Evoluzione della informazione di montagna

La rivoluzione Internet e Mobile degli ultimi trent’anni ha profondamente cambiato il nostro mondo e anche la comunicazione delle attività in montagna. Informazioni in tempo reale sono estremamente utili in un ambiente in cui le condizioni evolvono rapidamente, ma possono dare una falsa percezione di ‘tutto sotto controllo’ e una perdita di focus sulle scelte che devono essere prese sul campo. E i cambiamenti non si sono certo esauriti…

Evoluzione della informazione di montagna
(attraverso la storia delle nuove tecnologie)
di Alberto Giolitti (ideatore di Gulliver – giolitti@gulliver.it)
(pubblicato su Montagna, Annuario GISM 2024, maggio 2024)

Per inquadrare il tema di come la tecnologia ha rivoluzionato l’informazione di montagna è importante mettere in fila alcuni momenti chiave:
– 1991: al CERN di Ginevra, Tim Berners-Lee dà alla luce il programma World Wide Web (il Web), proposta per un progetto di ipertesto. Nasce un linguaggio per calcolatore che consente di ‘navigare’ un testo che, tramite parole chiave opportunamente attivate, può accedere a un testo sottostante.
– 1993: il National Center for Supercomputing Applications (NCSA) nell’Illinois rilascia Mosaic, il primo programma in grado di trattare testo, immagini e link ipertestuali.
– 1994: Marc Andreessen (ex studente del NCSA) e James H. Clark rilasciano Netscape, il browser che darà forma a quello che oggi, per molti, è l’unica interfaccia di un computer.
– 1995: l’1% della popolazione italiana ha accesso a Internet.
– 1996: nasce Gulliver e l’internet bollettino.
– 2001: Jimmy Wales e Larry Sanger creano Wikipedia, concretizzando il progetto che simboleggia la condivisione della conoscenza sulla rete.
– 2004: Mark Zuckerberg mette on-line Facebook, dando il via alla stagione dei social.
– 2007: Steve Job presenta iPhone e l’era dello smartphone ribalta il modo in cui accediamo alle informazioni (e le condividiamo).
– 2023: il 77% della popolazione italiana, oltre il 90% di chi parte per un’escursione, ha uno Smartphone in tasca.

Alberto Giolitti. Foto: Marco Spataro.

Nel 1993-94, a causa di una serie di scelte bislacche, mi trovavo nella Silicon Valley a occuparmi di elettronica per conto della Olivetti. Passavo i miei weekend in Yosemite pentendomi di avere abbandonato le compagnie montagnine con le quali mi sarei potuto dedicare a quelle pareti. In settimana invece alternavo le giornate passate a progettare i server che, con l’arrivo della fibra ottica, avrebbero sostituito le onde radio nell’alimentare le nostre televisioni e le serate in cui scoprivo, in adrenalinici incontri e seminari, l’aria del World Wide Web, che sembrava destinato a cambiare il nostro futuro. I colleghi ‘marini’ avevano adottato l’e-mail, lo strumento utilizzato per scambiarci i dati delle nostre simulazioni con i colleghi in Italia. Loro creavano liste di indirizzi e chi andava a surfare inviava a tutti gli interessati un aggiornamento delle condizioni del vento e dell’onda nella baia o sull’oceano. Nelle loro caselle di posta elettronica, fra i messaggi di lavoro, occhieggiavano preziose informazioni per indirizzare le loro scelte di cosa fare appena lasciato l’ufficio.

Nel 1995 la Olivetti, con ‘indubbia preveggenza’, decise che quegli uffici di Cupertino non avevano più ragione di esistere per una azienda che si occupava di elettronica (!!!) e lasciò quegli uffici alla Apple. Io mi trovai davanti a un bivio: restare nel Far West a occuparmi di futuro o tornare alle ‘mie’ Alpi, che avevano segnato i miei vent’anni. Optai per le Alpi che, oltre a essere più nevose, si trovavano in un’Europa che mi sembrava garantire una società (più) sana in cui crescere una famiglia. Avevo deciso di abbandonare il Futuro a favore delle Alpi, ma tornavo con l’impressione che quello strano bagaglio di esperienze potesse tornare utile per cambiare il modo di organizzare la cosa che più amavo fare: andare in montagna.

Avevo passato i venerdì dei miei anni di scialpinista a telefonare agli amici che avevano avuto un giorno libero durante la settimana per sapere se avessero trovato neve fresca. Avevo passato tre anni della mia esistenza come gestore a rispondere al telefono («Pronto, rifugio Torino, sono Albertone il maestro della previsione…») dispensando informazioni sulle condizioni riportate dagli alpinisti che rientravano dalle loro salite.

La scintilla scoccò. In montagna le condizioni cambiano in continuazione: per la neve fresca in una gita (1) di scialpinismo basta una giornata di vento, per le condizioni di una cascata di ghiaccio un rialzo termico di 24 ore può cambiare tutto. C’era una tecnologia, semplice ed economica, che consentiva di raccogliere le informazioni in tempo reale. C’era un sistema, semplice ed economico, per diffondere informazioni rilevanti a un piccolo gruppo di popolazione (una Comunità).

Nacque www.gulliver.it (il www faceva figo a quei tempi). Nel novembre del 1996 il sito faceva più o meno le stesse cose che fa adesso: gli utenti condividevano un ‘Internet Bollettino’, pubblicando informazioni sulle condizioni trovate nelle escursioni effettuate.

A utilizzarlo, però, eravamo in quattro gatti: qualche olivettiano, qualche universitario nei dipartimenti di fisica di Trento e di Roma e qualche raro utente di quell’Internet cui accedeva l’1% della popolazione italiana.

Nei mesi seguenti tutte le sezioni del CAI, tutti i rifugi alpini e tutte le guide alpine andarono on-line per la prima volta della storia, sul primo Portale della montagna in Italia. Negli anni successivi, presso le università di Losanna e di Trento, altri cominciarono a offrire servizi analoghi: Skirando (oggi CampToCamp) e OverTheTop furono i primi di una lunga serie a sviluppare, affinare e migliorare quell’idea semplice, ma così funzionale alla comunità di appassionati di Montagna. Il Web e in particolare queste Piattaforme Comunitarie avevano messo le basi per trasformare irreversibilmente la modalità di organizzare le nostre uscite in montagna.

Gli anni 2000 si presentano con l’arrivo di nuovi strumenti che semplificano la pubblicazione sul Web: si comincia con le piattaforme di Blog e nel 2004 Facebook irrompe e rivoluziona la modalità di produzione di contenuti. Ciò che fino ad allora era possibile solo a chi sapeva utilizzare strumenti da addetti ai lavori, diventa alla portata di chi abbia accesso a Internet. Chiunque diventa in grado di pubblicare contenuti, ma, soprattutto, questo nuovo strumento diventa un incredibile acceleratore nell’aggregare persone con interessi comuni.

L’idea delle Piattaforme Comunitarie nasceva dal principio di una conoscenza che viene condivisa tra persone che accedono alla Piattaforma. Questa informazione viene processata, formattata e organizzata nel tempo, nello spazio e secondo le varie discipline.

Facebook, invece, si basa sul grafo delle relazioni e i contenuti fluiscono nel feed degli utenti in modo continuo ma destrutturato. Facebook mette al centro l’individuo e i contenuti che questo produce, ma non organizza quell’informazione in funzione di un utilizzo specifico (nel nostro caso quello di avere degli elementi per scegliere una gita in montagna).

I gruppi sopperiscono, ma solo parzialmente, a questa ‘destrutturazione’ aggregando persone con interessi comuni. L’informazione a disposizione aumenta vertiginosamente, ma non offre gli elementi che garantiscono quella visione esaustiva necessaria per scegliere l’escursione da fare.

Per i siti come Gulliver la crescita esponenziale dei primi anni continua costante, ma rallenta la sua curva. La Comunità perde la partecipazione di alcuni membri che ritrovano una migliore visibilità pubblicando sulla propria pagina Facebook, in modo a loro più congeniale e senza i vincoli che una piattaforma richiede per organizzare una mole di informazioni in continua crescita. La fine del primo decennio di questo secolo apre alla rivoluzione dello Smartphone. Questo nuovo oggetto rappresenta un ulteriore salto quantico nella produzione e nella fruizione delle informazioni che accompagnano le nostre attività in montagna.

Se, fino ad allora, l’alternativa alle guide cartacee erano i fogli A4 stampati con copie di siti internet (quanti ne ho trovati nei bivacchi e nei rifugi, consumati dall’uso), pian piano tutto ciò di cui abbiamo bisogno lo troviamo nelle nostre tasche, sugli schermi dei nostri cellulari.

Con lo smartphone arrivano le App che ottimizzano l’esperienza dell’utente rispetto al Web con interfacce sempre più sofisticate, ma i cui costi di sviluppo ne limitano la diffusione solo alle piattaforme che possono permetterselo. E sono i Social quelli che ne traggono la consacrazione definitiva. Il Web si difende grazie alla sua resilienza e a una riprogettazione dei siti in versione mobile-compatibile, che comunque continuano a garantire una informazione organica che i Social non consentono. Lo smartphone porta l’immagine ad assumere un ruolo chiave di questa nuova era. La semplicità di condividere non solo i testi, ma anche le fotografie che l’apparecchio stesso può scattare, apre la porta ai nuovi social (Instagram su tutti). L’immagine che rappresentava una integrazione dell’informazione testuale assurge al ruolo di protagonista principale. Ancora una volta, a scapito di quella informazione completa che sarebbe necessaria per una scelta consapevole e responsabile. Anche le Piattaforme Comunitarie non sono esenti dalla ‘socializzazione’ dei loro partecipanti. Le nuove versioni cercano di trovare un equilibrio fra lo spirito originario che era quello di essere un compendio esaustivo per organizzare la propria gita e le spinte a diventare “il Social della montagna”, strizzando l’occhio a quel mondo in continua evoluzione che esaspera (troppo) quegli elementi individualisti che mal si conciliano con la filosofia di chi in montagna ci va.

La nuova frontiera per i prossimi anni è sicuramente quella della Intelligenza Artificiale. Una tecnologia che potrebbe colmare quella frattura nella bulimia di informazioni su Piattaforme, Blog, Social, Siti istituzionali e Servizi di previsioni sempre più affidabili, ‘digerendo’ il tutto e sfornando tutte le mattine la migliore proposta per la gita del giorno, confezionata su misura per noi.

Ma questo è veramente quello che vogliamo?

Solo una piccola minoranza ha ancora il ricordo di cosa succedeva “prima”, ma chiunque oggi vada in montagna, che sia un Preistorico, un Boomer, un Millennial o un Gen-Z, è condizionato dagli eventi che hanno caratterizzato questi anni di rivoluzione Internet e Mobile. Alzi la mano chi non ha mai scelto, almeno una volta, la gita in base a una bella foto vista su un Social o su Gulliver, salvo poi maledire la quantità di gente che si trova sul medesimo itinerario. Il telefonino è probabilmente la cosa meno dimenticata quando si parte per una gita, meno dimenticata di un ARTVA per chi parte a fare una gita (1) di scialpinismo o della corda per chi parte per un’arrampicata!

Nota
(1) a cura di GognaBlog: la parola “gita” non dovrebbe mai essere associata alla parola “scialpinismo”. Sappiamo bene quanto ne sia invalso l’uso, dunque non colpevolizziamo certo nessuno, tanto meno l’autore che la sta usando: ci limitiamo a far riflettere quanto sia pericoloso insistere sul fatto che un’escursione di scialpinismo sia concettualmente e praticamente antitetica al concetto di “gita”.

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Evoluzione della informazione di montagna ultima modifica: 2024-05-22T05:16:00+02:00 da GognaBlog

31 pensieri su “Evoluzione della informazione di montagna”

  1. @30 E’ appunto nella scelta dei contributori certificati il vero valor aggiunto degli amministratori di questi nuovi e ipotetici siti. Non scriverà chiunque, ma solo i personaggi scelti e contrattualizzati, post adeguata verifica della loro capacità di valutare le condizioni delle montagne. Penso (per le diverse attività) a guide alpine, maestri di sci, rifugisti, istruttori di lungo corso (e comprovata esperienza), Accademici, alpinisti scafati (di comprovata esperienza), climber famosi ecc. I bollettini niveo-meteo sono complilati da gente certificata (ARPA. AINEVA, ufficiali Aeronautica ecc), mica dal primo venuto. I bollettini niveo-meteo sono di accesso gratuito perché le istituzioni sono pubbliche o para-pubbliche e forniscono un servizio di pubblica utilità, il che non significa che qualsiasi cittadino possa contribuire. Nell’ipotesi di bollettini alpinistici/scialpinistici, i contributori sarebbero obbligati contrattualmente a fornire informazioni sistematiche (es 2 volte/settimana) sulla zona a loro assegnata e a tal fine sarebbero pagati (dal sito). Per cui o l’imprenditore riesce a farsi dare un (cospicuo) finanziamento pubblico sia iniziale che periodico, e allora i siti potrebbero anche essere di accesso gratuito, oppure deve rientrare delle spese e quindi vende l’accesso con abbonamenti periodici. Questo è il vero salto di qualità cui potrebbero impegnarsi i siti in questione.

  2. Su un ipotetico sito a pagamento di report sullo stato di vie e gite scialpinistiche , chi fornisce l’informazione di qualita’ “certificata” e in base a quale formazione omogenea ?
    .
    Le persone che scrivono report sono :”Cent coo cent crap e cent cu’ , dusent ciap”

  3. A scanso di equivoci, preciso le mie attuali considerazioni riguardano lo stato dell’arte al giorno d’oggi dei citati siti. Nulla da eccepire sulla genialità dell’invenzione di Gulliver (1996) né sull’essere avanti da parte del suo inventore. Il punto è che da allora sono trascorsi 28 anni. E soprattutto sono entrati nella vita spicciola quei cancri sociologici che sono i social, intendo quelli di bassa lega (Fb, ecc), legittimando la relativa filosofia. E’ quest’ultima che ha ammorbato i siti originariamente ristretti a pochi lettori-contributori di qualità (anche nell’impostazione gratuita) e non viceversa. D’altra parte è legge di vita (mela marcia vs mele sane).  A questo punto che fare? La soluzione tecnica è  fare siti a pagamento con contributori certificati che alimentano sistematicamente (es una/due volte a settimana) le info sulle zone di propria competenza. Il tutto coordinato da un team centrale che verifica costantemente l’attendibilità e la qualità delle info. Un servizio così costa molto e la domanda è: genera un fatturato che copra tutti i costi e magari garantisca anche un piccolo utile a chi si fa il mazzo per tenerlo in piedi? Temo di no, non per difetti dell’idea, ma per il becerume dilagante che non apprezza quel tipo di servizio.

  4. 1) Chi si lamenta per gli strafalcioni nei commenti (NON negli articoli, cosa che sarebbe molto diversa) già così, ad accesso gratuito, si lamenterebbe ancor di più se tali strafalcioni fossero compresi in un sito con accesso a pagamento. la differenza è che in questo secondo caso avrebbe ragione, ma dovrebbe contestare al sito la mancanza di controllo delle qualità, mentre se il sito è aperto a tutti e in tutte le modalità, si deve accettare quello che, di volta in volta, emerge.
    2) Andrò a verificare il sito pro citato, sono curioso. lo dico sinceramente, senza polemiche. Se questi siti a pagamento funzionano, allora il quesito 8lo dico da consulente aziendale, prima ancora che da frequentatore della montagna) è: come mai il mercato non premia il merito e si sposta su servizi a pagamento ma di qualità certificata? La mia sensazione di fondo è che il fatturato che se ne trae non è tale da giustificare il “lavoro” (sia in sede di impostazione-cioè di selezione dei contributori certificati, che di manutenzione nella verifica della qualità). pronto ad esser smentito, ma la mandia preferisce siti gratuiti pur con contenuti non verificati che siti a pagamento di elevata qualità. il perché è semplice: salvo le citate rarissime eccezioni, gli utilizzatori di tali siti (sia contributori che lettori) sono interessati, a stragrandissima maggioranza, alle scemenze stile social e non, purtroppo, alla vera informazione di qualità.

  5. VEDI SCEMENZE TIPO CONSIDERAZIONI SU “COSPIQUO”
     
    Carlo, quella che tu chiami “scemenza” era un’innocente battuta: volevo scherzare con Alessandro. Credo che tutti l’abbiano capito, tranne te.
    Considerato che manchi del tutto di senso dell’umorismo – oltre che di voglia di scherzare sulle cose della vita – ti consiglio di non avventurarti allo sbaraglio su temi del genere.
     
    In quanto al resto, non hai capito che ti criticavo perché, pur commentando a titolo gratuito sul GognaBlog, non sei autorizzato a scrivere strafalcioni, checché ti giustifichi. Se non altro per rispetto nei confronti di te stesso, se proprio non vuoi usare riguardo verso chi, leggendoti, deve sopportare innumerevoli errori che una maestra non tollererebbe fra i suoi scolari. Benché siano errori di battitura e non di grammatica, infastidiscono lo stesso.
     
    Ti saluto, senza il minimo risentimento. Da lungo tempo ho imparato che il Crovella è cosí: muro inscalfibile o muro di gomma, a seconda della convenienza.

  6. Ci sono già dei siti che hanno una versione free e una pro a pagamento. Conosco bene fatmap, perché ci ho lavorato come consulente, che, oltre alle più dettagliate mappe presenti sul web, relaziona itinerari alpinistici, escursionistici e in mtb, in maniera molto valida.
     
    Il web è una jungla in cui c’è anche qualcosa di buono.

  7. Agli occhi di frequentatori scafati della montagna, quei siti (approfitto per sottolineare che parlo al plurale, perché si tratta di un male endemico di TUTTI quei siti e NON del solo Gulliver, che anzi è sicuramente il migliore della famiglia…), così come sono ora (0stile social), appaiono interessanti più che altro come strumento di indagine sociologica. Cioè: che sta facendo in questi giorni la mandria che va in montagna? Quali itinerari batte? dove si accalca ( in conseguenza dell’effetto gregge (senza neppure porsi il problema se, nel valloncello a fianco, trova bella neve e silenzio assoluto)? Quali parametri cerca in una gita o in una via? ecc. Questi siti danno feedback a questo tipo di curiosità, ma non diffondono effettive informazioni comprovate sulle condizioni delle montagne. Ecco perché non sostituisconbop una telefonata a un local scafato. Certo, qualcuno che scrive con cognizione di causa c’è (alcuni li conosco di persona…), ma sono numericamente non rilevanti rispetto alla massa totale dei contributori e si perdono in un mare magnum di scemenza tipo “ottima birra fresca all’osteria tal dei tali”.
     

  8. Con voi è proprio impossibile fare un discorso sensato, mescolate sacro con profano – credo per principio. Che c’entrano i commenti di opinione su un blog o un social con i report di siti alpinistici/scialpinistici? Sono proprio due cose completamente diverse. Se li paragonate, date già per scontato che i secondi siano in stile social. La differenza è che un commento in un blog, se infarcito di errori 8cmq di battitura e non di contenuto), dà semplicemente fastidio a dei pitiquitti rompiballe che rompono solo per il gusto di rompere (probabilmente perché non ha altro di più divertente per riemprre la propria vita… – VEDI SCEMENZE TIPO CONSIDERAZIONI SU “COSPIQUO” ecc)  e tutto finisce lì. I report di itinerari, se letti da soggetti non adeguatamente scafati, possono implicitamente invitarli a inoltrarsi su terreni insidiosi. Se un taglio del genere è già criticabile in un sito cmq di accesso gratuito, diventerebbe insostenibile in un sito a pagamento. Ripeto, visto che non capite, che si tratta di un’ipotesi teorica, perché nessuno ha voglia di caricarsi del mazzo che comporta l’evoluzione di questi siti da gratuiti a pagamento.

  9. Carlo, la mancanza di qualità va a discapito del responsabile. Ciò vale pure per le cose gratuite.
     
    … … …
    A proposito, ora mi sovviene di quel tale che scrive a mitraglia, con innumerevoli errori di battitura (non di grammatica), e poi si difende cosí: “Se volete capire, mi capite lo stesso”.
     
    P.S. Ti fischiano le orecchie?

  10. Appunto, viviamo in generale in una società in cui non c’è il controllo della qualità. Ma è mancanza di correttezza e professionalità. Se uno vuole offrire un servizio di alta qualità, deve garantirla (specie se la “vende”). Lasciamo perdere il resto dell’informazione, non è tema da dibattere in questa sede. limitiamoci ai siti dei contributori di gite alpinistiche/scialpinistiche. Finché restano gratuiti, ovviamente non ci sono i requisiti per rinfacciare a nessuno la scarsa qualità delle informazioni riportate. Se un amministratore di un sito del genere volesse passare a un ALTRO tipo di impostazione, ovvero info vendute e quindi certificate, deve per forza di cose garantire la qualità. Sennò nessuno gli paga l’abbonamento. Cmq, sono considerazioni probabilmente più teoriche che altro, perché tanto nessuno metterà mai in pratica il passaggio dai siti gratuiti a quelli a pagamento.

  11. Peccato che PAGARE NON CERTIFICHI E GARANTISCA NULLA… L’esempio eclatante l’informazione in generale in Italia e nel mondo…

  12. In una qualsiasi azienda, che “venda” i propri prodotti/servizi, è necessario operare il controllo della qualità: spesso c’è l’apposito direttore della qualità. Se questi siti dovessero passare a pagamento per i lettori, dovrebbero garantire la qualità delle informazioni, ecco la necessità del controllo. Senno si sta gratis in Un mare magnum di genuinità, dove c’è il report dell’alpinista scafato accanto a quello che scrive: “saluti ai tre scinosciuti di Milano che ho incontrato in cima”, cioè menate stile social di nessuna utilità pratica. Il problema della qualità di quanto scritto non riguarda i lettori scafati, che da soli sanno distinguere le info fondate dalle scemenze da Bar, ma la moltitudine di 20-25 enne, esuberanti ma non scafati  che magari si infilano in situazione critiche perché si vedono le info poco attendibili. Questo è un problema dei contributori, nulla incide sull’idea geniale di chi ha inventato Gulliver. Però è un problema e io penso che, a questo punto, sarebbe meglio per tutti che esistessero siti a pagamento con info di qualità “certificata”.

  13. Lo dico anche io….
    .
    Tu sai che cosa e’ “On-ice” , vero ?
    .
    Questo era un “report di escursionismo”

  14. Expo, e che cavolo c’entra la maratona del Garda con le “cose di montagna”? Il Garda è un lago (piatto o quasi) e che tocchi Trentino Veneto Lombardia non vuol dire “montagna”… 😀 😀 😀

  15. Fra l’altro l’evoluzione “social” dell’informazione sulle “cose di montagna” porta a fenomeni in cui il report della gita diventa un quadro su cui la gente raffigura il proprio ego.
    .
    Non che prima non ci fosse gente che se la tirava per ascensioni , tempi e sgradamenti vari , ma io ero abituato ad alpinisti laconici che avevano una dimensione piuttosto intimistica della loro esperienza in montagna.
    .
    Adesso , al di la’ dello scarno riferire difficolta’ e condizioni oggettive e’ spesso un tripudio di cose egoriferite , che non si capisce bene a che servano.
    .
    Ricordo su Fb 4/5 climbers che si contendevano a colpi di gradi i favori di una appetibile pulzella virtuale che aveva chiesto delucidazioni basiche.
    Altro esempio: http://on-ice.it/onice/onice_view_report.php?type=2&id=13549

  16. “una possibile evoluzione è quella di passarli con accessi a pagamento, ovviamente per abbonamenti periodici, con tasnto di password e doppio controllo”
     
    Non ho capito se quella per pagamento e controllo è una convinzione di fede o una più banale ossessione…

  17. La mia modesta esperienza circa i siti della “famiglia Gulliver è la seguente: ottima idea iniziale,. ma purtroppo l’abuso in stile social da parte di utenti e contributori non “qualificati” li ha sensibilmente deligittimati. Spiace molto per chi si è fatto (e magari si fa ancora) il mazzo a inventarli/manutenerli. Ultimamente infastidisce (anche nell0uso pratico con pop up che “esplodono2 e rendono faticoso procedere nel leggerli)) l’invasione della pubblicità, credo inevitabile per mantere in vita i siti.
    una possibile evoluzione è quella di passarli con accessi a pagamento, ovviamente per abbonamenti periodici, con tasnto di password e doppio controllo (es cellulare), in modo tale da evitare uso della stessa passwaord da parte di centomila persone. Dover pagare fa selezione e rimangono sono i lettori davvero motivati. Allo stesso modo per i contributori: l’amministratore del sito dovrebbe verificare la genuina volontà e soprattutto l’esperienza e la capacità valutativa delle condizioni. Cioè quando uno vuole diventare contributore del sito, segue apposita procedura, fa domanda, viene verificato dall’amministratore, se passa l’esdame, viene inserito (con anagrafica) nell’elenco contributori e avrà sua password per caricare contributi.
     
    Siti lasciati alla libera contribuzione e alla libera consultazione, nel totale anoninato e del tutto gratis, sono più snelli, ma sono delle potenziali trappole per lettori poco esperti e scafati.

  18. Un’intervista molto breve, quella di Cominetti, purtroppo. Anche se viene detto l’essenziale. Mi permetterò di diffonderla, benché on line parli poco di montagna.
    Grazie.

  19. Dice il saggio: “Non si vive di solo pane, ma anche di libri”.
    E di guide alpinistiche!
    😀 😀 😀

  20. Itinerari dove vengono inseriti commenti di nessuna utilità e spesso banali fanno sorgere il dubbio che non si posti per informare sulle condizioni trovate ma come forma di autocelebrazione personale.

    Su questo non ci sono dubbi, è pura autocelebrazione.

    Altro punto su cui ragionare è il colpo mortale che Gulliver e siti analoghi hanno dato alle guide cartacee. […], personalmente da collezionista di libri e guide di montagna spiace un po’ ma sono consapevole che il mio atteggiamento è fortemente influenzato dal mio essere un boomer…

    Allora siamo in due. Viva libri e guide, anche se queste costano un pò tanto.

  21. Oggi in molti si spacciano esperti, sui social ma anche sul terreno. Se ne vedono e se ne sentono,  di tutti i colori.

  22. Il lavoro che fatto Giolitti con Gulliver è, a dir poco, eccezionale. La sola idea di creare un sito dove ogni utente può inserire un itinerario dimostra la lungimiranza.
    Detto questo, ora come ora, Gulliver (e siti similari) hanno preso una deriva “social” che valuto con una certa apprensione. Itinerari dove vengono inseriti commenti di nessuna utilità e spesso banali fanno sorgere il dubbio che non si posti per informare sulle condizioni trovate ma come forma di autocelebrazione personale.
    Altro punto su cui ragionare è il colpo mortale che Gulliver e siti analoghi hanno dato alle guide cartacee. Non so se questo sia un bene o un male, personalmente da collezionista di libri e guide di montagna spiace un po’ ma sono consapevole che il mio atteggiamento è fortemente influenzato dal mio essere un boomer…

  23. Bella intervista.
    Concordo: bisogna stare molto attenti alle informazioni che si trovano sui social (e non solo), diffuse da sedicenti esperti.
    Si rischia di farsi male, di fare scelte sbagliate e ne va della nostra (e altrui) salute.
     
    Poi ci sarebbe anche chi dà pericolosi consigli sulla montagna… 🙂

  24. ‘Stavolta concordo con Crovella al 100%.
    A proposito degli influencer pericolosi (eccetto pochissimi, la maggior parte lo sono) ho rilasciato un’intervista tempo fa, di cui le mie affermazioni più pesanti sono state purtroppo tagliate.
     
    Se uno si va a mettere nei guai perché ha visto un video postato da idioti, sono fatti suoi.
    Ma se mi arriva chi non avendo mai arrampicato vuole fare certe cose (senza poi riuscirci) solo per  postarle sui social, mi incazzo. Non mi piace!
    Purtroppo ho tanti colleghi che scarrozzano in giro gratis, in cambio di “pubblicità”, degli influencer (che quasi sempre prendono la guida perché incapaci di fare da soli quello di cui si spacciano come esperti…). Mi mette tristezza.
     
    Ciao Alberto, già ai corsi guida si vedeva che eri uno “avanti”.

  25. Nella famiglia dei siti stile Gulliver ecc, dovremmo provocatoriamente arrivare a stilare elenchi dei contributori, certificati in scala decrescente a seconda della loro esperienza e capacità di valutazione delle condizioni. Il che, tra l’altro, NON ha niente a che fare con le capacità tecniche individuali, ma questo è un altro problema ancora. Io do un’occhiata sistematica ai siti informativi stile Gulliver, perché un’idea generale te la fai, ma se ho intenzione di programmare una gita un po’ complicata non mi limito a ciò che leggo e invece telefono a qualche “local” che conosco e, soprattutto, di cui conosco la capacità valutativa. Anche nell’era dell’iperconnesisone telematica, due parole dirette non hanno prezzo: sono l’equivalente portato ai giorni nostri dei giovedì sera citate da Roberto Scala. Più che investire tempo nello scrollare siti a manetta, ai giovani io suggerisco di costruirsi una elenco di interlocutori qualificati (guide, rifugisti alpinisti scafati), dislocati per le diverse valli, da sentire la sera prima della gita.

  26. Come evidenziato anche nell’articolo, l’affollamento è il rovescio della medaglia della rapidità e della capillarità con cui le informazioni circolano. Affollamento in luoghi che spesso, come sappiamo, non possono sopportarlo.
    Ognuno di noi è quindi chiamato a chiedersi, criticamente e responsabilmente, se e come certe informazioni vadano condivise nel mare magnum della rete. Va da sé che le testate e gli “influencer” hanno le responsabilità maggiori.

  27. Quanto ai siti che parlano di “condizioni” , i piu’ utili : Gulliver , Skirando , Overthetop , On-Ice , Sass Baloss etc , li trovo molto utili..L’unico problema è sintonizzarsi con i parametri di valutazione di chi fornisce le informazioni : come scialpinista medio trovo che un giudizio oggettivo sulle condizioni della neve sia “tanta roba” , a volte qualcuno vuole solo “reclamizzare” la sua avventura , e ti parla di condizioni “ottime” quando non è proprio così..Ho amici che quando descrivono le condizioni come :”ottime” vanno presi con le molle , perchè a volte è meglio stare a casa.

  28. La lettura di questo interessante articolo, il cui contenuto condivido, mi ha risvegliato il ricordo, risalente a ormai cinquant’anni fa, dei fatidici “giovedì sera” al CAI Torino dove si cercavano e si  scambiavano le informazioni sulle gite (escursioni, salite, scialpinismo a secondo delle stagioni) per organizzare al meglio quella del fine settimana. Informazioni sicuramente più imprecise di oggi, basta pensare al meteo: allora si denigrava regolarmente il col. Bernacca che forniva previsioni inutili o poco affidabili per la regione alpina, buone per Roma e dintorni. Meglio, peggio ai posteri l’ardua sentenza, ma molto più sociale e umano. 

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