Forse potrebbe scagionarlo
di Marco Pizzi
(pubblicato nel gruppo fb Alpinismo-Mountaineering l’11 giugno 2022)
Mi è capitato sovente di essere critico, anche duramente, nei confronti di Reinhold Messner perché al di là delle sue straordinarie imprese alpinistiche, davanti alle quali possiamo solo inchinarci, e al di là della sua preziosa opera di divulgazione della cultura montana non sempre ho gradito certe sue esternazioni e prese di posizione e certi giudizi ingenerosi nei confronti di colleghi.
Insomma non sono certo un fanboy di quelli che non appena viene nominato l’alpinista altoatesino comincia compulsivamente e acriticamente a mettere cuoricini e pollici in alto sui social… però sono uno che si è francamente rotto le scatole (per non dire altro) che ogni volta che sui media viene nominato il Nanga Parbat venga ricordata in certi modi e con certe parole la tragedia di Günther.
E non mi riferisco solo alle piccole testate che fino al giorno prima si erano occupate di arredamento d’interni, di giardinaggio o di pesca a traino e d’improvviso, nel loro perenne accattonaggio di visibilità, sfruttano una notizia (preferibilmente tragica perché come recita il vecchio adagio giornalistico “se scorre il sangue allora si vende”) per racimolare qualche click, ma ahimè anche testate di settore che di montagna possono parlare in mille modi e testate anche note e prestigiose (o almeno un tempo lo erano). Certo, stavolta l’occasione era ghiotta… il ritrovamento dello scarpone di Günther è quanto meno un po’ più attinente alla tragedia del 1970 rispetto alle millemila volte in cui di quella sfortunata discesa sul versante Diamir si è parlato in occasione di ogni evento, bello o brutto, riguardante il Nanga dopo essere andati a bussare a casa Messner per chiedere un’opinione o, più spesso, dopo aver ripreso le dichiarazioni rilasciate ad altre testate e averne mischiato i contenuti a cazzo di cane. E scusate il termine tecnico.
La costante di questi trafiletti era sempre, ed è tuttora, il parlare dell’incidente di Günther lasciando sempre un vago senso di indefinito, di sospetto, di poco chiaro; e anche stavolta non si sono smentiti. Non sto a mettere i link a vari articoli che mi è toccato leggere in questi giorni perché mi rifiuto di dare ulteriore visibilità a certe cialtronerie ma basta una ricerca con Google e se ne trovano a decine che in riferimento al ritrovamento dello scarpone scrivono, cito testualmente, “forse potrebbe scagionarlo dall’accusa di aver abbandonato il fratello, stremato, durante la salita per inseguire la sua ambizione“.
Segnatevi bene queste tre parole: FORSE – POTREBBE – SCAGIONARLO. E ora andiamo ad analizzarle una per una partendo dal fondo.
SCAGIONARE. Ma scagionare cosa? Chi ha bisogno di essere scagionato da una qualche nuova prova è chi è messo sotto accusa da indizi più o meno pesanti… ma di indizi (e men che meno prove) di una colpa di Reinhold non ce ne sono e non ce ne sono mai stati. E quella contro di lui non è nemmeno un’accusa ma una vergognosa e calunniosa illazione di Herrligkoffer, supportata da zero, ribadisco zero, prove (alla faccia del buonsenso e delle norme giuridiche che prevedono che l’onere della prova spetti a chi accusa) e dettata probabilmente da un’antipatia personale per l’incompatibilità tra il carattere libero dei fratelli Messner e la disciplina asburgica del capospedizione. E da un’illazione non c’è nemmeno bisogno di scagionarsi, bisogna solo metterla dove merita: nel cassonetto dell’umido.
POTREBBE. Ma potrebbe cosa? Ammettiamo, solo per amor di discussione, che Reinhold abbia avuto bisogno di essere scagionato da qualcosa… non sarebbero bastati i resti trovati ormai 17 anni fa sul versante Diamir a confermare la genuinità del racconto di Messner? Un ritrovamento in grado di cancellare qualsiasi dubbio e di relegare le indegne parole di Karl Maria HerrligKoffer, Max von Kienlin e Hans Saler all’armadio della vergogna… e questi ancora usano i verbi al condizionale.
FORSE. Ed ecco il capolavoro. Forse cosa? Hanno davvero scritto “forse”. Come se, qualora ci fosse stato bisogno di scagionarsi da un’accusa (e bisogno non ce n’era) e qualora non ci fosse stato in precedenza il rinvenimento dei resti che ha tagliato la testa al toro, questo ulteriore ritrovamento non sarebbe stato decisivo tanto da doverlo accompagnare con un “forse”? In pratica lasciando il dubbio che Messner possa aver abbandonato il fratello sul versante Rupal con un piede nudo, abbia portato lo scarpone in vetta e l’abbia poi scaraventato giù per il Diamir in modo da costruirsi l’alibi? Dai, su… Avete scritto una frase di merda, senza se e senza ma.
Il guaio, quando si ha a che fare con un giornalismo pressapochista e deontologicamente discutibile è che per quanto priva di qualunque senso logico, la calunnia (che già non dovrebbe esistere di suo) non solo non viene spenta ma addirittura alimentata; e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. E infatti, sui social mi è toccato leggere svariati commenti, per fortuna minoritari ma pur sempre troppi, che a base di relativamente innocenti “mah, chissà come è andata” o di ben più pesanti “mah, secondo me Reinhold non la racconta giusta” che definire ripugnanti è eufemistico. E pazienza se provengono da nullatenenti neuronali e lasciano pertanto il tempo che trovano… non si dovrebbero leggere comunque mai.
Reinhold Messner ha le spalle parecchio larghe (penso ad esempio al povero Claudio Corti che non le aveva altrettanto larghe quando toccò a lui subire analoghe, anzi ancora più infamanti, calunnie basate sul nulla) e può benissimo fottersene altamente di chi con parole mal combinate e dettate dalla perpetua fame di click, alimenta la cultura del sospetto in certi minus habentes da tastiera, ma ha quasi 80 anni e da oltre 50 gli stanno rompendo i coglioni con questa storia. Direi che sarebbe il caso di smetterla, no?
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Anche se in ritardo sono d’accordo con tutti coloro che hanno manifestato il loro apprezzamento per questo articolo.
Dover rientrare in casa e dare la notizia ai propri genitori penso sia stato straziante e lacerante ,un peso enorme da dover portare…gli dei della montagna hanno tolto e dato in quell occasione …sicuramente hanno rivelato a Rainold la meschinità e la vera natura di molti suoi simili.
Ritornando al tema, voi criticoni (compreso il sottoscritto) sappiate che il nostro Reinhold alla bella età di ventisei anni, pubblicò “Zurüch in die Berge”. Fu proprio l’anno del Nanga Parbat (1970), in piena epoca da Sturm und Drang.
In Italia comparve nel 1971 col titolo di “Ritorno ai monti” per merito della Casa editrice Athesia di Bolzano, ed è uno dei libri piú romantici che io conosca. Messner romantico: incredibile!
Comprate il libro su eBay in edizione originale, con la copertina cartonata, di grande formato e con tantissime fotografie. Recentemente ne è apparsa una nuova edizione, la cui veste editoriale però è piú modesta. Cioè, in soldoni, fa sognare di meno.
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Se il vostro cuore non si è già inaridito con le gare di arrampicata sportiva, potrete scoprire che cosa vi può donare l’alpinismo del tempo che fu.
E infine, la madre di tutte le prove che un essere umano deve affrontare: la Morte.
Tutti moriremo, ma pochi ci riflettono nel corso dell’esistenza, se non alla fine. Come l’affronterò io? Non lo so. È una cosa talmente enorme che nessuno può saperlo.
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Beato chi crede in Dio, perché comunque avrà vissuto meglio di me, che purtroppo sono agnostico.
Può essere che la questione antipatico/autoritario/duce, ecc stia dentro un’idea semplice: la concezione marziale.
Il governo di una situazione complessa o critica tende ad essere meglio gestito se marzialmente concepito.
Ruoli, compiti, responsabilità, doveri nella concezione marziale sono chiari e netti, soprattutto non contaminati dall’indulgenza. Anche il subalterno consapevole del valore strumentale allo scopo di questa struttura, non può che condividere l’eventuale punizione che gli viene comminata.
Chi non ha esperito il necessario per condividere questa posizione, non potrà che trovare antipatico chi la pratica.
Sono considerazioni che si prestano ad un caleidoscopio di tangenti e/o equivoci, tuttavia ognuno può trovare nella propria biografia qualcosa che le conferma.
Altre situazioni critiche che rivelano le qualità morali di un essere umano sono una grave malattia e la miseria. Per quanto concerne quest’ultima, temo purtroppo che tanti milioni di italiani presto saranno messi alla prova.
Ragazzi, speriamo bene.
«Ma Bonatti era simpatico?»
Da quanto ne ho letto, ritengo di no. Inoltre, pure lui era autoritario, ma forse non ai livelli stratosferici di Messner.
Però era un uomo integerrimo: per me, al di là delle mie antipatie e simpatie, è ciò che conta di piú.
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Naturalmente non ho mai incontrato né l’uno né l’altro. Il mio giudizio si basa soltanto sulle mie letture e sui racconti di chi lo ha conosciuto di persona.
A volte è impresa ardua conoscere la vera natura di un essere umano, se non forse nei momenti critici, per esempio in alpinismo di alta difficoltà (beninteso, alta in relazione alle capacità di chi la deve affrontare) o durante un’ascensione nella tempesta, in un incidente o una situazione critica di sopravvivenza: un naufragio o altra catastrofe.
A maggior ragione mi domando: c’è da fidarsi a giudicare una persona sulla base di quanto ne riferiscono altri?
Certi accanimenti sono da poveretti, da gente che ha dei problemi.
Correttezza a parte, Messner può non risultare simpatico ma sulle sue principali vicende, alpinistiche e umane, bisognerebbe stare zitti perché si farebbe miglior figura.
E’ più di un anno che sto’ tribolando con un piede che non si decide a tornare come prima nonostante un intervento chirurgico resosi necessario. In questo lungo periodo ho spesso pensato a Messner che si è ritrovato senza 7 dita (mi pare), ho visto le foto dei suoi piedi e mi sono spesso domandato come cavolo sia riuscito a fare quello che ha fatto. E mi sono anche spesso domandato cosa avrebbe fatto se non avesse perso le dita.
Ognuno reagisce alle avversità alla sua maniera. Forse qualcuno avebbe preferito vederlo girare con le stampelle e adattarsi a un lavoro da impiegato dietro a una scrivania. Beh, invece, col suo carattere di m…. (sempre secondo alcuni), ha salito altri 13 ottomila e ha fatto anche altre cose. E poi gli inevitabili confronti con personaggi nel pieno della condizione fisica, Tizio è stato più forte, Caio anche.
Vabbè, inutile stare a discutere, tanto chi non capisce non capirà mai.
Mi ha sempre stupito chi dubitava sull’esito di questa triste storia. Poi, il ritrovamento dei resti di Günther dalla “parte giusta” avrebbero dovuto togliere ogni dubbio a chiunque. La storia dell’alpinismo è piena di balle, ma qui si parla di due compagni di cordata in circostanze in cui la sopravvivenza di entrambi dipende da entrambi. E poi (forse prima di tutto) di due fratelli. Non capisco come si possa dubitare.
Sulla simpatia o meno di Reinhold Messner si tratta di gusti. Io l’ho conosciuto e ci siamo fatti sane risate discutendo del più e del meno.
Ma Bonatti era simpatico?
Il capospedizione e soci, conoscevano la Rupal, la Diamir e i Messner. Così come non si capacitavano della sopravvivenza di Reinhold, per gli stessi motivi sorse l’idea che altro dalla versione di Messner, forse era accaduto.
In seguito, da bocca in bocca, da invidia a invidia, la questione è divenuta una forma-pensiero, il cui corrispondente reale era una sorta di accusa bella e buona di aver abbandonato il fratello in salita. Un’ipotesi che forse per chi la sosteneva spiegava la sopravvivenza di Reinhold, e quindi si rinforzava.
Senza la sopravvivenza di Reinhold, quell’ipotesi si sarebbe ulteriormente rinforza, divenendo la verità più accreditatile.
Messner è estremamente egocentrico, con un insopportabile carattere autoritario: un duce! In qualche pagina dei suoi libri lo riconosce lui stesso.
Però non ho mai avuto il minimo dubbio sulla sua versione dei fatti che successero al Nanga Parbat nel 1970.
Finalmente qualcuno che dice le cose come stanno! Messner è ora che venga lasciato stare in Santa pace.Personalmente non ho mai messo in discussione la versione di Reinold ,perchè di lui si possono dire tante cose : non molto simpatico a prima vista , Guru delle montagne ,uno dei più Grandi alpinisti di tutti i tempi!Và bene ma ,chiunque ha dubbi sulla sua correttezza ,non ha capito o meglio non conosce Messner.Quindi mi rivolgo a tutti coloro che hanno scritto cose false,vomitevoli,riempendosi la bocca di paroloni altisonanti senza il minimo rispetto di un uomo che ha perso un fratello a cui era profondamente legato :FATE SILENZIO ! Schweigen bitte verstehen!
Le parole..! finali di questo bellissimo articolo , sono quelle giuste.!! non c’è bisogno di aggiungere altro..! Grazie “Alessandro..!
Mai creduto alle malelingue. Reinhold ha già sofferto abbastanza per questa vicenda, è ora di consegnarla alla Storia. Ho sempre davanti il suo pianto nel film sulla sua vita, quando ricorda l’episodio. Vedere un uomo così abituato alla fatica, e dunque al dolore, sciogliersi come un bambino, mi ha toccato.
Troppo d’accordo,io sono appassionato di ”vicende alpinistiche” pur non avendo mai praticato l’alpinismo,personalmente non ho mai messo in dubbio la versione di Reinhold ,bravo Marco ,hai descritto perfettamente ciò che ahimè succede sempre più spesso in tutti i campi:perenne accattonaggio di visibilità
Commentare o ancora peggio ingastrirsi per vicende legate al Parbat lo trovo un po’ anacronistico. Come l’autore nutro odio e amore per Messner, ho ripetuto circa una decina delle sue vie in dolomiti, alcune classiche altre estreme e chiaramente non si discute. Non lo amo invece quando vedo certe cose fatte e costruite sulle sue montagne, musei di cemento sui cucuzzoli dentro a parchi naturale, permesso sdoganato per il suo altisonante nome? Ha provato a fare il politico barcamenandosi da ” paraculo” ( perdonate l’eufemismo) a destra e a sinistra per poi capire che non era pane suo. Insomma tutto ciò al di fuori dalle sue imprese, personalmente le ho trovate spesso imbarazzanti
Non so chi sia Marco Pizzi (interventisti sta su fa?) però c’è da fargli i complimenti per il dono della sintesi.
Un’ evidenza e’che gli scarponi di pelle e cuoio hanno dimostrato una bella resistenza ai fattori disgreganti,non saprei se quelli in plastica sarebbero ancora consistenti o ridotti in scaglie. Il resto della vicenda è concluso definitivamente.