Guide Alpine e CAI, una sinergia possibile?

Guide Alpine e CAI, una sinergia possibile?
di Alessandro Beber
(pubblicato su l’Adige.it del 25 maggio 2015)

Ho iniziato ad arrampicare frequentando un corso primaverile presso la Scuola Graffer di Trento, poi alcuni anni dopo ho deciso di rimanere vicino alla mia passione per la montagna sostenendo gli esami per diventare Guida Alpina.
Negli anni ho appreso che in Italia, Trentino compreso, tendenzialmente non corre buon sangue tra le rispettive istituzioni del Club Alpino Italiano e quello delle Guide. Mi sono interrogato a lungo sulle motivazioni, ma non ne ho mai trovate di soddisfacenti.

Sembra che la bega sia iniziata più di un secolo fa, quando l’alpinismo era considerato un’attività d’élite riservata all’alta borghesia e agli aristocratici, i quali giudicavano riprovevole monetizzare l’attività di accompagnamento in montagna. In quel contesto erano infatti nate le prime Guide Alpine, solitamente dei valligiani con conoscenza specifica della zona che si mettevano a disposizione dei «signori» per indicare le vie di accesso alle cime o per portare i carichi di queste prime rudimentali spedizioni.

Alessandro Beber
Beber,AleBeber1

 

Ma l’intellighenzia all’interno dei Club Alpini nazionali, che pur talvolta usufruiva dei servigi delle Guide, volle tenere ben distinte le cose, sentenziando che il denaro era questione troppo vile da mischiarsi con la purezza d’intenti del vero alpinismo, e gettando così le basi di una scissione che perdura ancora oggi. Ovviamente ne è passata di acqua sotto i ponti, il mondo e la società sono cambiati, ma questo malcelato contrasto non è ancora pienamente superato.

Tanto per fare un esempio, le Guide Alpine in quanto «professionisti», tuttora non sono ammesse all’interno del Club Alpino Accademico Italiano (CAAI), una sorta di circolo che riunisce gli alpinisti di punta al quale si accede per meriti sul campo, anzi in parete. Peccato che nel frattempo (ormai più di 50 anni fa, a dire il vero…) siano subentrate le sponsorizzazioni, che permettono ad alcuni di dedicarsi alle scalate in cambio del rientro pubblicitario fornito alle aziende tramite le proprie imprese, ma questa eventualità non è stata giudicata in contrasto con i valori del CAI…
(NdR: al momento è in corso in seno al sodalizio un processo di cambiamento che per ora, dopo una recente modifica allo statuto, accetta solo la “riammissione” all’Accademico di soci che, diventati guide alpine, erano stati estromessi).

Da parte loro le Guide spesso accusano il mondo del volontariato di sottrarre una parte importante del loro bacino d’utenza e quindi si ritengono penalizzati nell’esercizio del proprio lavoro, posizione altrettanto curiosa perché è come se i giornalisti lamentassero un attacco da parte della scuola che insegna a leggere e scrivere a tanti studenti, pretendendo l’esclusiva su tutto ciò che concerne la parola.

Io credo che basterebbe gettare lo sguardo poco lontano, oltralpe ad esempio, dove nelle istituzioni del DAV tedesco e dell’Alpenverein austriaco, il mondo dell’associazionismo e quello dei professionisti convivono pacificamente e anzi collaborano in maniera proficua.

Certo bisognerebbe un attimo rivedere le rispettive posizioni, mostrandosi disposti a riconoscere da un lato che l’opera di sensibilizzazione e avvicinamento alla montagna operata all’interno degli ambienti CAI è un valore da preservare e una forza non sostituibile, e dall’altro che le competenze e la preparazione di persone che per lavoro in montagna passano più di duecento giornate all’anno, contano qualcosa e anzi possono rappresentare un valore aggiunto.

Stando nella realtà trentina, molte sezioni della SAT (Società Alpinisti Trentini) collaborano da tempo e in maniera proficua con le guide alpine, anche per un discorso di alleggerimento delle responsabilità che oggigiorno diventano sempre più pesanti e risultano difficilmente sostenibili da chi sta prestando con passione la propria opera di volontariato (e non vorrebbe ritrovarsi imputato!), ma sarebbe bello ricevere in questo senso un segnale, da parte dei vertici istituzionali, che sdoganasse una collaborazione naturale tra due realtà animate in fondo dalla stessa motivazione, ovvero uno smisurato amore per la montagna.

 

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Guide Alpine e CAI, una sinergia possibile? ultima modifica: 2015-07-24T06:00:27+02:00 da GognaBlog

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21 pensieri su “Guide Alpine e CAI, una sinergia possibile?”

  1. Fare un’analisi dettagliata e completa dei motivi che inducono a non scegliere il professionista e parare invece, non solo sul CAI, che alla fine comunque, è un organismo autorizzato e giuridicamente riconosciuto, ma anche e spesso su abusivi “Fai da te!” senza arte né parte (e capita sempre più spesso) è estemamente difficile in quanto la scarsa radice culturale non contempla solo la montagna o l’alpinismo ma un modus vivendi tutto italiano, dove il “furbetto” viene visto come “quello in gamba”, alla faccia di chi invece segue le regole…
    Una potenzialità incontestabile del CAI, rispetto alle G.A. è quella di riuscire a fare aggregazione (compito credo istituzionale) grazie soprattutto alla sua radiazione sul territorio, quindi spesso c’è che sceglie quella via per la sua formazione proprio per poi poter trovare compagni d’uscite. Con corsi di 4 partecipanti questo avviene pochissime volte, anche magari a causa della dislocazione geografica della residenza dei patecipanti.
    Personalmente tengo spessissimo corsi con stranieri che vedono nella G.A. il professionista per evolversi e non per trovare compagnia…
    In provincia di Brescia dove attualmente passo la maggiorparte del mio tempo è in atto un progetto, pubblicizzato anche in tv (abbiamo tenuto come G.A.. una serie di quattro puntate su “Professione Guida Alpina e Progetto Move-Out”. che si possono vedere liberamente sul mio profilo fb, nella sezione video o su you tube), con corsi gratuiti di approccio alle varie attività proposte… bene… credi che l’adesione sia stata di massa??? Dai un’occhiata alle proposte e ti fai un’idea di come in una sola provincia (ma la proposta non è limitata ai residenti) ed in una realtà che copre un territorio infinitesimale dall’arco alpino,” del nostro” ce lo stiamo mettendo eccome…! (http://www.moveoutsport.it/news/)
    Parte del problema, come ben evidenzi, è anche e forse soprattutto, colpa della scarsa informazione su questa professione che viene spesso vista come Mito (positivo o negativo) ma della quale pochi conoscono le caratteristiche.
    La colpa è sicuramente delle Guide e dei loro organismi, malgrado un Collegio non sia istituzionalmente abilitato a fare pubblicità alle attività dei suoi iscritti.
    Come ho evidenziato in quel documento pubblicato qui sul blog (http://www.banff.it/un-futuro-diverso-per-le-guide-alpine/) c’è bisogno di un nuovo e più produttivo modus di reclamizzare la nostra figura, sotto i suoi diversi aspetti, i quali sono veramente tanti.
    Con quel piccolo esperimento televisivo (che si poteva comunque seguire in streaming ed ha avuto qualche migliio di visualizzazioni…) abbiamo tentato di cominciare a sfondare il muro che ci separa dalla conoscenza di ciò che siamo e di ciò che magari, invece, la gente interpreta a modo suo.
    Ho provato a contattare poi canali più grossi, vista l’audience ottenuta con, come dicevo, un canale (che ringraziamo vivamente per lo spazio) locale che ha creduto in questo esperimento, ma credi che abbia ottenuto risposta???
    Non sempre è facile promuovere qualcosa anche solo a scopo puramente culturale, se non trovi chi sia interessato a farlo con te.
    oltre a ciò, purtroppo sempre più spesso si insinuano problematiche legate ad Amministrazioni pbbliche senza scrupoli che pur di avvantaggiare la categoria di turno, procede anche in maniera illegale o illecita senza tener conto delle professionalità, malgrado venga fatto loro presente… e non parlo solo deglil albergatori trentini… ce ne sono miriadi di queste situazioni e spesso a livello di piccole comunità che sono difficilmente controllabili…
    Il discorso sarebbe ancora lungo ma credo possa dare già un’idea delle difficoltà in cui ci troviamo ad operare, anche aldilà della già difficile professione che svolgiamo, malgrado continuo a pensare che sia l’attività più bella ed affascinante del mondo.

  2. Scusa Stefano se rido ma la storia dei tre babbei con 15 persone al seguito è veramente tragicomica :-D.
    Non so che dire se non che tutto questo porta ad una rilfessione di un certo tipo. Se le persone da te citate han pagato 50,00 euro in più rispetto al corso da te tenuto, il quale è stato senza dubbio di assoluta qualità, evidentemente c’è anche un grosso problema di comunicazione.
    Se dici che di corsi le GA ne fanno a bizzeffe possiamo ragionevolmente sostenere che sia solo un problema di scarsa dimestichezza col muose? Posto che giudicare una categoria (cosa che a me in generale non piace fare perché prima di giungere a delle conclusioni preferisco sviluppare delle riflessioni) non è mai bello, in quanto ci sono persone e persone, credo che se un certo numero di corsisti finisca nelle mani di tre babbei forse la colpa è un po’ di tutti: dei corsisti che non s’informano, del CAI che consente a persone inqualificabili di tenere dei corsi ed alle Guide Alpine che non sono in grado d’infondere nell’immaginario collettivo una visione diversa dal montanaro con la penna che porta in vetta il cliente danaroso.
    Sicuramente l’italiano medio è un pelandrone, più propenso a sbattersi sotto un ombrellone oppure, nella migliore delle ipotesi, a tirare due calci ad un pallone. Non penso proprio che si possa trasformare in un provetto alpinista nel giro di poco tempo (e probabilmente nemmeno nel lungo) però, con tutto il rispetto per un professionista serio come te, io tutte queste proposte non le vedo o forse le vedranno coloro i quali sono talmente motivati da mettersi a cercare su internet fino a quando non trovano qualcosa che li soddisfi. Prendiamo il sito dell’Associazione Guide Alpine Italiane, il primo che si incontra digitando “guide alpine” su internet. Potrebbe essere fatto meglio? Secondo me sì. Non si potrebbero trovare su di esso tutte le iniziative delle varie Guide Alpine? A mio avviso sì. Sono andato a vedere anche altri siti ma francamente ho notato delle notevoli carenze anche solo di natura grafica.
    Allora, proviamo a vederla in questi termini. Le GA sono dei professionisti alla stregua dei notai, dei commercialisti, degli ingegneri, dei medici, ecc., con una differenza però sostanziale rispetto alle categorie citate: non aiutano il cliente a soddisfare dei bisogni primari ed improcrastinabili. Il notaio che interviene per legge nelle compravendite delle case non ha bisogno di farsi pubblicità o di andare a procacciare clienti. Lo stesso dicasi per un medico (mica può inoculare deliberatamente delle malattie per acquisire pazienti). La Guida Alpina viceversa, se vuole lavorare, necessita di persone intenzionate ad andare in montagna e se queste non ci sono non c’è trippa per gatti. A questo punto o si tira la cinghia o si fa il doppio lavoro con sacrifici immani e possibile (non dico probabile, dico semplicemente possibile) rischio di non riuscire a mantenersi in forma ed aggiornati.
    Ne consegue che si deve far nascere un bisogno che non sarà mai di tutti, molto probabilmente non sarà mai della maggior parte degli italiani ma che potrebbe essere probabilmente maggiore rispetto all’attuale. Ed è qui, nella creazione di questo bisogno che c’è una carenza di fondo ed è proprio per via di questa carenza che si possono insinuare i tre babbei da te citati. Se i clienti non riescono a comprendere la differenza fra un corso a cui partecipano 15 persone ed un altro a cui ne partecipano 4, che addirittura costa meno, oltre alla scarsa informazione dei partecipanti emerge, a mio avviso, anche un’incapacità da parte delle GA di valorizzare la propria professione. Insomma, non si può negare un problema di comunicazione.
    Credimi, queste cose mi rattristano molto e mi rendo perfettamente conto che parlare è senz’altro più facile che agire però concorderai con me che c’è qualcosa che tocca e sai pure meglio di me quanta divisione e differenza di professionalità ci sia pure nel vostro ambito.
    Infine scusami per quanto ho detto riguardo alla passione con cui lavori, era semplicemente un modo per spostare il confronto su questioni maggiormente pregnanti perché se no si finisce per buttarla sul personale, la qualcosa, oltre a non portare da nessun parte, risulta pure sgradevole.

  3. Caro Giando,
    non analizzando che le parole, senza dar loro un significato, hai ragione…! Passione è passione… come diceva Bocca di Rosa (ma anche quella si faceva pagare …) bene… mi piace chi coscientemente e coerentemente analizza e sentenzia… da domani se mi dai il tuo inidirizzo ci sarei io con la mia famiglia e alcuni altri colleghi (siamo in parecchi quindi fa spazio, non basta spostare la seggila in questo caso…) che a pranzo e cena saremo tuoi graditi ospiti e magari già che ci siamo all’abbisogna ti richiederemo di riempirci il portafoglio quando latita di carta colorata… Poi di corsi ne facciamo quanti ne vuoi a tutte le ore ed in tutte le condizioni tanto lo stipendio arriva comunque no…?
    Provocazione a parte (scherzosa s’intende, visto che posso comprendere benissimo quanto sia difficile individuare nella passione, anche il bisogno di mantenersi e guadagnare, visto che in Italia solo i calciatori o i ladri che evadono il fisco a milioni, della moto GP sono valutati come appassionati che necessitano di guadagnare…), di corsi le Guide ne tengono a bizzeffe spesso il costo è inferiore a quello dei Corsi CAI (e basta leggere un po le proposte delle Guide in giro e le varie proposte sezionali per rendersene conto). Non voglio entrare nel merito dei rimborsi spese perché non ci sarebbe più fine (ma la passione non era gratuita???) . Evitiamo pure di parlare di livello qualitativo, specie quando vedi un corso di 15 persone tenuto da tre babbei che nemmeno sanno cosa sia la montagna (non faccio nomi pubblicamente ma è gente che conosco e che mi aveva richiesto un corso formativo) e che non essendo in grado di salire una via di 4° grado in placche zebrate si son fatti mettere una corda fissa dal primo che passava per far salire i corsisti…(foto pubblicate su fb)! Tutti contenti delle grandi abilità dei loro “istruttori” eh… ed han pagato 50,00 euro di più del corso che parallelamente tenevo ma al quale non ammetto più di 4 iscritti (oltre 4 o 6 persone nei corsi principianti , diventa tutto dispersivo ed una persona non è in grado di gestire professionalmente la cosa…!) Ovvio… il mio corso era intensivo su 4 giorni con lezioni mattutine, pomeridiane e teoria serale (totale circa una decina di ore a giornata) loro proponevano 15 lezioni (due ore serali di teoria per N tempo e uscite domenicali per 4 settimane… (la quantità o la qualità??? Scelta difficile…) …
    Quinidi corsi formativi come già più volte ho espresso (ma vi prendete la briga di andare a cercare inforamazioni o pesa troppo il mouse???), ne teniamo di tutti i generi , sia a livello teorico-pratico che puramente teorico, a seconda degli argomenti.
    Capita ogni tanto di fare qualche serata di informazione/formazione (a Brescia negli utlimi tre mesi almeno 4 o 5) a titolo grattuito, su rischi, tecnica, ecc. ecc.
    A Gressoney qualche anno fa venne tenuto un corso di quto-soccorso in valanga con gite incluse per la esorbitante cifra di 10,00 (sì sì avete letto bene DIECI) euro a persona dalle Guide locali in collaborazione con l’amministrazione locale. Un mio cliente mi chiese che ne pensassi e lo invitai a partecipare visto la sua vicinanza ed il costo. MORALE: si sono presentati in 2 (si sì anche qui avete letto bene… DUE). Si godettero due giorni di gite con esercitazioni pratiche fatte ovviamente al meglio visto il numero esiguo di partecipanti…! Ah… il corso era tenuto di sabato e domenica …

    La collaborazione sarebbe possibilissima ed auspicabile, come anche su questo ho già espresso di recente sul blog, i modelli degli altri Paesi europei sarebbero una buona base di partenza per valutare come… ma in Italia siamo sicuri che vi sia la volontà di elevarsi????

  4. Effettivamente tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare però prima di tutto deve esserci una reciproca volontà di trovare un accordo. Si potrebbero pure prevedere vari livelli di corsi con operatori via via più competenti mano a mano che si procede verso l’alto.
    In tutta onestà faccio fatica ad intravvedere forme di collaborazione tra CAI e GA aventi un peso pari a quello relativo ai corsi e all’accompagnamento. Che poi coloro i quali sono maggiormente introdotti nell’ambiente alpinistico ed escursionistico possano trovare altri punti d’incontro è un altro discorso.
    Ora, che in Italia vi sia una situazione incasinata è un dato di fatto, che alla base di tutto ciò vi siano ragioni ideologiche e culturali non ci piove però, cercando di essere concreto, leggo in questa querelle una battaglia fra poveri con poche iniziative serie. Ciò che dice Giorgio:
    “Il problema non è soltanto la querelle tra GA e CAI, ma tra GA e tutti i disgraziati che hanno da imparare in montagna un’equilibrio… (i possibili “clienti”) e che non appartengono ad una aristocrazia benestante, ma sono cittadini Italiani qualsiasi. Le GA debbono riappropiarsi del ruolo di “generatori” di cultura, con azione “dimostrativa” e non quello di accalappiatori di qualsivoglia attività montana che prevede remunerazione economica, nella guerra disperata del lavoro.”
    può anche far storcere il naso a molte Guide alpine pasionarie però diventa difficile sostenere il contrario. Vogliamo, per es., parlare dell’eliski? Pertanto, potrei meglio comprendere lamentele da parte delle GA con riguardo ai corsi tenuti dal CAI nel momento in cui loro stesse si dedicassero a tale attività con un certo impegno (non sto’ parlando di impegno dal punto di vista tecnico bensì di impegno in termini di tempo). Non sta’, infatti, scritto da nessuna parte che un cliente opti sempre e comunque per il prezzo più basso. Le ragioni che fanno propendere verso un bene od un servizio a scapito di un altro sono anche di diversa natura (traduzione: non è detto che un cliente scelga il corso d’alpinismo del CAI solamente perché potrebbe costare meno del corso d’alpinismo tenuto da una GA).
    Il punto della questione è che non so, al lato pratico, quanto le Guide abbiano veramente interesse a tenere tali corsi e ciò aldilà di questioni di carattere puramente economico. D’altro canto faccio fatica a vedere un futuro proficuo per le Guide Alpine se continuano a considerare l’attività di accompagnamento l’unico core businness della loro attività.
    Parliamoci chiaro, lo sviluppo tecnologico, e non solo, ha consentito a persone le quali una volta avevano timore ad avventurarsi in
    montagna di cimentarsi per i fatti loro e di fare cose magari semplici ma una volta impensabili. Quante persone si sparano delle Alte vie documentandosi esclusivamente con guide e cartine? E quanti sono statisticamente parlando gli incidenti? Ci siamo già risposti.
    Questo però non significa che tutte queste persone, e sono tante, non potrebbero usufruire dei servizi delle GA purchè questi ultimi siano tarati sula base delle loro specifiche necessità, con conseguente crescita del livello tecnico dei clienti ed ottenimento di maggiori margini di sicurezza.
    Probabilmente sarò molto gretto come scrive Stefano Michelazzi, il quale, secondo me, è estremamente competente pur avendo un approccio su questo blog un po’ sui generis (lo dico con affetto), però francamente non mi piace quando riporta la solita tiritera:
    “Se decidi coscientemente di esercitare questa professione lo fai per passione, puramente passione! Altro che arrivare alla fine del mese se non ti arrabatti con attività alternative o se magari la moglie non gestisce qualche attività che ti para le chiappe…!”
    perchè a fronte di un simile ragionamento mi vien da rispondere “ma allora perché una Guida Alpina si fa pagare? Se lo fa per passione che lo faccia gratis”.
    Cioè, forse sarà una mia deformazione professionale in quanto seguo professionisti ed imprenditori ma secondo me quando si esercita una professione bisogna cercare di guadagnare onestamente (ed eticamente) ciò che serve per condurre una vita dignitosa perché in caso contrario si finisce che per sbarcare il lunario si fanno delle cazzate (vedi le parole di Giorgio “accalappiatori di qualsivolgia attività montana”).
    E’ vero, ammetto di non essere un conoscitore del mondo delle Guide Alpine come Stefano Michelazzi o Popi Miotti (constatazione piuttosto logica, visto che non esercito il mestiere in oggetto, ma che è bene ribadire in quanto male non fa) e probabilmente lo stesso vale per altre persone che scrivono su questo blog ma ciò va visto come un bene o come un male? Se dopo trent’anni (diciamo pure quaranta in quanto andavo per boschi anche da piccolino) non ho mai sentito il bisogno di rivolgermi ad una Guida Alpina è stato soltanto per un limite mio o perché ho avuto la fortuna d’imparare gratuitamente da persone esperte (almeno in certi settori) o ci sono pure degli altri motivi? Cioè quello che voglio dire è che il mercato non lo fa solamente la domanda ma anche l’offerta e di offerta da parte delle GA francamente non ne vedo. Soprattutto non vedo traccia di offerta con la “O” maiuscola in ambiente cittadino, il quale dovrebbe costituire, molto più dell’ambiente turistico, il bacino in cui operare perché se il cliente non lo si intercetta a casa sua difficilmente lo si fa dopo quando magari ha già pianificato la gita o la vacanza. E non mi si venga a dire che la colpa è del CAI (il quale peraltro opera proficuamente nelle città)! Se il problema maggiore è dato dall’impossibilità logistica per le Guide di porre le basi in città varrebbe la pena che le stesse operassero in collaborazione fra loro al fine di costituire dei poli urbani d’attrazione. Ribadisco, che in Italia vi sia la situazione che tutti conosciamo non ci piove ma qualsiasi negoziante che aprendo un’attività speri che i clienti passando davanti alla sua vetrina entrino per comprare un po’ di merce, è destinato a chiudere nel giro di poco tempo, a meno che non operi in un contesto socio-economico particolarmente favorevole.
    In conclusione, ben venga la collaborazione di cui all’articolo ma questa da sola non può certamente bastare per mettere ordine nel settore delle attività ludiche montane, consentendo ad esse di costituire importante fonte di reddito per alcuni ed occasione di crescita tecnica e culturale per tutti.

  5. “COLLABORAZIONE”

    per una maggiore professionalità e sicurezza….si va bene!

    ma spiegatemi come PRATICAMENTE deve avvenire questa collaborazione. Come si organizza e viene svolto il corso.

    Chi lo conduce il corso, la guida? l’ INA/INSA?

    E gli IA e IAL che fungono da pedoni sulla scacchiera?

    E i soldi, il costo del corso? la guida viene pagata, l’istruttore chiaramente no. Come dovrebbe essere ripartita e valutata questa differenza tra la quota pagata (guida) e quella non pagata (istruttore CAI).
    Tutti i soldi vanno alla guida?

    Spegatemelo/celo perchè non l’ho mica capito.

  6. Buongiorno Alessandro Beber,
    Non mi è mica chiaro cosa intendi con “collaborazione” e quale sia la tua visione personale precisa.
    .
    Sarebbe utile se ci spiegassi cosa è stato fatto, quando dici:
    “molte sezioni della SAT (Società Alpinisti Trentini) collaborano da tempo e in maniera proficua con le guide alpine”.
    .
    Sono molto d’accordo con i commenti qui di Giando quando dice, credo amaramente:
    “siccome le Guide, per tutta una serie di ragioni che non sto’ ad elencare perchè gli addetti ai lavori le conoscono meglio di me, non riescono a fornire un servizio di un certo tipo finisce che alla fine si diventa autodidatti quasi per necessità.”
    .
    Il problema non è soltanto la querelle tra GA e CAI, ma tra GA e tutti i disgraziati che hanno da imparare in montagna un’equilibrio… (i possibili “clienti”) e che non appartengono ad una aristocrazia benestante, ma sono cittadini Italiani qualsiasi. Le GA debbono riappropiarsi del ruolo di “generatori” di cultura, con azione “dimostrativa” e non quello di accalappiatori di qualsivoglia attività montana che prevede remunerazione economica, nella guerra disperata del lavoro.
    .
    E per certo non sono un difensore del CAI, per quello schifo che è (o è diventato), tutt’altro lo critico ogni nuovo mattino.
    Il CAI, che per me è specchio e rappresentanza della nazione, deve essere rifondato, ma questa è un’altra storia e non stiamo ora qui parlando di “CAIopoli”. Ma supponiamo per un attimo che il CAI non contenga i troppi comportamenti di malaffare, che non sia il tutto ed il contrario-di-tutto etico che è ora.
    .
    Allora, a me pare che una ipotesi di “collaborazione” concreta venga ancora da Giando, tra i commentatori qui, quando dice:
    “La tenuta dei corsi d’alpinismo da parte delle sole Guide in convenzione col CAI, potrebbe essere sicuramente un modo per garantire professionalità e sicurezza.”
    .
    A qualcosa del genere ero arrivato anch’io in precedenti post dai titoli:
    [1] Guida alpina, prospettive per il futuro
    [2] Un futuro diverso per le Guide Alpine

  7. Alessandro Beber,
    Non mi è mica chiaro cosa intendi con “collaborazione” e quale sia la tua visione personale.
    /
    Sarebbe utile se ci spiegassi cosa sottointendi quando dici:
    “molte sezioni della SAT (Società Alpinisti Trentini) collaborano da tempo e in maniera proficua con le guide alpine”.
    /
    Sono molto d’accordo con i commenti qui di Giando quando dice, credo amaramente:
    “siccome le Guide, per tutta una serie di ragioni che non sto’ ad elencare perchè gli addetti ai lavori le conoscono meglio di me, non riescono a fornire un servizio di un certo tipo finisce che alla fine si diventa autodidatti quasi per necessità.”
    /
    Il problema non è soltanto la querelle tra GA e CAI, ma tra GA e tutti i disgraziati che hanno da imparare in montagna un’equilibrio… e non appartengono ad una aristocrazia benestante, ma sono “cittadini Italiani” qualsiasi.
    Le GA debbono riappropiarsi del ruolo di “generatori” di cultura, con azione “dimostrativa” e non quello di accalappiatori di qualsivoglia attività di remunerazione economica in montagna, nella guerra del lavoro tra i (noi) poveri.
    /
    Poi non sono un difensore del CAI, per quello schifo che è (diventato), tutt’altro.
    Il CAI, che per me è specchio e rappresentanza della nazione, deve essere rifondato, ma questa è un’altra storia e non stiamo ora qui parlando di “CAIopoli”. Ma supponiamo per un attimo che il CAI non abbia la mafia dentro, che non sia il tutto ed il contrario-di-tutto etico che è ora.
    /
    Allora, tra i commentatori, a me pare che una ipotesi di “collaborazione” concreta venga ancora da Giando quando dice:
    “La tenuta dei corsi d’alpinismo da parte delle sole Guide in convenzione col CAI, potrebbe essere sicuramente un modo per garantire professionalità e sicurezza.”
    /
    A qualcosa del genere ero arrivato anch’io in precedenti post
    (vedi http://www.banff.it/13485/ e http://www.banff.it/un-futuro-diverso-per-le-guide-alpine/ )

  8. Già il titolo dimostra quanta possa essere la competenza dell’articolista… guide alpine del cai…
    Il Trentino nella legge 20 del 23 agosto 1993 inserisce il canyoning come esclusiva di Guide Alpine ed Aspiranti mentre la Valle d’Aosta (riportta nell’articolo) lo contempla come specializzazione senza specificarne l’esclusiva, la quale va da sè essendovi uso di attrezzature alpinistiche previste comne riservate alle Guide Alpine sia dalla L. 6/89 sia dalle leggi regionali e provinciali che appunto abbiano strutturato gli applicativi della legge quadro.
    L’Italia giuridica è un marasma…! Sono convinto che su questo punto non vi sia nessun italiano che la veda diversamente… In questo marasma, c’è chi ci sguazza e prova, a volte con successo altre no, a mettere in pratica il vecchio detto tutto italiano: “Fatta la legge, trovato l’inganno!”
    Il canyoning per sua natura, è un’attività estremamente pericolosa, malgrado sembri un divertimento da luna park e lo dimostrano le statistiche degli incidenti che sono in numero maggiore di qualsiasi altra attività alpinistica. Ogni anno tra i gruppi che vanno per conto loro e quelli che decidono di richiedere la prestazione di una Guida Alpina, vi sono svariate situazioni di intervento del Soccorso Alpino o di altre strutture preposte. Questo perché le situazioni a rischio sono incredibilmente alte, passando dalla semplice, ma sempre in agguato, scivolata (si è nell’acqua quindi nulla di più facile), al tuffo male eseguito, alla caduta da un salto (causata da infiniti motivi). Un amministratore cosciente e responsabile dovrebbe tenerne conto ma come si può vedere in giro questo non accade anzi, si ricerca anche in questo caso di inserire figure alternative a quelle contemplate dalla legge, per chi lo pretende è questione di lucro, per chi lo approva e lo fa passare sulle leggi regionali, questione di voti…
    La scelta finale comunque è sempre dell’utente… “Quanto vale la tua vita?”

  9. io non ho detto che c’è qualcosa di sospetto, che c’è un secondo fine . Ho semplicemente scritto che tra le due figure c’è una netta differenza: l’istruttore CAI lo fa per hobby e non viene pagato, la guida è un professionista quindi secondo me parte da un principio diverso. Che poi ci metta passione, che ci creda, che si crei un’affiatamento con il cliente non ho dubbi. Ma alla fine della giornata c’è il pagamento della tariffa, come è giusto che sia.

    Per la mia modesta esperienza, non ho mai sentito istruttori CAI lamentarsi delle invasioni delle guide. Di guide lamentarsi degli istruttori CAI che pportano via cliemnti con i corsi invece si. E credo sia anche capibile visto che la pagnatta casa si deve comunque portare.

    Che poi ci debba essere collaborazione sarebbe auspicabile.

  10. sono quello delle “500 vie con il Furlani” e con l’inseparabile Mino Frera e vi garantisco che di cose di montagna di storia dell’alpinismo, dell’ambiente in genere e di esperienza ne ho imparato ed accumulato in tanti anni. Essendo un poco fuori dalla righe e per natura non allineato al sistema “politico” Cai ho sempre avuto difficoltà di relazione con il Cai a volte motivata dall’invidia del mio pur modesto curriculum pur mettendomi sempre a disposizione per organizzare eventi culturali . mai ricevuto un grazie da parte del Cai nè un attestato alla mia passione. Per cui per favore non riteniamo il Cai ambiente pregno di verginità e le guide personaggi venali perchè così non è ed invito a superare questo tipo di barriere idealistiche per un progetto comune che riguardi la montagna a 360 gradi: capacità tecniche, storia, ambiente cultura, apertura mentale per le novità!

  11. Bellissime semplici e chiare riflessioni di Ale Beber, da queste righe si capisce la passione forte che prova questo giovane e potente appassionato professionista.
    Per quel che mi riguarda ho sempre collaborato con la scuola Graffer fin dal 1975 prima di diventare istruttore poi accademico e guida. La professione di guida “professione non lavoro” lo ho sempre svolto non solo pensando al guadagno ma cercando di far crescere la persona che si affidava a me in un viaggio nella storia dell’alpinismo ed ho avuto grandi soddisfazioni visto che con certi amici “clienti” ho fatto anche 500 vie.
    Certo uno che fa 150 vie all’anno come professionista in una scuola di esperienza da trasmettere ne ha parecchia e questo può dare parecchio fastidio a personaggi che al massimo fanno 10 viette magari a spitt a stagione.
    Comunque la collaborazione fra guide e Scuole cè è possibile e basta solo rafforzarla rinunciando magari ai fortini personali.
    Nella gloriosa scuola Graffer ad esempio vi posso fare nomi oltre al sottoscritto altisonanti che hanno collaborato: Angelo Givannetti, Fabio Stedile, Nazario Ferrari, Marco Pegoretti, tutti alpinisti con le palle dorate ed ora anche un giovane Ale Beber che al contrario di altri non ha dimenticato dove è nato alpinisticamente e uno che sa da dove viene sa benissimo dove andare.

  12. Ma perché anche quando una riflessione come questa esprime un concetto ben preciso e da torti e ragioni ad ambo le parti coinvolte nella riflessione stessa, c’è chi riesce a trovarvi qualcosa di sospetto???
    Ma chi dice che la Guida non vuole clienti evoluti? Che la Guida non ti insegna perché altrimenti perde il lavoro? Se misurate la situazione con il vostro metro allora probabilmente siete piuttosto gretti!
    C’ è chi immagina che il cliente dura tutta una vita??? Ma chi è questo babbeo? I clienti vanno e vengono allo stesso modo dei clienti di un fornaio, di un negoziante di articoli outdoor, di un meccanico di un dentista ecc. ecc.
    Se decidi coscientemente di esercitare questa professione lo fai per passione, puramente passione! Altro che arrivare alla fine del mese se non ti arrabatti con attività alternative o se magari la moglie non gestisce qualche attività che ti para le chiappe…!
    C’è un vuoto culturale questo è certo…!
    Busato il post parla di CAI e Guide il Soccorso non c’entra! E come già detto/scritto ma mai ribattuto da te, esistono diversi Corpi Statali pagati per prestare il servizio di Soccorso Alpino (una settimana fa in Catinaccio la Guardia di Finanza era presente cone un centinaio di allievi ad esercitarsi…) perciò la copertura a livello nazionale è per istituzione già prevista ma visto che siamo in Italia, paghiamo agenti per allenarsi e non intervenire e sovvenzioniamo strutture di tipo privato per fare ciò che loro non vengono chiamati a fare…!
    Parliamoci un po’ chiaramente qualche volta che di panzane e demagogie da baraccone siamo già pieni!
    La realtà è che paghiamo più volte per un servizio già previsto e che non viene espletato dai preposti, ma da altri!
    In Francia, Svizzera, Austria, il servizio viene eseguito dalle rispettive gendarmerie in concorso con le Guide Alpine!
    Bravo Ale! Bell’intervento!

  13. Chi conosce il mondo del volontariato CAI sa bene che anche tra gli stessi Istruttori, Accompagnatori, Speleo, ecc. spesso si creano divisioni e diffidenze, ognuno a difendere il proprio fortino, ma ho spesso riscontrato che ciò avviene sempre ai vertici mentre in basso le collaborazioni sono frequenti ed utilissime, le GA con il loro bagaglio di conoscenza ed esperienza sono sicuramente un valore aggiunto per il CAI in ogni settore.
    Condivido pienamente il pensiero di Alessandro, spesso le cose sono più semplici di quello che si crede, basta fare un passo indietro e tutto diventa più chiaro.

  14. senza fare tanti giri di parole nel 2015 mi sembra assurdo non mometizzare per chi si avvicina alla montagna una sinergia fra guide alpine e istruttori dela cai …basta cercare di superare pregiudizi oggi assurdi pur conservando ad ognino il proprio ruolo e la propria dignita

  15. chiaramente nessun corso CAI ha la pretesa di formare un’alpinista provetto. L’esperienza fa la differenza. Ma l’interesse dell’istruttore secondo me non ha nessun secondo fine se non quello di trasmettere le proprie conoscenze ed esperienze a colui che non è un cliente ma un allievo.

    L’interessa della guida nei confronti del cliente lo vedo diverso. Poi è chiaro che ci sono dei rapporti particolari. Anche Gallieni era cliente di Bonatti e certamente non era un semplice cliente visto che l’ha portato a tentare la prima del Pilone. Se ha portato Gallieni è perchè lo riteneva un compagno valido. Anche se forse avere avuto come compagno un cliente, durante la ritirata , dico forse, ha creato qualche problema in più.

    Di guide che poi accompagnano qualche sprovveduto o comunque qualcuno non proprio all’altezza, diciamo che qualche esempio non manca. Purtroppo esempi dove sono successi anche degli incidenti.

  16. So di essere pedante perché ripeto le stesse cose da tempo ma questo tipo di problema a livello, per es., canoistico non esiste. I corsi di canoa (sarebbe più giusto dire di kayak) vengono tenuti da istruttori, maestri e guide fluviali nell’ambito dei vari club e questi ultimi sono ben contenti, per non dire fieri, di annoverare fra le loro fila delle persone aventi competenze elevate. Aggiungo che nè i maestri di canoa né le guide fluviali, almeno per quello che mi è dato conoscere, sono restie a rendere autonomi i propri assistiti.
    Mi rendo conto che fra le due attività, canoa ed alpinismo, ci siano delle differenze ma vi sono anche tantissimi punti in comune. Forse la vera grande differenza è proprio di tipo culturale nel senso che la canoa viene unanimemente considerata uno sport mentre l’alpinismo, a torto o a ragione, viene molto idealizzato sebbene moltissimi di coloro che lo praticano a livello pofessionale ma anche amatoriale svolgano, di fatto, un’attività sportiva.
    La paura da parte delle GA di perdere dei clienti troppo evoluti secondo me è assolutamente ridicola, oserei dire che è esattamente il contrario e cioè, siccome le Guide, per tutta una serie di ragioni che non sto’ ad elencare perchè gli addetti ai lavori le conoscono meglio di me, non riescono a fornire un servizio di un certo tipo finisce che alla fine si diventa autodidatti quasi per necessità. Se viceversa ci fosse la possibilità, anche a livello amatoriale (come succede nell’ambito della canoa), di seguire un percorso formativo continuo e quasi personalizzato (perchè ciascun istruttore può seguire al max 5 allievi più o meno dello stesso livello), si creerebbe un legame con le Guide di difficile dissoluzione.
    Secondo me, posto che alla mia età non me ne frega nulla perché tanto quel che ho fatto ho fatto e adesso vado in montagna esclusivamente per immergermi in un contesto sicuramente più naturale di quello cittadino, sarebbe ora di uscire dallo schema secondo cui le GA vengono viste solo come dei meri accompagnatori mentre le sezioni CAI come le uniche realtà deputate all’insegnamento (peraltro, con l’avvento dell’arrampicata sportiva, forse le cose sono in parte cambiate).
    Se poi vogliamo entrare nell’ambito dei numeri, pur non avendone a disposizione, credo, per quanto concerne la mia modesta esperienza, che gli stessi avallino quanto sopra esposto. Di persone che vanno in montagna, anche a certi livelli, in vita mia ne ho conosciute parecchie. Ve ne fosse una che si sia appoggiata ad una Guida per un’ascensione! A dire il vero un paio ne ho conosciute, una di queste usufruiva della Guida in qualsiasi circostanza, anche per fare una delle tante alte vie del Brenta, mentre un’altra ne aveva usufruito soltanto una volta per andare in cima al Monte Bianco (questo solo perchè col ghiaccio aveva poca familiarità in quanto su roccia tirava il V-VI). Tutte le altre, e parlo di decine di persone, hanno fatto un corso CAI oppure hanno imparato i primi rudimenti da amici o parenti.
    Nei corsi d’alpinismo vengono poi solitamente insegnate le tecniche di assicurazione e vengono fornite tutte le nozioni riguardanti la sicurezza ma quasi mai vengono insegnati i cosiddetti trucchi del mestiere, i quali s’imparano solamente con la ripetizione del gesto e con il movimento su percorsi vari (tipo di roccia, ghiaccio, misto, livelli di difficoltà, ecc.). Tutte queste cose si affinano negli anni con la volontà in primo luogo (perché se uno fa il corso e poi non pratica non va da nessuna parte) ma anche tramite la costante assistenza di personale qualificato.
    Insomma, di lavoro da fare volendo ce ne sarebbe parecchio e a vantaggio di tutti però bisognerebbe avere voglia ed interesse ad uscire da schemi ormai obsoleti e che non portano da nessuna parte. Io non so francamente quale interesse possa avere una Guida a trascinare in montagna uno sprovveduto. Si potrà obiettare che, facendogli percorrere un itinerario semplice, si guadagna con poco sforzo ma i rischi dove li mettiamo? Personalmente preferirei confrontarmi con un cliente evoluto e che magari ho contribuito a formare venendo così a conoscenza dei suoi punti di forza e di debolezza però comprendo vi possano essere visioni diverse.

  17. io credo che di base ci sia una differenza profonda.

    la guida alpina è un accompagnatore, ha interesse ad accompagnare dietro pagamento (è il suo lavoro) una persona in un’ascensione.
    Quindi non ha interesse ad ensegnare e di conseguenza a rendere indipendente il suo cliente. Altrimenti ci stà che prima o poi lo perderà essendo il cliente diventato oramai in grado di andare in montagna da solo.

    l’istruttore di alpinismo CAI non è un professionista, non viene pagato. Fa questa atticità per pura soddisfazione personale. Inoltre gran parte degli istruttori CAI sono stati prima allievi dei corsi. Le scuole del CAI si alimentano dai corsi. Quindi l’interesse dell’istruttore è ben diverso da quello della guida.

  18. Ottime riflessioni, che condivido.
    Ci indigniamo sempre quando le “caste” ledono i nostri diritti (notai, farmacisti, tassisti tanto per citare le lobbies più discusse), ma quando qualcuno tocca le nostre rendite di posizione alziamo scudi e barricate: liberi professionisti o dipendenti vediamo con timore ogni condivisione forzosa dei nostri spazi professionali, quando invece dovrebbe essere motivo di confronto e crescita. O di capitolazione, se non siamo all’altezza del nostro compito. Plaudiamo la libera concorrenza quando siamo acquirenti, la osteggiamo quando siamo fornitori.
    Il timore è che laddove non emerga il buon senso si imponga la normativa, magari sfruttando il potente paravento della sicurezza per tutelare interessi di parte. Mi auguro proprio che non finisca così.

  19. In effetti è una questione puramente culturale che ha però radici profonde in quanto non la si riscontra solamente nell’ambito alpinistico. A mio modesto parere bisognerebbe modificare lo schema mentale secondo il quale un’attività svolta a titolo gratuito debba essere considerata più meritevole di un’altra svolta a fronte di un corrispettivo, anche perchè, spesso e volentieri, le attività amatoriali o volontarie spinte a livelli molto alti vengono comunque remunerate sotto altre forme (per es., rimborsi spese).
    Sia chiaro, sto’ facendo semplicemente un ragionamento di carattere generale che non riguarda solamente le attività montane e non sto’ entrando nel merito delle singole posizioni. Sono un ammiratore di qualunque attività di volontariato, sto’ solo dicendo che non ci dovrebbe essere contrapposizione ideologica fra chi guadagna attraverso l’esercizio di una professione e chi invece, facendo le medesime cose, trae unicamente delle soddisfazioni di tipo personale. La realtà è molto variegata e, pertanto, non si può fare di tutta l’erba un fascio.
    I problemi semmai possono nascere in presenza di compensi esagerati e non giustificati ma anche in presenza di servizio gratuito qualora scadente. Nell’ambito di questi due estremi la convivenza non dovrebbe generare alcun problema (in ambito sanitario, tanto per fare un esempio, operano professionisti e volontari e, nell’ambito dei professionisti, le tariffe sono alquanto variegate).
    In definitiva bisognerebbe puntare, a prescindere dalle modalità con cui si opera, a fornire un servizio di qualità all’utente finale, il quale dovrebbe avere possibilità di scelta anche in base alle proprie tasche.
    La tenuta dei corsi d’alpinismo da parte delle sole Guide in convenzione col CAI, potrebbe essere sicuramente un modo per garantire professionalità e sicurezza. Credo, infatti, che incentivando l’attività formativa ne trarrebbe grande beneficio anche quella d’accompagnamento.
    Ovviamente ci possono essere tutta una serie di spigoli da smussare, perché quando si esaminano i dettagli si trovano sempre delle zone di criticità però non credo che mettendosi seriamente attorno ad un tavolo (in senso metaforico) non si possano trovare delle soluzioni più che soddisfacenti per entrambe le parti.

  20. Assolutamente d’accordo.
    da aggiungere che all’interno del CAI “alloggia” pure il Soccorso Alpino, spesso in contrasto con le scuole di alpinismo che non sfruttano affatto questa risorsa anzi, dal punto di vista didattico sembrano considerarlo un concorrente..
    e pure con le Guide Alpine laddove alcune vedrebbero bene il soccorso gestito da professionisti ben sapendo di non essere così diffuse sul territorio per garantirlo..
    e pensare che nel Soccorso Alpino operano sia istruttori delle scuole del CAI che Guide Alpine….!!!!!!!
    Spero che le nuove generazioni di guide, istruttori, soccorritori, siano in grado di eliminare questo corto circuito che è soprattutto una questione culturale.

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