Enzo Lecis

Enzo Lecis

Un personaggio anomalo che ha fatto la storia dell’arrampicata sarda è il cagliaritano Enzo Lecis, classe 1956, per alcuni un mito, per altri un arrampicatore fantasioso e non catalogabile, per altri ancora un pagliaccio.

Cosa qualcuno non perdona a chi arrampica dal 1985 e ha aperto migliaia e migliaia di metri di vie? Io credo che non gli si perdoni l’impudenza di aprire vie troppo vicino ad altre tracciate in precedenza con ben altri sistemi (vedi la via Wolfgang Güllich, aperta dall’alto su Punta Giràdili senza rispetto per la via del Carasau), di avere scavato appigli anche su vie lunghe oppure di avere adottato l’etica variabile di progredire dal basso fino a un certo punto e poi finire l’itinerario rocambolescamente calandosi dall’alto, come a esempio fece su Fedeli alla Linea di Punta Plummare (peraltro, un capolavoro), sulla Sguercia a Monte Uddè o ancora su L’angelo assassino a Donneneittu. Su questa parete, Simone Sarti, Maurizio Oviglia e Mariano Zurru vanno nell’ottobre 1999 e aprono un nuovo itinerario sulla sinistra di 8 tiri, HLF. È una via da non sottovalutare e intraprendere solo se ben padroni dell’obbligatorio sul 6c+/7a. Le lunghezze sono tutte spettacolari, ma sul tiro chiave la natura si è superata: si deve fare un traverso di 30 metri, strapiombante ma munito di una linea di appigli insperati.

Enzo Lecis

Riguardo a Fedeli alla linea Enzo Lecis fu il primo a voler salire quello spigolo perché voleva fare la via più lunga della Sardegna su una scogliera. Wolfgang Güllich e le sue vie sulla scogliera di Biddiriscottai erano state un successo e ci voleva riprovare. Ma la sua disorganizzazione congenita era un ostacolo per i progetti più grandi di lui. Aveva perciò uno stuolo di persone, generalmente giovanissimi, che portava in giro e che utilizzava come delle specie di schiavetti. Uno di questi era il giovane Simone Sarti, arrampicatore talentuoso, che allora era anche abbastanza temerario. Insomma, per quella avventura arruolò Simone e, raggiunta in gommone la base del pilastro, lo mandò da primo dicendogli: “metti meno spit possibile, andiamo su, poi integreremo in seguito aggiungendone altri”. Dopo due o tre giorni incrociarono il tracciato di Selvaggio Blu e proseguirono oltre sino alla base del salto terminale. Lasciarono delle fisse ma poi il progetto rimase lì per uno o due anni. Simone non ne aveva più voglia, mentre Enzo voleva finire la via ma non trovava compagni.

Un giorno a Cala Gonone Enzo incrocia Oviglia per strada e gli chiede se per favore lo aiuta a sistemare la prima parte della via. Dice che deve ripulire un po’, aggiungere solo qualche spit. Maurizio lo segue volentieri in gommone, ma è già quasi pomeriggio. Poi mancava il carburante. “Ce le avresti 10.000 lire per il carburante?”. Oviglia sborsa le 10.000. Arrivati al porto Maurizio si accorge che Enzo non ha il suo solito gommone ma una semplice barca in legno su cui ha fissato un motore da 25 cavalli. Partono ugualmente e, all’altezza di Cala Sisine, il motore si ferma, anzi sembra veramente staccarsi dai morsetti. Enzo allora, senza farsi problemi, comincia a gridare a uno yacht ancorato lì se per caso hanno una chiave inglese. Questi guardano esterrefatti due tipi con gli zaini in una barca di legno, senza remi e senza alcuna dotazione di salvataggio. E rispondono di getto: “No, non ce l’abbiamo!”. Al che Enzo grida: “Come, su quella barca non avete neanche una chiave inglese?”. Dietro a quell’insistenza finalmente la chiave inglese arriva. Enzo aggiusta il motore e possono ripartire. Arrivati all’approdo non può lasciare la barca ancorata agli scogli, dato che c’è un po’ di mare così fa saltare Maurizio con gli zaini. Lui la ancora a 20 m, si spoglia nudo e si getta in acqua, trasportando uno zainetto con i suoi vestiti con una mano fuori dall’acqua. Partono, Oviglia da primo, Lecis da secondo che aggiunge gli spit con il trapano. Maurizio si accorge subito che gli spit messi da Sarti sono distanti 15 m… le difficoltà sono sul 6a/6a+, la roccia non è perfetta… non si deve cadere! Maurizio protesta ed Enzo si giustifica dicendo: “Certo, ti ho chiesto se venivi con me per questo, altrimenti io mica ci risalivo di qua!” e ride! Tra ogni spit Enzo ne aggiunge due o tre e così arrivano al Selvaggio Blu. Ma è troppo tardi, Oviglia insiste per scendere. Raggiunta la barca, si ripete la stessa scena dell’andata sino a che sono tutti e due sulla bagnarola. Enzo prova a recuperare l’ancora ma non viene, si è incastrata negli scogli del fondale. Bestemmie e orribili parolacce in sardo, lo stesso Lecis dirà, con una frase poi celeberrima, “Bestemmiavo talmente che i gabbiani si facevano il segno della croce!”. Si butta, si immerge, ma è troppo fondo anche per lui che è un buon apneista. Fino a che (nella baia riecheggia ancora un ultimo porca troia) prende il coltello e taglia la corda dell’ancora: “Questa verrò poi a recuperarla domani!”. Insomma durante il ritorno si alza lo scirocco, l’incubo sembra non avere fine. Tutti bagnati, alle 23, arrivano in porto. Enzo a questo punto dice “Che culo, se fosse stato maestrale non ci avrebbero mai più trovati!, mentre Maurizio giura di farla finita con lui, sicuro di un bel cazziatone da parte della moglie Cecilia.

Invece no: Sarti convince Oviglia a dare una mano a Enzo, altrimenti la via non si finirà mai. L’unico modo è, dice, andare dall’alto. Ma come fare a trovare il punto esatto? Maurizio si lascia abbindolare, ma alla condizione di non comparire tra gli apritori, perché lui non vuole più aprire vie dall’alto. Il mattino dopo partono alle 11 da Cala Gonone, via verso Baunei, Golgo, Ololbizzi. Da lì a Serra Ovara, poi proseguono a naso. Ogni tanto si affacciano all’orlo, fino a che Oviglia trova la fine del pilastro. Sono le 16, Maurizio è calato per circa 100 metri con due corde legate assieme. Risale arrampicando e segnando con la magnesite i punti in cui dovranno essere messi gli spit. Non fa a tempo a sbucare sull’orlo che i compagni gli passano il trapano: “Chioda tu, che sei più veloce…”. Così lo sventurato fa lo sporco lavoro, poi quasi al buio ritornano all’auto. A quel punto Enzo completa la relazione della via e assicura che è tutta ben chiodata. Così Maurizio la pubblica su Pietra di Luna 2002. In realtà è omesso che la parte centrale fosse rimasta come l’aveva chiodata Simone… e si trattava del tratto chiave della via! Nessuno lo scopre fino a che Oviglia non ci torna con l’amica francese Sylvie, che vuole fare proprio quella via. L’amico Gaetano Mura li deposita alla base del pilastro e prosegue per Goloritzé, tornerà a riprenderli la sera. Salgono le prime lunghezze, ma poi arrivano alla parte centrale, quella oltre Selvaggio Blu, la più impegnativa. I chiodi sono a 7/10 m, la roccia dubbia, le difficoltà sono sul 6c/6c+. La faccenda si fa veramente tosta ma Maurizio riesce a passare, non senza patema. Proseguono sino alla base del pilastro terminale, ma a due tiri dalla fine è troppo tardi e devono scendere perché ripassa Gaetano a prenderli… A oggi, pare che l’unica salita completa di Fedeli alla Linea sia quella di Lorenzo Nadali, Antonio Tabanelli, Lucia Ceron e Alessandro Currò nel 2002.

Tutti a parole difendono la libertà personale di azione, ma quando scorgono qualcuno irridere in modo così irriverente ai tabù e alle convenzioni, beh allora scatta la squalifica. Personalmente invece trovo questo modo di agire goliardico, soprattutto libero, libero di seguire la propria inclinazione e il proprio estro senza essere costretti da regole precostituite. Certo, a volte il ragazzo ha esagerato e meritato una tiratina d’orecchie, si è dimostrato del tutto irrispettoso di chi lo ha preceduto… però è necessario ci siano anche gli scanzonati, altrimenti ci annoieremmo. Abbiamo avuto bisogno del suo “Agribordello” di Dorgali, dove “Enzino” era ben affiancato da degni compari. Arrivavano i clienti e si trovavano al cospetto di parecchi arrampicatori stravaccati, nel disordine e nella sporcizia di chi ha scalato, ma anche bevuto e/o fumato. I poveretti chiedevano se c’era posto e Lecis, il cui look era a dir poco “originale”, era più preoccupato di dover allontanare gli amici che di dare ospitalità ai paganti. Perché, come lui stesso dice: «Come tutte le forme d’arte, la scalata ha una superficie e un contenuto, ognuno vede un riflesso della propria interiorità… penso che ci sia abbastanza spazio per una ricerca personale fuori da schemi troppo precostituiti”.

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Enzo Lecis ultima modifica: 2023-05-21T05:59:00+02:00 da GognaBlog

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30 pensieri su “Enzo Lecis”

  1. Come tentativo di „ritratto“ questo articolo su Enzo Lecis é sleale, arrogante, cattivo e malvagio. E il testo ricadde sul autore stesso: „Puoi parlare su quello che vuoi – parli sempre di te stesso“ (Goethe). Non ho fatto la conoscenza personale di Enzo, ma da 25 anni vengo in Sardegna per l‘arrampicata e Enzo Lecis é sempre stato un mito dell‘ arrampicata sarda per me. Ieri ho avuto il grande piacere di fare la sua „oceano mare“, grazie, Enzo per questa via.  Cosa rimane, particolarmente diventando anziano? Amicizia, passione, umore, bei ricordi… tutte le belle cose, Enzo, e buona guarizione.

  2. Articolo (se così si può chiamare) veramente di bassa lega. 
    Gogna, non mi sei mai stato simpatico, sei venuto in Sardegna quando non c’era nulla, hai fatto quello che volevi e ora ti Arrighi il diritto di stabilire cosa sia lecito/etico e cosa no… Sicuramente Enzo si è fatto voler bene molto più di te.

  3. Gogna…sei tu quello che ha fatto o per lo meno ha contribuito a fare chiudere quel fiore all’occhiello che avevamo ..la ferrata del Cabirol..???
    Per Vincenzo posso solo dirti che senza conoscermi, una sera a Rocca Doria mi ha fatto fare la mia prima arrampicata..parlo di 20 anni fa, e da allora acnhe se non costantemente pratico questa bella e unica attivita..In parte mi ha cambiato la vita..
    Per il Cabirol, sappi che …non è mai chiusa!!

  4. Dopo questi commenti, caro Gogna, dovresti farti un fosso !   E devi smetterla di rompere i coglioni in Sardegna, dove hai fatto già abbastanza danno, è preferibile che stai alla larga dalla nostra isola !   
    Massimo

  5. Credo che ci sia un fraintendimento: non credo che Alessandro intendesse come spregiativo il termine “schiavetti”…almeno quanto non è certo piaggeria chiamarlo “il Capo” (semmai sfottò…)

  6. Enzo era un visionario, con un gran cuore e amore per la vita in tutte le sue forme! Con lui ti veniva male alla mascella dal ridere. Ha aperto vie bellissime che son diventate classiche come la Gullich, che nomini, aperta da solo, senza compagni, senza “schiavi”.Perché parli di “schiavetti” usati per aprire? Se allora mi avessero dato un trapano in mano, davanti a una parete vergine, sarei stata la persona più felice del mondo. Peccato piuttosto che Fedeli alla linea sia in parte crollata. A Orronnoro venne lui a trovarmi con il gommone, per aiutarmi ad aprire “C’est Chic” che avevo iniziato in solitaria e mi assicurò tutto il giorno, mentre a fianco Lorenzo Nadali e Tato Gogna aprivano “Frick” e poi se ne ritornò a casa via mare, mentre noi bivaccavamo sotto la parete.E l’Agribordello era la sua creatura. Un socio di Enzo era Tossina, sempre intento a fumare. Quale scalatore del continente non avrebbe voluto un posto da usare come casa sua in Sardegna! L’Agribordello lo era, Enzo ha dato ospitalità a tanti giovani squattrinati scalatori. Certo se volevi tranquillità la notte dormivi in tenda o in furgone. Ma impagabili erano gli incontri con le persone in quella specie di centro sociale. E poi c’erano le cene, sulla lunghissima tavola in legno, a base di porceddu, pecora e Canonau. Quegli anni son tra i miei ricordi più belli. Quando partivi pagavi un forfait a Enzo, con lo sconto e gli lasciavi due birre. Poi l’Agribordello fallì, e forse si, questo era un progetto più grande di lui, che di statura non era alto, ma aveva una grande passione: vivere! Un altro suo pregio era sapere sempre dire quello che pensava, senza filtri. Perché ho parlato al passato?! Perché non c’è più l’Agribordello, l’Enzino di allora e neanche la Gonone di 20 anni fa. Enzo ti abbraccio e ti auguro il meglio!
    P.S. Per quanto riguarda lo stile di apertura, calandosi dall’alto, sugli ultimi tiri, che male c’è, a quale etica vuoi rifarti? O Maurizio vuole rifarsi? Lo ha fatto Enzino, lo ha fatto Lorenzo, anche io nel mio piccolo, ma lo facevano anche in Verdon, nel tempio dove inizialmente si apriva solo dal basso!

  7. Conosco Enzo dall’87, potrei raccontare decine di storie rocambolesche vissute con lui in prima persona, cose vere però, non travisate o totalmente false   come alcune di quelle scritte in questo blando e rancoroso articolo. Non si capisce tra l’altro il senso dello scrivere sul personaggio “Enzino” in questo momento storico e nel contempo  volerlo screditare come è stato fatto. Enzo come tutti ha i suoi difetti ed ha commesso degli errori, ma nessuno di essi può offuscare il suo altruismo e la sua generosità. Solo persone che non lo conoscono, o lo conoscono superficialmente, potevano scrivere un pezzo così sciatto ed ingiusto. Potei raccontarvi quando il venerdì sera arrivava da Cagliari a casa mia, a Orani, per andare a scalare con la sua auto, senza mai chiedere un soldo di benzina, o quando  pagava la mia quota per dormire nella climbinghouse di Gonone, oppure ancora quando si mise davanti al bus dell’ARST in  partenza, per consegnarmi un panino e una bibita che comprò al volo nel bar vicino, per non farmi fare il viaggio a stomaco vuoto dopo una giornata memorabile passata tra le rocce del Supramonte. Avevo 16/17 anni, nonostante la sua lucida follia e la sua disorganizzazione congenita, è sempre stato attento come un fratello maggiore a che non mi rompessi il collo, in un tempo in cui le cose dell’arrampicata, da noi, le dovevi imparare da solo, dove “sperimentare” spesso voleva dire farti male! Comunque tutte le più grandi avventure che abbiamo vissuto, sono il frutto diretto della sua “disorganizzazione” come la chiamano alcuni, o meglio della  “improvvisazione artistica” come la chiamo io. Non parlo di quanto è stato scritto sulla sua etica di apertura, anche se avrei tanto da dire!

  8. Leggere questo articolo
    Significante: Enzo
    Significato: Oviglia
    È una mia interpretazione, non me ne voglia Gogna ma articolo da rivedere.
    Saluti.
    Foffo
     

  9. … di Vincenzo Leccis,si può, giustamente pure, pensare quello che si vuole….. di sicuro,lui non se ne lamenterebbe….. casomai,senza volere perdere il suo tempo a giudicare nessuno,quello su cui non glisserebbe, sarebbe che si scrivesse di lui utilizzando una penna cosi poco capace, per niente ispirata, totalmente priva di brio, carica di biliarismi inopportuni e che, per giunta, la si utilizzasse per nascondercisi dietro mentre “ci si dimentica” vigliaccamente di firmare…… oja,che ridere quando ci penso…… come che lo stia sentendo:”… ceeeeeeeeeeeeee…  là che sei ignorante,chi te lo ha dato il “porto di penna” a te ???… Sergio Atzeni, uno capace, scedau, si starà rivoltando nella tomba a leggere lo spreco sciattoso che hai fatto di tutti gli spunti narrativi, i porcoddio e gli aneddoti che ho accumulato per i miei biografi in tutti questi anni…… mica mia a te !!! “… con lo stesso sdegno, per lo stesso motivo,chiudendo le virgolette,mi preme fare i complimenti alla redazione di questo blog per i per-niente-stringenti criteri selettivi sulla qualità delle cose che ivi si pubblicano…… mi firmo: Ciriaco Antonio Corrias,schiavetto no,ma discepolo e amico si…

  10. Caro Signor Gogna.
    Non funziona così 
    Non è che lanci la pietra e poi nascondi la mano dicendo che è colpa di chi anonimamente ti ha riferito degli episodi guarnendoli di aggettivi personali e discutibili.
    Stai scrivendo di una persona di settant’anni che come te ha dedicato alla scalata una vita ed ora non è più nel pieno della salute.
    Quindi chiunque può raccontarti delle storie fiorite e tu ingenuamente pubblichi lavandotene le mani?
    Sai quante storie potrei raccontarti….
    SALUTI.
    Schiavetto
     
     

  11. #18 Martina. Cara Martina, condivido pressoché tutto quello che dici al riguardo di Enzo. E sì, è vero, non ho mai avuto il piacere di conoscerlo. Però ti consiglio di leggere più attentamente l’articolo. Io ho solo riferito che qualcuno lo considera un pagliaccio, mentre è evidente che il mio pensiero al suo riguardo è ben altro. La parola “schiavista” poi io non la uso (e neppure una similare), mentre viene usata, e per scherzo, in qualche commento (di cui io non sono responsabile). Cordiali saluti

  12. Ho conosciuto il mitico Enzo a Ceredo almeno 30 anni fa e ci scambiammo il numero di telefono, già che di lì a poco sarei partita per la prima volta a scalare in Sardegna. Arrivata a Cagliari con i miei amici ci fermammo un pomeriggio al mare per riposarci dalle bellissime scalate a Cala Gonone per poi proseguire verso Masua. Quando tornammo alla macchina ci accorgemmo che eravamo stati derubati sia di attrezzatura che di portafogli … Tirai fuori il bigliettino con il numero di telefono di Enzo (probabilmente quello del suo negozio di arrampicata, il primo a Cagliari ) e in men che non si dica si offrì subito di aiutarci. Ci accompagnó in questura a far denuncia e ci ospitò a casa sua a Cagliari per la prima notte (eravamo in 4). Per le seguenti due settimane di vacanza ci offrì la sua casa al mare senza volere una lira , portandoci ogni sera del pesce pescato da lui. Arrampicammo insieme qualche giorno e non posso dimenticare il suo spirito libero e l entusiasmo pazzesco che sprigiona il suo essere . Ogni volta che torno in Sardegna lo contatto e quasi sempre ci rincontriamo, è sempre un piacere passare una serata con lui e le sue storie pazzesche. Spero con tutto il cuore che si riprenda presto dall último incidente.
    Non conosco personalmente A. Gogna ma dal suo scritto penso che non abbia avuto il piacere di conoscere Enzo. Chi lo conosce veramente non direbbe mai che è un pagliaccio né tantomeno uno schiavista, neanche scherzando.

  13. Non conosco di persona Enzo e me ne dispiace,molto!
    Da quello che traspare dall articolo e i vari  commenti una verA personA maiuscolA…
    Amore,Armonia,Arrampicata,Arte,Astuzia,Amicizia, e da ultimo da buon Vero Sardo …Anarchia.
    Abbracci…
     

  14. Ti chiami Schiavetto Fladi?
     
    Ora per favore spiegaci in modo chiaro, con parole precise, senza sottintesi: a che cosa ti riferivi? che cosa è successo? quali sono le storie che non sono state capite?

  15. Chi è questo “schiavetto”, che non ha neppure l’educazione o il coraggio di firmarsi, ma sale in cattedra col ditino alzato a sproloquiare senza spiegare?

  16. Gentilee Autore
    Attendiamo tutti e tanti la pubblicazione del mio precedente articolo senza censura su Enzo Lecis.
    Saluti.
    Uno schiavetto.

  17. Caro autore e vari autorevoli testimoni degli eventi nrll’articolo.
    Come al solito vi ergete ad autorevoli accademici possessori di ironici racconti.
    ENZO è stato maestro di vita di centinaia di ragazze e ragazzi a prescindere dalla scalata, parlo di uno stile di vita, apprezzato da gente di tutto il mondo.
    Io sono uno di tanti che grazie ad Enzo ho lasciato una strada pericolosa.
    E ho fatto della scalata una professione per decine di anni.
    Rispetto!…come al solito decantate di storie di cui non capite niente.
    Forse perché vi siete riciclati ad onorevoli scrittori?
    I vostri colpi coda servono solo a galleggiare ma spruzzzano solo fango.
    Saluti. Uno schiavetto.

  18. Cuore immenso, anima nobile, mai schiavo dell’arrampicata stessa! Super Enzino quante cose ci hai insegnato a fare e NON 😂

  19. Mi permetto di segnalare almeno un errore riguardo le aperture dall’alto. Sulla sua “Angelo assassino” non è vero che l’ha completata dall’alto, salendo dal basso, giunto quasi in cima incontrò un tentativo di Nadali che voleva aprire lui sí una via dall’alto. Incontrati gli spit, amareggiato non è nemmeno salito in cima lasciando la via com’era, cioè con gli ultimi 40 m della via di Nadali. Lo so per certo dato che ero ospite di Enzo e dato che ho percorso interamente la via, presumo pochissimo ripetuta.
    Per il resto Enzo è Enzo e i monumenti son fatti per rimanere anche se possono non piacere a tutti. 

  20. Un grande amico, dal cuore d’oro🙏🙏. Stravagante e fuori dai generis si è sempre fatto amare e voler bene da tutti. Amante dei posti belli, spesso ha visitato le Alpi Apuane ed il Camaiorese, rimanendo affascinato  dalle falesie, vie lunghe e percorsi alpinistici chiodati dai forti locali.
    Un abbraccio piccolo/ grande uomo🎉🎶🎼⛰️

  21. In effetti, al di là dell’essere sopra le righe sempre, Enzino è sempre stato un cuore d’oro e con lui mi sono sempre (le rare volte che l’ho frequentato) divertito molto. Spero vivamente che si riprenda perché, come scritto nell’articolo,  certi personaggi divertenti ci vogliono e arricchiscono il mondo con le loro stravaganze.
    Ho un ricordo esilarante quando nel 2000 con Lorenzo Nadali eravamo nel solito maltempo patagonico e ci raccontavano le disavventure di Lecis… da sbellicarsi dalle risate. 
    Io che non ho mai amato la precisione ho sempre ammirato quelli come lui. Originali, a cui poco o nulla importa dell’opinione altrui. Coerenti nella loro follia!

  22. ho conosciuto Enzo ai tempi del rifugio, bellissimi ricordi, ritrovato tra le solite falesie dopo 20 anni, sempre lo stesso personaggio, ora gli auguri ogni bene!

  23. Ho avuto l’onore di incontrare Enzo quando avevo appena compiuto 16 anni e mi ha introdotto nel mondo dell’ arrampicata. Per anni sono stato uno dei suoi ragazzini “schiavetti” nominati nell’articolo. Se fare lo schiavetto significa andare in una nuova avventura ogni giorno e avere un mentor che mi ha insegnato e fatto vedere mille cose, allora sono felice di essere stato schiavizzato!! Enzo è un maverick e il mondo ha bisogno di “pazzi” come Enzo! Faccio tesoro degli anni passati a seguire Enzo in giro sopratutto le estati a Cala Gonone. Ah e non ricordo di aver mai speso una lira per mangiare o dormire, perché Enzo si prendeva cura dei suoi schiavetti! 😊

  24. Un personaggio molto molto particolare. Anche la mia esperienza con lui è inscritta nei miei ricordi, e sono contento di averlo incontrato. Mi spiace si sia fatto male e gli auguro di guarire. Sul suo modo di arrampicare e sulla sua “etica” dice bene chi ha scritto l’articolo, anche se alcune linee sarebbe stato meglio che non le avesse realizzate in quel modo

  25. Purtroppo ci sono capitato anch’io da solo “nell’Agribordello” di Dorgali, Lecis non c’era ma i suoi degni compari si.. esperienze da non ripetere…

  26. A margine del ritratto, per dovere di cronaca, devo dirvi che Enzo un anno fa è stato vittima di un terribile incidente. E’ stato investito da un taxi mentre andava in bicicletta. Si è salvato ancora una volta (già varie volte era scampato per miracolo) ma è stato in coma due mesi e diversi altri in centri riabilitativi. Purtroppo gli sono rimasti postumi seri a livello cerebrale che speriamo tutti che un giorno scompariranno. Nonostante questo interagisce, legge, non ha perso la memoria e si ricorda quasi tutto, arrampica pure su vie facili da secondo. Gli amici, tra cui Simone, gli sono stati vicini e lo portano spesso a scalare. Un grosso grazie va alla sorella Patrizia che si è presa cura di lui in tutti questi mesi. Tutti quanti, in fondo, anche se spesso gliene abbiamo dette di tutti i colori, gli vogliamo bene

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