Free solo

Realizzato da National Geographic Documentary Films, dal 19 febbraio 2019 nei cinema italiani sarà proiettato il film dell’incredibile salita solitaria di Alex Honnold sulla via Freerider di El Capitan.

Lettura: spessore-weight(3), impegno-effort(2), disimpegno-entertainment(2)

Free solo

Free Solo, il film che racconta l’impresa di Alex Honnold, primo climber al mondo a scalare i quasi mille metri della parete di El Capitan nello Yosemite National Park senza corda e senza protezioni, arriva sul grande schermo in Italia dal 19 febbraio 2019 (www.banff.it/freesolo). La première è di questa sera, a Milano, presso il cinema The Space Odeon, alle ore 20.30. A questa seguirà un calendario in continua crescita (attualmente ci sono 39 date).

Per il calendario completo e info per l’acquisto del biglietto consultare il sito www.banff.it/freesolo. C’è grande curiosità e aspettativa sulla possibilità che Free solo vinca l’Oscar per il miglio documentario, ma lo si saprà solo in occasione della Notte degli Oscar il 24 febbraio 2019.

Considerazioni sul free solo show
Quelle che seguono sono alcune riflessioni sul free solo, allargate però alle esigenze di spettacolo che possono diventare presenza assai ingombrante nella psicologia del protagonista e quindi alla fine anche degli stessi spettatori.

Non sono pochi coloro che criticano il free solo, alcuni lo fanno con una smorfia di perplessità dubbiosa altri con evidente aggressività. E non sono pochi neppure coloro che lo lodano incondizionatamente, dimostrando di comprendere nulla di ciò che realmente significhi e di esserne soltanto affascinati. Secondo il mio parere entrambe le categorie si situano al di fuori di una realtà che, oltre che essere prima di tutto individualità del protagonista, fa parte di quei fenomeni che in qualche modo creano fazioni. Come se dividerci in giudizi contrapposti favorisse la comprensione del fenomeno. L’alpinismo e l’arrampicata solitari sono sempre esistiti, solo lo show in diretta o quasi è una novità rispetto ai tempi di Winkler, Comici, Buhl. Poi, Bonatti, Messner, Giordani e Casarotto avevano spostato le coordinate verso il tempo reale, ma qui siamo in pieno tempo reale. Una troupe di ripresa piazzata a pochi metri può anche intervenire in caso di bisogno, si sa. Ma tutti sanno anche che non è il caso di farci effettivo affidamento: se uno cade, in genere cade d’improvviso e nessuno ha il tempo di aiutarlo. I movimenti sono precisi perché imparati a memoria, non può facilmente succedere che un movimento sia azzardato in modo tale da provocare quell’esitazione che permetterebbe alla troupe di lanciare una corda di soccorso. Dunque il free solo è davvero pericoloso, perché il minimo errore può essere fatale, senza alcuno sconto.

Alex Honnold su Freerider

Non sono molti però quelli che hanno trovato la morte nello svolgimento di questa pratica. Mi vengono in mente John Bachar e Francis Knez, entrambi caduti su percorsi che conoscevano a memoria. A mio parere li ha traditi l’eccessiva confidenza, come se la quantità di ripetizioni solitarie di quelle vie avesse offuscato la qualità della loro attenzione.

Di certo, in una grande impresa come quella su Freerider, Honnold non ha mai abbassato la guardia, la sua concentrazione è stata la sua migliore alleata. Essere vigili, concentrati e “freddi” è sintomo della migliore alleanza tra la propria volontà e il proprio essere profondo, quello che alla fine determina non solo i nostri successi o insuccessi ma che è anche padrone della nostra reale voglia di vivere o di morire. Ripeto “reale”, perché tutti a parole vogliamo vivere, ma sbagliamo quando pensiamo che quel poco che riusciamo a vedere sia l’unica realtà che ci riguarda e quando soprattutto riteniamo con convinzione che non ci sia nulla d’incognito nei nostri desideri.

Il free solo richiede che questa alleanza sia rinnovata giorno per giorno senza permettere intrusioni di noia, abitudine, fame di gloria o ego-inflazione. Chi riesce in questa difficile e giornaliera capacità diplomatica con le diverse componenti di se stesso è un buon candidato alle grandi o piccole imprese di free solo. Molto nemica è la spensieratezza, quella che colpisce quando nessuno se lo aspetta, quando il divertimento frenetico e l’adrenalina del piacere possono seppellire interi gruppetti di spensierati sciatori fuori pista.

Honnold è uomo che sa gestirsi bene, di certo saprà riconoscere quando non ci saranno più le condizioni effettive per un buon accordo interiore. Non occorre essere grandi pensatori per questa capacità, anzi di solito la semplicità e l’understatement funzionano benissimo, fino che appunto non sono ostacolati da noia, abitudine, fame di gloria o ego-inflazione.

Alex Honnold su Freerider

Il film
Il film è in lingua originale con sottotitoli in italiano e ha una durata di 99 minuti. La regia è di Elizabeth Chai Vasarhelyi e del fotografo, regista e alpinista di fama internazionale Jimmy Chin, grande amico di Honnold.

Il film non è soltanto di interesse per chi pratica attivamente l’arrampicata, ma è un ritratto intimo delle emozioni e delle motivazioni di un climber professionista mentre si prepara a realizzare il suo più grande sogno. Che cosa spinge un uomo a confrontarsi con un’impresa ai limiti di quanto è ritenuto possibile? Quale percorso deve compiere per raggiungere con successo un simile risultato? A testimoniare le diverse fasi dell’impresa e i momenti più appassionanti sono i racconti della famiglia, della fidanzata, degli amici e del dream-team tecnico, inseriti tra le immagini più strepitose della straordinaria avventura.

L’impresa
Alex Honnold, uno dei climber più forti oggi sulla scena mondiale, ha scelto la via Freerider, aperta nel 1998 dal tedesco Alex Huber, per compiere quella che è stata definita dal The New York Times “probabilmente la più grande impresa nella storia dell’arrampicata su roccia”: quasi mille metri di dislivello scalati completamente in free solo senza corda e senza protezioni. Honnold ha effettuato l’ascensione sabato 3 giugno 2017, iniziando a salire alle 5.32 del mattino e raggiungendo la vetta in sole 3 ore e 56 minuti.

L’arrampicata in free solo mette alla prova praticamente ogni aspetto delle capacità fisiche e mentali di un climber, così come altre doti quali flessibilità e resistenza. Honnold ha dovuto poi calcolare anche altri fattori ambientali, come l’esposizione al sole, al vento o l’arrivo di temporali improvvisi.

Ma il vero test è stato capire se Alex era in grado di mantenere l’autocontrollo mano a mano che saliva da solo per centinaia di metri, eseguendo complicate sequenze, durante le quali basta un dettaglio fuori posto a decidere tra la vita e la morte. I migliori climber sottolineano l’abilità unica che ha Honnold nel rimanere calmo e freddo anche in situazioni così critiche e pericolose, una capacità che ha sviluppato in 20 anni di attività. La sua imperturbabilità di fronte a situazioni di pericolo è talmente particolare da essere oggetto di studio da parte di un gruppo di neuroscienziati interessati a capire se il suo cervello si differenzia in qualche modo dalla media. Honnold la vede invece in maniera più pragmatica: “Facendo free solo so naturalmente di correre dei pericoli, ma provare paura una volta che sono lassù non mi aiuterebbe comunque“, dice. “Limiterebbe solamente le mie capacità, così non faccio altro che metterla da parte”.

Una buona parte della sua compostezza deriva senza dubbio dalla sua accuratissima preparazione, che prevede allenamenti costanti e specifici, nonché la memorizzazione delle sequenze esatte di ogni passaggio. Per avere un’idea del rigore con cui Honnold si allena basti pensare a questo breve scambio avuto con un giornalista di National Geographic subito dopo la sua salita: “Come passerai il resto del pomeriggio?”. Risposta: “Farò un po’ di trazioni […] Faccio trazioni tutti i giorni e oggi è un giorno come tutti”.

Alex Honnold
Atleta talentuoso ma rigorosissimo negli allenamenti, Honnold è stato soprannominato nell’ambiente dei climber No Big Deal, a causa del suo understatement e della sua attitudine schiva. Nonostante questo, le sue incredibili salite senza corda e protezioni lo hanno portato alla fama mondiale e di lui hanno scritto moltissime testate, dal New York Times a National Geographic al New Yorker, solo per restare negli Stati Uniti. A lui sono stati dedicati diversi film tra cui Alone on the Wall, nominato agli Emmy e diverse altre produzioni ReelRock.

Honnold è anche fondatore della Honnold Foundation, una fondazione ambientalista no profit. Ha sempre mantenuto uno stile di vita molto semplice da Dirtbag climber, vivendo per la maggior parte del tempo nel suo furgone e viaggiando per il mondo alla ricerca della prossima avventura.

Alex Honnold è diventato famoso in tutto il mondo grazie alle sue audaci salite in free solo ma, come si può ben vedere dalla lista delle sue salite più importanti, è in realtà un alpinista completo che ha compiuto imprese al più alto livello, come ad esempio la prima traversata integrale del gruppo del Fitz Roy e la prima traversata in giornata del gruppo del Cerro Torre.

Per biografia vedi: https://it.wikipedia.org/wiki/Alex_Honnold.

Le imprese di Alex Honnold
– Freerider nella Yosemite Valley in un giorno nel maggio 2007 quando aveva 21 anni;
Bushido and Hong Kong Phooey, nello Utah, tra il 9 e l’11 marzo 2008;
– free solo della via Heaven (7c) e della via Cosmic Debris (8a) nello Yosemite;
Ripetizione dello Highball Boulder di Kevin Jorgeson Ambrosia (V11) a Bishop in California;
Salita in free solo della via The Phoenix, il primo 7c+ degli Stati Uniti;
Salita in free solo delle vie Astroman e Rostrum nello Yosemite in un solo giorno nel settembre 2007; è stato la seconda persona al mondo dopo Peter Croft (1987);
Salita in free solo della via Zion’s Moonlight Buttress il primo aprile 2008;
Salita in free solo della via Regular Northwest Face dell’Half Dome il 6 settembre 2008;
Ripete le vie Parthian Shot, New Statesman, Meshuga (in free solo), scala a vista la via Gaia (successivamente la ripeterà in solitaria) e una salita a vista in free solo della via London Wall durante un viaggio in Inghilterra alla fine del 2008;
Concatenamento in giornata, nel luglio 2010 assieme a Sean Leary, delle vie The Nose, Salathé e Lurking Fear su El Capitan;
Concatenamento in libera e in giornata, con Tommy Caldwell nel maggio 2012, del Mount Watkins, dell’El Capitan (Freerider) e dello Half Dome (Regular Northwest Face), incontrando difficoltà di 7c+ e impiegando 21 ore e 15 minuti;
Record di velocità nella salita della via alpinistica Excalibur (5.10+/A3), su El Capitan, scalata in 16 ore e 10 minuti, assieme a David Allfrey il 9 novembre 2013;
free solo della via El Sendero Luminoso (7b+, 500 m), Messico, il 14 gennaio 2014, impiegando due ore;
Prima traversata integrale del gruppo del Fitz Roy con Tommy Caldwell, dal 12 al 16 febbraio 2014, salita per la quale nel 2015 riceve il Piolet d’Or;
Prima traversata in giornata del gruppo del Cerro Torre con Colin Haley, il 31 gennaio 2016, impiegando 20 ore e 40 minuti dall’inizio delle difficoltà (colle Standhardt) alla cima del Cerro Torre;
free solo della via Freerider (7c,1000 m) nella Yosemite Valley, il 3 giugno 2017.

Jimmy Chin ed Elizabeth Chai Vasarhelyi

I registi
Elizabeth Chai Vasarhelyi e Jimmy Chin raccontano che cosa ha significato riprendere l’impresa di Honnold durante le riprese di Free Solo. “E se cadesse?” Questa è stata la domanda centrale che i due registi si sono posti. “Come fai a riprendere una persona quando sai che potrebbe precipitare e morire in una frazione di secondo, mentre la tua fotocamera è puntata su di lui?”

“Chai ed io abbiamo fatto un passo indietro e ci siamo presi un po’ di tempo per pensare se questa era una cosa che volevamo fare veramente”, dice Jimmy Chin, che oltre a essere un video maker è un alpinista professionista, amico di Alex. I registi si sono dovuti confrontare con il loro senso di responsabilità nei confronti di Honnold e dei pericoli che la semplice presenza di una troupe televisiva poteva creare durante la documentazione della scalata. I due si sono posti molte domande sul senso etico dell’operazione e su come la loro presenza avrebbe potuto influenzare la salita di Honnold. Jimmy Chin e il suo assistente Cheyne Lempe si sono calati a corda doppia con le loro cineprese per seguire Honnold mano a mano che eseguiva l’ultima metà dell’arrampicata e hanno fatto fatica a tenere il suo passo. Alla fine Chin è riuscito a correre in cima per filmare Alex Honnold… su quello che in quel momento era il “tetto del mondo.”

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Free solo ultima modifica: 2019-02-19T05:29:01+01:00 da GognaBlog

15 pensieri su “Free solo”

  1. 15
    lorenzo merlo says:

    Secondo i situazionisti – Francia anni 60 –, la messa in scena o – anni di oggi – la messa on line, ovvero la diffusione di immagini della realtà verso recettori – spettatori – che non l’hanno vissuta direttamente – non ne sono stati attori – comporta, nel suo moltiplicarsi – di situazioni – una progressiva e necessaria distanza – impoverimento, noia, indifferenza, alienazione – tanto di quanto viene trasmesso, quanto di se stessi: crescita del desiderio di novità e ricerca di soddisfazione. Un ciclo spiritualmente patologico, fisicamente anche esiziale.

    È ciò che accade per quanto viene trasmesso attraverso i quadretti di realtà virtuale, smartphone, pc, tv, film. Il suo moltiplicarsi, il suo accesso gratuito o obbligato, ci allontana progressivamente dal messaggio che avrebbe voluto avuto inizialmente.

    Sul campo siamo tutti disponibili ad un atto di solidarietà. Dal divano tende a diventare possibile cancellare il volto di un profugo morente e passare a Sanremo.

    La virtualità è un bagnasciuga che trita i connotati originari e massifica. La comunicazione che sa come approfittarsene è lì a raccogliere i frutti. Per noi erano fatica e speranza, per loro sono denaro e potere.

    Quell’alienazione non è solo esogena, ma riguarda noi stessi.
    Se la gratuità di soddisfazione del desiderio, la quindi libera ripetizione, implicano lo smarrimento del senso iniziale del messaggio, verso noi stessi si avvia un decadimento della tenzone di realizzazione creativa di sé. È la soddisfazione del principio di piacere portata a diritto nel privarlo di doveri.

    Altrimenti detto è la rivelazione del segreto senza esserne all’altezza, senza aver risalito la traccia ermetica che conduce alla sua sorgente. È la banalizzazione perciò spalmata potenzialmente su tutto, in quanto tutto è dato, in quanto il mistero è svelato, lo spirito della relazione con esso, interrotto. Zap.

    È un po’ quanto avviene in democrazia e per la democrazia. L’avventura massificata tende ad accomodare le culture prima eruttive in tranquilli budini.
    È un po’ quanto fanno il corso e il metodo che alludono i più a un termine dell’apprendimento e alla sua garanzia.
    È un po’ come fa la satira che sbeffeggiando il potere di uno lo fa digerire a tutti.
    È il ciclo della bulimia, la soddisfazione di masticare in perpetua ripetizione a forma di cinta di castità spirituale e creativa. La gratificazione in vista, che ci attira è presto erosa per lasciare spazio ad una nuova famelica consumazione.

    Seguiranno altri film, documentari, video, meravigliosi su imprese e umanità talentuosa. Picchi straordinari che mortificheranno noi e il contenuto stesso dell’impresa. Siamo sassi tritati dalla messa in scena, ridotti a ciottoli, senza valore come persone e biografie, col massimo valore come consumatori.
    L’islam che copre le donne lo sa.
    L’occidente che le scopre no.
    Guy Debord, Pasolini, Eric Fromm, il buddhismo ce lo avevano detto.

  2. 14
    Fabio Bertoncelli says:

    Invito tutti a leggere “Dialogo tra un islandese e la Natura “, di Giacomo Leopardi.

    Poi meditate.

  3. 13
    Alberto Benassi says:

    Questo però non c’entra niente con l’argomento free solo e con Honnold. Basta leggere quello che dice Alex per comprendere che lui non vive ricercando la morte,

    manco io cerco la morte, non solo Honnold.  Ma so che un giorno la morte  cercherà me e sarà dura nascordermi.

  4. 12

    Gli alti e bassi della vita condizionano chiunque. Ma uno come Alex Honnold non é di certo (almeno per ora) influenzabile da queste cose, semplicemente perché vive solo per arrampicare. Almeno, a me sembra così.

  5. 11
    Giandomenico Foresti says:

    Le cose si stanno facendo complicate, invito Lorenzo Merlo ad intervenire per fare chiarezza.

  6. 10
    Paolo Panzeri says:

    Non sono così complicato, provo a spiegarmi.
    Per me la morte è una ovvietà, la incontro sempre e dappertutto e so che morirò: semplice.
    Nascere e vivere è una eccezione perchè l’essere che nasce e vive è sempre unico, so di sicuro che non potrò rinascere e vivere, almeno come sono già nato e ho vissuto: difficilissimo e parecchio.
    Quindi curo la vita, la morte so che arriverà e non la cerco con razionalità.
    Per me il suicidio è un brevissimo atto di coraggio di lunghissima vigliaccheria… ma difronte alla sofferenza fisica come un tumore o una malformazione forse non è vigliaccheria.
    🙂

  7. 9
    Marco Silvestri says:

    Vivere non è più difficile di morire perchè se no nel mondo ci sarebbe un tasso di suicidi che neanche lontanamente ci immaginiamo, e te lo dice uno che queste cose le conosce bene per aver lavorato in un certo ambito. Togliersi la vita è un atto estremamente difficile da compiere e quando lo si compie è perchè non si vede nessuna alternativa possibile. Con questo non sto’ dicendo che non esistano vie d’uscita perchè quelle ci sono quasi sempre, sto’ solo dicendo che chi si suicida non le vede e in quel momento non ha nessuno vicino che l’aiuti a vederle.

    Questo però non c’entra niente con l’argomento free solo e con Honnold. Basta leggere quello che dice Alex per comprendere che lui non vive ricercando la morte, semplicemente vuole vivere facendo ciò che gli piace anche se questo comporta quello che lui definisce “un più alto rischio”.

    Ma tornando alla frase di Panzeri, che Benassi, beato lui, sembra aver compreso perfettamente, o viene spiegata meglio oppure c’è qualcosa che non torna perchè vita e morte sono due facce della stessa medaglia, se esiste una esiste anche l’altra e se non esiste una non esiste nemmeno l’altra. Quindi o sono entrambe delle ovvietà o sono entrambe delle eccezioni. E’ semplicemente una questione di logica.

  8. 8
    Alberto Benassi says:

    La morte è una certezza e un’ovvietà e la vita un’eccezione? Questa proprio non l’ho capita.

    vivere è difficile. Morire è molto più facile, poi la morte è il logico fine della vita.

  9. 7
    Alberto Benassi says:

    che Free solo è con tanto di: regista cameramen, fotografi e assistenti vari, tutti piazzate nei punti chiave?

  10. 6
    Marco Silvestri says:

    La morte è una certezza e un’ovvietà e la vita un’eccezione? Questa proprio non l’ho capita.

  11. 5
    Alberto Benassi says:

    Per me è molto più importante preservare e coltivare questa eccezione, la morte è una ovvietà.

    Molto saggio!

    Penso di andare a vedere questo film anche se non condivido questo film. Non lo condivido perchè vedo molta/troppa  spettacolarizzazione, che mina il rapporto con per la parete e con se stessi.    Credo che una scalata in free solo sia una cosa molto intima che fai e vivi  solo per te. Il racconto di quello che hai vissuto e provato in quella scatala credo debba essere, se vuoi,  un atto successivo.

    Quale sarebbe stato il seguito se Honnold fosse caduto? Fare vedere la sua morte in diretta perchè  lo spettacolo deve comunque continuare?

  12. 4
    PaoloPanzeri says:

    L’arrampicata senza corda è una forma di alpinismo.
    Dato che ogni alpinista si esprime secondo la propria natura direi che è una espressione fra le varie nature umane.
    Di sicuro una sua componente è una sfida molto complessa e rischiosa alla vita e sfiora come forse nessuna la sua separazione dalla morte.
    Però la morte è una certezza, mentre la vita è una eccezione.
    Per me è molto più importante preservare e coltivare questa eccezione, la morte è una ovvietà.

  13. 3
    Giancarlo Venturini says:

    Ho letto..il suo “Libro “…Un Uomo…,un ragazzo, con doti fantastiche,  che cura tutti i particolari per una Salita..cosi estrema..! Non solo L’ Oscar..molto di più….!! Saluti..G.C.

  14. 2
    Antonio Arioti says:

    Il free solo è una sfida e come tale presenta delle incognite.

    La preparazione fisica e mentale aiuta considerevolmente a ridurre i margini di rischio ma non li può annullare.

    Ciascuno valuta il rischio in base all’utilità che ne deriva, laddove non se ne intravvede l’utilità possono scattare l’incomprensione e la critica.

    Sono cose difficili da comprendere e pure da spiegare, in quanto estremamente personali, e quindi alla fine si possono solo accettare o non accettare.

    Penso che alla base ci sia comunque il bisogno di dare un senso alla propria vita, senso che altre persone danno, o forse credono di dare, facendo cose molto più normali.

    Se mi capita andrò sicuramente a vedere il film.

  15. 1
    Alberto Benassi says:

    Non sono molti però quelli che hanno trovato la morte nello svolgimento di questa pratica. Mi vengono in mente John Bachar e Francis Knez, entrambi caduti su percorsi che conoscevano a memoria. A mio parere li ha traditi l’eccessiva confidenza, come se la quantità di ripetizioni solitarie di quelle vie avesse offuscato la qualità della loro attenzione.

    Si l’eccessiva confidenza nel fare una cosa è molto pericolosa. Lo è in tanti ambiti della vita. Anche nel lavoro. Quanti infortuni sul lavoro avvengono per troppa confidenza? Tanti!

    Ma oltre alla troppa confidenza, c’è secondo me c’è anche la realtà che nonostante tutta la nostra preparazione, il sapere a memoria i movimenti, conoscere perfettamente l’itinerario, restiamo  comunque sempre umani. Portati ad avere ALTI  e  BASSI che possono rivelarsi anche all’improvviso nonostante tutti i calcoli fatti.

    Con questo non voglio condannare il free solo. Anzi mi piacerebbe essere in grado di poterlo praticare e ammirazione per questo ragazzo.  Ma forse questa mia troppo forte consapevolezza della debolezza umana o questa mia incapacità di mettere da parte la paura, a differenza di Honnold, mi impediscono di farlo. Quindi belle le solitarie ma una cordina dietro, fa la differenza.

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