A Cortina, avevo fatto quest’intervista a Eugenio Monti. Fu poi pubblicata nel sito olimpico di Torino 2006, oggi scomparso dal web. Con tutte le giuste polemiche che si fanno per la nuova pista di bob che conserverà il suo nome, forse un cenno per ricordare un monumento italiano della storia del bob come sport non guasterebbe (Giorgio Daidola).
Eugenio Monti, il “Rosso volante”
di Giorgio Daidola
Al Musée Olympique di Losanna Eugenio Monti (Dobbiaco, 23 gennaio 1928 – Belluno, 1º dicembre 2003) è giustamente ricordato come uno dei più grandi campioni di sport invernali di tutti i tempi, con Alberto Tomba e Gustavo Thoeni. Nato nel 1928 a Dobbiaco da genitori albergatori, a vent’anni era la grande promessa del discesismo italiano, per il suo coraggio e la sua bravura. Per il colore dei suoi capelli e la sua grinta venne denominato da Gianni Brera il “Rosso Volante”. Riuscì a battere anche Zeno Colò ma i grandi successi non dovevano arrivargli dallo sci: nel 1951 un grave incidente (strappo dei legamenti di entrambe le ginocchia) gli bloccò ogni aspirazione competitiva. Si dedicò quindi al bob come pilota, dimostrando subito eccezionale talento e conquistando nel tempo ben nove titoli mondiali, due medaglie d’argento alle Olimpiadi di Cortina del 1956, due medaglie di bronzo alle Olimpiadi di Innsbruck del 1964, e infine due medaglie d’oro alle Olimpiadi di Grenoble del 1968, a quarant’anni compiuti. Nessuno ha vinto tanto e per questo Eugenio Monti è entrato a pieno titolo nella leggenda del bob.
La sua è stata una carriera esemplare, una storia umana e agonistica che meriterebbe la pubblicazione di una biografia, un esempio di sportività senza precedenti per tutti i giovani campioni. Basti ricordare l’episodio del bullone dell’asse anteriore che Monti smontò dal suo bob per metterlo su quello dell’inglese Toni Nash, che così vinse la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Innsbruck del 1964. Senza quel bullone Nash avrebbe dovuto ritirarsi e Monti avrebbe vinto la medaglia d’argento anziché quella di bronzo ma secondo Monti “era giusto così, perché Nash era il migliore”. Per questo gesto l’Unesco attribuì a Eugenio Monti il prestigioso premio del fair play, destinato allo sportivo che dimostra particolare altruismo.
Ho incontrato Eugenio Monti nella sua bella casa in località Chiave di Cortina nel luglio 2003, per un’intervista per il sito web delle Olimpiadi di Torino 2006. Era ammalato di Parkinson e troppo solo, abbandonato dalla moglie americana e dalla figlia, suo figlio era morto giovanissimo di overdose. Era però ancora fortissimo fisicamente, lucido e sensibile, gli occhi azzurri buoni ma sprizzanti del furore combattivo di sempre. Si è trattato dell’ultima intervista al grande campione, scomparsa anche dal web. Eccola.
Parlando di piste, c’è stata un’evoluzione in quelle di bob simile a quella delle piste di sci?
Le piste di bob, come quelle di sci, sono oggi molto più sicure e veloci di quelle di un tempo, il pilota conta sempre meno, ciò che conta di più è la spinta iniziale. Un minimo errore si paga con il tempo, è praticamente impossibile uscire di pista, come poteva succedere nella curva Cristallo qui a Cortina. Le nuove piste sono tutte artificiali, studiate al computer, l’unica pista naturale che è rimasta è quella di St Moritz. Di principio non sono contrario alla costruzione di nuove piste di bob, con tutte le strade spesso inutili che si costruiscono in montagna non capisco perché accanirsi contro le piste di bob e di slittino. E penso anche che sia un errore non tenere in funzione belle piste esistenti, come quella di Cervinia (sempre dismessa, NdR).
Nello sci abbiamo assistito a grandi cambiamenti nell’attrezzo, nella tecnica, nei campioni. Per il bob vi è stata un’evoluzione analoga?
I bob non sono cambiati un gran che, sono i giovani campioni di oggi a essere più forti, grazie a una preparazione fisica decisamente migliore della nostra. Ad esempio a Innsbruck sono andato male (medaglia di bronzo, NdR!) perché anziché allenarmi avevo lavorato fino all’ultimo alla costruzione dello skilift Olimpia qui a Cortina. Huber e Tartaglia, medaglia d’oro italiana nel bob a due a Nagano nel 1998, sono campioni completi. Penso che nel caso di Huber la sensibilità che dimostra nello scivolamento sia dovuta anche alla sua provenienza dallo slittino.
E’ possibile vedere e fotografare uno dei tuoi bolidi rossi costruiti artigianalmente dal tuo frenatore Siorpaes qui a Cortina?
Ti sembrerà strano ma non ho mai posseduto un bob!
A proposito di stranezze, vorrei chiederti di quella squalifica ai mondiali di Garmish del 1958…
Nella notte nevicava parecchio e io ero perseguitato dal solito numero 1 per il giorno successivo. Ho sempre amato le piste ghiacciate e veloci, non volevo scendere per primo su di una pista resa lenta dalla neve. Così convinsi i miei compagni ad andare in piena notte a pulirla, armati di scope. Un gesto che ci costò la squalifica.
Puoi confessare altri piccoli segreti delle tue vittorie e delle tue sconfitte?
A Grenoble Siorpaes e io ci presentammo al via con le maniglie telescopiche per la spinta iniziale, poi universalmente adottate. Anche le scarpette con la suola in cuoio con punte in acciaio che permettevano una ottima aderenza nelle partenze ci aiutarono parecchio. Alle Olimpiadi di Cortina del 1956 conquistammo invece “solo” il bronzo… se avessimo avuto la carenatura studiata per il bob medaglia d’oro di Dalla Costa e Conti, forse sarebbe finita diversamente…
Qualche rimpianto?
Come direttore agonistico della nazionale italiana fino alle Olimpiadi di Sapporo avrei dovuto essere più duro, più deciso, avrei dovuto insomma comandare di più.
Saliresti ancora su un bob per una discesa, magari per fare l’apripista alle prossime Olimpiadi di Torino?
Certo sarebbe bellissimo, però non sono mai più salito su di un bob, l’ultima volta è stato a Sapporo. E con il bob non si può andare piano!
Un velo di tristezza appannò gli occhi chiari del grande campione. Poi Monti si fece serio e mi guardò nel profondo degli occhi, era una proposta che proprio non si aspettava ma di cui avvertiva i profondi significati. A me era venuto spontaneo chiederglielo, perché incarnava la leggenda del bob e aveva ancora tutte le carte in regola per fare da apripista nel 2006. A cinquanta anni esatti dalla discesa delle Olimpiadi di Cortina lo stesso grande campione italiano avrebbe potuto inaugurare la nuova pista olimpica. Mi sembrava un’occasione da non perdere. La sua discesa e la sua presenza avrebbero dato senz’altro lustro e spessore storico ai Giochi torinesi. E probabilmente avrebbero aiutato lui a vivere.
Ci sentimmo spesso al telefono nei mesi successivi, quando venne pubblicata l’intervista. Eravamo diventati amici e io non potevo desiderare di più.
Lessi sul giornale la terribile notizia: il Rosso Volante si era suicidato con un colpo di pistola.
Nel 2004 gli venne dedicata la pista olimpica di bob di Cortina e nel 2006 una curva della pista delle Olimpiadi di Torino venne intitolata a lui.
Per maggiori dettagli su Eugenio Monti: https://it.wikipedia.org/wiki/Eugenio_Monti
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L ho conosciuto a Cortina nel 1998 sulla pista che poi avrebbe preso il suo nome quando ero atleta col Bob Club Cortina e Nazionale. Persona umile e gentile abbiamo parlato del passato e del futuro. Lui con molta discrezione ha ripassato i vecchi tempi e fatto considerazioni sul presente e futuro. Mi è molto dispiaciuto per il triste destino che lo ha avvolto. Mi ritengo però onorato di aver conosciuto un uomo e amico vero e disponibile.
Bell’articolo su un personaggio, che (a parte le disavventure personali) è figlio di un tempo che non esiste più.
Un grazie a Daidola per aver fatto al tempo l’intervista e di averla riproposta oggi!
Un Grande sportivo per molti sconosciuti o addirittura dimenticato.
I tormenti della sua vita famigliare devono aver fatto a botte con la gloria sportiva dei bei tempi.
Ora che neppure la “tua” pista o quel che rimane ha pace vien da chiedersi dov è il rispetto,dove il fair play che quelle curve e i rettilinei dai nomi evocativi hanno visto.
Ora che i tanti Bob club locali sono solo oblio e medioevo visti i costi di natura e soldi in ballo i tempi ridicoli e risicati per ricostruirla ci chiediamo in nome di cosa e quale futuro sportivo e di gestione ? Chissà quale sarebbe stata la tua parola e il tuo pensiero al riguardo…anche se un po trapela e si intuisce!
E se fosse colpa proprio del suo successo sportivo?
Che tristezza leggere della sua vecchiaia, dopo tanta gloria.
La vita gli ha dato talento sportivo, ma poi l’ha massacrato con gli interessi.
Solo e anziano, malato, abbandonato da moglie e figlia, con un figlio morto per droga. Infine suicida.
Ogni vita che si conclude è tristissima, ma questa storia è terribile.
E’ terribile, ma lo capisco.
Museo Olimpiadi Losanna …eccezionale..grande e meritato spazio agli sport invernali..una più che ottima tartare di salmone nel ristorante con vista sul Lemano e Mont Blanc…quasi al mare..con vista superba