Faziosi equivoci
di Marcello Veneziani
(già pubblicato il 31 ottobre 2018 sul Il Tempo e su marcelloveneziani.com)
Spessore 5, Impegno 5, Disimpegno 0
Se penso al primo novembre del ’72, quando morì Ezra Pound, mi risale negli occhi una gondola nera che porta per il suo ultimo viaggio verso l’Isola di San Michele il corpo del poeta in una sobria bara di castagno; il suo esile, curvo, ieratico corpo, la sua testa incorniciata in una mitica corona bianca sul capo e intorno al volto, che splendeva al sole come un’aura ieratica. Ogni volta che vado a Venezia non riesco a separare quel che vedo da quel che ricordo, ogni gondola mi sembra custodire il ricordo di lui, le spoglie del poeta pazzo, che amava l’Italia e la sua Tradizione, Dante e Cavalcanti.
Da giorni si parla con insistenza di Pound in relazione all’attualità, anzi alla cronaca politico-giudiziaria. S’indignano che un movimento come CasaPound si “appropri” di quel nome. Si, per carità, la Casa di Ezra Pound non può essere un fortino assediato o un centro sociale alternativo di giovani militanti politici; ma ricordiamoci in quale casa fu costretto Pound dal bel mondo democratico e occidentale: la gabbia pisana di un campo di concentramento, il manicomio criminale di Saint Elizabeth… Certo, la vera Casa di Pound non è un luogo chiuso, è il mare di Venezia, la città d’arte e poesia come Firenze, il cielo glorioso di Roma.
Ma non è questione di domicilio, l’indignazione investe l’appropriazione di Pound da parte di un movimento “fascista”. Vediamo la questione da ambo i lati, dalla parte dei fruitori e dell’autore. Ai ragazzi di CasaPound e a quanti tramite loro sentono il nome del poeta, può solo giovare avvicinarsi a Pound, e tramite lui alla poesia, alla letteratura, alla grandezza. O più semplicemente alla lettura, alla cultura, al pensiero prima che all’azione. E a Pound quel richiamo nulla toglie e nulla aggiunge al suo genio. I grandi autori sono come fontane aperte a tutti, notava Nietzsche ne la Gaya Scienza, ciascuno si abbevera come vuole e magari intorbida l’acqua, “i ragazzi la sporcano coi propri pastrocchi” e altri passanti vi gettano dentro “la loro attualità” e “la loro immondizia”; ma noi siamo profondi e “diventiamo di nuovo limpidi”. I tempi passano, i poeti restano.
I geni sono universali e ognuno è libero di venerare il genio che vuole e di quel che fa ne risponde ciascuno, non certo il poeta. E di geni come Pound che scelsero la parte “sbagliata” ci sono quasi tutti i grandi autori del ‘900. Ma poi nel caso di Pound, non si tratta di appropriazione indebita o di uso distorto del poeta. Lo dico a sua figlia Mary che ricorse ai giudici contro CasaPound, lo dico a Claudio Magris che ha dedicato giorni fa un bel ritratto al poeta ma con l’idea di sottrarlo al legame coi fascisti. E lo dico soprattutto alla cupola degli intellettuali che hanno firmato il solito “giù le mani da” Pound perché poeta universale: ma lo scoprite solo ora, ipocriti e faziosi maestrini? Fino a ieri lo dannavate, lo schifavate proprio perché fascista. E proprio in quanto fascista, Pound ebbe una vita martoriata e non ebbe mai il Premio Nobel.
Dov’è lo scandalo allora se i “fascisti” si richiamano a Pound? Come potete dimenticare i suoi discorsi appassionati e deliranti – ma i poeti a volte delirano – alla radio a sostegno del fascismo, la sua sintonia con la repubblica sociale? E dopo la caduta del fascismo, come potete ignorare i versi dei canti pisani su “Ben e la Clara a Milano”, appesi per le calcagna? E i Cantos donati di persona a Mussolini, il libro Jefferson e Mussolini, le sue battaglie contro l’usura? Come potete dimenticare quei mesi bestiali nel campo di concentramento di Metato, in cui il poeta fu esposto in gabbia, sotto i fari, costretto pure a defecare davanti a tutti, come una scimmia, proprio perché considerato fascista? Lì, dove Pound compose i suoi Canti pisani… Atroce destino.
E poi, internato in un manicomio criminale negli Stati Uniti, per tredici, lunghi anni, che lo condusse davvero alle soglie della follìa e al mutismo, sempre per aver tradito l’America con il fascismo… Persino l’ultimo, vecchio Pound accompagnato da Piero Buscaroli in visita a Ferrara, che accarezza silente i fasci littori di Palazzo Diamanti… In quella carezza muta c’è tutto un amore antico e moderno che gli costò la dannazione. Non potete calpestarlo due volte, la prima per fargli pagare il suo fascismo, la seconda per negarlo. Lo ha pagato a caro prezzo, quell’amore platonico, abbiate almeno il pudore di non farglielo pagare una seconda volta. Qui s’insinua un dubbio: ma tutto questo ambaradam serve a sfrattare CasaPound o sotto sotto volete sfrattare proprio lui, il Poeta, rimuoverlo, cancellarlo? Lasciate giocare i poeti, sono bambini divini; anche quando a voi sembrano pazzi, stanno giocando alla creazione con gli dei.
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Sicuramente è molto peggio non essere liberi di esprimere le proprie opinioni ma anche scrivere per campare (cosa che peraltro non si è obbligati a fare) alla fine diventa un condanna per quanto lieve.
Il Veneziani mi sembra confuso. Rivendica l’essere fascista del poeta Pound e lamenta più volte la sua permanenza nella gabbia. Scordando che i fascisti riservarono a milioni di persone una sorte molto peggiore della gabbia.