Lettura: spessore-weight**, impegno-effort*, disimpegno-entertainment***
Il 4 luglio 1977 Heini Holzer ebbe l’incidente mortale sulla parete nord-est del Piz Roseg. A distanza di quarant’anni da quel triste evento, voglio riportare su questo blog le note che scrissi a caldo in suo ricordo.
Uscita postuma, a ricordarlo è la sua auto-biografia (a cura di Markus Larker), Heini Holzer – Meine Spur, mein Leben, Edition Raetia, Bolzano, 2000), per ora solo in lingua tedesca.
Su di Holzer, a parte la consultazione della bella ricerca su wikipedia, ricordo e riporto in pdf due articoli molto belli:
il primo (autore lo stesso Holzer) è Il mio sesto grado sugli sci (Rivista della Montagna n. 14, ottobre 1973), giusto ai primordi della disciplina dello sci estremo; il secondo è invece a firma del grande Stefano De Benedetti, Heini Holzer, il cavaliere inesistente (Rivista della Montagna n. 136, dicembre 1991), con belle immagini di Sieglinde Walz.
Heini Holzer
(necrologio a mia firma apparso su Rivista della Montagna n. 29, ottobre 1977)
Volutamente non ho letto i particolari della disgrazia, non so come sia stata la caduta, apparentemente sono stato estraneo. Ho dovuto ancora una volta leggere nelle varie lingue i titoli «in memoriarn», in «ricordo». A me sembra che ciascuno pianga e si disperi per un po’, fino a che altre preoccupazioni o altri svaghi prenderanno il sopravvento. Chi oggi piange o ricorda, a parte i familiari e i più intimi, i protagonisti delle tragedie di solo dieci o cinque anni fa? Probabilmente è molto più giusto non piangere, accettare le novità come vengono. A che giovano i vari «non ci voglio credere!» se non a sperare in un nostro minimo di umanità? E perché i defunti non devono essere più giudicati come quando lo erano da vivi? Penso che la totalità dei nostri sentimenti, gli affetti inconfessati e gli slanci più sotterranei vengano alla luce in queste occasioni, ecco perché i funerali sono appuntamenti a cui non si può mancare. Heini è per me un amico sicuro, di quelli che ami e rispetti, ti pensi un po’ sullo stesso suo piano. Non lo vedo mai, anche perché abitiamo lontano e le sue discese non sono per me. Sulla montagna il suo spirito è tremendamente forte. Come introdurre la velocità nell’alpinismo è stata ed è la sua specialità. Si vanta comprensibilmente di certi suoi exploits, tali anche per via del lavoro che a lui importa non abbandonare mai per molto tempo. Misura in ore non la permanenza effettiva sulla via, ma il totale con il viaggio in automobile. Per questo non gli interessano le spedizioni extraeuropee. Indicativo è il nome della cima sulla quale abbiamo arrampicato assieme, la Terra Nova: forse qualcosa in cui credere. Ma come Dante, dopo aver scritto la Vita Nova, ha dovuto viaggiare attraverso i Tre Regni, anche noi dovremmo dimenticarci della Cima chiamata con quel nome lungo il nostro tutto sommato breve viaggio.
Cosa cerca Heini nelle discese? Dopo l’arrampicarsi all’inferno ecco la discesa. Un’esigenza insopprimibile dell’uomo questa di andare a cacciare il naso nel mistero. Ma invertendo i fattori il prodotto non muta e non è sostituendo alla salita la discesa che il mistero ci verrà svelato. È molto probabile che occorra essere fermi e stare a guardare se stessi e gli altri. Improvvisamente il nostro andare alla ricerca della natura si sentirebbe sgravato di tanti pesi che via via gli sono stati addebitati, come sulla groppa di un somaro che non protesta ma che può cedere di schianto. Heini non partecipa a discussioni di nessun tipo, sa poco l’italiano per farlo con gli italiani, non è sufficientemente tedesco per farlo con i tedeschi. Da buon altoatesino ha sempre pensato solo alla sua famiglia, al suo simpatico lavoro di spazzacamino, senza concedere nulla a libri, riviste, festival. Difficile è riassumere la sua attività, centinaia tra prime, solitarie, discese. Vorrei citare soltanto le tre imprese che a mio giudizio sono più significative. Nel 1967, con Reinhold Messner, Sepp Mayerl e Renato Reali, apre un logico e difficilissimo itinerario sulla parete nord-ovest del Civetta. Basta riflettere un poco e si vede facilmente come questa via sia la continuazione ideale di Philipp e Flamm. Nel 1968 Holzer scala il repellente camino percorso dalla cordata di Marcus Schmuck, nel Wilder Kaiser: la sua solitaria più difficile, mi ha detto. E qualche anno dopo la stupefacente discesa in tre ore dello Sperone della Brenva sul Monte Bianco.
Vorrei solo informarvi che la sua biografia è stata pubblicata anche in italiano, editore Mulatero, “ Heini Holzer la mia traccia la mia vita” di Markus Larcher. È sempre quella pubblicata nel 2000 in lingua tedesca
Nessuno muore sulla terra
finché vive nel cuore di chi resta.
… … …
Ma sarà vero? Speriamo bene…
Nessuno se ne va veramente fintanto che rimane vivo nei nostri ricordi…
Bravo Sandro per il ricordo di Heini, il 77 è stato un brutto anno per noi , poco prima ci aveva lasciati Claudio Barbier, ricordarsi di questi compagni è doveroso, ci hanno insegnato molto e all’alpinismo hanno dato tanto.
Un grande personaggio dello sci estremo ma, anche, dell’arrampicata dolomitica. Sarebbe bello riuscire a leggere la sua biografia: speriamo che qualche editori voglia pubblicarla anche in italiano!