Gli inutili conflitti delle professioni del turismo montano
(considerazioni a margine dell’archiviazione del tribunale di Belluno)
di Enrico Baccanti (guida alpina)
“Se la politica trascura la condizione e le convinzioni di quelli che sono i destinatari delle sue decisioni, può accadere ed accade che una legge non risolva un conflitto, non lo chiuda, ma lo renda ancora più acuto (Stefano Rodotà)”.
L’archiviazione da parte del Tribunale di Belluno del procedimento per esercizio abusivo della professione di guida alpina, a carico di una guida escursionistica che aveva svolto attività di accompagnamento su terreno innevato, costituisce, per il mondo dell’accompagnamento professionale in ambiente montano, una notizia destinata a rinfocolare le molte diatribe circa le competenze delle varie figure che operano nel settore e forse anche ad incidere sulle prospettive delle guide alpine e degli accompagnatori di media montagna operanti sul territorio nazionale.
Nell’affrontare questo tema vorrei prima chiarire che io non intendo esprimermi sugli aspetti tecnici o giuridici di questo caso, ma semplicemente cogliere l’occasione per esporre alcune considerazioni maturate osservando il mondo dell’accompagnamento alpinistico ed escursionistico e le sue trasformazioni nel corso della mia pluridecennale attività di guida alpina.
Faccio questo partendo con un breve richiamo a quelle chi io considero le tappe che hanno definito l’accompagnamento professionale e sono all’origine delle attuali divergenze interpretative di competenza e riconoscimento delle diverse figure operanti.
L’innalzamento al rango di professione ordinistica della guida alpina, avvenuto nell’ormai lontano 1989 con la promulgazione della legge d’iniziativa parlamentare nota come 6/89, mutava in maniera profonda, anche se non apparente, l’inquadramento di questa tradizionale figura del turismo montano. Con essa la guida alpina abbandonava la dimensione localistica di mestiere e assumeva tutte le prerogative delle professioni liberali, quali sono il libero esercizio sul territorio nazionale, la tenuta degli albi nonché l’auto governo e l’auto disciplina da esercitarsi attraverso gli organi di rappresentanza; inoltre otteneva una formazione professionale uniforme, istituzionalmente sancita e demandata alle Regioni, proprio in forza della legge istitutiva, secondo quell’impianto volutamente regionalistico concepito in ragione delle differenze profonde in materia di turismo montano esistenti nel paese.
Come avviene per ogni professione “protetta” il legislatore doveva individuare e tradurre in norma l’oggetto della professione, ovvero gli ambiti d’esercizio riservati in modo esclusivo agli iscritti agli albi, che per la guida alpina e l’aspirante sono i seguenti:
a) accompagnamento di persone in ascensioni sia su roccia che su ghiaccio o in escursioni di montagna;
b) accompagnamento di persone in ascensioni sci-alpinistiche o in escursioni sciistiche;
c) insegnamento delle tecniche alpinistiche e sci-alpinistiche con esclusione di quelle sciistiche su piste di discesa e di fondo.
Consapevole della complessità della materia sotto il profilo tecnico e dell’esiguità numerica nonché della disomogeneità delle guide alpine sul territorio nazionale, il legislatore introduceva in legge, attraverso la creazione di appositi elenchi speciali da istituirsi a discrezione delle Regioni, la figura di ”accompagnatore di media montagna”, abilitandola a compiere escursioni nel solo ambito della regione d’iscrizione e con limitazioni tra cui la preclusione ai terreni innevati, che rimanevano prerogativa delle guide alpine.
Ripercorrendo i passaggi di questa legge si comprende come il legislatore del tempo avesse presenti sia le potenzialità di sviluppo del settore escursionistico, sia le difficoltà che sarebbero sorte inquadrandolo tra le attività di una neonata professione. Probabilmente l’istituzione dell’accompagnatore di media montagna, così come quello della guida vulcanologica, pur nella forma limitante degli elenchi speciali, appariva la soluzione più indicata e l’unica conforme alla complessa disciplina che attiene alle libere professioni.
La legge avrebbe dovuto dare un nuovo assetto a tutto il comparto della montagna e un respiro più ampio non solo alle guide, ma anche un inquadramento a queste figure emergenti del settore escursionistico. Però i successivi atti legislativi, divenuti possibili grazie ai mutamenti dello scenario politico e amministrativo nazionale, hanno finito col rendere inattuali e contrastanti proprio gli ambiti di questa legge che disciplinano l’accompagnamento escursionistico.
Con la soppressione del Ministero del Turismo, avvenuta nel 1993 a seguito di un referendum popolare e l’entrata in vigore dei successivi provvedimenti che trasferivano le competenze di tale materia alle singole regioni, si è assistito alla nascita di numerose figure professionali abilitate all’accompagnamento escursionistico formate su base regionale, con denominazioni diverse e attraverso corsi difformi tra loro per contenuto e durata, sostanzialmente sovrapponibili a quella degli accompagnatori di media montagna.
In risposta ciò vi furono alcune iniziative, anche legali, messe in atto per chiarire la legittimità di tali figure, che non produssero risultati apprezzabili e ad oggi si possono ricordare solo come parte del più ampio conflitto di competenza generatosi tra Stato e Regioni sulla facoltà di quest’ultime di definire nuove professioni in alcuni ambiti. Un conflitto sorto per le guide turistiche e reso poi più complesso con l’approvazione della Legge Costituzionale del 2001 con cui si riformava il titolo V della Carta, che si risolse nel 2008 con l’ultima di una serie di sentenze della Cassazione che stabiliva come l’istituzione di nuove figure professionali competa, in via esclusiva, allo Stato mentre la formazione professionale costituisca materia concorrente.
Contemporaneamente anche nel mondo dell’escursionismo montano andava diffondendosi la pratica di celare lo svolgimento di un’attività professionale all’interno di associazioni sportive dilettantistiche, eludendo così la necessità di possedere titoli riconosciuti e beneficiando di molti vantaggi fiscali.
Con questa modalità le associazioni che crearono al loro interno soggetti titolati all’accompagnamento escursionistico dei loro iscritti sono divenute il volano per la formazione, al di fuori di ogni contesto istituzionale, di forme di professionalità che negli anni successivi hanno rivendicato e ottenuto il riconoscimento all’esercizio dell’attività come professioni non organizzate.
Questi accadimenti hanno prodotto una stratificazione normativa, talvolta contraddittoria, che è all’origine del contrasto determinatosi tra le diverse figure operanti nel settore escursionistico proprio mentre questo conosceva una crescita continua e una maggiore richiesta di professionisti, soprattutto nel comparto invernale con la diffusione delle racchette da neve.
Le guide alpine, attraverso i collegi regionali e il loro organo di coordinamento nazionale, hanno, nel tempo, tentato a più riprese di contrastare questa frammentazione del mercato professionale, talvolta ricorrendo in sede giudiziaria, ma soprattutto e più significativamente, cercando di ottenere una riqualificazione della figura dell’Accompagnatore di Media Montagna, attraverso una modifica della legge 6/89, che abilitasse all’esercizio sui terreni innevati.
Nonostante l’ascolto ricevuto presso varie istanze parlamentari e istituzionali nessuno dei diversi progetti di riforma ha mai iniziato l’iter di approvazione. Ci possono essere molte letture per spiegare questa sostanziale assenza di volontà da parte della politica, personalmente propendo per quella che trae ragione dall’indirizzo in materia di professioni assunto dalla Comunità Europea.
A partire dagli anni Duemila, infatti, la Commissione Europea ha emanato una serie di decreti finalizzati al raggiungimento della libera circolazione dei lavoratori e, per quanto attiene le professioni, ha avviato una complessa ricognizione nei vari paesi dell’Unione allo scopo di armonizzare i titoli e agevolarne il riconoscimento reciproco.
L’indicazione generale proveniente dalla politica comunitaria mira chiaramente a una limitazione delle professioni protette a favore di una più ampia concorrenzialità e pubblicità delle categorie professionali non rigidamente regolamentate.
La conferma italiana a questo indirizzo politico ed economico in materia di professioni giunge nel 2013 con la promulgazione della legge su “Professione non organizzata in ordini o collegi”, che di fatto affianca alle professioni liberali, le quali conservano le loro prerogative, quelle costituite su base associativa e autorizzate a operare tramite riconoscimento dell’autorità preposta. Una rivoluzione “copernicana” a tutti gli effetti.
Per il mondo della montagna il quadro giuridico che ne esce appare mutato e confliggente, da una parte vi è una figura istituzionalizzata da una legge primaria, abilitata all’accompagnamento in escursioni e inserita all’interno di una categoria professionale protetta, sulla quale, però, gravano una serie di limitazioni sia professionali sia rappresentative, dall’altra vi sono figure abilitate secondo una norma molto più duttile nel definirne il profilo professionale, fino al punto di consentire loro l’individuazione degli ambiti di competenza, arrivando a includervi i terreni innevati privi di difficoltà alpinistiche teoricamente ricompresi negli ambiti oggetto della riserva delle guide alpine.
Per adeguare la preesistente giurisprudenza del settore ai nuovi indirizzi sarebbe occorsa una norma armonizzatrice di rango superiore, ma questa non c’è stata e le divergenti interpretazioni incoraggiano i ricorsi alla giustizia ordinaria.
Quindi, come già avvenuto per temi più grandi, anche per l’escursionismo il compito di sopperire all’inadeguatezza legislativa finisce col ricadere sulla magistratura, alla cui valutazione concorre certamente l’analisi della realtà sociale in cui è maturato il caso in questione e una gita con le racchette da neve condotta da una guida escursionistica è una pratica tanto frequente da apparire legittima in forza delle diffusione.
L’archiviazione compiuta dal tribunale di Belluno, adottando quale criterio discriminante la mancanza di difficoltà alpinistiche, estrapola un ambito di riserva indicato dalla legge 6/89, quello delle escursioni in montagna e contemporaneamente riconosce alle guide ambientali escursionistiche in materia di accompagnamento competenze che agli accompagnatori di media montagna sono precluse per legge.
Vi è in tutto questo una evidente contraddizione che andrebbe affrontata e risolta dalla politica, ma contemporaneamente vi è anche il segnale, per guide e accompagnatori, che è giunto il tempo di porsi in modo diverso nell’affrontare i nodi esistenti tra le diverse figure operanti sul territorio montano.
La riforma della Legge 6/89, così come era stata ipotizzata dal Collegio delle guide, attraverso l’istituzione di nuovi elenchi speciali (arrampicata/canyoning) e l’ampliamento delle competenze ad accompagnatori e guide vulcanologiche, non sembra destinata ad avere un seguito. La cornice entro la quale erano state create queste figure professionali è cambiata, il sistema degli elenchi speciali è di fatto reso obsoleto dalla legge sulle professioni non organizzate, addirittura si può sostenere che gli accompagnatori potrebbero avere più opportunità organizzandosi secondo questa normativa anziché stando all’interno dei collegi delle guide alpine.
Il futuro delle professioni sembra delinearsi non più in forza delle competenze sancite per legge, ma in ragione della capacità di soddisfare i requisiti richiesti dal mercato e degli enti preposti a concedere le autorizzazioni. Requisiti che saranno via via individuati in funzione dell’utenza e commisurati alla preparazione, all’organizzazione, alla fornitura di servizi e tutto quanto occorra per lo svolgimento della professione.
Certamente i limiti stabiliti dalle riserve di legge che riguardano la professione di guida alpina costituiscono essi stessi una garanzia per l’utenza e questo deve costituire un punto fermo nella tutela della professione, ma senza sconfinare in interpretazioni estensive che possono creare false aspettative.
In conclusione penso che nel futuro gli organi di rappresentanza delle guide alpine debbano trovare un diverso modo per riaffermare la professionalità della categoria, assumendo una mentalità nuova, attenta alla comprensione delle dinamiche del mercato turistico e delle sue professioni.
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Ho letto con attenzione l’articolo e, sebbene lo abbia molto apprezzato per la sua chiarezza, purtroppo non dice nulla di nuovo.
Davide Galli, che l’utenza scelga sempre più le gae è una tua opinione. Invece è cosa certa che per acquisire il titolo di una delle figure professionali del collegio si debba andare attraverso una selezione, una formazione intensa e degli esami finali, cosa che non accade per tutti gli iscritti gae.
La legge che liberalizza le professioni è vista di buon occhio da chi ama svegliarsi la mattina e inventarsi un mestiere senza avere volontà e passione necessari per affrontare un iter formativo. Per di più, non fa altro che dividere in piccoli gruppi anche il folto popolo della montagna, favorendo l’ormai dilagante “divide et impera”, che permea la nostra epoca.
Quanti Mauro Corona che abbiamo…
Poi però non ci lamentiamo dell’abbandono delle aree interne.
Lo ripeto con altre parole: il difficile non è vivere IN montagna, il difficile è vivere DI montagna. E la prospettiva per un giovane non può essere solo di fare il nomade di spirito.
Marco
P.S.
Un conto è fare considerazioni generali sui problemi come fa Luigi, un altro è offendere una persona dicendogli che non sa di cosa parla e che (addirittura) fa tristezza. Sono frasi che qualificano che le scrive.
Luigi, a parte che so benissimo chi sei (chissà perché hai scelto l’anonimato del solo nome), ribadisco quanto ho già scritto nel mio commento precedente facendoti notare, se ti rileggi, che tu stesso hai criticato chi fa la guida alpina senza “riprogettarsi” pena l’estinzione della professione. Siccome la penso in maniera diametralmente opposta e faccio pure la guida da quasi 40 anni, mi sono sentito di contraddirti. Non amo tutto ciò che passa sotto le “certificazioni” e proprio per questo credo che ci sia del vero nelle parole di Baccanti. Ho trovato il tuo intervento (e pure altri) contraddittorio e te l’ho fatto notare. Altro che erigermi a maestro di vita, semmai è la vita che mi ha insegnato che ognuno sceglie la sua strada come fa l’acqua che può scorrere libera dalla sorgente al mare oppure ritrovarsi a spingere le pale di una turbina. Ciao.
Marcello, non sai nulla di me, non sai nulla del mio lavoro e scrivi che non hai stima di chi fa un lavoro che non conosci …. ho visto per caso questo articolo di Baccanti ed ho pensato di poter scrivere qualcosa, chiedo perdono a chi è maestro di vita (la tua arroganza la dice lunga sulle tue capacità di essere una guida per qualcuno) se ho offeso la categoria delle guide alpine. Considerato che hai scritto anche che ho tentato di esercitare la professione di GA ti dirò che ho girato quasi tutti i continenti facendo la guida ed avevo clienti italiani e stranieri.
Ho avuto l’occasione di lavorare anche per il ColNaz e conosco moltissime GA in Italia.
Sono consapevole che la professione di GA richieda molta energia mentale e fisica, non disprezzo affatto le guide e non intendevo sminuire il loro lavoro.
Credo in quello che faccio oggi come allora e mi permetto di fornire un mio punto di vista, anche in virtù delle esperienze che ho vissuto.
Ora puoi continuare a credere di sapere tutto….
Cominetti, ribadisco. Andare in montagna vuol dire andare “in liberta’”, che piaccia o no.
Le norme servono per quello che servono, finché servono.
Oggi ce ne sono fin troppe e si rischia di strangolare il senso stesso di “montagna” fissandone di nuove.
E’ necessario alleggerire, ridurre, semplificare le norme, tutte ed a tutti i livelli, mantenendo solo il necessario.
Viceversa saremo seppelliti dalla burocrazia.
E la montagna questo non lo cerca e non lo vuole.
Con buona pace per le tue idee.
Luigi, cliccando sul tuo nome si entra in un sito che vende sicurezza. Parli di estinzione della categoria se non si mette al passo coi tempi ma è evidente che non sai di cosa parli. Nel 1989 ero già guida da 5 anni e ricordo molto bene di come esultavamo perché finalmente eravamo tutelati da una legge dello Stato. Certo, di anni ne sono passati e di cose ne sono cambiate, anch’io mi sono dovuto adeguare ma ho tenuto duro nei momenti difficili e ho gioito in quelli più favorevoli. Non riesco ad avere stima di chi fa il tuo lavoro, mi dispiace e la tristezza cui tu accenni è la stessa che ho io quando vedo chi condanna ciò che non è riuscito a fare a suo tempo. La realtà è che la professione di guida alpina è dura e non è adatta a chi spera nel posto fisso. Il suo bello sta proprio in quello, nella precarietà che stimola continuamente a restare a galla. Se clicchi sul mio nome ti ritroverai nel sito di una guida alpina come ce ne sono tante ma io non prometto affatto sicurezza, amicizia e tutte quelle baggianate. Mi auguro che la legge non estingua il nostro mestiere e che chi lo vuole possa continuare a sognare e perseguire un vero ideale di libertà in montagna come al mare. Non sono cose da burocrati, sono cose da nomadi di spirito. L’ho già scritto, per cambiare la legge 6/89 non servono tutti i buoni propositi espressi dal mio collega Baccanti ma serve un legislatore appassionato di montagna disposto a fare un favore a qualcuno. Nell’89 era successo così.
Lazzaro, la libertà tipica dei luoghi “alti” esiste solo nella tua fantasia. Questo benedetto e auspicato dialogo può iniziare solo se si parte da basi concrete e non da visioni farfallonesche. Chiedi a Baccanti cosa ne pensa…
Condivido pienamente quanto scritto da Enrico Baccanti, con una vena di tristezza. Eh si… sono una delle tante guide alpine che ha deciso di fare altro nella vita. Un po’ per la confusione tra Collegi Regionali e il Collegio Nazionale, tra leggi Regionali e Legislazione nazionale e in seno ai vari organi politici di autogoverno della professione. Anche le eterne e inutili, quasi che i conquistatori dell’inutile (gli alpinisti) non riuscissero a fare il salto culturale necessario ad un professionista, discussioni e lotte intestine tra rappresentanti dei diversi Collegi Provinciali e Regionali per un po’ di potere legato sempre e comunque alla possibilità di avere qualcosa in più da gestire… senza essere capace di amministrare. Le GA sono da poco preparate per insegnare (forse è ancora oggi un tasto dolente) mentre sono assolutamente padrone delle tecniche alpinistiche ed anche sci-alpinistiche e questa dicotomia (saper fare-saper insegnare) le pone in ritardo rispetto al presente che, ancora di più oggi, richiede una enorme capacità di socializzare e rappresentare il proprio servizio “in vendita”. Il mercato dell’offerta turistica della montagna non è cambiato, non è neppure parente lontano rispetto a quello di 15/20 anni fa.
la professione di GA esiste ancora o meglio sopravvivono (poche) guide che per 200 giorni l’anno fanno di tutto per portare il pane a casa e per 90 giorni (forse) insegnano o accompagnano secondo quanto stabilito dalla legge del lontano ‘89.Pensando oggi a 30 anni di distanza quale erano i canali di promozione dell’offerta turistica montana di allora e navigare oggi sul web pone la professione di GA (e figure correlate) davanti ad una sola scelta: riprogettare tutta l’offerta o estinguersi.
Sono d’accordo on tutto coloro che aspettano l’abolizione degli ordini professionali, in particolar modo in relazione all’attività ed alla mobilità in montagna: in nome della libertà, tipica dei luoghi “alti”.
Ottima analisi di Enrico Baccanti, e conclusione assolutamente condivisibile. Ma siamo pratici: si potrebbe cominciare a dare un segnale serio al CONAGAI da parte della base? O continuiamo così per altri vent’anni lasciando in mano ai soliti le sorti della nostra professione?
L’argomento è vecchio di 30 anni, nel 1992 chiesi di diventare accompagnatore ma allora nessun collegio faceva i corsi, divenni Guida Ambientale, ho esercitato sin ora nel rispetto delle leggi, comunque anche in ambiente innevato. Spesso ho collaborato con GA su terreni diversi.
Penso che il livello alpinistico di oggi, l’ innalzamento delle difficoltà potrebbero permettere l’allargamento delle professioni e la loro crescita sinergica.
Il mondo è cambiato, e, anche l’ alpinismo, sono nati nuovi sport outdoor, e, penso che ci sia spazio x tutti. Solo un grande spirito collaborativo tra le figure potrebbe contenere lo sviluppo degli abusivi.
A questo dovremmo pensare tutti insieme.
Complimenti Alessandro. Ottima si tesi (sopra le parti).
Leggo con piacere un articolo che “potrebbe” segnare un punto di svolta importante in una diatriba che fa male non solo agli attori partecipi dell’argomento (in effetti solo ad alcuni) ma soprattutto è limitante per lo sviluppo di un sano turismo montano ecosostenibile. Potrebbe perché in Abruzzo quota estate sono stato oggetto di una vera e propria vessazione giudiziaria con l’elevazione di “n” art.35 (riporto le parole del Presidente Davide Galli) “con richiesta di sanzioni amministrative per divieto di promozione delle attività escursionistiche ai non iscritti al Collegio ai sensi di una postilla nascosta nell’obsoleta e oggettivamente incostituzionale legge regionale abruzzese”… che arrivato sia il momento di un sano dialogo? dubito fortemente visto il comportamento di alcuni che continuano a segnalare ai comandi delle autorità preposte al controllo del territorio la violazione dell’articolo sopracitato, tuttavia una domanda la vorrei porre anche se conscio che non porterà mai a risposta alcuna: come mai solo nel distretto del Parco Nazionale del Gran Sasso sono stati elevati i verbali di cui sopra? ovvero come mai i comandi di altre aree dell’Abruzzo non si sono pronunciate in tal senso? esiste una disparità di comportamento o l’art.35 è elevatile solo in una sola area? di nuovo complimenti ad Enrico Baccanti per l’equilibrio, ponderatezza e chiarezza delle parole e concetti espressi.
Baccanti ha ragione, noi accompagnatori siamo prigionieri di una legge e dei collegi mentre gli altri si muovono liberamente.
Ottimo articolo.
Lo dico da utente dei servizi di accompagnamento escursionistico: mi sono rotto di queste beghe tra GA, AMM, GAE ecc. che infastidiscono e allontanano le persone dalla montagna e fanno danni enormi a TUTTO il comparto, specialmente in Abruzzo.
Mettete intorno a un tavolo i vostri rappresentanti e trovate una soluzione (è il loro lavoro) ricordando sempre che la storia d’Italia è piena di casi in cui invece di “gestire” le spinte (e le opportunità) provenienti dal mercato si è cercato di reprimerle per tutelare l’esistente. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: confusione normativa e perdita di chance di lavoro.
Grazie ancora per l’articolo
Marco Ricchiuti
Tutti bei discorsi e propositi ms bisogna guardare in faccia la realtà. Riguardo la legge 6/89 e relativo regolamento d’esecuzione di cui mai si parla ma che ha identica importanza, non esiste la volontà di fare nessun cambio o adeguamento per chi la ritiene obsoleta. Il legislatore dopo il 1989 ci ha messo una pietra sopra e il tentativo d’intervento accennato dalla presidenza del Conagai sotto Cesa Bianchi, si è arenato con la caduta del governo Renzi. Alle guide alpine alla fine fa comodo che tale legge resti com’è, quindi sarebbe ora che qualcun’ altro si dia da fare per proporre cambiamenti, che sicuramente sarebbero necessari, anche se secondo il mio modesto parere, meno di quello che ogni parrocvhietta auspicherebbe.
Circa la soppressione dei Collegi Professionali, personalmente ne sarei molto felice. In cambio di spese e una tutela della professione “di facciata” garantiscono un sacco di rotture e adempimenti burocratici che puzzano di muffa ancor più dell’obsoleta e antistorica blindata legge 6/89.
Poi la smetterei di attribuire alle guide alpine un’unica competenza tecnico/sportiva nella gestione del cliente privandoli di quella culturale che solo le aigae avrebbero. Non diciamo cazzate. Le guide alpine (a parte che non sono tutte uguali) forse parlano meno perché devono maggiormente concentrarsi per non cadere giù, ma ho visto (e purtroppo ascoltato) delle guide ad altro titolo che stordivano di discorsi tutti quelli che avevano intorno. Capivo che dovevano vendere qualcosa perché pagate, ma una via di mezzo sarebbe stata migliore. La qualità di un accompagnatore non è proporzionale alla quantità di parole che emette dalla bocca. Si può comunicare anche stando zitti, specie se si è nella natura. È questione di personalità più che di formazione, ma oggi si ama teorizzare tutto per poterlo descrivere. “Un bel tacer non fu mai scritto” è un’espressione futuristica altro che.
E dire che eravamo dei bracconieri con doti camoscesche…come ci siamo ridotti.
Un intervento molto interessante e finalmente ampio e non rancoroso da parte di un componente del Collegio Guide Alpine. Dove finora solo l’ospite di questi importanti spazi che è Alessandro Gogna, aveva aperto al reale dialogo tra le diverse professioni.Mi permetto di segnalare però che non è la sentenza di Belluno di quest’anno ad aprire scenari e prospettive, poiché si tratta della sentenza n°10 di archiviazione o assoluzione di una GAE da parte di un tribunale, a partire dal 2015, a seguito di denunce del Collegio o di suoi appartenenti.Le denunce del Collegio Guide Alpine proseguono anche in questo momento: non più sul fronte penale con cui si è cercato di far condannare altri professionisti con pene pesantissime in grado di rovinare letteralmente la vita, ma con richiesta di sanzioni amministrative per divieto di promozione delle attività escursionistiche ai non iscritti al Collegio ai sensi di una postilla nascosta nell’obsoleta e oggettivamente incostituzionale legge regionale abruzzese. No comment…Risulta evidente da anni che il ricorso ai tribunali sia dovuto non tanto alla ricerca di equa giustizia, ma utilizzato come vera e propria pratica commerciale anticoncorrenziale. Creando quel disturbo e quella denigrazione di cui avvantaggiarsi agli occhi della potenziale clientela (ottenendo secondo me in realtà l’effetto contrario, a causa dell’atteggiamento fastidioso che ne consegue). La quale clientela però da diverso tempo sceglie sempre di più le Guide Ambientali Escursionistiche, soprattutto per la modalità divulgativa e naturalistica tipica di una professione con un forte taglio culturale rispetto a quello tecnico-sportivo.Orientandosi verso quelle tutele che la legge 4/2013 garantisce al consumatore attraverso le associazioni di categoria: formazione di accesso alla professione, formazione obbligatoria di aggiornamento, sportello del consumatore, assicurazioni, possibilità di scelta tramite l’evidenza del possesso o meno dell’attestazione di qualità. In poche parole le guide associate ad AIGAE e in alcune regioni le Guide con il (superato a livello normativo) “tesserino regionale”, laddove tutto il resto citato è talmente marginale da non rappresentare un mercato tangibile.Va specificato poi che l’accompagnamento escursionistico non è mai stato considerato esclusiva degli appartenenti al Conagai, come riporta la fondamentale sentenza della Corte Costituzionale 459/2015 fortemente ribadita dalla sentenza del TAR Piemonte nel 2018. Ma solo quello alpinistico, che non è mai stato oggetto di dubbi da parte delle Guide Ambientali Escursionistiche che si fermano ben prima delle famose “corde, piccozze e ramponi”, considerando “l’uso prevalente delle mani per proseguire” un ambito già oltre le competenze.Nel 2015 era stato varato un tavolo di lavoro CONAGAI/AIGAE, miseramente abbandonato dalle Guide Alpine che dopo solo 2 settimane avevano già disatteso gli accordi sottoscritti di non presentare nuove proposte unilaterali di leggi prima di produrre proposte congiunte, oltre a spingere solo verso una proposta irricevibile di assorbimento in toto delle GAE nel Collegio per fare insieme “fortino”. Annullando di fatto le nostre peculiarità e in un colpo solo anche tutte le normative europee irrimandabili sulla libera circolazione delle professioni e sul diritto alla libera concorrenza.Simile è il tentativo fallito del Conagai di creare in alcune regioni la figura della Guida Escursionistica di Montagna con l’evidente scopo di inghiottire la nostra professione, ma sempre snaturando la componente fondamentale: la presenza di natura in qualsiasi tipo di ambiente, con qualsiasi mezzo non a motore, allo scopo di illustrarla, accompagnando in sicurezza.Registro comunque questa interessante analisi e soprattutto la novità dell’atteggiamento, ribadendo ancora una volta che come AIGAE siamo sempre disponibili a ragionare sul superamento di un quadro normativo obsoleto e inapplicabile, a patto di trovare quell’onestà intellettuale e quella lealtà che da un articolo come questo emergono e comunicano la speranza che anche all’interno del Collegio Guide Alpine ci sia spazio per uscire dall’antistorico isolamento protezionistico.