Geologia e mozzicone di lapis
di Michele Comi
(pubblicato su linkedin.com il 17 maggio 2020)
Telerilevamento da aerei, satelliti, droni e sonde spaziali, CAD/GIS, interferometria radar, software e modellazioni geologiche 3D, GPS e una sterminata sensoristica a supporto del monitoraggio geotecnico e idrometeorologico… consentono al moderno geologo di indagare la complessità della Terra con strumenti impensabili sino a pochi anni fa.
Il miglioramento tecnologico e la straripante capacità di analisi dei nuovi strumenti hanno progressivamente messo in disparte i tradizionali “strumenti” di lavoro del geologo.
La “borsa” del medico condotto, nel nostro caso medico della Terra, contiene ancora un buon paio di scarponi (consunti dall’uso), un quaderno di campagna, martello, bussola e lapis.
Questi strumenti poveri, uniti alla disponibilità a calpestare e percorrere ogni anfratto dell’area da indagare, sanno ancora restituire qualche informazione preziosa e di prima mano.
Con occhio curioso e un po’ di fatica, con i nostri limitati sensi, è pure possibile iniziare a farsi un quadro d’insieme dei fenomeni, delimitarne all’incirca i confini, la geometria tridimensionale, percepirne direttamente lo stato evolutivo.
Un’informazione di base, certamente insufficiente a comprendere all’istante l’incertezza e variabilità di ogni fenomeno geologico, ma che ancor oggi costituisce una rappresentazione preziosa, un dato di partenza indispensabile, a supporto dei magnifici strumenti di elaborazione, monitoraggio e calcolo che oggi abbiamo a disposizione.
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Purtroppo o per fortuna , le Dolomiti son cosi’ lavorate grazie a milioni di anni di erosione.. e anche un anzianotto frequentante la zona del cuore si accorge di crolli. Si calcola che abbiano perso parecchie migliaia di metri in altitudine da quando emersero dal mare .Interessante vedere la geologia nelle pareti delle case antiche, raccogliere sassi nei torrenti ed ora pure sotto pareti o guglie da poco crollate: la roccia e’bianca o rosata, sembra zucchero. Quando poi si trovano impronte fossili..si e’ combatuttuti tra la tentazione di prelevarle e il rispetto..parecchie zone sono state depredate a picconate e persino con candelotti di esplosivo..per fornire collezioni e vetrine di negozi.
Pare che per essere geologi occorra anche una mano apprezzabile e un certo senso artistico: san Romedio si riconosce al volo e il gruppo dell’Adamello accennato sullo sfondo è una chicca.
Chapeau!
Bravo Mic.
Tecnologia e simulazione non sostituiscano il campo e l’esplorazione.
Ciao Marcello! La tua testimonianza fa il paio con quella dello spalar neve come miglior lezione per comprenderne il mistero. Mi piace! Un saluto
E a proposito di imprescindibile esperienza sul campo, mi è venuto in mente un episodio del 2004 che venne riportato dalla stampa locale e non che potete leggere qui
https://www.planetmountain.com/it/notizie/arrampicata/cinque-torri-e-crollata-la-trephor.html
In realtà sostenevo da mesi che la Torre Trephor (Gruppo 5 Torri d’Averau-Cortina) si fosse inclinata perché scalarne il suo versante nord, già strapiombante, era sempre più faticoso.Il primo ad accorgersi del crollo fu probabilmente il mio amico e collega Giorgio Manica, che spintosi a piedi (di solito in Maggio la strada è ancora innevata e quindi impercorribile in auto) alla base delle Torri per arrampicare con un cliente, trovò la Trephor “sdraiata” e in pezzi. Mi telefonò subito perché non credeva ai suoi occhi, mentre ero in Sardegna, dicendomi che al cliente, che era lì per la prima volta, non aveva detto nulla.Ovviamente scalarono sulle altre torri ma Giorgio restò tutto il giorno con la paura che la torre su cui stavano scalando crollasse da un momento all’altro.In questi casi, specie in Dolomiti, anche senza essere geologi ma dovendoci inevitabilmente occupare di geologia spicciola, il filo a piombo della corda è un affidabile strumento che ci dice se la montagna si è inclinata. Così come un vecchio solido chiodo che si sfila con le dita da una fessura o la necessità di passare a una misura superiore del friend o del nut che di solito si usava per proteggere un certo passaggio che si conosce bene.
Michele, complimenti per i disegni! Ciao
Infatti, ho sempre visto i geologi impolverati e un po’ sgarruppati, come i veterinari. Per non parlare delle loro automobili piene di ghiaia e sterpi. O sbaglio?
Diceva sempre il grande prof. Claudio Smiraglia ai suoi studenti: “Non puoi capire davvero un ghiacciaio, solo da uno schermo che te ne mostri tutte le caratteristiche. Ci devi camminare sopra.”
Gli scarponi consunti si potrebbero risuolare e ingrassare con le cuciture ripassate e rinforzate. In zone montane si trova abile calzolaio quasi sempre. si usa il secondo paio diriserva ed due giorni dopo il lavoro di ristrutturazione e’completato Di lapis , grafite o colorati e pure copiativi meglio averne piu’ d’uno con le punte rifatte e coperte da cappuccio.Il gelo eventuale che si potrebbe trovare, farebbe congelare gli inchiostri .Meglio pur sempre che le campagne di rilievo geologiche sul campo siano ben remunerate oltre alle spese pagate extra.