Göran Kropp era un valente alpinista svedese che, nel 1996, pedalò dalla Svezia all’Everest, dove raggiunse la vetta da solo e senza ossigeno. Morì in un incidente 6 anni dopo. Un grande della storia dell’alpinismo, in anticipo sui tempi.
Göran Kropp e il suo incredibile Everest
a cura della Redazione di cumbresmountainmagazine.com
(pubblicato su cumbresmountainmagazine.com il 7 ottobre 2023)
Era l’autunno del 1995 quando Göran Kropp, uno svedese di 28 anni, decise di intraprendere un’impresa che avrebbe stupito il mondo intero. Il suo sogno era scalare la vetta più alta del pianeta, l’Everest.
Ma ciò che rendeva la sua missione davvero unica era il modo in cui intendeva portarla a termine: da solo, senza ossigeno, senza l’aiuto di sherpa o portatori. E, cosa più impressionante, pedalare da casa sua a Stoccolma fino alla base dell’Everest in Nepal.
Odissea in bicicletta
Nell’ottobre del 1995 Kropp iniziò il suo epico viaggio in bicicletta, equipaggiata con un piccolo rimorchio pieno di attrezzatura per la scalata e il materiale essenziale.
Il suo viaggio lo ha portato attraverso l’Europa e l’Asia centrale, affrontando ostacoli geografici e sfide logistiche lungo il percorso. Ha attraversato montagne, deserti e strade pericolose, portando con sé la determinazione di realizzare ciò che molti consideravano impossibile.
Nel suo viaggio Kropp non solo ha dovuto affrontare la fatica e le avversità fisiche, ma anche la solitudine e l’incertezza. In ogni tappa del suo viaggio ha incontrato culture e paesaggi completamente diversi, che hanno arricchito la sua esperienza e lo hanno reso un ambasciatore di avventura ed esplorazione.
L’arrivo in Himalaya
Dopo aver pedalato per mesi, nella primavera del 1996 Göran Kropp arrivò finalmente in Nepal, dove avrebbe iniziato la fase finale della sua odissea. Era arrivato alla base dell’Everest, pronto ad affrontare la sfida più grande della sua vita. A differenza di altri alpinisti, non aveva una squadra di supporto né il sostegno di una spedizione organizzata.
Kropp ha iniziato la sua scalata dell’Everest da solo, affrontando tutti i pericoli che una solitaria comporta. La montagna allora non era certo addomesticata come oggi: mentre si dirigeva verso la cima, incontrò altri alpinisti che come lui lottavano per la sopravvivenza in mezzo a tempeste memorabili.
L’ascensione
Nonostante le difficoltà, Göran Kropp perseverò e, il 23 maggio 1996, raggiunse la vetta dell’Everest. È così diventato il secondo uomo (dopo Reinhold Messner) a raggiungere questo obiettivo in una spedizione in solitaria senza ossigeno e il primo dal versante meridionale (oltre ad aver effettuato il primo avvicinamento “muscolare” dall’Europa, NdR).
La sua impresa è stata ampiamente acclamata in tutto il mondo, una testimonianza di coraggio e determinazione che ha ispirato altri alpinisti di tutto il pianeta.
La scalata dell’Everest coincise con la tragica stagione del 1996 in cui morirono diversi alpinisti a causa di una tempesta mortale avvenuta sulla montagna, tra cui membri di altre spedizioni (vedi il libro Aria sottile di Jon Krakauer, NdR)
Kropp ha dovuto affrontare condizioni meteorologiche estremamente avverse e ha incontrato alcuni degli alpinisti colpiti dalla tempesta, che ha cercato di aiutare al suo meglio possibile.
Epilogo
Purtroppo, la vita di Göran Kropp venne interrotta nel 2002 da un tragico incidente di arrampicata a Washington, negli Stati Uniti, all’età di 35 anni.
Tuttavia, la sua eredità sopravvive come esempio della capacità umana di superare ostacoli apparentemente insormontabili nel perseguimento dei propri sogni e obiettivi nella vita.
La storia di Göran Kropp rimane una cronaca indimenticabile di coraggio, tenacia e avventura. Il suo viaggio in bicicletta dalla Svezia all’Everest e la sua ascesa alla vetta della montagna più alta del mondo in solitaria, senza aiuti esterni, hanno lasciato un segno indelebile nella storia dell’alpinismo e dell’esplorazione, dimostrando che i limiti si possono spostare.
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Davvero straordinario.
Mi chiedo se si possa tornare a una vita in società dopo un viaggio del genere.
L’avventura va costruita e può nascere ovunque. Il grande Fulgido, mitico gestore della Cà D’Asti, mi ha raccontato che una volta è partito dal campo sportivo di Caselette, è salito sul Musinè e poi ha proseguito per cresta fino in punta … al Rocciamelone. Due giorni di “munta – cala”.
Basta un po’ di fantasia (e … due buone gambe …).
A dimostrazione che l avventura esiste ancora, dipende da come la si vuole vivere…..
Grande! Menomale che qualcuno lo ha riportato alla luce.
“La cosa pazzesca, che non mi sembra di aver letto nell’articolo è che è tornato a casa in bicicletta”
…chissà se si è ricordato di comprare il pane che gli aveva chiesto la moglie
La cosa pazzesca, che non mi sembra di aver letto nell’articolo è che è tornato a casa in bicicletta!!!! Mito assoluto.
Impresa pazzesca. Pessimo video.
Il libro dell’impresa:
Ultimate High: My Everest Odyssey
Mai sentito parlare di un certo Bill Tilman e dei suoi viaggi alpinistici fatti con avvicinamento in barca a vela?
Qui Daidola può scatenarsi. Ma sappia che Tilman non è solo il suo idolo ma è anche il mio.
Grande impresa d’altri tempi, evviva la lentezza.
In lui probabilmente la reincarnazione di quell’inglese che negli anni 20 giunse in aereo ai piedi dell’everest e nel salirlo si perse nel mito
Bella avventura di bicivetta ….non se fattibile ora con le tensioni politiche presenti ai confini di questo mondo sempre più diviso e chiuso in se,
Impressionante
Impresa strepitosa.
Peccato che il video sia un’accozzaglia di immagini perlopiù senza senso che non rendono giustizia allo sforzo fatto da quel ragazzo.
Bike & Hike: ci sono stati illustri predecessori quali la leggenda dell’alpinismo tirolese Hermann Buhl.
La sua salita del Pizzo Badile in val Bregaglia è tutta in stile Bike & Hike: l’avvicinamento al sentiero (un viaggio di quasi 240 km!!) è stato fatto in bicicletta da Innsbruck.