Il 30 settembre 1966, nell’ambito del Festival della Montagna di Trento, si tenne una tavola rotonda il cui titolo potete leggere qui sotto. In realtà il tema era il giudizio che la comunità alpinistica internazionale, tramite i suoi elementi di maggiore spicco, dava della più recente impresa, l’apertura della Direttissima alla Nord dell’Eiger (febbraio e marzo 1966, vedi https://gognablog.sherpa-gate.com/cinquantanni-della-diretta-alleiger/).
Evoluzione della tecnica e libertà dell’alpinista
(Estratto dagli Atti della Tavola Rotonda del Festival Internazionale Film della Montagna e dell’Esplorazione “Città di Trento”)
Lettura: spessore-weight**, impegno-effort**, disimpegno-entertainment**
Guido Tonella (Italia)
… circa la legittimità della «direttissima» dell’Eiger, in occasione del 20° anniversario dei Ragni della Grigna, (si tenne un dibattito) a Lecco, dove la stragrande maggioranza degli interventi, compreso quello di alcuni autorevoli veterani, a cominciare da Riccardo Cassin, si manifestò decisamente a favore dei protagonisti della impresa in parola, senza riserva alcuna per i mezzi impiegativi; quali le famose corde fisse…
… Come rinfacciare agli uomini della «direttissima» di aver oltrepassato i limiti di ciò che è permesso nell’impiego di mezzi artificiali dal momento che non esiste alcuna norma che fissi tali limiti? Si è agito contro lo spirito dell’alpinismo? Ma perché non riconoscere invece che si tratta dello stesso spirito che ha permesso di realizzare tutte le grandi imprese della storia alpinistica…
Jörg Lehne (Germania)
… Comprenderete che avrei preferito non parlare per primo: è sempre difficile aprire la discussione. La cosa più importante, come è stato rilevato dal relatore, mi sembra stia nel rispondere alle critiche suscitate dalla nostra impresa, a proposito cioè del preteso suo aspetto antisportivo per aver scalato la parete nord dell’Eiger con mezzi che si pretendono contrari alla purezza sportiva, mezzi cioè che non corrispondono a quelli impiegati precedentemente in alpinismo. Ci si rimprovera di aver affrontato il problema con sistemi non legittimi, in quanto gli altri se ne erano finora astenuti…
… Di fronte a questi rimproveri noi affermiamo peraltro il nostro convincimento di essere sempre rimasti nell’ambito dei metodi dell’alpinismo classico, e ciò nonostante l’impiego di corde fisse. Si tratta del principio secondo cui la montagna è scalata dalla cordata di testa con mezzi normali, o con mezzi puliti, se così vogliamo esprimerci.
… Si tratta di trovare i mezzi adeguati al problema, dei mezzi cioè con cui il problema può essere risolto sportivamente, in modo corretto e puro.
Anderl Heckmair (Germania)
… Non posso che sottoscrivere le dichiarazioni fatte da Lehne.
Dougal Haston (Gran Bretagna)
… Mi limiterò a dire che quando progettammo la direttissima, John Harlin ed io, eravamo convinti di poterla realizzare coi metodi classici, cioè con una arrampicata continua, senza discese intermedie, preventivando per questo una decina di giorni circa. Ma passato questo termine, cambiammo radicalmente opinione, perché ci eravamo resi conto che una tale scalata non era possibile con i sistemi classici.
Riccardo Cassin (Italia]
In montagna, purché ci si lasci guidare dalla passione, si vada come si vuole e si faccia ciò che si vuole. C’è però un limite! Si deve essere preparati e non si deve mettere a repentaglio la vita di quelli che possono essere chiamati a soccorrerci.
Pierre Mazeaud (Francia)
… A proposito della Direttissima dell’Eiger: non solo io approvo una tale ascensione, ma la considero anzi come un’impresa senza precedenti nella storia dell’alpinismo.
Armando Aste (Italia)
… Perché se bisogna costantemente riconoscere che il chiodo a pressione attenua a volte gli impedimenti psichici dai quali l’alpinista è afflitto quando si trova davanti ad una grande parete, è altrettanto vero però che tali chiodi aprono orizzonti impensati all’azione dell’alpinista che brama cacciarsi arditamente e consapevolmente nei luoghi più belli e impressionanti della natura alpina per sentirsi vivere e valere, per la pura gioia di salire…
… E le possibilità si moltiplicano, se è vero che la soluzione di un problema altri e altri ancora ne propone. E sono problemi per la soluzione dei quali l’alpinista deve dare tutto…
… E allora? Dobbiamo forse persistere in queste disquisizioni e magari rigettare questa nuova forma di alpinismo che impegna tutto l’uomo: mente, cuore, muscoli e volontà?
Loulou Boulaz (Svizzera)
… Applaudo pertanto di tutto cuore questa impresa, nella fiducia che si finirà per capire come le generazioni che si succedono si creano i loro propri problemi, non dissimili da quelli che ci siamo posti a suo tempo noi alpinisti anziani.
Giorgio Bertone (Italia)
… Perché se è vero che hanno attrezzato l’Eiger con le corde fisse, chi si è trovato su una grande parete del genere, magari con condizioni di tempo avverse, sa che anche se si hanno dietro le corde fisse, il problema resta lo stesso. Ecco perché penso che è una gran cosa essere stati capaci di scalare la Direttissima.
Toni Hiebeler (Germania)
… Osserverò anzitutto che sulla questione dell’impiego di un determinato materiale alpinistico non vi è assolutamente nulla da eccepire, dato che ognuno deve poter agire secondo il proprio gusto, e godere le gioie che può ricavare dalla montagna con una tale attrezzatura.
Arnošt Černík (Cecoslovacchia)
… La gioventù cerca oggi in montagna tutto ciò che è nuovo, in modo speciale nelle diverse direttissime che si possono realizzare per lo più unicamente con mezzi artificiali. Sono però convinto che un giorno non vi sarà più alcun problema da risolvere, almeno nel settore delle Alpi. Allora i giovani torneranno immancabilmente alla scalata classica, all’arrampicata libera.
Giuseppe Pellegrinon (Italia)
… In montagna ognuno è libero e deve essere libero di fare ciò che gli pare e piace, purché questa libertà non arrechi danno agli altri. Noi giovani non vogliamo dogmi.
France Avčin (Jugoslavia]
… Rispetto della tradizione, pur mantenendo il buonsenso per il progresso, eliminare dal settore delle Alpi lo spirito spedizionistico dato che esso supera le dimensioni alpine…. Non si spara alle mosche col cannone…
Walter Spitzenstätter (Austria)
… È pertanto nella logica delle cose che in regioni in cui gli alpinisti sono molti e le possibili vie di scalata sono state praticamente tutte percorse, gli arrampicatori della categoria estrema siano indotti a ricorrere a metodi nuovi per realizzare cose inedite…
Piero Rossi (Italia)
… Va considerata quindi con patetica indulgenza questa forma di accanimento di taluni anziani contro taluni giovani e le loro esperienze: essi temono incoscientemente di sentirsi sorpassati…
Heinz Steinkötter (Italia)
… In quanto alle prime ascensioni penso che se uno scalatore riesce a fare il massimo in arrampicata libera, gli debba essere consentito di ricorrere anche ai mezzi artificiali, ciò a suo giudizio. Nello stesso tempo dovrebbe però scegliere delle vie dove tali mezzi siano effettivamente da impiegarsi in misura limitata.
Bruno Detassis (Italia)
… Con questo vorrei dire che ho la massima ammirazione per questo sistema di acrobazie in montagna…
Cosimo Zappelli (Italia)
… Innanzi tutto parlando dell’Eiger non vorrei dare un giudizio, per carità! Perché ammiro ed ho ammirato il valore atletico dell’impresa, il valore sportivo di questa grande salita. Però secondo la mia modesta opinione, è un po’ peccato introdurre una tale organizzazione sulle Alpi, cioè arrampicare sulle nostre più belle vie delle Occidentali con sistemi himalayani.
Michel Vaucher (Svizzera)
… E nel caso particolare dell’Eiger credo che i protagonisti di questa impresa avrebbero preferito effettuarla nelle migliori condizioni; avrebbero preferito avere meno neve, meno ghiaccio; in tal caso avrebbero potuto piantare un minor numero di chiodi a espansione e fare a meno di molte corde fisse. Ma per questo bisognava attendere, magari due o tre inverni… Non dubito che la loro soddisfazione sarebbe stata maggiore se avessero potuto godere di condizioni migliori. Mi rendo però conto perfettamente che allo stato attuale della competizione sarebbe stato difficile attendere così a lungo, che si verificassero le condizioni ideali…
Walter Spitzenstätter al bivacco Corti della parete nord dell’Eiger
Robert Paragot (Francia)
… Questo non per le prime ascensioni di grande importanza, perché a questo proposito sono d’accordo con i giovani, che cioè oggi bisogna davvero ricorrere a mezzi nuovi, se si vuole fare qualcosa di veramente notevole.
Guido Machetto (Italia)
… Sono d’ccordo con quanto detto da Armando Aste, Riccardo Cassin e Pierre Mazeaud…
Michel Darbellay (Svizzera)
… In sostanza, la penso come quasi tutti quelli che mi hanno preceduto: bisogna lasciare all’alpinista la più completa libertà; sta a lui di munirsi dei mezzi e del materiale di cui sente che potrà aver bisogno durante la sua impresa.
Mario Fantin (Italia)
… La scalata dell’Eiger è stata suddivisa, frazionata nel tempo. Capisco che per un sistema così eccezionale di scalata, anche questo metodo possa essere una cosa indispensabile. Tuttavia insisto nel porre una domanda, fiducioso che qualcuno possa darmi una risposta: è veramente il caso di avvalorare anche questo sistema, questa tecnica himalayana, delle andate e ritorni alla base; è il caso cioè di non sanzionare questo sistema, ammettendo quindi questa nuova consuetudine, col rischio di vedere perciò ascensioni alpine suddivise, frazionate in due o tre domeniche successive, con lo scalatore che ogni volta ritorna per ricominciare dal punto in cui era arrivato la volta precedente?
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la domanda che si pone Mario Fantin è giusta. Ma c’era già stato un precedente con la prima dei francesi alla ovest del Dru. Anche se invece di lasciare la via attrezzata a corde fisse, saliro più facilmente da una via adiacente per arrivare al punto raggiunto nel tentativo precedente.
La libertà è sacrosanta, ma forse la concezione della direttissima di allora, con tanto di corse fisse e chiodi a pressione, condusse in un vicolo cieco.