Gestione dell’epidemia: i due stili strategici
di Roberto Buffagni
(pubblicato su italiaeilmondo.com il 14 marzo 2020)
Propongo una ipotesi in merito ai diversi stili strategici di gestione dell’epidemia adottati in Europa e altrove. Sottolineo che si tratta di una pura ipotesi, perché per sostanziarla ci vogliono competenze e informazioni statistiche, epidemiologiche, economiche che non possiedo e non si improvvisano. Sono benvenute le critiche e le obiezioni anche radicali.
L’ipotesi è la seguente: lo stile strategico di gestione dell’epidemia rispecchia fedelmente l’etica e il modo di intendere interesse nazionale e priorità politiche degli Stati e, in misura minore, anche delle nazioni e dei popoli. La scelta dello stile strategico di gestione è squisitamente politica.
Gli stili strategici di gestione sono essenzialmente due:
1) Non si contrasta il contagio, si punta tutto sulla cura dei malati (modello tedesco, britannico, parzialmente francese);
2) Si contrasta il contagio contenendolo il più possibile con provvedimenti emergenziali di isolamento della popolazione (modello cinese, italiano, sudcoreano).
Chi sceglie il modello 1) fa un calcolo costi/benefici, e sceglie consapevolmente di sacrificare una quota della propria popolazione. Questa quota è più o meno ampia a seconda delle capacità di risposta del servizio sanitario nazionale, in particolare del numero di posti disponibili in terapia intensiva (T.I.). A quanto riesco a capire, infatti, il Coronavirus presenta le seguenti caratteristiche: alta contagiosità, percentuale limitata di esiti fatali (diretti o per complicanze), ma percentuale relativamente alta (intorno al 10%, mi pare) di malati che abbisognano di cure nei reparti di terapia intensiva. Se così stanno le cose, in caso di contagio massiccio della popolazione – in Germania, ad esempio, Angela Merkel prevede un 60-70% di contagiati – nessun servizio sanitario nazionale sarà in grado di prestare le cure necessarie a tutta la percentuale di malati da ricoverarsi in T.I., una quota dei quali viene così condannata a morte in anticipo. La quota di pre-condannati a morte sarà più o meno ampia a seconda delle capacità del sistema sanitario, della composizione demografica della popolazione (rischiano di più i vecchi), e di altri fattori imprevedibili quali eventuali mutazioni del virus.
La ratio di questa decisione sembra la seguente:
a) L’adozione del modello 2) (contenimento dell’infezione) avrebbe costi economici devastanti;
b) La quota di popolazione che viene pre-condannata a morte è in larga misura composta di persone anziane e/o già malate, e pertanto la sua scomparsa non soltanto non compromette la funzionalità del sistema economico ma semmai la favorisce, alleviando i costi del sistema pensionistico e dell’assistenza sanitaria e sociale nel medio periodo, per di più innescando un processo economicamente espansivo grazie alle eredità che, come già avvenuto nelle grandi epidemie del passato, accresceranno liquidità e patrimonio di giovani con più alta propensione al consumo e all’investimento rispetto ai loro maggiori;
c) Soprattutto, la scelta del modello 1) accresce la potenza economico-politica relativa dei paesi che lo adottano rispetto ai loro concorrenti che adottano il modello 2), i quali devono scontare il danno economico devastante che comporta. Approfittando delle difficoltà dei loro concorrenti 2), le imprese dei paesi 1) potranno rapidamente sostituirsi ad essi, conquistando significative quote di mercato e imponendo loro, nel medio periodo, la propria egemonia economica e politica.
Naturalmente, per l’adozione del modello 1) sono indispensabili due requisiti: un centro direzionale politico statale coerentemente e tradizionalmente orientato su una accezione particolarmente radicale e spietata dell’interesse nazionale (tipici i casi britannico e tedesco); una forte disciplina sociale (ecco perché l’adozione del modello 1) da parte della Francia sarà problematica, e probabilmente si assisterà a una riconversione della scelta strategica verso il modello 2).
L’adozione del modello 1), insomma, corrisponde a uno stile strategico squisitamente bellico. La scelta di sacrificare consapevolmente una parte della popolazione economicamente e politicamente poco utile a vantaggio della potenza che può sviluppare il sistema economico-politico, in soldoni la scelta di liberarsi dalla zavorra per combattere più efficacemente, è infatti una tipica scelta necessitata in tempo di guerra, quando è normale perché indispensabile, ad esempio, privilegiare cure mediche e rifornimenti alimentari dei combattenti su cura e vitto di tutti gli altri, donne, vecchi e bambini compresi, nei soli limiti imposti dalla tenuta del morale della popolazione, che è altrettanto indispensabile sostenere.
Gli Stati che adottano il modello 1), dunque, non agiscono come se i loro concorrenti fossero avversari, ma come se fossero nemici, e come se la competizione economica fosse una vera e propria guerra, che si differenzia dalla guerra guerreggiata per il solo fatto che non scendono in campo gli eserciti. La condotta di questo tipo di guerra, proprio perché è una guerra coperta, sarà particolarmente dura e spietata, perché non vi ha luogo alcuno né il diritto bellico, né l’onore militare che ad esempio vieta il maltrattamento o peggio l’uccisione di prigionieri e civili, l’impiego di armi di distruzione di massa, ecc. Per concludere, la scelta del modello 1) privilegia, nella valutazione strategica, la finestra di opportunità immediata (conquistare con un’azione rapida e violenta un vantaggio strategico sul nemico) sulla finestra di opportunità strategica di medio-lungo periodo (rinsaldare la coesione nazionale, diminuire la dipendenza e vulnerabilità della propria economia dalle altrui accrescendo investimenti statali e domanda interna).
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Alla luce di quanto delineato a proposito degli Stati che adottano il modello 1), è più facile descrivere lo stile etico-politico degli Stati che adottano il modello 29.
Nel caso della Cina, è indubbio che il centro direttivo politico cinese sappia molto bene che la competizione economica è componente decisiva della “guerra ibrida”. Furono anzi proprio due colonnelli dello Stato Maggiore cinese, Liang Qiao e Xiangsui Wang, che negli anni Ottanta elaborarono il testo seminale sulla “guerra asimmetrica”[1].
Credo che il centro direzionale politico cinese abbia scelto, pare con successo, di adottare il modello 2) per tre ragioni di fondo:
a) il carattere spiccatamente comunitario della tradizione culturale cinese, nella quale il concetto liberale di individuo e il concetto cristiano di persona hanno rilievo scarso o nullo;
b) il profondo rispetto per i vecchi e gli antenati, cardine del confucianesimo;
c) una valutazione strategica di lungo periodo, riassumibile in queste due massime di Sun Tzu, il pensatore che più ispira lo stile strategico cinese: “La vittoria si ottiene quando i superiori e gli inferiori sono animati dallo stesso spirito” e “Una guida coerente permette agli uomini di sviluppare la fiducia che il loro ambiente sia onesto e affidabile, e che valga la pena combattere per esso”. In altri termini, penso che la direzione cinese abbia valutato che il vantaggio strategico di lungo periodo di preservare e anzi rafforzare la coesione sociale e culturale della propria popolazione superasse il costo di breve-medio periodo del danno economico, e della rinuncia a profittare nell’immediato delle difficoltà degli avversari. Perché “le vie che portano a conoscere il successo” sono tre:
c1. Sapere quando si può o non si può combattere;
c2. Sapersi avvalere sia di forze numerose che di forze esigue;
c3. Saper infondere uguali propositi nei superiori e negli inferiori.
Nel caso dell’Italia, la scelta – per quanto incerta e mal eseguita – del modello 2) credo dipenda dalle seguenti ragioni:
a) Sul piano culturale, dall’influsso della civiltà italiana ed europea premoderna, infusa com’è di sensibilità precristiana, contadina e mediterranea per la famiglia e la creaturalità, poi parzialmente assorbita dal cattolicesimo controriformato e dal barocco: un influsso di lunghissima durata che continua a operare nonostante la protestantizzazione della Chiesa cattolica odierna, e nonostante l’egemonia culturale, almeno di superficie, di liberalismo ideologico e liberismo economico;
b) Sempre sul piano culturale, dal pacifismo instaurato dopo la sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale e perpetuato prima dalle sinistre comuniste e dal mondo cattolico, poi dalle dirigenze liberal-progressiste UE; un pacifismo che genera espressioni buffe come “soldati di pace”, e la negazione metodica della dimensione tragica della storia;
c) Sul piano politico, sia dal grave disordine istituzionale, ove i livelli decisionali si sovrappongono e ostacolano reciprocamente, come s’è palesato nel conflitto tra Stato e Regioni all’apertura della crisi epidemiologica; sia dalle preoccupazioni elettorali di tutti i partiti; sia dalla fragile legittimazione dello Stato, antico problema italiano;
d) sul piano politico-operativo, dalla sbalorditiva incapacità delle classi dirigenti, nelle quali decenni di selezione alla rovescia e abitudine a scaricare responsabilità, scelte e relative motivazioni sulle spalle dell’Unione Europea hanno indotto una forma mentis che induce sempre a imboccare la linea di minor resistenza: che in questo caso è proprio la scelta di contenere il contagio, perché per scegliere la via del triage bellico di massa (comunque la si giudichi, e io la giudico molto negativamente) ci vuole una notevolissima capacità di decisione politica.
In altre parole, la scelta italiana del modello 2) ha ragioni superficiali e consapevoli nei nostri difetti politici e istituzionali, e ragioni profonde e semiconsapevoli nei pregi della civiltà e della cultura a cui, quasi senza più saperlo, l’Italia continua a ispirarsi, specie nei momenti difficili: siamo stati senz’altro umani e civili, e forse anche strategicamente lungimiranti, senza sapere bene perché. Però lo siamo stati, e di questo dobbiamo ringraziare i nostri antenati defunti, i Lari[2] il cui culto, sotto diversi nomi, si perde nei secoli e millenni; e che senza saperlo, oggi onoriamo e veneriamo facendo tutto il possibile per curare i nostri padri, madri, nonni, anche se non servono più a niente.
Farebbe sorridere Sun Tzu e forse anche Hegel constatare che i due modelli impongono metodi operativi di implementazione esattamente opposti rispetto allo stile strategico.
L’implementazione del modello 1) (non conteniamo il contagio, sacrifichiamo consapevolmente una quota di popolazione) non richiede alcuna misura di restrizione della libertà: la vita quotidiana prosegue esattamente come prima, tranne che molti si ammalano e una percentuale non esattamente prevedibile ma non trascurabile di essi, non potendo ottenere le cure necessarie per ragioni di capienza del servizio sanitario, muore.
L’implementazione del modello 2) (conteniamo il contagio per salvare tutti i salvabili) richiede invece l’applicazione di misure severissime di restrizione delle libertà personali, e anzi esigerebbe, per essere coerentemente effettuato, il dispiegamento di una vera e propria dittatura, per quanto morbida e temporanea, in modo da garantire l’unità del comando e la protezione della comunità dallo scatenamento delle passioni irrazionali, cioè da se stessa. Operativamente, la direzione esecutiva del modello 2) dovrebbe essere affidata proprio alle forze armate, che possiedono sia le competenze tecniche, sia la struttura rigidamente gerarchica adatte.
Concludo dicendo che sono contento che l’Italia abbia scelto di salvare tutti i salvabili. Lo sta facendo goffamente, e non sa bene perché lo fa: ma lo fa. Stavolta è facile dire: right or wrong, my country.
Note
[1] Liang Qiao e Xiangsui Wang, Guerra senza limiti. L’arte della guerra asimmetrica fra terrorismo e globalizzazione, LEG Edizioni, 2011;
[2] v. https://www.romanoimpero.com/2018/07/culto-dei-lari.html.
Lusa, ancora una volta i giornalisti si sono impegnati: più che assaltare, delle persone hanno fatto la spesa e volevano uscire senza pagare. That’s all.
Capisco, purtroppo, la disperazione.
Insomma: “Vincere. E vinceremo”.
Siete d’accordo? 😂😂😂 (pardon: 😷😷😷)
Speriamo tanto Paolo. Proprio poco fa ho avuto un’informazione importante che un po’ mi ha consolato e che va nella direzione del precedente post su Gattinoni. La fonte è bergamasca, molto autorevole, di ambiente Mario Negri. Sembra stiano lavorando molto alacremente da tutte le parti sul piano clinico e che sperino di arrivare a protocolli terapeutici più efficaci che si possano mettere in campo prima del vaccino. Il mostriciattolo è furbo e cattivo, ma lo siamo anche noi piccoli predatori opportunisti con dei lobi frontali sproporzionati e venderemo cara la pelle come specie, a meno che ci mettiamo a farci del male a vicenda.
Sui giornali sta circolando la notizia che a Palermo un gruppo di gente ha assaltato un market.
Numeri un poco ragionati.
Oggi tutti i mezzi di informazione dicono che i numeri ieri sono aumentati.
Dico veramente con gioia che oggi il numero dei necrologi della mia provincia, che conto da parecchi giorni, ha toccato il “livello più basso” degli ultimi 14 giorni, oggi è a 152, dopo un recente picco fino a 203 e varie oscillazioni.
Quando scenderà sotto i 100 sarò fiducioso in un rientro a livelli strutturali (20-30).
Almeno i miei piccoli pensieri nascono da dati storici e confrontabili. 🙂
Pour la dernière fois: i dati su cui si fonderà il lavoro dell’illustre prof. Gattinoni scaturiscono dalla sua esperienza e dalla sua ricerca personale, non provengono dai giornali.
Nel frattempo, i meno noti infermieri e medici in prima linea vengono imbavagliati, come sta accadendo in Sardegna, dove si lamenta la mancanza di presidi di base preziosi, per sé e per i degenti.
Questo e il modello mentale “clinico” al suo più alto livello. Il prof. Gattinoni, maestro indiscusso di tutti i rianimatori italiani: usare i dati e le intuizioni per comprendere i meccanismi sottostanti i fenomeni e poi trovare le soluzioni. La clinica ci darà la soluzione: la statistica medica sarà la base su cui costruire ma poiché l’uomo non è un algoritmo entreranno in gioco altre capacità umane, attualmente non emulabili dall’IA e il cui fondamento ancora ignoriamo.
https://www.leggo.it/italia/cronache/coronavirus_
medico_gattinoni_attacca_polmoni_diventa_letale_cosa_succede-5136343.html
Sui gruppi. Io uso i miei ferri del mestiere. Nei gruppi entrano in gioco tre emozioni primarie potentissime che stanno sotto la dimensione operativa e razionale (Alfred Bion) soprattutto sotto stress: Dipendenza, Fraternità, Attacco e Fuga. Oggi le puoi osservare in azione tutte e tre, a volte contemporaneamente. Anche la seconda ha dei pericoli, ma le altre due possono essere letali. Dipende cosa prevarrà e qui gioca un ruolo cruciale la leadership.
Caro Roberto, certamente comprendo cosa scrivi. Ognuno di noi interpreta la realtà con i propri strumenti, è naturale.
Tuttavia penso che sia utile, forse non indispensabile, cercare di andare oltre questa dimensione astratta dei calcoli in cui, inconsapevole, tutti tendiamo per via delle notizie continue che vengono fornite e della modalità con cui vengono diffuse.
Uno dei motivi per cui raramente prendo il metrò quando sono a Milano è perché mal sopporto la musica ad alto volume trasmessa dagli altoparlanti e i display con notiziari e pubblicità senza posa.
Anch’io sono una runner solitaria, ma nella comunità ci credo. Penso che se ognuno di noi fa la propria parte tendendo la mano al proprio vicino, si possa andare più lontano e in maniera più salutare.
Ciò di cui desideravi convincere Crovella sono corse reali oppure qualcosa di virtuale?
Perdonate lo sfogo, mi sento anch’io stanca.
Caro Fabio, attenzione: sin dall’inizio ripetiamo che i numeri forniti possono non essere reali.
Sin dall’inizio si sono nutriti dubbi riguardo ai tamponi, ovvero se effettivamente includessero la precisa sequenza del virus attuale. A questo proposito erano stati interpellati gli ospedali coinvolti che hanno risposto in maniera evasiva.
Tutto il diligente studio che avete portato avanti si basa su dati di cui non abbiamo certezza. Ognuno ha le sue passioni ed è lecito trascorrere il tempo come più gli aggrada, ma se è una caccia ai morti quella che perseguite per puro esercizio, si può giocare alla play station. Oppure, se non ci si vuole troppo scostare dalla realtà, si faccia i conti di quanta gente si ammala all’ombra delle raffinerie, per esempio, di quante modificazioni genetiche avvengono negli esseri viventi coinvolti (animali, piante, esseri umani).
Il popolo non è esasperato da ciò che realmente accade, ma da questa continua conta dei morti, dei “contagiati”, dei guariti.
Da sempre baso le mie credenze su fatti concreti e questo mi tiene al riparo dalla bacchetta di chi orchestra così mirabilmente le nostre vite (visti i risultati del popolo pronto a fare tutto) e così, invece di guardare la bacchetta, come fanno i più, il mio sguardo può spingersi fino all’orizzonte, invece di rimanere inchiodato dove vorrebbero loro.
Ribadisco che sarebbe utile alzare la testa e volgere lo sguardo altrove, come peraltro invita Lorenzo Merlo nel suo ultimo post, magari trovando anche modi più adeguati per nutrire la nostra anima e quella di coloro che ci circondano.
Bonne journée.
Grazia, dai tuoi interventi percepisco in te un’anima empatica e affettiva. Applicando queste qualità dovrebbe risultarti chiaro perché molti si concentrano con una certa puntigliosità sui numeri. Ognuno di noi di fronte ad un evento fuori dell’ordinario e dal forte impatto emotivo cerca di inquadrarlo con le categorie interpretative che sono legate alla sua formazione ed esperienza di vita e che sono più vicine alla sua sensibilità personale. Circa trenta anni fa fu pubblicato un libro “La costruzione sociale della realtà” di Peter Berger che è diventato un classico della psicologia sociale (campo disciplinare al quale io appartengo). Le diverse lenti mettono a fuoco uno dei diversi “strati” della realtà che osserviamo. Se tu leggi i nostri interventi con un certo distacco puoi rintracciare i diversi filoni, intellettuali, politici e umani e le diverse “preoccupazioni” che in questo momento agitano l’animo delle persone. Avrai notato sicuramente ad esempio come il tema dei diritti sia passato in secondo piano rispetto a temi ritenuti al momento più urgenti. I numeri, anche se non sempre affidabili, sono per qualcuno una chiave di lettura che soddisfa il bisogno profondamente umano di dare un senso alle cose. Non c’è un punto di vista superiore. Il bello di un dialogo libero e condotto con mente aperta è proprio quello di arricchire e integrare le nostre soggettività e i nostri limiti personali. Quindi io propongo di andare avanti così, penso ci arricchisca e ci consoli anche un po’ in questo TOR collettivo. Uno dei miei dispiacere nei mesi scorsi è stato il fatto ( pur essendo io un tapascione solitario) di non essere riuscito a convincere il nostro caro Crovella che anche le prove collettive di resilience possono creare un senso di comunità, magari artificiale e contingente, ma che comunque lascia qualcosa nelle persone che può essere utile in certi momenti. Questo è uno di quelli.
Cara Grazia, nell’universo mondo i numeri sono molto importanti, che ci piaccia o no (e qui non mi riferisco certo soltanto all’economia). Se non credi a me, chiedi a Matteo: su questo punto io e lui siamo perfettamente d’accordo.
Poi, beninteso, accanto ai numeri ci sono le persone, c’è il nostro cuore, la nostra anima. Ma a Madre Natura ciò non interessa minimamente. Che esistiamo o non esistiamo, a lei non fa un baffo. E la battaglia per la vita si fa anche con i numeri.
Viva la matematica! Viva la fisica, viva la chimica! Sono le nostre armi per sopravvivere in un mondo oscuro. In un mondo ostile.
Buongiorno,
davvero non ci si rende conto di quanto sterile sia questa corsa ai numeri?
Vogliamo impiegare il tempo a comprendere a fondo ciò che sta accadendo invece di focalizzarci su cifre che vengono fornite proprio per scombussolare l’animo della popolazione?
Davvero non si vede che c’è dell’altro al di là dei numeri?
Ieri sera il primo resoconto scriveva di 662 morti, come riportato anche da Geri Steve. Però poco piú tardi il numero è stato aumentato a 712.
CORONAVERITA’ 8
26.3.2020
In Italia non si pubblicano più i dati dei deceduti nelle regioni.
Lamentavo che non si pubblicano i dati per province. Oggi neanche quelli regionali. Ma non è un grande perdita: sarebbe bene averli, ma vedremo quanto non sono affidabili.
Nel mondo la pandemia panda-galoppa (tranne Cina, Giappone, S Corea, Iraq):
ITALIA +662 (+683) 8.165 morti 132 morti/milioneSPAGNA +498 (+443) 4.145 morti 88 morti/milioneFRANCIA + ? (+231) ? morti ? morti/milione . Non pervenuto. (Ieri:+ 231 (+240) 1331 morti 19 morti/milione)SVIZZERA + 38 (+ 27) 191morti 22 morti/milioneOLANDA + 78 (+80) 434 morti 27 morti/milioneBELGIO + 42 (+ 2) 220 morti 19 morti/milioneDANIMARCA + 7 (+ 11) 41 morti 7,3 morti/milioneSVEZIA + 27 (+ 4) 71 morti 7 morti/milioneUSA +261 (+ 39) 1.080 morti 3,3 morti/milioneCINA + 4 (+ 7) 3.287 morti 2,3 morti/milione
In Italia la mortalità giornaliera risulterebbe essere ancora alta: 662 , ma leggermente inferiore a quella di ieri: 683 e nettamente inferiore a quella di sabato 21, quando era 793.
Arrivano pessime notizie dal bresciano ma, come detto, la protezione civile stasera non ci dà i suoi dati né nel bresciano né nella Lombardia.
Ma se anche ce li desse, quei numeri sarebbero affidabili?
Non perdiamo tempo con i “contagiati” che finalmente la protezione civile più onestamente chiama: “attualmente positivi” ma che tutti continuano a spacciarceli come: “casi” o “contagiati” oppure “malati”.
Sono numeri inutili che non significano niente, eppure come dati regionali la protezione civile, il ministero sanità, l’ISS, danno soltanto quelli.
Andiamo sui dati di mortalità, che giorni fa io ho incautamente definito, a parte le note eccezioni, come “sostanzialmente attendibili”.
Non è così, non è così nel mondo e non lo è neanche in Italia, che sembrava ( e forse lo è tuttora) la nazione più “sincera”.
Qualche giorno fa ho riportato le dichiarazioni del sindaco di Bergamo che sosteneva che nel bergamasco la mortalità da covid19 fosse sottostimata e che in realtà fosse 4 volte di più. Sbagliava: a Bergamo la sottostima è ben più forte.
C’è chi ha fatto una indagine semplice semplice. E’ andato a vedere se, rispetto agli anni precedenti, in quelle regioni e in quei mesi, la mortalità fosse aumentata quanto la mortalità ufficiale da covid19. La risposta è che no: si riscontra una mortalità anomala (divergente da quella media) molto più alta della mortalità ufficiale da covid19.
https://www.corriere.it/politica/20_marzo_25/numero-vero-morti-covid-19-almeno-4-volte-quello-ufficiale-eebbe3ae-6eb8-11ea-925b-a0c3cdbe1130.shtml?fbclid=IwAR1ry6VNuMta5TvJe9iNG5U7WATGD3bZodP6I3b8nvo7q0OdYwOzdgxywSw
A Nembro (nel bergamasco) il sindaco e un imprenditore sanitario (non analfabeti, ma entrambi laureati in fisica) si sono fatti una loro indagine sui morti da covid19. Potete leggere, a pag 6 di Corriere della Sera le loro conclusioni; ne estraggo:
“A Nembro ufficialmente risultano 31 morti da covid19, ma nei tre mesi epidemici si sono avuti 123 morti in più della media di quei mesi(e ancora non sono trascorsi i tre mesi, quindi possono aumentare; nota mia)”
A Nembro “il numero di decessi anomali rispetto alla media è 4 volte quelli ufficialmente attribuiti alla covid19.
A Cernusco sul Naviglio (MI) il numero di decessi anomali è (già) 6,1 volte quelli ufficialmente attribuiti alla covid19 … anche a Pesaro (Marche) è 6,1. Impressionanti i dati di Bergamo, in cui il rapporto arriva addirittura a 10,4.
… nell’ipotesi – nient’affatto remota – che tutti i cittadini di Nembro abbiano preso il virus, 158 decessi equivarrebbe ad un tasso di letalità dell’ 1%. Che è proprio il tasso di letalità misurato sulla nave da crociera Diamond Princess in Sud Corea. Nembro rappresenta quello che accadrebbe in Italia se tutti fossero contagiati da coronavirus covid19: morirebbero 600 mila persone”.
Io aggiungo soltanto che in Italia gli abitanti residenti (esclusi quindi gli stranieri residenti e quelli di passaggio) sono almeno 62 milioni, il che porterebbe a 620 morti.
Comunque, tanto di cappello a questa semplice e incontestabile analisi.
Non perdo mai tempo a riportarvi le tante fesserie che si dicono nelle sedi ufficiali e nei tanti articoli in cui giornalisti intervistano i “grandi esperti”, ma stavolta faccio una eccezione, perché nella stessa pagina, più sopra, un giornalista ci spiega che “Qui le vittime sono il 10% dei contagiati, all’estero il 4%”, e ci spiega “Perché in Italia il virus fa più morti”.
Non gli passa per la testa che la letalità (N° morti/ N° malati) sia in realtà molto inferiore, e che in Italia appaia così alta semplicemente perché si sottostimano i malati ancor più che all’estero, ma invece cita un ricercatore dell’ISS che ipotizza che in Italia i casi siano sovrastimati (sì, proprio così, non dice “sottostimati” ma:) SOVRASTIMATI PER ECCESSO DI ZELO (!!).
Vorrei essere certo che nessuno mi fraintenda: questi conteggi dimostrano che c’è una sistematica sottostima dei morti malati da covid19, ma questo non significa che qualcuno (almeno in Italia) volutamente ci nasconda il numero dei veri morti. Significa soltanto che molti muoiono di covid19 ma non vengono diagnosticati come tali.
A questo punto tutte le fesserie su chi arzigogola sulla distinzione fra “morti PER covid” e “morti CON covid” fanno ridere. Non perché la distinzione sia insensata: ci sarà sicuramente qualcuno così malridotto che se anche non si fosse preso il virus sarebbe lo stesso morto proprio in quei giorni; ma è insensata perché nei pochi luoghi in cui sono stati fatti i conteggi si è visto che, sotto epidemia, la mortalità è aumentata molto di più della mortalità ufficiale da covid19. Quell’aumento di mortalità è tutto da attribuire all’epidemia in corso.
Non è il caso di polemizzare sul perché le diagnosi di cause di morte siano così pesantemente imprecise: è chiaro che il nostro sistema sanitario è sotto stress e che tenta di curare non riuscendo così a dare la dovuta importanza alla correttezza delle diagnosi di mortalità.
E’ il caso invece di rendersi conto di quanto importante sia la sfida di cui scrivevo ieri.
Se non si riesce ad abbassare la letalità migliorando le cure in modo tale che molti più malati guariscano, in Italia da questa epidemia ci dobbiamo aspettare oltre mezzo milione di morti. Non è poco.
Grazia,
gentilissima. Grazie
Bonsoir Andrea, in super sintesi:
Si racconta come sin dalle prime relazioni sulla nuova polmonite (COVID-19) a Wuhan, si sia sviluppato un notevole dibattito sulle possibile origini del virus.
Riportano i dati dell’ampia diffusione della malattia alla data del 11/03 con 11.564 casi, 110 paesi coinvolti e 4.373 decessi.
Viene offerta una prospettiva sulle caratteristiche rilevanti del genoma del virus e si discutono gli scenari che ne possono scaturire.
La loro analisi sostiene che il virus non è un prodotto da laboratorio e non è stato intenzionalmente manipolato.
Si propongono, in alternativa, due possibilità che possano spiegare l’origine del virus: selezione naturale in un animale ospite prima del passaggio all’uomo, e una selezione naturale negli esseri umani seguita al passaggio; infine, se la selezione durante il passaggio può aver dato effettivamente vita al virus.
Grazia,
interessante articolo quello di Nature..
Purtroppo non sono cosi’ ferrato in inglese da comprenderne il significato in fondo… Se lo hai letto, più farcene una sintesi? 🙂
Basta guardare la seconda, quella della Johns Hopkins, per rendersi conto che mentre i dati dei vari paesi sono abbastanza uniformi quelli della Germania sono incommentabili.
Magari questo può interessare, mi sono chiarito tante cose.
Invito a guardare questi dati e questi grafici più volte al giorno perché quasi tutti vengono aggiornati e sopratutto a confrontarli.
Italiano
https://lab24.ilsole24ore.com/coronavirus/
viene poco aggiornato, ma è localmente specifico
usa https://www.arcgis.com/apps/opsdashboard/index.html#/bda7594740fd40299423467b48e9ecf6
quello con aggiornamenti più frequenti, mette anche dei dati stimati, ma di solito poi li conferma
svizzeri
https://www.data4covid19.com/
con molta attenzione alla pagina 4 dell’Italia e scegliendo la regione
https://www.rts.ch/info/suisse/11137312-le-coronavirus-en-chiffres-et-en-cartes.html
da osservare le velocità di progressione nei grafici animati
spagnolo
https://elpais.com/sociedad/2020/03/16/actualidad/1584379038_891570.html?rel=friso-portada
con mappe mondiali alle quali si accede alla fine
In qualche giorno ci si può fare una idea abbastanza agganciata a ciò che succede.Per le previsioni si può solo ascoltare ciò che dicono gli epidemiologi e i virologi che hanno a che fare col WHO, tutti gli altri fantasticano, dato che non hanno gli strumenti.
Antonio, i Tedeschi negli ultimi anni si sono dimostrati poco piú attendibili e affidabili del sindaco di Napoli, il fenomenale Giggino.
In piú – ciliegina sulla torta – l’Unione Europea (telecomandata dalla Germania & C.) ha recentemente risposto all’Italia: “Sono cazzi vostri”. Questa è la solidarietà tedesca, francese, olandese, ecc.: ne possiamo fare a meno.
Ora però l’epidemia sta bussando pure alle loro porte: coronavirus ad portas.
P. S. Alessandro e tutti voi, scusatemi per il turpiloquio. Mi sono accorto che succede solo quando sono leggerissimamente turbato.
Comunque per tornare ai numeri e alle cause di morte, e poi mi taccio su quest’argomento perchè giustamente stiamo parlando di persone e della relativa cerchia di affetti, ho sentito in diretta in Aula il ministro per i rapporti col parlamento (mi pare fosse lui) sciorinare una sfilza di dati, aggiungendo che alla fine di questa situazione, che tutti ci auguriamo si verifichi il prima possibile, verrà fatta chiarezza sulla base delle cartelle cliniche.
Personalmente non sono interessato a discutere di opinioni ma di fatti e pertanto saranno necessarie indagini approfondite al termine delle quali ciascuno si farà la propria idea.
Al tempo stesso la vita continua per i vivi e relativamente a ciò non può passare inosservato il fatto che sulla stessa conta dei contagi e dei morti, ovviamente non solo su questo, si giocherà una partita e non sarà una partita a carte scoperte perchè i paesi che vanteranno minori contagi e vittime state pur certi che si fregeranno del distintivo di essere stati i più bravi, con un miglior sistema sanitario, con una migliore politica di contenimento del virus e quant’altro anche se al lato pratico potrebbe non essere assolutamente vero.
Come diceva il buon Andreotti “a pensare male si fa peccato ma spesso ci si azzecca”.