Luigi Gigi Alippi
Se ne è andato un grande dell’alpinismo, se ne è andato un amico, compagno di tante amichevoli ma infinite discussioni al campo base del Lhotse. Provocatore, ma buono. Che, quando nel 2004 si era trattato di scrivere un libro sulle guide alpine lombarde, purtroppo mai uscito, mi aveva dato generosamente un bel po’ di foto e materiale d’archivio, con quello sguardo che mi voleva dire “fa no el barlafüs”, cioè vedi di non tenertela per sempre questa roba! Il libro subì ritardi, poi alti e bassi nella possibilità di realizzazione, infine fu abbandonato nel cassetto. E io, nella speranza prima o poi di pubblicarlo, mi tenni le stampe in bianco e nero e gli articoli di giornale che Gigi mi aveva affidato. Non c’era una volta che c’incontrassimo senza che lui mi ricordasse la mia promessa… e avevo un bel po’ da scusarmi con lui, il suo sguardo intelligente e indagatore mi fissava sempre allo stesso modo. Gli feci la resa solo nell’aprile 2015, vergognandomi di un ritardo non voluto ma del quale comunque mi ritenevo responsabile.
Nel frattempo Gigi nel 2014 era riuscito a pubblicare il suo libro di memorie Il profumo delle mie montagne, grazie ad Alpine Studio.
Un recente Gigi Alippi
«La guida prima di tutto è “accademico”, cioè un alpinista» dichiara Gigi Alippi. «Le prime sono state le grandi guide di Chamonix, i Rébuffat, i Terray. Sono stati loro a cambiare le carte in tavola, non più il cliente che propone alla guida una salita, bensì esattamente il contrario. E io a Lecco credo di essere stato il primo a seguire questa nuova linea».
Alberto Lantero avrebbe voluto tanto fare delle ascensioni, ma regolarmente giunto all’attacco non se la sentiva di proseguire e pregava le sue guide di tornare indietro. Dopo aver provato a fare lo stesso con Alippi, un qiorno questi si arrabbia duro e lo minaccia di riempirlo di cazzotti. Fu come una rivelazione, da allora il Lantero fu ottimo cliente. Con Alippi fece le tre Nord del Pizzo Palù, la Dibona alla Grande di Lavaredo, lo sperone della Brenva al Monte Bianco. Per Vincenzo Boccaforni, funzionario del fisco di Milano, stessa scena: «Cristu, te massi, terun de l’ostia», all’attacco. Giunto in vetta, per la felicità baciava piangendo le mani ad Alippi, che invece era in grande imbarazzo. Una volta, con Roberto Gallieni, il programma era di salire la Simon-Rossi al Pelmo: a Cortina, Lorenzo Lorenzi cercò di farli desistere dal progetto descrivendo loro con particolari agghiaccianti come avevano ritrovato là sopra il cadavere di uno sfortunato alpinista. Come se niente fosse stato, andarono al Pelmo e fecero esattamente quello che avevano in programma di fare. Gallieni, dopo l’avventura del Pilone Centrale dove era morto Oggioni ed altri tre francesi, aveva problemi in famiglia. Volendo fare la Nord del Cervino, architetta un alibi di lavoro in Sardegna e prega qualcuno di spedire ogni giorno una delle sette lettere che lui ha scritto alla moglie. La Nord non è in condizioni, allora salgono la cresta di Zmutt, vengono presi da una bufera verso i 4000 m, bivaccano malamente, tagliano verso il Pic Tyndall e poi scendono per la via normale italiana.
Nato ad Abbadia Lariana il 26 febbraio 1936, Ragno di Lecco, guida dal 1962, proprietario dell’omonimo rifugio ai Piani Resinelli, Gigi Alippi inizia ad arrampicare non prestissimo, per via della contrarietà dei suoi. Ogni tanto chiedeva al Boga (Mario dell’Oro) se lo portava a scalare, quello regolarmente rispondeva “sì, quando avrai il permesso di tuo papà”. È finita che la sua prima salita da capocordata è stata la Cassin al Nibbio! Chi ha imparato così non può oggi essere d’accordo sulla richiodatura sistematica a spit delle vie più classiche della Grigna, «chi non è capace non ci vada su! E in più tutto questo l’hanno fatto per i soldi messi a disposizione dall’amministrazione…».
Luciano Tenderini, Gigi Alippi, Alberto Calonaci, Romano Merendi e Jack Canali (di spalle) al rifugio Sciora (1960)
Sciora di Fuori, prima ascensione della parete ovest (1960)
Da sinistra, Marc Vaucher, Roger Lepage, Georges Livanos, Jack Canali, Sonia Livanos e Luciano Tenderini al rifugio Sciora nel luglio del 1960, dopo la prima salita della parete ovest della Sciora di Fuori.
Le due cordate si trovarono per caso al rifugio con lo stesso obiettivo e, dopo un’iniziale diffidenza, decisero di unire le forze e tentare insieme. Nella foto mancano Gigi Alippi e Romano Merendi che facevano parte della cordata italiana.
Quanto alla sua prima salita in montagna, ecco la Est del Grand Capucin con Giorgio Redaelli: dopo un bivacco, senza equipaggiamento e senza viveri, l’alba del mattino dopo era così splendida da conquistare per sempre il cuore di Gigi e votarlo alla montagna. Sopravvissuto a queste pazzie, Gigi Alippi ricorda con particolare attaccamento la prima compiuta sulla parete ovest e cresta sud della Sciora di Fuori 3169 m, dal 14 al 16 luglio 1960: arriva al rifugio Sciora con Jack Canali, Romano Merendi e Luciano Tenderini, lì trovano nientemeno che i francesi Georges Livanos, Robert Lepage e Marc Vaucher, con la stessa meta. Fra le due cordate, dopo un’iniziale competizione, a metà parete, anche per via del maltempo, c’è grande collaborazione, anche se poi la via non sarà così perfetta per via di una consistente deviazione finale sulla cresta sud. Dopo un bivacco, concludono il giorno dopo in condizioni invernali e con un grande freddo.
Un giovane Gigi Alippi
Con Annibale Zucchi, Luciano Tenderini e Romano Merendi il 21 e 22 giugno 1960 sale il gran diedro nord della Brenta Alta. Con Giorgio Bertone sale la parete nord del Piccolo Roseg, il 16 luglio 1963, 500 m, ghiaccio fino a 70° e difficoltà di roccia.
Sulla parete del Forcellino, ben visibile dal lago di Lecco ma quasi irraggiungibile, non c’era alcuna via: e sono 400 m di parete. Gigi Alippi, con il cugino Det Alippi, vi pone rimedio nel 1960 aprendo un itinerario estremo di grandissima classe, con due bivacchi, in un ambiente che non ha nulla della Grignetta ma molto delle più selvagge pareti delle Dolomiti Bellunesi, ad oggi rarissimamente ripetuto.
Gigi Alippi e Annibale Zucchi in Alaska (1961)
Spedizione Cassin al Mount McKInley, 1961: Gigi Alippi e Jack Canali
Luigi Airoldi, Jack Canali e Gigi Alippi al Mount McKinley (1961)
Gigi Alippi è il più giovane dei sei alpinisti che partecipano alla conquista del McKinley 6194 m per l’inviolata parete sud. Faceva coppia fissa con Jack Canali. «Dalla vetta ci dividevano non più di due ore di arrampicata. Il tempo era bello e io, dalla gioia, mi ero messo a cantare. Beato tu che hai ancora fiato per cantare, mi disse Cassin. Mai più avrei immaginato che dopo mezz’ora sarei entrato in crisi al punto da volermi fermare. Fu lo stesso Cassin a spronarmi a continuare», ricorda Alippi, assieme al fatto di essere sceso dal III al II campo senza scarpe: le sue le aveva prestate a Canali che, colpito da congelamenti, non poteva più indossare le sue. Per un fatto analogo, la ritirata dall’Annapurna di Luis Lachenal e Maurice Herzog conquistatori della cima nel 1950, ai compagni di spedizioni hanno dato la Legione d’Onore. A lui invece niente, neanche una citazione, «forse perché il libro lo ha scritto Cassin…». Da quel vittorioso 19 luglio 1961 della cima passeranno cinque anni: Alippi è componente della spedizione guidata da Carlo Mauri. L’obiettivo è il Mount Buckland 1800 m in Terra del Fuoco dove mai nessun altro alpinista ha messo piede. Della zona esistono solo foto aeree di Padre De Agostini. Dopo aver realizzato 1500 m di via, stretti alle piccozze per non essere spazzati via dal vento, Alippi, Casimiro Ferrari, Cesare Giudici e Mauri arriveranno in cima.
Spedizione al Jirishanca, 1969. In piedi sono Riccardo Cassin e Casimiro Ferrari. Seduti sono Sandro Liati, Mimmo Lanzetta, Annibale Zucchi, Giuseppe Lafranconi, Gigi Alippi e Natale Airoldi. Foto: da Ragni di Lecco 50 anni.
In Perù, la guida alpina di Abbadia Lariana firmerà straordinarie salite. Nel 1969, in Cordillera Huayhuash, l’inviolata Ovest del Jirishanca 6126 m: 750 m di via di 60/70° /IV+ in cordata con Riccardo Cassin, Casimiro Ferrari, Natale Airoldi, Annibale Zucchi, Giuseppe Lafranconi, Sandro Liati (il suo cliente, così amico da averlo portato sulla Solleder alla Civetta: anche se quella volta c’erano anche Casimiro Ferrari e Carlo Mauri). Nel 1972 sarà la volta dell’inviolato Nevado Huantsan Ovest 6260 m in Cordillera Blanca, con Ferrari: in vetta il 20 giugno dopo circa dodici giorni di salita in condizioni meteorologiche spesso difficili. Dopo l’esperienza africana al Mount Kenya e al Ruwenzori del 1970 (con Jack Canali, anche lui guida, e le due clienti Elena Bordoni e Giulia Perego), Alippi ritornerà in America Latina, questa volta in Patagonia, per partecipare da vicecapo alla storica spedizione al Cerro Torre 3128 m per l’inviolata Ovest. Fondamentale sarà il gioco di squadra: «Ci sentivamo come una pattuglia con una specie di missione da compiere», racconta Alippi. In cima il 13 gennaio 1974 arriveranno Casimiro Ferrari, Mario Conti, Daniele Chiappa e Pino Negri. L’anno seguente Alippi è a respirare l’aria sottile della parete sud del Lhotse 8511 m con la spedizione guidata da Riccardo Cassin. L’impresa metterà a dura prova gli alpinisti che dal mal tempo saranno costretti alla rinuncia prima di aver posto il IV campo. Nel 1976 Alippi è con una spedizione scientifico-alpinistica organizzata da Renato Cepparo per costruire una base in Antartide. All’isola di Wiencke, in condizioni di vento e neve spaventose, salirà coi suoi compagni tre montagne inviolate: Cima Radioamatori, Cima Ragni di Lecco, Cima Italia. L’anno seguente ritorna in Africa, con la moglie Aurora, al Mount Kenya e al Kilimanjaro. Poi, dopo una seconda esperienza in Himalaya nel 1983 per tentare il Lhotse Shar 8383 m per la cresta sud est, nel 1985 realizzerà alle Isole Svalbard tre prime ascensioni nel gruppo Righen Tuppen con Annibale Zucchi e Pierlorenzo Acquistapace. Nel 1986 in Cile, pur non in vetta, è il capo spedizione della vittoriosa salita all’inviolato Sarmiento Ovest 2400 m, lungo la parete nord. «Il tempo giù è bestiale e perciò bisogna approfittare di ogni minima schiarita. Abbiamo puntato tutto sulla velocità e abbiamo avuto ragione». Nel 1991 Alippi ha salito l’Aconcagua con Aldo Dino Piazza e Mario Conti.
Gigi Alippi si è spento a Lecco il 28 marzo 2016 all’età di 80 anni.
Gigi Alippi, primi anni ’70
Riportiamo da La Stampa di Torino la bella relazione sulla prima invernale della parete est del Gran Capucin, effettuata il 1° marzo 1959:
In vetta al Grand Capucin
«Un’altra pagina si è inserita nell’albo d’oro dell’alpinismo italiano. La strapiombante parete est del Grand Capucin è stata infatti conquistata per la prima volta in inverno da tre scalatori lombardi, i quali hanno impiegato ventuno ore di effettiva ascensione per superare difficoltà enormi, di sesto grado con passaggi di 6° superiore.
I protagonisti di questa impresa sono Luciano Tenderini, della SEM di Milano, Gigi Alippi del CAI di Mandello e custode dell’omonimo rifugio in Grigna, e Romano Merendi, custode del rifugio SEM al Pian Resinelli, i quali sono rientrati oggi al rifugio Torino dove hanno potuto narrare ogni particolare della scalata.
L’impresa assume un’importanza notevole se si pensa che la Est del Grand Capucin fu percorsa per la prima volta nel luglio 1951 da una cordata composta da Walter Bonatti e Luciano Ghigo. Ogni altro tentativo fu condannato ad insuccesso.
Partiti dal rifugio Torino alle 5 di venerdì, i tre alpinisti erano ai piedi della parete alle 6, 30 e, dopo i consueti preparativi, mezz’ora dopo erano all’attacco dei 500 m di strapiombo della parete est del Grand Capucin. Gli scalatori si sono alternati al primo posto per la conquista della metà inferiore e, senza troppe difficoltà, si sono portati sotto al «gran muro» dove si sono preparati per il primo bivacco.
Dopo aver piazzato su un terrazzino speciali tendine, hanno affrontato la notte senza gravi inconvenienti. Il termometro era a 10 – 12 gradi sotto zero, e il vento era moderato. Un terzo delle difficoltà era stato superato, ma sopra di loro si innalzavano altri 250 m di parete estremamente impegnativa. Sabato mattina alle nove, dopo aver consumato una buona razione di tè caldo, gli scalatori riprendevano la salita. Il vento era gelido e la temperatura era ancora diminuita. Sferrato l’attacco al «gran muro», per superare 40 m sono occorse circa tre ore con l’impiego di quindici chiodi da roccia, tutti recuperati.
Tenderini che era a capo della cordata, ha detto che gli sembrava non finissero più quelle poche decine di m che lo hanno impegnato a fondo.
Quindici m sopra al «gran muro» le difficoltà sono ricominciate, dato che si è presentato agli scalatori un diedro sinuoso che ha richiesto circa
un’ora per essere superato. Alle 18 erano sotto il «Becco», punto dove Walter Bonatti bivaccò per la terza volta, e mancavano 80-90 m alla vetta. Bivaccare in tre in quel sito era apparso impossibile e c’era da chiedersi come vi avessero potuto pernottare Bonatti e Ghigo.
Sebbene le prime ombre della notte calassero sulla montagna, gli alpinisti decisero di compiere un tentativo per superare l’ultimo tratto di parete: il tentativo riusciva e così alle 19 «uscivano in vetta», dove affrontavano il secondo bivacco».
Gigi Alippi allo Huantsan, 1975
COMPLIMENTI ,UN PROFILO DI PENNA E DI CUORE
bellissimo ricordo di un grande alpinista.