il futuro più desiderabile per tutti, rimane alla nostra portata. Tuttavia, la nostra finestra di opportunità è ristretta e il tempo stringe.

Dobbiamo riconoscere che questa oggi è un’emergenza planetaria e assicurarci che da subito siano messi in atto le azioni e gli impegni necessari per uscire dall’emergenza.

Gli impegni da noi proposti e le azioni di sostegno sono della scala necessaria per rispondere all’emergenza che le persone e il pianeta devono affrontare. Il nostro obiettivo è proteggere i beni comuni globali attraverso 10 impegni chiari e garantire che siano rispettati implementando immediatamente una serie di politiche di trasformazione e leve di mercato. Questa è la nostra polizza assicurativa per uscire dall’emergenza e garantire una transizione giusta per tutti e un pianeta sano per le persone sane.

(Nota 11) Future of Human Climate Niche: https://www.pnas.org/content/117/21/11350; Climate tipping points – too risky to bet against: https://www.nature.com/articles/d41586-019-03595-0

(Nota 12) https://www.mcc-berlin.net/fileadmin/data/clock/carbon_clock.htm

A garanzia della dimensione umana: provvedere a una giusta transizione a un’economia del benessere.

Annessi: Autori e Contributori
a) Autori principali
Sandrine Dixson-Declève (Club di Roma); Owen Gaffney (Postdam Institute for Climate Impact Research); Johan Rockstrom (Postdam Institute for Climate Impact Research); Anders Wijkman (Club di Roma).
Autori di supporto
James Lloyd (Nature4Climate); George Biesmans (precedentemente Club di Roma).

b) Contributori e partner
Aleksander Zidansek (Club di Roma); Amy Leur (Future Earth); Andy Haines (London School of Hygiene and Tropical Medicine); Bernadette Fischler (WWF-UK); Bernard Mazijn (Ghent University); Chad Frischmann (Project Drawdown); Chandran Nair (Club di Roma); Christian Berg (Club di Roma); Claude Martin (Club di Roma); Daniel Klingenfeld (Potsdam Institute for Climate Impact Research); David Korten (Club di Roma); Elise Buckle (Climate & Sustainability); Ernst von Weizsacker (Club di Roma); Estelle Herlyn (FOM University of Applied Science); Franz Josef Radermacher (Club di Roma); Gail Whiteman (Lancaster University, Arctic Basecamp a Davos); Gianfranco Bologna (Club di Roma & WWF-ltaly); Herbert Girardet (Club di Roma); Hunter Lovins (Club di Roma); Ian T. Dunlop (Club di Roma); Jinfeng Zhou (Club di Roma); John D. Liu (Ecosystem Restoration Camps, Commonland Foundation); John Fullerton (Club di Roma); John Schellnhuber (Club di Roma); Juliana Gartner (Postdam Institute for Climate Impact Research); Kaddu Sebunya (Club di Roma); Kerryn Higgs (Club di Roma); Kristin Vala Ragnarsdottir (TheCluhof Roma); Laura van der Zande (Club di Roma); Lena Rachel Andersen (Club di Roma); Luc Bas (IUCN); Maja Gopel (Club di Roma); Mamphela Ramphele (Club di Roma); Mariana Bozesan (Club di Roma); Mark McGuffie (Club di Roma); Mark Wright (WWF-UK); Matthis Wackernagel (Club di Roma); Nebojsa Nakicenovic (IIASA); Pam Pearson (International Cryosphere Climate Initiative); Patty Fong (Global Alliance for Future of Food); Peter Johnston (Club di Roma); Petra Kuenkel (Club di Roma); Sabine Gabrysch (Potsdam Institute for Climate Impact Research); Sara Stefanini (Missione 2020); Sharon Johnson (The NewNow, NAMATI); Thomas Bruhn (IASS Potsdam).

Contatti
The Club of Rome (Club di Roma), Lagerhausstrasse 9, CH-8400 Winterthur – Switzerland.
Tel.: +41(0)52 244 0808
contact@clubofrome.org
www.clubofrome.org

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Emergenza planetaria 2.0 ultima modifica: 2021-04-13T04:31:28+02:00 da Totem&Tabù

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10 pensieri su “Emergenza planetaria 2.0”

  1. Questi mega saggi sfiniscono, ormai si trovano, per gli umili mortali, manualetti cartacei o siti web del tipo” cinquanta -20-10 semplici idee per salvare il mondo”.
    Invece , ad esempio, votati in sentimento alla causa ecologica,  si usa l’ascensore per scendere alcune  rampe di scale, chiamandolo dal piano terra, e si entra attrezzati e vestiti da runner macho man o wonder woman… con cuffiette e vari sensori applicati in ogni zona anatomica.
     

  2. INQUINAMENTO DEMOGRAFICO
    Anch’io ho apprezzato I limiti dello sviluppo di Peccei, ma non apprezzo questo Piano perchè elude la crescita demografica che continua oltre ogni limite. Nel calo demografico italiano  rischiamo di dimenticarcene, ma se non si risolve prioritariamente quel problema tutte le belle cose scritte in quel piano sono parole inutili.
    E’ da stupidi credere di poter fermare deforestazione, inquinamento, coltivazioni e allevamenti intensivi se la popolazzione cresce e patisce la fame.
    Non si può chiedere a chi vive nel benessere di ridurre il suo tenore di vita se lui sa chec osì non salva il pianeta perchè comunque condannato a morire per l’eccesso demografico.
     
    Conosco il mantra negazionista e cattocomunista secondo cui in questo mondo affollato come non mai ci sarebbe ancora posto per altri se si riducessero sprechi e ingiustizie. Chi lo ripete si crede di essere un difensore dei popoli poveri che crescono demograficamente, mentre quei popoli, proprio per la loro crescita demografica soffrono e soffriranno ancor più la povertà senza speranza.
    Se aumenta l’inquinamento demografico saranno inevitabili le guerre per impadronirsi di spazi e di risorse; cosa ovvia, ma quelle anime belle non lo capiscono.
    geri

  3. Confesso che non sono riuscito a leggere completamente questo documento inutile. Chi l’ha scritto o sottoscritto è un servo più o meno cosciente del capitalismo come dice Merlo o è un ignorante secondo la definizione di Carlo Cipolla, cosa che forse è peggio e soprattutto più allarmante. Mi fermo qui perché sono stufo di perdere tempo con chi non vuole o è incapace di andare al nocciolo del problema.  Per fortuna ci sta pensando la pandemia causata principalmente dal sovraffollamento a rimettere un po’ l’umanità sui giusti binari. 

  4. Preciso che la cancellazione cui fa riferimento il commento 4 di Merlo è dovuta al fatto che il commento non era “fortemente contestatorio e accusatorio”. Era un insulto puro e semplice, in inglese, una provocazione inutile, da troll.

  5. Alessandro ha cancellato il commento no.1, di Don, precedente al mio. Era fortemente contestatorio e accusatorio nei confronti dei firmatari dell’articolo. E ha cancellato il riferimento a Don presente nel mio comento. Ora è tutto stravolto.
    Da quel commento partivo. E da lì avrebbe potuto partire chiunque sapendo di quelle critiche al Club di Roma.
    Quindi nessun inquinamento.
    Semmai cronaca.
    Una cronaca che riguarda il potere di chi dispone di mezzi, di chi dispone di comunicazione. Per esempio l’establishment capitalista.

  6. Lorenzo, per me ti sbagli. Già ai tempi del rapporto sui limiti dello sviluppo, 1972, avevo 29 anni, di queste cose mi interessavo. Lo lessi con grande interesse. Le previsioni sono state superate da nuove miniere e nuove tecniche di estrazione e lavorazione dei minerali, sulle cui riserve disponibili il rapporto si concentrava. Trovo assurda e dietrologista l’idea che il rapporto fosse un trucco dell’establishment capitalista, che creava artificialmente un problema in realtà inesistente, per mostrare che le preoccupazioni erano ingiustificate e poi poter meglio proseguire a devastare la terra. In questo modo si può “sporcare” anche la più pulita delle ricerche. Il risultato peggiora l’ambiente, nel senso di quello delle idee, che conta quanto l’altro “ambiente”.

  7. Non ho letto l’articolo.
    Secondo alcuni, fin dai tempi de I limiti dello sviluppo, 1972, il Club di Roma non era un’avanguardia anticapitalista o non era al fianco degli anticapitalisti. Era invece un’emanazione del capitalismo, il cui scopo non era allarmare ma fare del problema ambientale un argomento sotto il loro controllo.
    Le previsioni fatte a quell’epoca si sono dimostrate fallaci. Secondo la prospettiva sostenuta dai critici del Club di Roma, la cosa non va che a vantaggio del proseguo del processo di consumo predatorio.
    Se poi si considera come il capitalismo abbia inglobato a sé Greta Thunberg, quella critica prende ulteriore corpo.
    Non so se il Club di Roma dell’articolo, con sede in Svizzera, abbia continuità con quello romano o abbia preso a sé solo il nome. Nel caso sarebbe un ulteriore indizio che quella critica non era troppo fanatica. La presenza del WWF per quanto ne so non ne sposta il problema.

  8. “e impegnando il capitale necessario per assicurare l’umanità contro le crisi presenti e inevitabili future…”
    Intanto si disputa per rinnovo o disdetta di  elicotteri, aerei , navi, armi..mentre laboratori e fabbriche di vaccini non soddisfano la domanda globale.
    Si sorvola o si fa la voce debole  per i trattamenti inumani nelle carceri, per poter sbolognare navi e armi.Nostri carriarmati obsoleti costati  centinaia di miliardi, terminat alal guerra  fredda o sostituiti da nuovi modelli piu’letali, ora arrugginiscono, o aspettano offerte per  essere venduti come  ferrovecchio  ma  restaurabili e resi  efficienti a paesi in guerriglia interna perenne.
    Non vogliono piu’ i nostri elicotteri?Meglio, chissa’ come li avrebbero usati, forse anche li avrebbero ritorti contro il paese venditore.
    Grazie alla magica “globalizzazione”ora in  europa e Usa mancano componenti elettronici non prodotti dove servono ma importati..e..improvvisamente centellinati ad arte.
    Andiamo in Libia a chiedere trattamenti amichevoli, altri hanno gia’ firmato 5 trattati.

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