Finale è un bufalo
di Marcello Cominetti
(pubblicato su marcellocominetti.blogspot.com il 16 dicembre 2019)
Il mio amico Andrea (Gallo) e i suoi collaboratori del Rockstore (Betta Belmonte in persona), mi hanno appena fatto dono dell’ultima guida sull’arrampicata a Finale che si chiama Finale51. L’ho appena messa sulla libreria dove ho tutte le edizioni, da quella tascabile Grillo-Calcagno-Simonetti (quella in cui si dice che a Finale non piove mai) a quella da collezionisti.
Si presenta come un cofanetto stile riedizione di certi CD dei Pink Floyd e contiene due volumetti scritti fitti fitti con schizzi e belle foto. In una ci sono perfino anch’io! Vi sono descritti migliaia di tiri di corda con nomi, gradi e altre informazioni ma la chicca che questa ingombrante guida trilingue può vantare, sono gli undici capitoli che parlano in prima persona o raccontano degli altrettanti attori che sulla scena di Finale hanno fatto la loro parte in questi 51 anni di scalate.
Tanto che vorrei fare delle aggiunte. Negli anni ’90 c’era fermento politico attorno alle rocce che fino ad allora erano state frequentate e attrezzate esclusivamente dagli appassionati. Ogni ente locale non si era mai spinto neppure alla base delle pareti per capire e i ciclisti erano di là dal venire, ma il comitato di personaggi locali che si era costituito voleva entrare a gamba tesa nelle faccende dei climber. Bisognava fronteggiarli dando una certa credibilità agli scalatori che presto avrebbero seduto al tavolo della prima riunione con assessori, imprenditori locali e azzeccagarbugli d’ogni sorta. La riunione era alle 21 di un giorno d’autunno e meno di un’ora prima eravamo ancora al bar tra le birre di una giornata passata come al solito a scalare.
L’atto costitutivo della Finaleros venne stipulato da un notaio inesistente ma ogni finalero lo conosce a memoria, quindi non serve redigerne copia. A quella riunione le vene del collo e della fronte di Lorenzo Cavanna si erano così tanto gonfiate da farci temere per la sua sopravvivenza.
Non andate subito a leggere i gradi e la prima libera delle vie. Leggetevi in poltrona o seduti su uno scoglio questi undici capitoletti di vita vissuta, scalerete meglio. Con linguaggio scanzonato, volutamente sgrammaticato (esattamente come quando si parla) e senza ricercatezze letterarie, ogni attore svuota il proprio scrigno di segreti (ariecco il Saucerful of secrets, di floydiana memoria – che volete, sono un po’ fissato) davvero col cuore, perché si capisce a ogni riga quanto queste persone amino quelle rocce calcaree. Tutto è legato a sensazioni forti e talvolta passate, indipendentemente dalle indubbie prestazioni alpinistiche e sportive che sulle rocce finalesi si sono avvicendate. Non ci sono filtri. E’ tutto scritto come quando si parlava dopo qualche bicchiere di nostralino allo zolfo di un tempo, tra le pietanze di Antonio all’Antica Osteria. Personalmente ho frequentato Finale a ondate e quindi in modo discontinuo, ma anche nei miei ricordi ho tenuto quelle sensazioni tanto ben descritte da quegli undici attori, che nel leggerle mi si sono rizzati i peli degli avambracci.
Costituimmo al volo i Finaleros e ci presentammo alla riunione dove Andrea (sempre Gallo) con una sicurezza di latta presentò agli astanti la Finale.ro.s, ovvero Finale Rocciatori Sportivi. Questo dettaglio non era emerso prima al bar, e quindi ci sorprese tutti. Finaleros compresi. Ma andava benissimo.
Ci dava molto fastidio che quelli che fino a pochi giorni prima avevano ignorato scalata e scalatori, volessero improvvisamente entrare nel nostro mondo senza conoscerne le regole mai scritte, solo perché si erano accorti che rappresentavamo un business e un’ottima alternativa invernale ai bagnanti. Quella sera non si arrivò alle mani per un pelo, ma si misero le basi che fecero diventare a Finale, l’arrampicata uno sport ma con una sua filosofia e carattere.
Oggi chi arriva a Finale trova belle rocce ben attrezzate, trail da bici di rinomanza mondiale, spiagge e scogliere sul mare blu e un sacco di locali in cui fare tardi o semplicemente mangiare. A proposito, se non lo siete davvero, specificate sempre che non siete milanesi, altrimenti il conto sarà triplicato. Se invece lo siete, rassegnatevi, nonostante ci siate abituati. Gli americani sono anche peggio, consolatevi così.
Dicevo, che si trovano insomma tutte queste facilities usa e getta, ma il nuovo arrivato non sa quanto sentimento ci sia stato dietro. Così Finalborgo dai palazzi scintillanti del centro storico e i vicoli pieni di gente e negozi è finito tra i Borghi più belli d’Italia. Noi ce lo ricordiamo quando Piazza Garibaldi era un parcheggio, i palazzi erano scrostati e grigi, il Bar Centrale un covo fumoso di ubriaconi (sempre gli stessi) e le pareti nascoste nella macchia che solo se conoscevi come arrivarci le trovavi. Quello, per fortuna, è ancora un po’ così. Non c’era un riconoscimento per i Borghi più brutti d’Italia, perché Finalborgo avrebbe potuto concorrere facendosi onore, ma a noi piaceva così. Mai stati dei raffinati.
Nonostante nessuno faccia molto per farci arrivare la gente, ne arriva tantissima, anche troppa, e l’incapacità tutta ligure di essere ospitali e cordiali con lo straniero è diventata una prerogativa ricercata. Roba da matti. In una trattoria ho sentito un oste spazientito dire a degli avventori: ma perché non ve ne andate in Trentino? E il tono era lo stesso di quando si manda al diavolo qualcuno. In Liguria i commenti negativi su Tripadvisor sono un punto d’orgoglio, cosa credevate?!
La nota commovente, e manco è stata l’unica, l’ho trovata nelle prime pagine, nei ringraziamenti. Lì sono citato assieme al mio amico Sandro Pansini (che tutti chiamano Pans ma io l’ho sempre chiamato Ciuppe) con la dicitura: la coppia che ha resistito di più.
E’ vero, siamo amici da tutta la vita e non siamo ancora stanchi di esserlo. Abbiamo attraversato ere, matrimoni, relazioni sentimentali varie, passioni e altro, ma siamo sempre lì, accidenti. Appena ci riesce andiamo a litigare con qualche tiro troppo duro per noi senza sapere se inseguiamo la prestazione o le ombre rosa o blu sulle nostre pareti preferite, che sono più o meno le stesse da quarant’anni. Fatelo un po’ voi!?
Commento direttamente qui per fare capire a chi continua a non riuscirci, lo stato dell’arte relativo all’amministrazione finalese nei confronti degli scalatori. Gli stessi commenti a questo post aiutano ulteriormente a comprendere. Eppure, tra le riunioni anni ’90 e oggi di tempo ne è passato, ma la situazione è solo riuscita a peggiorare. Tenete conto che i bikers non necessitano di parcheggi (i parcheggi sono solo l’esempio più semplice, ma c’è ben altro) perché possono lasciare l’auto dove vogliono e poi si muovono in bici. Aggiungo che in vita mia non ho mai pagato un parcheggio, ma questo è un problema mio, che ho i rinvii tutti diversi uno dall’altro (e mi stanno sul cazzo quelli che li hanno tutti uguali, ma anche questo è un problema mio), che per scalare indosso abiti logori nonostante abbia come sponsor una delle ditte di abbigliamento numero uno al mondo e che se una falesia mi piace sono disposto a camminare per ore (anche giorni) senza che questo sia per me un problema.
Malpezzi, con tutto il rispetto, credimi, ma il tuo scarso comprendonio e quel tuo voler pagare i parcheggi (usanza che trovo incivile, che ci vuoi fare) tutto meneghino trovano in parte risposta anche nei commenti qui sotto. Non mi erigo di certo a maestrino ma se penso una cosa (specie se la conosco molto più del mio interlocutore) la dico. Sempre.
Marcello, grande come sempre!
E grazie per aver menzionato Antonio dell’Antica Osteria…. quanti ricordi!
Io ho conosciuto liguri a Lerici, per motivi di lavoro, un campus di biologia marina dove portiamo sempre i bambini. Mi sono sempre mosso in punta di piedi, senza mai approfittare. Ho ricevuto non solo gentilezza, ma anche più del dovuto. Gente splendida.
Forse sono stato fortunato. O solo educato.
“La signora del Bar Centrale si chiama Renate. È tedesca.”
in effetti pareva strano che un ligure non fregasse i turisti…
La signora del Bar Centrale si chiama Renate. È tedesca.
mi ricordo di una Final Borgo di altri tempi, dove non c’erano di certo i tanti e chiassosi bar di adesso che distribuiscono aperitivi a tutta randa.
Il ritrovo a far colazione e merenda poi, era al Bar Centrale dove a capo della gestione c’era una gentile e sempre elegante signora di cui non ricordo il nome. Spesso si telefonava al bar centrale prima di partire per sapere se pioveva e Lei ci rispondeva sempre: venite c’è il sole, non venite che piove. Non ci ha mai fregato.
I Liguri hanno animo generoso e gentile, solo che non sopportano un particolare tipo di turista: quello che arriva, paga e pretende. Ecco questo proprio non lo sopportano. Il turista deva sostanzialmente chiedere rispettosamente, se poi incontra la disponibilità del gestore bene se no non gli resta che ubbidire….
Final Borgo, anche se si è abbellito parecchio negli anni, rimane a tratti decadente, facciate da rifare, locali che non investono più di tanto, in quella logica tutta ligure che quando ci si sta dentro e si guadagna abbastanza, non ha senso investire per migliorare. Io sono ligure, capisco la filosofia, anche se mi rimane il dubbio che, a lunga scadenza, i figli ed i nipoti possano trovare lungo per questo modo di pensare, ma oggi è cosi…
Scalatori se ne vendono ben meno che negli anni 90, sciami di biciclette, per questo molte delle falesie e delle via di Finale hanno mantenuto, se non riacquistato, il loro fascino orginario. Il livello delle prestazioni medio si è alzato all’inverosimile, ma molti dei tiri duri e tiri bandiera di Finale sono lì a farsi corteggiare, salvo qualche fuoriclasse straniero o un paio di giovani mutanti locali, non ho notizia di ripetizioni a raffica di molti di questi tiri. Per non parlare dei tiri intermedi, per molti 7a e 7b di Finale serve la voglia di farli, che vuol dire spenderci tempo ed energie che in altre falesie ti permetterebbero di fare vie di uno se non due gradi sopra. E va bene cosi!
Gallese, i liguri sono anche peggio. Badano all’essenziale anche quando, alcuni, potrebbero abbandonarsi all’opulenza. Quindi, simpatia e buonismo sono a loro sconosciuti. Il bello è che i “foresti” che vivono in Liguria presto abbracciano questa filosofia ingrassando irrimediabilmente le fila degli antipatici. Fanno eccezione i milanesi, che meriterebbero un lungo discorso a parte, che comunque ho accennato nel post… Ciao
Racconto di montagna vissuta con passione. E quella foto la conoscevo anche io!
Ma davvero i liguri sono, o erano così?