Google Maps Trek: libera l’esploratore che c’è in te?
oppure la fine dell’on-sight e della libertà esplorativa in ambiente?
di Giorgio Robino
Il sito web di Google Maps Trek [1] recita:
“Libera l’esploratore che c’è in te. Viaggia con Google Maps e goditi panorami da tutto il mondo”
Anzitutto cos’è Google? E’ una l’azienda privata californiana [4] che ha come motto ”not be evil” [5] e che di fatto domina l’informazione mondiale. Ora dico subito che nell’ambito della comunità hacker (cioè tra chi, lavorando di solito nello sviluppo software, si occupa di libertà e condivisione dell’informazione, di sicurezza e privacy) c’è una ”storica” ironia su questo ”not be evil”, ovvero di un paventato ”facciamo cose per l’umanità, non per il profitto privato”, in relazione a tanti avvenimenti passati. Ma è una lunga storia, tralasciamo un attimo questa polemica che qui non è probabilmente d’interesse.
http://www.google.com/maps/about/behind-the-scenes/streetview/treks/
Ora, molti di noi usano felicemente tutti i giorni il motore di ricerca www.google.com, ormai standard di fatto e probabilmente molti hanno usato la tecnologia hardware e software Google Street View [2] [3], ovvero la mappatura fotografica geo-referenziata, applicata alla navigazione pseudo-tridimensionale in ambiente urbano stradale. Anch’io, quando sono andato a trovare Alessandro Gogna a Milano, sono andato a consultare Google Street View per vedere dove andare a posteggiare la mia auto. Lo confesso!
Ma ha senso tutto questo in ambiente naturale? Google lavora da un po’ di anni, a un progetto da poco rinominato Trek, che consiste nell’utilizzo della stessa tecnologia Street View, ma applicata in contesti extraurbani, cioè naturali ed addirittura alpinistici. Eppoi non solo outdoor ma anche indoor: ipotizzandone l’uso addirittura per una navigazione virtuale all’interno di strutture museali, o all’interno di qualsiasi palazzo, al chiuso.
Non si tratta di una novità, certo, io ricordo di essere venuto a conoscenza del progetto di mappatura e ricerca di volontari se non sbaglio a fine 2009, quando un amico hacker mi passò ingenuamente un invito ”segreto” di Google per partecipare all’arruolamento di volontari per la mappatura di sentieri e vie anche sulle Alpi. Con l’amico ne nacque una discussione a oggi ancora non terminata sugli impatti negativi di questa tecnologia.
Vediamo quali sono gli scenari applicativi in ambito escursionistico e in particolare in quello alpinistico: l’idea sperimentale di Google è quella di fare mappatura tridimensionale a 360 gradi, metro-per-metro, delle vie alpinistiche. E’ stato recentemente fatto, a scopo ”promozionale”, un primo esperimento tracciatura di famosa salita sul Nose [6] e così recita la pagina web di pseudo navigazione:
“Welcome to The Nose of El Capitan, in Yosemite National Park — the most iconic rock climb on earth. Tighten your harness and double-check your knot, to join Lynn Hill, Alex Honnold, and Tommy Caldwell on a 3,000 foot interactive journey up El Capitan.”
Dunque Google ha ”arruolato” la Lynn Hill, Alex Honnold e Tommy Caldwell, allo scopo di fare una ”demo” di salita tracciata con tecnologia Street View: una troupe ”cinematografica” dotata di google-street camera, ha ripreso l’arrampicata dei tre lungo tutta la via. Ecco il video promozionale del ”dietro alle quinte” [10]:
A onor del vero, va detto che si tratta di una demo e al momento probabilmente solo di una trovata pubblicitaria/marketing, più che una reale mappatura pervasiva disponibile agli ”utenti”. Ma può essere davvero che Google voglia procedere in tal senso. Non è ancora rispetto quale vero scopo ultimo.
Ma immaginate che un domani tutte le vie o le più famose o le più ripetute o quel che volete, siano percorribili virtualmente con un personal computer, con il sistema Google Street View: potremo vedere metro per metro la via, dove l’attore (una Lynn Hill o un qualsiasi alpinista della domenica google-arruolato, che magari ha pure pagato per comparire, chissà), metterà mani e piedi a disposizione dello show! Presa-per-presa, appiglio-per-appiglio, protezione-per-protezione, spit-per-spit, metro-per-metro.
Vi piace ‘sta cosa? A me mica tanto! Tempo addietro proposi ad Alessandro se fosse interessato per caso a un mio articolo ”contro” questa mappatura, e con una qualche mia sorpresa, lui mi rispose:
“Sicuro! Mi immagino già il titolo: la morte dell’on-sight!”
Ora anche io colgo questo aspetto, cioè il fatto che questo sistema svilirebbe l’on-sight dell’arrampicata sportiva: il salire ‘a vista’ appunto, una via, per la prima volta, mai vista e provata e senza aver visto un altro arrampicatore salirla prima.
Ma ho preferito lasciare il titolo paradossale con cui la stessa Google definisce il suo progetto: ”Libera l’esploratore che c’è in te”, permettendomi di aggiungerci un punto interrogativo. Perché secondo me il paradosso di tutta questa faccenda è la depauperazione di libertà esplorativa dell’ambiente naturale, non solo in termini alpinistici, non solo in termini escursionistici [7].
Faccio un altro esempio, più terra-terra, più vicino a noi, riguardante l’Appennino: il 7 ottobre 2015, leggo un post sulla pagina di gruppo facebook dedicato al parco Naturale della Majella, che pubblicizza gioiosamente il progetto di mappatura del parco attraverso gli aggeggi Google Street View. Il post recitava così:
“Amici del #parcomajella, i suggestivi itinerari della Majella possono essere ammirati attraverso Street View di Google Maps. Da tutto il mondo, quindi, si avrà la possibilità di avere una visione a 360° degli itinerari del Parco. Ecco il Monte Amaro… la street view non è andata mai così alta sull’Appennino!!! ”
Quel giorno scrissi a caldo sulla mia pagina un piccato e forse ingiusto (rispetto all’entusiasmo di chi fece il post pro-parco) [8]:
Durante la tracciatura Google Street View nel Parco Nazionale della Majella
Ora va detto che il risultato di quella tracciatura nel parco è pure piacevole e bello da vedere (qui il link allo Street View: [9]), non lo nego! E pur cogliendo gli aspetti divulgativi e promozionali di un certo territorio che amo e rispetto (tra parentesi: Evviva la Majella e le montagne del Molise!) io rimango piuttosto contrario all’uso e divulgazione questa tecnologia.
Lasciamo pure perdere l’uccisione del concetto di on-sight. Mi si potrebbe dire che in fondo, anche senza Google Street View, le vie alpinistiche da sempre vengono studiate a tavolino prima di una salita, in tutti i modi possibili, laddove possibile, con tutte le tecnologie disponibili nel momento storico, e che quando non c’erano né internet né computer si utilizzavano gli schizzi su carta fatti da altri alpinisti (peraltro si usano ancora e sono quelli più utili, specie se fatti da persone fidate!), e poi le fotografie. In fondo questa tecnologia è solo l’accelerazione tempo-reale di quanto si è ”sempre” fatto.
Alex Honnold sul Nose in occasione delle riprese per Google Street View
Va bene, ammettiamo pure, ma c’è comunque un aspetto diseducativo di questo tracciamento visuale millimetrico pret-a-porter: è il non mettere l’alpinista, l’escursionista, nello stato mentale di prepararsi psicologicamente (senza avere completamente tutti i dati a disposizione) all’imprevedibile, al non conosciuto, al mistero esplorativo del viaggio, della salita, che è gioia e dolore, emozione che ci fa muovere. O no?
Poi c’è un altro tema, ancora più vasto e devastante della polemica alpinistica, e cioè: ci va bene in generale che ci sia una completa mappatura di ogni angolo di questo pianeta? Ci va bene che la nostra posizione geospaziale sia tracciata da qualcuno (che peraltro nella fattispecie è un’azienda privata)?
Personalmente non voglio che la mia posizione sia tracciata geo-localizzata, soprattutto per fini terzi. Né in città, né in montagna. Voglio essere libero di perdermi per le città, i boschi o in alta quota. Voglio prendermi un rischio il cui calcolo spetta solo a me. Reclamo wanderer.
Last but not least, ci sono rimasto basito che Lynn Hill si sia prestata a fare ‘sto spottone per Google, in un video la cui voce recitante è proprio quella della stessa Hill che esordisce con queste precise parole:
“penso che sia molto umano il volere esplorare qualcosa che sia sconosciuto”.
Appunto! Ma il progetto Google è in totale contraddizione con quest’affermazione e Lynn Hill si fa promoter di una tecnologia che uccide l’unknown (quello che qualcuno forse chiamerebbe ”mistero”).
E infine, il video si chiude ancora con la voce recitante della Hill che dice:
“diventa possibile quello che inizialmente sembra impossibile”.
La frase mi ricorda un po’ certa propaganda del no-limits! Ahimè. Mi appello all’ultimo mio baluardo, punto fermo di femminile sapienza: Ti prego Catherine Destivelle, parlale tu alla Lynn Hill! Perché ho capito che business is business, ma tutto ha un ”limite”!
Un’altra etica è possibile, anzi: è necessaria.
Riferimenti:
[1] http://www.google.com/maps/about/behind-the-scenes/streetview/treks/
[2] https://it.wikipedia.org/wiki/Google_Street_View
[3] https://www.google.com/intl/it/maps/streetview/
[4] https://www.google.com/intl/it_it/about/company/
[5] https://it.wikipedia.org/wiki/Don’t_Be_Evil
[6] http://www.google.com/maps/about/behind-the-scenes/streetview/treks/yosemite/
[7] http://www.google.com/maps/about/behind-the-scenes/streetview/treks/the-worlds-highest-peaks/
[8] https://www.facebook.com/solyarisoftware/posts/10207469882923098
[9] https://www.google.com/maps/@42.0863241,14.0859836,3a,75y,67.03h,68.38t/data=!3m6!1e1!3m4!1s6BWTf1AgGloebDpd_YKIkw!2e0!7i13312!8i6656
[10] https://www.youtube.com/watch?v=bEpMR86wxeQ
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Buongiorno Alberto
io non so nemmeno se è per queste persone, già famose,
una questione di denaro o solo di “visibilità”, di “immagine”, di “prestigio”, di “egocentrismo”, o quello che vuoi.
Ma il punto è per me: come faccio io, che sono un povero imbecille che manco sò cos’è una picca,
andare da uno come Gabarrou, a dirgli che si è prestato ad un gioco di merda,
che “ha sbagliato tutto” ?
Se non lo capisce lui da solo,
alla sua età ?
E la Destivelle ?
Uguale (solo che lei non la incontrerò probbailmente mai, che io frequento quando va bene, solo le nostre montagne sfigate).
Sono spiazzato.
P.S. volete ridere ? Google Arabia:
https://www.youtube.com/watch?v=4pVCToDTbT4
Ridere per non piangere
caro Giorgio sono i soldi . I SOLDI!! che fanno la differenza.
Invece Giorgio quando incontrerai Gabarrou glielo dovrai dire che sta promovendo una puttanata.
Alla faccia della sua “Mont Blanc, Cathédrale de lumière” .
mi accorgo casualmente che oggi, 21 Gennaio 2016 l’amata Google pubblica questo video:
https://www.youtube.com/watch?time_continue=243&v=I6UGj9aWCnU (1 gg / 40.000 visualizzazioni)
vedi anche:
g.co/montblank
E mi riempe di trisitezza vedere sopratutto la Catherine Destivelle, che avevo scherzosamente citato in mio articolo, sicuro che lei non si prestasse all’ammazzamento dell’ignoto, ed invece anche lei a sponsorizzare la ditta che crede di sponsorizzare il mondo (Il Monte Bianco nella fattispecie)!
E Patrick Gabarrou pure ?!
Ecchediamine, Non ci posso credere …
Ma cosa succede a sta gente?
non era maestra della conoscenza dell’altrove ?
Ora, di Ueli Steck me ne frego, se non ha imparato quelle 4 cose lassù, amen,
ma dei due francesi… mi sento quasi tradito.
Eppoi, penso, anche se un domani incontrerò per caso Gabarrou al rifugio Remondino…
avrà senso che io gli dica, che tutto, ed il “metterci la faccia” è una fantastica “puttanata” ?
E che il Monte Bianco è così ancora “sputtanato”.
Ma probabilmente non me la sentirò di dirgli niente, me ne starò zitto.
toglierò lo sguardo dirigendolo verso l’Argentera.
io dò forfait
Giorgio sono d’accordo con te.
Andrea ti consiglio una bella camminata fino a Little Yosemite e da li una puntata fin sull’ Half Dome.
…. anzi, scusami se non mi soffermo oltre, ma mi sono infilato gli scarponi, sto andando a fare un’escursione a Yosemite 😉
@Alberto
Liberissimo di pensarlo.
Io nel mio piccolo (e lo scrivo in grande in modo che sia chiaro il mio ragionamento) quando NON POSSO andare in montagna da solo, con gli amici, con mio figlio, magari in una uggiosa giornata della pianura padana come oggi, se posso percorrere qualche centinaio di metri su un sentiero virtuale lo faccio volentieri.
Perchè non è una sostituzione a prescindere, è una stampella a cui mi appoggio quando non posso fare diversamente. E’ una finestra su un mondo che riesco a vivere solo di tanto in tanto. E mi aiuta a sognare di tornarci.
Cordialmente
Andrea Parmeggiani
“Non sto dicendo che Google maps è una valida alternativa all’andare in montagna, ma semplicemente che può essere un ausilio, a chi non PUO’ farlo, o semplicemente a QUANDO non può farlo, per sognare un po’.”
con Googles maps i sogni svaniscono e di certo non si avverano.
Giando,
” può darsi che un domani diventi obbligatorio per legge informarsi su Google Maps Trek e allora avremo finito di dialogare sull’argomento ma se non sarà così la possibilità di optare esisterà sempre a patto di accettare l’uscita dal branco.”
Perchè dovremo stare nel branco? quale è il problema ad accettare l’uscita dal branco? Tanto meglio!
Ognuno di noi è unico e irripetibile. Quindi perchè ci dovremo addattare a stare nel branco per uniformarci a cosa?
Giorgio evviva i “FOLLI” .
Giorgio sono d’accordo con te. Crediamo di avere libertà di scelta. Invece siamo delle illusi perchè questa libertà non c’è .
Facendo un paragone, magari forzato. E’ un pò come chi non fuma ma è costretto a respirare quello degli altri.
Ciao Giando
ovviamente il mio tedio è relativo alla opzione 2 che tu elenchi. Certo che hai reso l’idea. Ed è per questo che ho proposto il ragionare intorno a ste “belinate”.
A riguardo della storia delle solitarie del giapponese, la mia mente smemorata mi riporta ad un articolo che ho letto proprio su questo Blog e se non erro la racconta Bertrand Ami, ma può essere che mi sbagli. Andrò a cercare.
Anch’io sento la necessità di un equilibrio “sereno” tra l’autocensura a cui mi pare alludi e la necessità di affermazione umana, diciamo meglio e più semplicemente, di comunicazione.
A riguardo di questo e del tema principale: l’IGNOTO così lontano, ma così VICINO: c’è un alpinista e scrittore ligure (che non è Alessandro), che un giorno mi disse, a fronte della mia richiesta di sua partecipazione ad alcune istanze “ambientaliste”, qualcosa del tipo (vado a memoria e può essere che io travisi):
“Non me la sento di lottare contro, io vorrei solo far vedere la bellezza, che c’è qui su questi monti dell’appennino, alle persone a me care; non mi chiedere di farne una lotta”. Io devo rispettare questa posizione (che non è quella che definisco invece liberista/opportunista, tutt’altro!), ma penso sia invece quasi ingiusto (oltreche quasi impossibile), uscire dal branco. Tanto vale parlarne tra noi, dentro al branco, dei rischi e delle illusioni.
La libertà di optare è un’illusione quando:
1) la legge impedisce di optare;
2) l’opzione non è psicologicamente sostenibile.
Il primo caso è evidente. La legge prevede l’utilizzo delle cinture di sicurezza in auto e, quindi, non c’è pezza che tenga, bisogna metterle.
Il secondo caso è più sottile perché l’opzione può portare all’uscita dell’individuo dal branco. Potremmo parlare a lungo di questa tematica ma non c’è lo spazio sufficiente, credo comunque di aver reso l’idea.
Negli anni ottanta lessi una storia, non so se fosse vera o falsa, se fosse cioè la classica leggenda metropolitana (nella fattispecie montana). L’articolo trattava delle solitarie. Un giapponese molto forte era stato visto in più occasioni portare a termine delle salite importanti, sempre in solitaria. Si sapeva che annotava tutto diligentemente sul suo diario ma che a nessuno aveva mai comunicato i suoi successi. Alla fine il giapponese morì e con lui il suo diario, nel senso che prima di morire lo distrusse.
Nell’articolo si voleva evidenziare che una vera solitaria è quella che si fa da soli, in tutti i sensi, senza nemmeno raccontare che la si è portata a termine.
Ribadisco, non so se questa storia sia vera o falsa e personalmente non so fino a che punto riuscirei a condividere una filosofia di vita così rigorosa però il messaggio che trapela è molto forte.
Per tornare al tuo articolo Giorgio, può darsi che un domani diventi obbligatorio per legge informarsi su Google Maps Trek e allora avremo finito di dialogare sull’argomento ma se non sarà così la possibilità di optare esisterà sempre a patto di accettare l’uscita dal branco.
Forse morirà l’on sight, è vero, ma questo solo per coloro i quali vivono di queste cose. Potrà essere un problema per uno come Adam Ondra non certo per il giapponese della storiella di cui sopra.
Spesso noto che in alpinismo, per carità anche in altre attività umane, viene riversato un bisogno di affermazione molto forte e ciò impedisce di vivere questa attività con la dovuta serenità d’animo.
Ciao a tutti. Grazie per i commenti.
Anna:
Hai ragione, ma peccato tu non abbia approfondito il “comunque”.
Michele:
Mi piace molto la definzione: “maghi di Cupertino”! Qualsiasi cosa io potrei dire su di loro sarebbe inopportuno, quindi lascerei la parola al regista Ari Folman ed il suo film “The Congress”, che tratta di una azienda che domina il mondo attraverso droghe che permettono di essere chiunque ed essere DOVUNQUE si voglia. Guru di questa azienda si chiama nel film “Reeve Bobs” (gioco di parole, che è facile indovinare).
Marcello:
Apprezzo il racconto. Se capisco la tua ironia e metafora, concordo che il giochino virtuale, NON funziona.
Alberto Benassi:
Sono d’accordo con te nella ultima analisi pessimistica, ma mi è arduo argomentare il perchè; sarei considerato folle e fuori tema qui. Ma voglio ringraziarti per avere tirato in ballo la parola “ignoto” nel post di qualche giorno fà: “Il nuovo mattino”. Il punto è proprio questo: l’ignoto. “unknown”, recita Lynn Hill nel video promozionale. E’ opportuno proteggere (qualcuno qui direbbe “contemplarlo”), l’ignoto, e non “spogliarlo” (per usare la metafora di Marcello).
A tutti quelli che
in qualche modo vedono tecnologie globali come una semplice opzione di libertà, della serie: se non vuoi, lasci a casa telefono e gps, se non vuoi spegni, se non vuoi vai nudo. Questo è l’atteggiamento che, in precedente commento su articolo “Non è avventura se è una gara”, ho definito scherzosamente come del “partito liberista”. La mia sensazione è che questa libertà di optare sia un’illusione.
Per buttarla in ridere, lascio la parola al film “Matrix” dei fratellini Wachowski.
Su internet e altri tipi di pubblicazioni, fatte su ogni tipo di supporto, si trova già, minuziosamente dettagliato, ogni informazione su tutto: tracciati, sentieri, montagne, vie ecc. ecc. Quindi non vedo dove sia il problema se, oltre a questa impressionante mole di pubblicazioni, si aggiunga anche il lavoro svolto da Google.
Carlo Pucci, da facebook 20 dicembre 2015 alle ore 9.01
@Marcello
capisco l’ilarità della faccenda per chi della montagna ci vive.
Non sto dicendo che Google maps è una valida alternativa all’andare in montagna, ma semplicemente che può essere un ausilio, a chi non PUO’ farlo, o semplicemente a QUANDO non può farlo, per sognare un po’.
Questo rifiuto di qualcosa che non è obbligatoria mi sembra ridicolo: io non sono un Alpinista, al massimo un amante della montagna: da bambino seguivo mamma e papà sui sentieri dei principali rifugi della Val Solda, oggi, 64enne, per una serie di motivi non posso più andare chessò alla Capanna Payer o al Città di Milano: mi piacerebbe però ripercorrere, magari “seduto sul divano con una bibita fresca in mano” il sentiero che 55 anni fa mi ci fece arrivare per la prima di numerose volte: benvenga dunque Google Maps Treck: non piace? Basta non fare click sul Segnalibro: da solo non si attiva di certo.
Non piace perchè è in mano a privati che “lucrano” sulle vie montane: facciamocene una ragione, sono i soldi (lo “sterco del diavolo”!!) che fan girare il mondo, senza un guadagno niente GPS, niente GSM, niente capi tecnici leggeri e protettivi, niente corde indifferenti all’umidità…etc etc etc
🙂
Ok chiaro il messaggio pero’ c’e’ una via d’uscita che consiste nel non usarlo. Allo stato attuale non vi sono obblighi, e’ come decidere di usare il satellitare oppure no, di usare gli spit oppure no, di chiodare una via nuova ogni due metri od ogni dieci.. Fino a quando non vi sono degli obblighi ognuno e’ libero di vivere l’avventura a modo suo. Con riguardo all’on sight e’ una questione di fiducia, anche adesso. Se un arrampicatore dice di aver salito on sight ci fidiamo della sua parola ma che ne sappiamo se poi si e’ documentato o meno? E poi quello e’ un problema di chi fa sport non di chi cerca l’avventura. Quest’ultimo, se vuole veramente vivere questo genere d’esperienza, sa quello che deve fare e si muove di conseguenza perche’ deve poi fare i conti con se’ stesso. Se invece vuole solo primeggiare e’ un altro discorso ma allora non sta’ cercando l’avventura.
Mi rendo conto che tutte queste cose contribuiscono ad un certo tipo di cultura ma il vero ricercatore d’avventura esce dagli schemi, non si fa intruppare dal branco e procede da solo nella direzione in cui crede.
Comunque la Majella è in Abruzzo
Gia’ diversi anni fa era uscita una tuta per praticare il sesso vitruale a distanza. Pensata per gli astronauti, qualcuno ne fece pure un film pseudoporno, credo, che non ebbe molto successo.
Questa tuta, che si collega al computer con un comune cavo USB, agisce attraverso un apposito programma che decodificando gli impulsi ricevuti dall’altro capo, trasmette al corpo dei due, o piu’, partner, attraverso sensori meccanici posti nei punti erogeni, le stesse sensazioni di quando si fa l’amore a letto.
Straordinario e soprattutto comodissimo, anche perche’, poco dopo un noto server creo’ la possibilita’ di avere rapporti sessuali di ogni tipo con la propria diva (o divo) preferita, la vicina di casa, il parroco o con chiunque aderisse al programma registrandosi creando un proprio account. Praticamente tutti potevano trombare tutti, standosene comodamente a casa. Chi preso da altre cose e con poco tempo da dedicare a quisquilie come il sesso, chi preso dal lavoro, dai figli, dalla poverta’, dall’immobilita’, dall’iperattivita’ alpinistica, dalla pigrizia o dalla timidezza, poteva da quel momento avere una sfrenata attivita’ sessuale (etero, omo, bi, trans…bastava cliccare sulla categoria preferita). Grande democrazia, insomma!
Oggi e’ molto piu’ facile perche’ con gli smartphones si puo’ scaricare una App a pagamento, (di cifra modesta attorno ai 6 USD) che non abbisogna della costosa tuta che aveva impedito la diffusione a tappeto della prima versione. Basta immergersi nella propria vasca da bagno e immergere il terminale in oro di un cavetto mini USB ad alta velocita’ da collegare allo smartphone, che serve a trasmettere gli impulsi sessuali a ogni parte del corpo. Nei ca. 6 USD sono compresi (arrivano per posta a casa) sia il cavetto che un liquido elettrolitico da versare nella vasca in poche gocce. Per il bacio occorre immergere il capo nell’acqua, ovviamente. Cosi come per i grattini sul cuoio capelluto o i sussurri nelle orecchie (selezionando la lingua preferita nonche’ anche la consistenza della lingua, intesa come parte del corpo umano che eventualmente lecchera’ parti del vostro corpo) , alla voce: proprieta’ e poi tools, come nei programmi di fotoritocco). INsomma, e’ piu’ semplice di quanto appaia e soprattutto FUNZIONA!
Per informazioni e creare il tuo account http://www.imparaaviveresulserio.com o su http://www.percolpadiqualchecoglionelarazzaumanasiestinguera.com , dite che vi mando io.
Alberto, sono d’accordo con te.
Chi può, fa. Chi non può? Io magari non posso perchè sono impegnato col lavoro, perchè ho 3 figli piccoli e non posso muovermi molto.
Ma chi non può perchè è disabile, o semplicemente perchè non è malato, perchè non deve essere bello sognare di essere in un certo luogo, guardarsi intorno come se fosse li’, magari sognando un domani di poter mettere gli scarponi su quegli stessi sentieri.
Io, sinceramente, ho seguito con interesse il pezzo di Alta Via delle Dolomity n. 1 tracciato su Google Maps, per il semplice gusto di evadere ogni tanto dal lavoro e vedere quei luoghi e quel tracciato che conto un domani di fare.
già…vivere l’avventura virtuale.
Sentirsi dei grandi esploratori ma ben seduti sul divano con tanto di pantofole e sorseggiando una bibita fresca.
Bella roba….
Che me ne frega di vedere tutti i luoghi del mondo .
Quello che è importante è vivere i luoghi attraverso la mia esperienza, la mia presenza. Non vedere. VIVERE!!
Questo sistema mi permette di vivere un determinato luogo? No! Perchè lo vedo attraverso l’esperienza di un altro.
Questa è finzione.
Io la vedo da un altro punto di vista: quanto tempo ho per poter vedere tutti i luoghi del mondo? Quando potrò mai permettermi di andare a fare un sentiero nella Yosemite Valley? O, più banalmente, nel parco della Maiella?
Bene, se so che in un certo posto non ci andro’ mai, per motivi di tempo, di denaro o quant’altro, e allora me lo vado a vedere su Google. Perchè no? Poi, abito a Modena, qualche escursione all’anno ho tempo di farla e la faro’ volentieri, cosi’ come qualche ferrata e qualche via alpinistica.
Ma in tutta la mia vita potrò percorrere con le mie scarpe forse lo 0,01% di quanto è disponibile al mondo. E se qualcuno mi permette di visitare virtualmente qualche altro posto, perchè no?
l’estate scorsa con un amico eravamo nelle Pale di San Martino al rifugio Treviso . C’erano due tizi che avevano uno strano strumento che attirò la nostra attenzione. Sembrava un robot di Guerre Stellari.
Chiedemmo ai due tizi cosa era. Ci dissero che era lo strumento per mappare il territorio per google.
Ma che senso ha andare in montagna avendo la certezza matematica del percorso. Ma possibile che non ci rendiamo conto che tutto questo non farà altro che distruggere l’uomo come essere pensante e ci renderà schiavi delle macchine.
Ciao Giorgio,
diversi anni anni fa con un amico dalle idee vulcaniche proponemmo alla divisione EMEA dei maghi di Cupertino il progetto Path View (logica street view e spazi extraurbani) dedicata alle più note salite delle Alpi. Probabilmente numerosi punti dell’idea erano già stati presi in considerazione, tant’é che manco ci risposero…Poi negli anni mi son convinto che smarrire la via in modo consapevole renda più intelligenti, ricchi e soddisfatti, e qualche volta faccia addirittura arrivare prima a destinazione.