Federica Mingolla e la “via del Pesce”

Federica Mingolla realizza il 17 luglio 2016 la prima femminile in libera (e in neppure 19 ore) della via attraverso il Pesce sulla parete sud della Marmolada. E con ciò entra a pieno titolo nella storia dell’alpinismo.

Federica Mingolla e la via del Pesce
di Lino Galliani
(pubblicato in Alpinismo al femminile di Lino Galliani nel 2016)

Chi non la conosceva deve aver fatto un balzo sulla sedia, dopo aver sentito della sua ripetizione di Tom et je ris, il capolavoro realizzato nel 2008 da Bruno Clément sulla rivière gauche delle Gorges du Verdon, una linea di 60 metri valutata 8b+ (X+) e sospesa su un vuoto da vertigine.

Federica, assicurata da Roberto Conti, ha appena raggiunto la grotta del Pesce. Foto: Opencircle. Clicca per ingrandire.

Ma Federica Mingolla (Torino, 8 novembre 1994), ventuno anni compiuti da poco (l’articolo è del 2016, NdR), una delle giovani scalatrici italiane più forti e dotate, non se la tira affatto, anzi sembra persino stupita dal clamore suscitato dalla sua salita dello scorso luglio. Prima di lei, tra gli italiani, ci erano riusciti solo Jacopo Larcher e Andrea Polo, ma per la climber piemontese la vicenda non passa attraverso il filtro delle classifiche. E ha ragione, perché si tratta anche di un traguardo personale importante. Tanto più se si pensa che Federica arrampica solo da cinque, sei anni.

Quando è stata la tua prima volta sulle rocce?
«Mi sono avvicinata alla roccia da piccola, con le mie sorelle, a cinque, sei anni. Era un gioco, e mio padre ci faceva provare qualche passaggino, che noi salivamo con gli scarponcini. Poi, per undici anni, ho praticato il nuoto agonistico. Solo quello e forse qualche passeggiata in montagna. Finché ho scoperto che vicino a casa mia viera una palestra per l’arrampicata indoor. Mia sorella aveva cominciato a frequentarla con la scuola e si era iscritta a un corso propedeutico. Diceva che era una cosa divertente e così ho voluto provare anch’io.

La prima volta, mentre ero impegnata su uno dei muri della palestra, un allenatore mi ha visto e mi ha chiesto da quanto tempo arrampicavo. Quando ha scoperto che quello era il mio debutto, è rimasto stupito e mi ha invitato a frequentare un corso regolare. Era il 2009. Sulle prime non sapevo cosa dire: ci ho pensato su e alla fine ho accettato. E così ho cominciato ad arrampicare con la società sportiva Sasp, che mi ha permesso di avere una preparazione adeguata».

Federica su ghiaccio

E le gare?
«Ho cominciato presto, quasi subito, mi hanno trascinato i compagni, dicevano che erano una bella cosa. E così ho partecipato alle competizioni giovanili, prima ai macroregionali, poi agli italiani e due anni dopo ho preso parte alla Coppa Italia senior. Intanto, con la supervisione del mio allenatore alla Sasp, ho migliorato il mio stile e la mia progressione in arrampicata. Un paio d’anni dopo facevo già il 7b di corda, per dire. Poi ho avuto un momento di stasi e per un breve periodo mi sono fatta consigliare da Stefano Ghisolfi su come allenarmi. Poi Donato Lella mi ha preso sotto la sua ala e, nel giro di qualche mese, ho ottenuto dei risultati importanti: sono riuscita ad arrivare in finale in Coppa Italia, a salire sul podio, e ad arrivare seconda. Tutto nello stesso anno, il 2013».

Federica Mingolla

Non abbiamo ancora parlato della roccia.
«Mi ci sono dedicata di più nel 2014, trascurando un po’ le gare. Per la verità la falesia l’ho cominciata seriamente due anni fa. Di tanto in tanto saltavo gli allenamenti indoor per andare a scalare fuori, cosa che non faceva molto piacere al mio allenatore. Ma arrampicare all’aperto per me è un’esperienza irresistibile, avevo voglia di uscire e mettermi alla prova sulla roccia».

E il tuo spirito di competizione, dove è andato a finire?
«Non sono molto competitiva nei confronti degli altri; lo sono invece verso me stessa: se decido di chiudere un tiro duro, lo provo in competizione con me stessa. In gara, invece, a volte prendo le cose un tantino alla leggera. E comunque, due anni fa, sono riuscita a fare un passaggio di grado: sono passata dal 7c, 8a lavorato all’8b, 8b+. Sembra poco, ma è stato un passaggio difficile, come dire dal 6b al 7a. Un salto importante».

Ti sei accorta subito delle tue doti in arrampicata? All’inizio eri consapevole di essere più brava di tanti altri?
«È una percezione che non ho mai avuto: ho sempre arrampicato solo per passione. Mi sono trovata a muovermi sulle difficoltà, ad escogitare un modo di passare sui tratti duri, solo perché mi piaceva. Quello che per me ha sempre avuto importanza è il risultato personale, più che il piazzamento in gara, e le emozioni che puoi provare salendo una via, che non cambierei mai con un podio. Ho cominciato a fare gare solo perché il mio ragazzo le faceva, e così ho voluto provare anch’io. Però mi sono sempre piaciute molto le cose nuove, e da questo punto di vista volete mettere la falesia? La roccia vera per me è stata una rivelazione, mi ha fatto riscoprire l’arrampicata».

Federica Mingolla a Catteissard (Valle di Susa)

Quando cerchi un risultato – una via difficile, un passaggio particolare – come ti comporti?
Ci penso spessissimo, l’obiettivo diventa un pensiero costante: lo visualizzo mentalmente, mi concentro, mi ripasso la via nella testa, guardo in continuazione dei video. Prendiamo ad esempio la vicenda del Verdon: mi sono vista almeno un centinaio di volte il video di Monique Forestier, che è stata la seconda a ripetere la via. E l’ho fatto non tanto per capire i movimenti, ma perché quella storia mi stimolava tantissimo e dentro di me faceva scattare una molla importante. Mi veniva voglia di andare in Verdon e di provare quel tiro.

E la montagna? Ci hai mai pensato?
Ho fatto dei trekking con mio padre, qualche ferrata. Da bambina avevo paura dell’esposizione, ora non più. Mi piace lo scialpinismo, non ho mai smesso. Ho cominciato a sciare da piccolissima, con mio padre, e ho sempre continuato. Poi mi piace tantissimo viaggiare.

Quali sono i siti di scalata in cui ti senti a casa?
Kalymnos, un posto stupendo, con vie lunghe, di resistenza. Mi basta chiudere gli occhi per ritrovarmelo davanti e sentire il rumore del mare. Vicino a casa, mi sento a mio agio ovunque. Il Verdon mi ha colpito molto, ma lì ho scalato solo Tom et je ris, e ci sono rimasta quattro giorni in tutto. Ma voglio tornarci, e scalare vie lunghe. Prima di quel momento il Verdon non lo avevo mai visto.

Ti ha impressionato?
Non particolarmente, ma non me lo figuravo tanto strapiombante: mi sono affacciata sulla via, ma dall’alto non riuscivo a scorgere l’attacco: per vederlo mi sono dovuta calare con la corda. C’è stato anche un momento in cui, appesa alla corda, nel vuoto, non riuscivo a comunicare con i compagni.

Due parole sulle vie che ritieni più belle, e non necessariamente le più dure… Direi un certo 8a+ al settore Red Up, ad Albenga, poi la via Quarto potere a Campambiardo: non per l’estetica del posto, ma proprio solo per i movimenti della scalata. Poi, ovviamente, Tom et je ris in Verdon. E infine parecchie vie di Kalymnos, ma soprattutto una, vicino alla Grande grotta, un pochino più a destra, Punto Caramelo, un 8a+ che ho salito al tramonto ed è stata uno spettacolo.

La via del Pesce
Federica Mingolla realizza la prima femminile in libera (e in giornata) della via Attraverso il Pesce sulla parete sud della Marmolada. E con ciò entra a pieno titolo nella storia dell’alpinismo. La 21enne rock climber torinese ha realizzato l’impresa nella giornata di domenica 17 luglio 2016, scalando da capo­cordata e in libera (prima rotpunkt femminile) i 900 metri di parete verticale che sovrastano la Val Ombretta. Prima donna in assoluto a riuscire nell’impresa.

Partita alle ore 5.22 di domenica mattina 17 luglio, Federica è stata accompagnata durante la scalata da Roberto Conti, l’alpinista bresciano di 27 anni che le ha fatto da secondo di cordata. L’uscita dalla via è avvenuta alle ore 23.49, dopo 18 ore e 27 minuti di scalata.

L’itinerario è stato aperto nel lontano 1981, dal 2 al 4 agosto e in 35 ore di arrampicata, dai due alpinisti cecoslovacchi Igor Koller (di Bratislava) e il 17enne Jindřich Šustr. Heinz Mariacher aveva già tentato di salire quelle immani placche della Marmolada d’Ombretta, tra la via dell’Ideale e la Conforto, ma non aveva voluto ricorrere all’artificiale. I cecoslovacchi non ebbero questi problemi e passarono con 25 chiodi + 40 di sosta. Usarono anche nut, hexentric e friend, con un totale di 15 chiodi in artificiale + gli skyhook. Quella di Šustr capocordata è ancora oggi considerata una delle massime performance di tutti i tempi.

Fu l’impresa dell’anno senza alcun dubbio e ancora oggi il VII+ obbligatorio, gli innumerevoli tiri di VII e l’uso del cliff-hanger spaventano anche i migliori.

La battezzarono Weg durch den Fisch (via Attraverso il Pesce) anche se tutti la chiamano il Pesce. Salirono direttamente le grandi placche della parete meridionale della Marmolada d’Ombretta, rimanendo sempre un po’ a sinistra della verticale di una caratteristica nicchia a forma di pesce, che poi raggiunsero con passaggi rocamboleschi. Presto divenne una via famosa in tutto il mondo, con difficoltà molto elevate e continue nel tratto di parete attorno alla nicchia dove c’è il famoso passaggio del diedro svasato (di VIII+) e con altri passi in placche con piccoli fori che si mantengono sempre attorno all’VIII UIAA con un passo di IX- poco dopo la nicchia. I primi salitori ovviamente evitarono con l’aiuto dei cliff-hanger il superamento in libera dei passi più difficili. Lo sviluppo è di 1280 m, con difficoltà di VI e VII continue per 250 m e passi in A2-A3 sui cliff o di VIII+ (7b).

Con questi numeri è ovvio che si tratta di un’arrampicata libera estrema. Fino a ora nessuna donna aveva tentato l’ascensione in libera, senza l’uso di artificiale, nonché da capocordata. Federica: “Ho conosciuto Roberto Conti sabato, quando l’ho caricato in macchina per salire. Un amico me lo aveva consigliato in quanto bravo e simpatico. Nemmeno lui aveva mai salito la parete, pertanto era molto motivato… questo mi è bastato!“.

I due erano piuttosto “leggeri”: una serie di friend fino al n. 4, poi 4 o 5 Alien. Otto rinvii e molti cordini per le clessidre. Poi tre chiodi e un martello nel sacco da recupero, non utilizzati. In quella giornata ventosa, ma con tanto sole, la Mingolla ha salito interamente in arrampicata libera tutti e trentadue i tiri della via: dopo aver superato tutti i tratti più difficili e impegnativi, è però caduta con un breve volo su un passaggio di 6c, sul tiro che arriva alla nicchia. Sei metri di traverso. Fattasi ricalare in sosta, è ripartita riuscendo agevolmente a completare quella lunghezza. Questa piccola sbavatura non le ha permesso di dichiarare di aver compiuto l’intera ascensione on sight, oltre che in libera.

Dopo la cengia mediana le difficoltà tecniche calano, ma non certo l’impegno. Il tratto finale si svolge attraverso una serie di camini poco compatti, bagnati e in parte ghiacciati, che la cordata ha comunque superato senza ricorrere all’artificiale. I due, dopo aver scalato le ultime tre ore circa con la torcia frontale, hanno bivaccato nei pressi della vetta su una cengia in leggera discesa, in un solo saccopiuma e assicurati a un ancoraggio. C’era una tenda ad attenderli, messa in una zona riparata: ma l’oscurità non ha permesso loro di trovarla. Troppo stanchi per valutare soluzioni alternative, hanno giudicato imprudente scendere sul ghiacciaio.

Federica ha così commentato l’impresa: “Nei primi tiri lunghi, da 40 m, siamo stati bravi e veloci sia nella progressione che nell’individuare le soste. Un ovvio rallentamento è avvenuto sui tiri successivi e siamo arrivati nella nicchia del Pesce verso le 13, con un’ora di ritardo sul nostro programma di marcia. Ora che però è stata recuperata nei tiri successivi, che sono anche i più duri della via, e che abbiamo percorso stando nelle tre ore circa. Alle 17 eravamo in cengia. Molto difficoltosa è stata l’ultima parte. Nonostante il grado, relativamente semplice ma pur sempre da proteggere, la roccia era bagnata, non compatta e a volte ghiacciata, le soste difficili da individuare“.

Prima ascensione: Igor Koller e Jindřich Čumpelík Šustr, 2-4 agosto 1981;
Prima ripetizione e prima femminile: Luisa Iovane, Heinz Mariacher, Bruno Pederiva, Maurizio Manolo Zanolla, 1984;
Prima invernale: Maurizio Giordani, Franco Zenatti e Paolo Cipriani, 16-20 marzo 1986;
Prima rotpunkt: Heinz Mariacher e Bruno Pederiva, 16-17 agosto 1987;
Prima on sight: Daniele De Candido con Gildo Zanderigo, settembre 1990;
Prima solitaria: Maurizio Giordani (in free solo tranne che nei nove tiri centrali), 3 agosto 1990;
Prima solitaria in free solo: Hansjörg Auer, 29 aprile 2007;
Prima femminile rotpunkt: Federica Mingolla con Roberto Conti, 17 luglio 2016.

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Federica Mingolla e la “via del Pesce” ultima modifica: 2022-04-22T05:25:00+02:00 da GognaBlog

27 pensieri su “Federica Mingolla e la “via del Pesce””

  1. 27
    Nicola Rinaldi says:

    Alessandro Corsini, mi sa che quei due, più che stare a vedere le prefazioni dei libri della Mingolla, salgono le vie. Ho visto che poco fa Zeni ha fatto a vista il Pesce, credo che di Manolo ci sia più poco da dire ormai. Quei due hanno fatto grandi cose e continuano a farne come Wu Wei.. 

  2. 26
    Alessandro Corsini says:

    Speravo che ci fosse anche qui un commento di Scarian o di Zeni per far polemica perché si è fatta scrivere la prefazione da Manolo. Peccato

  3. 25
    Teo says:

    Credo che l equivoco sia dovuto a “storia dell’ alpinismo”. Se per storia dell’ alpinismo si intendono tutte le varie accezioni delle ascese (come le diverse varianti di una disciplina olimpica) questa salita lo è. Lo sarà anche la prima free solo femminile, la prima free solo invernale maschile e femminile, la prima on sight di un minorenne, di un settantenne, etc. Se invece per Storia dell’ Alpinismo si intende l innovazione, l idea nuova, un grado altissimo mai fatto su una via lunga (per i canoni moderni) questa salita non lo è. Lo sarebbe sicuramente stata 20 o 30 anni fa. Senza nulla togliere alla bravura indiscussa della Mingolla. Se prendiamo come valida la seconda delle due, entrare nella storia dell’ alpinismo oggigiorno è sempre più difficile proprio per l omogenizzazione del livello anche tra gli arrampicatori più forti.

  4. 24

    Il pesce l’hanno salito diverse donne ma non so di nessuna che l’abbia fatto tutto da prima. 
    Magari c’è,  magari no. E la differenza tra il salirla a tiri alterni, secondo me c’è. Nella “storia” della via c’è anche la prima in giornata di Holzkhnecht e Demetz, la prima di guida-cliente di Eisendle, ecc. Ogni storia è comunque personale e se lascia un bel segno è bella per sé e per chi vuole conoscerla.
    Ricky, conosco giovane guerriero (di nome, e  non per averla fatta) perché ero al Boccalatte di rientro dalle Jorasses il giorno dopo l’incidente al povero Pasquetto.
    Credo comunque che il pesce in apertura sia stato più difficile. Idea mia. Ciao.

  5. 23
    Cla says:

    Forse non ha fatto la storia dell’ alpinismo, sicuramente ha fatto la sua storia personale, questo basta Per me i due che si sono conosciuto quella mattina, fanno 32 tiri insieme dove le poche parole che dicono sono: ” vado, sosta, recupero, vieni, attento, tira, molla e poco alto, e in cima dormono in 2 in un sacco a pelo ( come fratello e sorella?), sono 2 grandi! 

  6. 22
    Riky says:

    e c comunque noto con piacere che quasi nessuno sa cosa sia “giovane guerriero”, mentre troppi sono ancora li a misurarselo affiancandolo a un pesce… siamo nel 2022!
    Le donne fanno il 9a+ (qualcuna anche il 9b)
    https://www.montagna.tv/199878/nolwen-berthier-ripete-super-crackinette-e-la-sesta-donna-al-mondo-da-9a/
    Fanno el Nino, golden gate, magic mushrooms, 
    https://www.lacrux.com/it/salita/babsi-zangerl-sale-il-muro-pre-muir-nella-valle-di-yosemite/
    fanno silbergeier
    https://www.youtube.com/watch?v=AN5CDewKVdk
    e vie trad che fanno spavento solo a guardarle
    https://www.youtube.com/watch?v=pUUyI39FOf4
    e questa è una lista veloce e superficiale dello stato della scalata al femminile dell’ultimo lustro.
    Il Pesce…. oggi è una bella via per forti alpinisti/e appassionati/e. @ugo manera, non sono invidioso di nulla, conosco e stimo Federica, non ho mai detto nulla contro di lei. Mi sembrate quelli che tutto è bianco o nero e soprattutto non leggono ciò che c’è scritto. Scusate ma è così e ribadisco a chiare lettere: sono infastidito dal fatto che i media giudichino chi scala il “pesce” uno che è entrato nel libro della storia dell’alpinismo… Non è così, fatevene una ragione: uno che ha fatto il pesce, anche se a vista, è sicuramente un bravo scalatore e merita un giro di birre al bar, magari anche una cena. Il grande alpinismo e la sua storia, nel 2022 abitano altrove e far passare questa come un’impresa è sbagliato, è una distorsione della realtà. Luisa Iovane l’ha già scalata nel 1984, se quasi 40’anni dopo siamo ancora li… dai,  Un noto scalatore italiano l’ha fatto, e a vista, diversi anni fa, e la cosa (giustamente) non ha avuto eco se non nell’ambiente (bar) locale per dire “che bravo!”. Il giorno dopo era a lezione in università, mica sulle cronache dei quotidiani nazionali… Poi ha dato seguito alle buone premesse con imprese che hanno segnato la storia dell’alpinismo! Non scherzano…
     

  7. 21
    Alberto Benassi says:

    Non si mette in dubbio la capacità, l’abilità, la voglia di confrontarsi e la passione alpinistica di Federica. Non è questo il fatto in discussione. Quello che mi lascia perplesso è questa volonta di eleggere a tutti i costi, quella che dovrebbe essere una bella soddisfazione “personale”,  a impresa da storia dell’alpinismo. 
    Ho fatto ho non ho fatto il Pesce?
    No non l’ho ripetuta . Ho però rip
    etuto sulla parete tante altre vie. Ma vi risparmio, visto il lungo elenco, vi onnoiereste?

  8. 20
    Marco furlani says:

    Sono perfettamente daccordo con Ugo Manera la via attraverso il pesce in qualsiasi modo tu la ripeta rimane sempre un’ascensione grandiosa che ha ricacciato indietro fior di arrampicatori. Maurizio Giordani non ha fatto solo la prima solitaria ma anche la prima invernale in condizioni veramente invernali per dovere di cronaca. Brava Federica continua cosi sei fortissima
     

  9. 19
    Riky says:

    @marcello, non mi risulta che gli arbitri di Champions League siano giocatori che normalmente militano in serie A. E neanche in C. E mi risulta che diverse donne l’abbiano fatta, semplicemente senza dirlo in quanto non rappresenta per loro un’impresa (posso darti 2 numeri di telefono). La storia dell’alpinismo è passata attraverso il pesce, e questo è innegabile. Ma adesso non è più così, il pesce è una via ambiziosa per gli appassionati della domenica. Poi non dobbiamo lamentarci se ci si ritrova a guardare in televisone “alpinisti” che non si capisce neanche che curriculum abbiano!

  10. 18
    antoniomereu says:

    Non mi pare proprio ci sia la fila per prendere il numeretto come in pescheria aggiungo solo;…spero presto in una cordata di Federica attraverso il pesce
    ,TUTTA al femminile che sappia mettere a tacere le chiacchiere da bar.
    p.s. grazie a Teo per aver riproposto e  postato l intervista del umile Daniele de Candido . 
     

  11. 17

    Il Coni ha stabilito che l’alpinismo è uno sport. Quindi, a meno che non si voglia cadere nella patetica ignoranza calcistica, uno sport lo possono giudicare con cognizione solo quelli che lo praticano a un livello quanto più vicino a quello di chi vogliono giudicare.
     

  12. 16
    Teo says:

    Il critico d’arte non è detto che sappia dipingere.

  13. 15

    Storia o non storia il pesce tutto da prima e in libera resta una grande prestazione.  Che io sappia è l’unica ragazza ad averlo salito così,  quindi, al di là di toni giornalistici inadatti o meno, resta una prestazione di tutto rispetto. E poi chi obietta ha salito il pesce? 

  14. 14
    Riky says:

    non confondiamo le cose: quello che si voleva dire è che un “giornalista” dovrebbe valorizzare una scalatrice (meritevole) per le imprese meritorie, che ha fatto! Sarò talebano, ma il pesce non ti fa entrare nella storia dell’alpinismo. Molto più interessante è ad esempio “il giovane guerriero”. 

  15. 13
    Ugo Manera says:

    Quante chiacchiere malevole! Forse i baldi “maschi” temono di perdere la supremazia? Fortuna che ci sono le ragazze che fanno fare bella figura allo sport italiano (vedi classiche del nord 2022 nel ciclismo). il pezzo poi, anche se di qualche anno fa, è interessante, semplice ed avvincente.
    Brava Federica, continua così. A proposito vorrei citare due “luoghi comuni” antichi: <<Non ti curar di loro, guarda e passa>> e: << i ragli degli asini non raggiungono il cielo>>

  16. 12
    Enri says:

    Sono davvero MOLTI quelli che hanno ripetuto il Pesce in libera da fondo a cima? Io non ho elementi per dirlo. Se me lo confermate vuol dire davvero che sono rimasto indietro nella valutazione di come si e’ evoluto il livello su questo genere di vie. Direi che il problema nasce dalle parole ” storia dell’alpinismo” forse un po’ eccessive.
    Per il resto una salita del Pesce in libera non ha nulla di ordinario e, nel caso della Mingolla, e’ una tappa importante in un curriculum piuttosto fenomenale direi… vie di falesia, alta montagna ( es. Pilastro Rosso e Est Grand Jorasses di un paio di anni fa se non erro… ). Comunque apprezzo questa ritrovata amena chiacchiera da Bar…. 
     

  17. 11
    Teo says:

    https://m.youtube.com/watch?v=UAqVoSj3IpU
    1990 Daniele De Candido racconta la prima on sight..10 ore fino in punta… Questa è storia dell’alpinismo. Che la Mingolla sia brava e forte nessuno lo mette in dubbio, ma la storia su quella via l hanno scritta altri
     

  18. 10
    daniele piccini says:

    Naturalmente, tutti voi l’avete fatta(naturalmente da primi) o forse sbaglio?

  19. 9
    Matteo says:

    Non è che io sia un fan della Mingolla, però chiamare “normale” una prima femminile in libera mi pare un po’ riduttivo, come discettare sul “a vista”.
    E il Pesce è lungo 3 volte Unhendliche Geschichte e moooolto meno chiodato…(e nemmeno questa è stata fatta “a vista”!)

  20. 8
    Alberto Benassi says:

    Infatti la storia su quella via l’hanno scritta altri. Poi ci sono MOLTI altri che l’hanno ripetuta e la Mingolla è una di queste. 
    Però si vuole a tutti i costi creare il personaggio. 

  21. 7
    Teo says:

    Mario, nessuno dice che non sia brava. Ma scrivere la storia dell’ alpinismo è un’ altra cosa. Tornando alla via del pesce la storia l hanno fatta in primis koller e sustr aprendola, Manolo e compagni ripetendola, De Candido con la prima onsight, Giordani con la prima solitaria, Auer con la prima free solo..non confondere le cose

  22. 6
    Mario says:

    Quante menate. Per mille sfigati\e che non si schiodano dalle falesie di 20 metri o dall’ indoor , una tipa che esce dai tiri di platica  e va a giocarsela sulle grandi pareti merita solo applausi . 

  23. 5
    Alberto Benassi says:

    Quanti/e hanno realizzato salite spettacolari, audaci e innovative. Ma non sono mai diventati/e personaggi da pagine patinate. Non gli interessava. Lo scopo non era questo .  La motivazione era solo passione, vivere un’esperienza personale. Un conto è raccontare. Un conto e sbandierare. 

  24. 4
    Teo says:

    Assolutamente d’accordo con i commenti precedenti. È solo una questione mediatica e basta. Cito dal sito di Angelo Elli. 1982-Pizzo Badile: nell’inverno due cecoslovacche tutte sole – Zuzana Hofmannova e Alena Stehlikova – salgono la temuta via Degli inglesi (hanno già al loro attivo l’invernale della via Degli Amici sulla Nord-ovest della Civetta). E’ una tappa significativa per la storia dell’alpinismo, non solo femminile, ma non ci sono giornalisti pronti a raccontarla. 

  25. 3

    Guarda che è l’explua in sé che è stato tirato mediaticamente dall’entourage della Mingolla, facendo passare l’ennesima salita “normale” come ad una paginetta di storia dell’alpinismo. Dopo di che dirci che probabilmente la Mingolla è l’unica Italiana a sperimentare la trovo un aggravante per dirci la pochezza del panomara arrampicatoria alpinistico italiano

  26. 2

    Continuo a pensare che gli explua sono ben altri, la visibilità in questi termini è frutto di un battage mediatico che concretamente non si confronta con le vere e uniche performance femminili di gran lunga superiori a questa che è ormai una salita, certamente di rango ma lasciatelo dire “normale” ma ormai il circo è aperto per tutti…

  27. 1
    Riky says:

    “Federica Mingolla realizza…la via attraverso il Pesce… E con ciò entra a pieno titolo nella storia dell’alpinismo.”
    Ma davvero qualcuno pensa che nel 2016 una ragazza talentosa entri nella storia dell’alpinismo per aver scalato di quella via (peraltro neanche fatta a vista). Questa notizia rappresenta la pochezza dell’informazione e dell’audience della montagna, una NON notizia. La Mingolla è brava, forte e determinata, tira in falesia e spinge in montagna, e giustamente ha spazio nella storia dell’alpinismo italiano, non fraintendetemi. Anzi, è probabilmente l’unica donna in Italia a fare qualcosa di interessante e nuovo. Ma è la pochezza dei media che hanno preso un prodotto video ben confezionato fatto da altri per dire qualcosa che in realtà, secondo chi scrive, vale poco. Nel senso: per una come Federica il “pesce” è una via dove andare a divertirsi, non è di certo una via da curriculum di top climber. Le top climber fanno Silbergeier, Unhendliche Geschichte, hanno fatto il Nose nel ’94…. tirare fuori il Pesce nel 2022 mi pare umiliante per la Mingolla e per chi legge.

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