I 15 componenti del “CAI Eagle Team”

Livelli altissimi sia da parte degli uomini che delle donne. 11 ragazzi e 4 ragazze, per un totale di 15 future promesse alpinistiche.

I 15 componenti del “CAI Eagle Team”
Foto di Open Circle/CAI

11 ragazzi e 4 ragazze, per un totaledi 15 future promesse alpinistiche. È questo l’esito delle selezioni per l’ammissione al CAI Eagle Team, che si sono tenute tra sabato 1 e domenica 2 aprile scorsi in Val d’Ossola. Livelli altissimi dunque, sia da parte degli uomini che delle donne. Di queste ultime, Alessandra Prato (28 anni, Milano), Iris Bielli (19 anni, Merate), Erica Bonalda (25 anni, Trento) e Camilla Reggio (26 anni, Torino), sono entrate a far parte del team. Tra gli uomini hanno invece spiccato Marco Cordin (23 anni, Trento), Giacomo Meliffi (26 anni, Urbania), Carlo Filippi (24 anni, Torino), Luca Ducoli (22 anni, Breno), Riccardo Volpiano (24 anni, Cirié), Matteo Sella (26 anni, Biella), Dario Eynard (23 anni, Bergamo), Lorenzo Toscani (24 anni, Firenze), Matteo Monfrini (26 anni, Mantova), Marco Cocito (28 anni, Alba) e Daniele Lo Russo (26 anni, Valle Camonica).

Selezioni del 1° aprile 2023, Balmanolesca

Il CAI Eagle Team è un progetto pensato dal Club Alpino Italiano e dal Club Alpino Accademico Italiano insieme all’alpinista, Ragno di Lecco e accademico del CAI Matteo Della Bordella che ha lo scopo di selezionare quindici giovani, offrendogli l’opportunità di sviluppare il talento alpinistico grazie al supporto di tutor scelti tra i migliori alpinisti italiani e internazionali. Lo scopo finale? Guadagnarsi il proprio posto nel gruppo che parteciperà alla spedizione internazionale, prevista a febbraio 2025 e finanziata dal CAI, in Patagonia.

I quindici componenti del CAI Eagle Team infatti, parteciperanno a sei settimane di formazione, che si svolgeranno tra maggio 2023 e dicembre 2024 in varie zone delle Alpi (dalla Grigna alle Dolomiti, dal Monte Bianco alla Valle Orco, fino ad arrivare all’Oberland bernese) e che saranno incentrate sull’arrampicata (su roccia, su ghiaccio e misto, in fessura), sull’alpinismo e sull’eventuale apertura di una via. Al termine delle settimane verranno selezionati, sulla base della valutazione delle capacità tecnico/alpinistiche, caratteriali e logistiche, i componenti della spedizione extraeuropea conclusiva.

Foto ricordo

Alle due giornate di selezione hanno preso parte 26 ragazzi e 12 ragazze con un’età compresa tra i 17 e i 28 anni, selezionati su base curricolare tra le oltre 200 candidature ricevute. Tutti ragazzi talentuosi, con esperienza alpinistica di alto livello che sono stati esaminati da una giuria esperta composta, oltre che dal capocordata Matteo Della Bordella, dal presidente del Club Alpino Accademico Italiano Mauro Penasa, dall’Istruttrice nazionale di alpinismo Caterina Mazzalai, dai Ragni di Lecco Luca Schiera e David Bacci, dall’aspirante guida Federica Mingolla e dalla guida del Cervino François Cazzanelli. Giornate intense in cui i giovani hanno dovuto affrontare una prova di arrampicata su roccia, una di cramponage, una vertical di quasi mille metri e ancora un colloquio individuale.

Selezioni del 1° aprile 2023, Balmanolesca

«Il livello era molto alto ed è stato difficile arrivare alla selezione definitiva. Tutti i partecipanti avrebbero potenzialmente meritato un posto nel team. Basti dire che inizialmente il progetto prevedeva la selezione di 12 giovani, alla fine il CAI Eagle Team ne ha accolti 15», spiega il capocordata Matteo Della Bordella. «La scelta dipende dal fatto che nella nostra graduatoria, stilata valutando i risultati ottenuti in ogni prova, abbiamo avuto molti pari merito. Da qui la decisione di non escludere a prescindere profili con le stesse potenzialità, ma anzi di includerli arricchendo le fila della squadra. Ora finalmente il progetto entra nel vivo con la prima settimana prevista per maggio tra Val di Mello e Grigna. Quello che ci aspetta, sono convinto, sarà un viaggio entusiasmante sia per i ragazzi che per il Club Alpino Italiano e per il Club Alpino Accademico».

Selezioni del 1° aprile 2023

«Sono assolutamente convinto che tra i ragazzi selezionati ci sia l’alpinismo di punta dei prossimi anni. Giovani alpinisti e alpiniste che hanno tutte le qualità per fare alpinismo ad alti livelli, ma a cui serve un incoraggiamento per fare il salto di qualità. A questi ragazzi dico: dovete avete il coraggio di investire nelle vostre passioni», afferma il Presidente generale del CAI Antonio Montani. «La domanda a cui vogliamo rispondere è cosa possiamo fare per riportare l’alpinismo dentro il CAI in modo strutturale. Abbiamo il dovere “statutario” di rispondere alla richiesta di formazione alpinistica che ci arriva da tutti i territori. Eagle Team è un laboratorio nel corso del quale vogliamo comprendere cosa possiamo fare per affiancare l’encomiabile lavoro dei volontari delle nostre scuole di alpinismo sul territorio».

«Ci aspettiamo che i selezionati per l’Eagle Team escano da questa esperienza con una consapevolezza più profonda di cosa significa salire le montagne, facendolo con stile ed etica. Insomma, abbiamo cercato e trovato ragazzi e ragazze che in un’età relativamente giovane possano arrivare a fare alpinismo di alto livello, su scala globale», afferma Mauro Penasa, Presidente del Club Alpino Accademico Italiano. «Più in generale, abbiamo notato nei giovani un interesse che non era assolutamente prevedibile. Questi ragazzi sono appassionati e vivono l’alpinismo con la forza dei vent’anni. Mi auguro di riuscire, come presidente dell’accademico, a mantenerli in contatto tra di loro. Tanto entusiasmo è davvero prezioso per la vitalità futura del movimento alpinistico, e va coltivato».

I profili dei giovani selezionati

Alessandra Prato
Ciao, sono Alessandra: sono iperattiva, sono caparbia, sono una sognatrice, sono innamorata della Montagna, sono determinata, sono una Fisica, un’Astrofisica e a quanto pare ora anche ingegnere. Sono nata e cresciuta a Milano, città che amo e che odio. Sono anni che penso di volermene andare, eppure ho sempre fatto scelte che in qualche modo mi hanno trattenuta qui. In fin dei conti Milano è incredibilmente strategica, non è vicino a niente, eppure vicina a tutto: a montagne così diverse, con le loro pareti di roccia, neve, ghiaccio. Mi rassicura il fatto di non dover escludere niente. Scegliere in effetti non è quello che so fare meglio: mi è sempre piaciuto fare mille cose. A scuola mi piaceva tutto: amavo le materie umanistiche, il teatro, il cinema.. ma altrettanto quelle scientifiche, così logiche e razionali. Volevo anche fare l’artista, e ho considerato di trasferirmi a Boston per frequentare l’accademia di belle arti. Ho sempre fatto tanto sport: principalmente atletica, e non ho mai smesso di correre. Nel frattempo spendevo tutti i miei risparmi per viaggiare, con l’insaziabile curiosità di scoprire posti nuovi. Quello che però mi affascinava più di tutto era l’Universo. Così sono rimasta a Milano e mi sono iscritta a Fisica. Ho scoperto di avere la sindrome dell’Impostore: per la prima volta mi era difficile imparare qualcosa di nuovo. Poco male: una stimolante sfida per i nervi e per l’intelletto, un bel bagno di umiltà. Poi, al terzo anno di Università, ho scoperto l’Arrampicata, e mi ci è voluto davvero poco per capire che quello no, non era un hobby: mi ha presa, mi ha assorbita, mi ha divorata, maledetta Arrampicata, mi ha fatto uscire di testa. Tutto il resto è passato in secondo piano con una semplicità disarmante, senza che neanche me ne accorgessi. Neanche un anno dopo ho scoperto le Vie Lunghe (grazie al corso del CAI di Roccia): la fine. Poco dopo l’Alpinismo, il Ghiaccio, lo Scialpinismo, le Cascate. Nella mia testa non esisteva altro, tutti pensavano che fossi impazzita, nessuno mi capiva. Eppure io sentivo per la prima volta la necessità genuina ed istintiva di concentrare tutto il mio tempo e tutte le mie energie interamente su una cosa. Non ho abbandonato la Fisica, e mi sono iscritta ad Astrofisica, laureandomi con il massimo dei voti: non sopportavo l’idea di abbandonare quello che era stato il mio più fervido sogno, che mi era costato tanto: sia per la fatica, sia perché il suo perseguimento mi aveva ovviamente precluso altre strade. Eppure (e mi duole ancora ammetterlo), avevo smesso di identificare questo sogno come tale. Mi importava solo di scalare. Da qualche mese lavoro come ingegnere in un’azienda di Microelettronica: un’offerta di lavoro letteralmente piovuta dal cielo, che ho accettato in preda allo spaesamento più totale e all’esigenza di un’indipendenza economica. Non è così male, ma è certamente una soluzione temporanea perché i miei sogni sono tra le Montagne, e io non sono certo una che si accontenta.

Alessandra Prato

Iris Bielli
Mi chiamo Iris Bielli e sono nata a Merate il 3 marzo 2004. Il mio rapporto con la montagna è iniziato da bambina con la camminata, passando le vacanze nella casa di mia nonna in Dolomiti mi sono sempre divertita a girovagare sui sentieri tra Pelmo e Civetta. Solo a 14 anni, dopo aver praticato per 8 anni ginnastica artistica agonistica, ho deciso di dedicarmi alla scalata. A settembre 2018 ho iniziato ad allenarmi nella squadra agonistica dell’ASD Ragni di Lecco, seguita da Fabio Palma. Inizialmente mi sono dedicata alle gare e alla falesia, accompagnata da mio papà. Nell’estate 2021 inizio a scoprire il mondo delle multi-pitch con la mia prima via in Presolana e comprendo che mi diverte molto più che fare le gare. Complice anche l’inizio dell’università, quest’anno ho deciso abbandonare le competizioni per dedicarmi maggiormente alla scalata outdoor. 

Iris Bielli

Camilla Reggio
Sono nata a Torino il 9 luglio 1996, cresciuta per 10 anni a Torino e poi trasferita a Baldissero Torinese, nella mia adolescenza, 8-16 anni, ho giocato a basket a livelli agonistici, fino alla serie B, presso la squadra Pallacanestro Torino. Nell’età 16-19 anni ho giocato a Rugby a sette presso la squadra ASD Monti, fino a disputare le finali nazionali femminili ed essere selezionata per giocare nella squadra regionale del Piemonte. Mi son diplomata presso il liceo Scientifico Augusto Monti nel 2015, con votazione 88/100. Nello stesso anno ho iniziato a frequentare l’università presso il Politecnico di Torino e nel 2018 ho preso la laurea triennale in Ingegneria Biomedica. In quegli anni ho iniziato anche ad andare in montagna, prima con il CAI Chieri e poi frequentando i corsi di Alpinismo presso la scuola Motti. Grazie all’istruttore Valter Galizio e alla sua banda ho iniziato a far esperienze in montagna, sia in vie lunghe sia in sci alpinismo. Oltre a studiare, negli anni 2017-2020 ho anche lavorato part-time presso il Politecnico, come assistente bibliotecaria, assistente laboratorio fisica e chimica, tutor per gli studenti di chimica I e come impiegata nel laboratorio di informatica. Negli anni 2018-2020 ho preso la laurea magistrale in Ingegneria Biomedica, orientamento bionanotecnologie con votazione 104/110, e ho effettuato la tesi parzialmente all’estero: 2 mesi in Islanda presso l’ICI, Innovation Center of Iceland. In quel periodo ho avuto l’occasione di poter girare l’Islanda, principalmente in autostop facendo dei bellissimi trekking e boulder di arrampicata. Dal 2019 circa ho anche iniziato ad allenarmi di più in palestra e a scalare con ragazzi bravi tecnicamente che mi han dato un input a migliorare e scalare vie più ‘difficili’. Nel 2021 ho iniziato a lavorare, prima attraverso una borsa di studio e poi da novembre come dottoranda in Bioingegneria e Scienze Medico-Chirurgiche presso i laboratori DISAT del Politecnico di Torino. Nell’aprile 2021 ho conosciuto Davide Sorasio e insieme abbiamo affrontato numerose pareti e avventure in montagna, e dal mese di Agosto 2022 conviviamo a Carmagnola. Attualmente sono al secondo anno del dottorato, e mi occupo di adsorbimento proteico su superfici biocompatibili. Sono una grande appassionata di avventure in montagna, in tutte le sue sfaccettature, con un velo di preferenza in più per le vie di scalata su roccia.

Camilla Reggio

Lorenzo Toscani
Classe ‘99, ho iniziato a conoscere il mondo verticale muovendo i primi passi nella palestra indoor, gestita dal CAI di Firenze. Grazie a mio fratello ho potuto frequentare assiduamente la palestra, anche se lontana da casa mia, e difficile da raggiungere per un ragazzo di 11 anni. Dopo il primo periodo di sola palestra, ho iniziato con il gruppo sportivo a frequentare il circuito regionale di gare e per qualche anno quello nazionale, senza però mai appassionarmi davvero al mondo della plastica. Di pari passo ho iniziato fin da subito a frequentare falesia e montagna, prima nelle vicine Apuane e nelle falesie Camaioresi, poi con il conseguimento della patente di guida e dei primi lavori, sull’arco alpino e in alcune destinazioni famose per la scalata sportiva fino a livelli di scalata a vista di 7c+ e lavorato di 8b. Attualmente lavoro fuori Firenze e generalmente divido la mia attività in due periodi, quello invernale dedicato alla falesia, allenamenti e al ghiaccio/misto e quello estivo dedicato prevalentemente alla roccia.

Lorenzo Toscani

Dario Eynard
Mi chiamo Dario, sono nato il 29 marzo del 2000 e sono residente a Bergamo città. Frequento la montagna da che ne ho memoria, grazie a mio padre che mi ha accompagnato sui sentieri della bergamasca. Ho sempre vissuto il mondo della montagna a livello escursionistico. Durante i miei giri rimanevo affascinato nel vedere gli alpinisti cimentarsi nelle salite delle vette orobiche, così all’età di 16 anni ho deciso di iscrivermi ad un corso di arrampicata sportiva; un anno più tardi al corso di alpinismo A1 presso il CAI di Nembro. Ho avuto validi istruttori nella scuola CAI, che mi hanno fornito strumenti per cimentarmi autonomamente in ambiente alpino. Non ho mai trovato all’inizio un “maestro” più bravo di me da cui imparare e poter assimilare parte della sua esperienza. Così per circa due anni insieme a pochi amici alle prime armi abbiamo sperimentato e imparato dai nostri stessi errori. Col tempo ho ampliato le mie conoscenze, trovato compagni di cordata come Marco Balduzzi da cui ho potuto trarre importanti insegnamenti o Gabriel Buda, quasi coetaneo che condivide alcune mie ambizioni e il fascino per un tipo di alpinismo “classico” che ci unisce. Nel frattempo, ho portato avanti il mio percorso scolastico. Attualmente sono uno studente al corso di Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio presso il Politecnico di Milano e corsista presso il Collegio Guide Alpine Regione Lombardia. I miei obiettivi attuali a livello professionale consistono nel conseguimento di entrambi i titoli, a cui tengo molto. 

Dario Eynard

Erica Bonalda
Mi chiamo Erica Bonalda, ho 25 anni e vivo a Trento. Sono una ragazza solare, precisa e determinata. Ho studiato al liceo scientifico di Trento e poi ho conseguito la laurea in fisioterapia presso l’università di Ferrara, sede di Bolzano. Al momento lavoro come fisioterapista. Nel tempo libero mi piace viaggiare, arrampicare, andare in montagna, leggere e dedicarmi alla fotografia. La mia passione per la montagna è iniziata fin da piccola. Mio padre mi portava in montagna prima ancora che avessi imparato a camminare, prima nello zaino, poi piano piano da sola. Da subito lui ha capito che per appassionarmi a questo mondo avevo bisogno di sperimentarmi in salite che includevano la difficoltà, che per me all’inizio sono state le ferrate e poi qualche cresta di facili roccette. L’esposizione è sempre stata la chiave per farmi divertire. A tanti bambini faceva paura, a me all’inizio anche faceva paura, ma mi piaceva. Al liceo ho iniziato con l’arrampicata sportiva facendo un corso proposto dalla scuola con una guida alpina. Lo ho seguito per 4 anni, iniziando a conoscere i miei primi compagni di arrampicata. All’ultimo anno siamo riusciti ad organizzare con il gruppo della scuola, il professore e la guida che seguiva il corso un viaggio finale a Kalymnos in Grecia. Allo stesso tempo con mio padre abbiamo iniziato a fare qualche via di arrampicata semplice, dato che lui ne faceva da giovane. All’interno della compagnia con cui arrampicavo al liceo ho conosciuto un ragazzo con cui poi ho iniziato a fare vie, prima nella vicina valle del Sarca, poi in giro per il Trentino anche in montagna, principalmente con lui, che mi ha insegnato molte cose ed è stato il mio compagno di arrampicata, avventure e di vita. Abbiamo scalato insieme principalmente in Brenta e in Val di Fassa. A metà dell’università ho iniziato ad apprezzare il granito. Diciamo mi ha sempre attratto, ma vicino a casa c’era poca occasione di esercitarsi su questo tipo di scalata e ogni volta era una sfida. Ho iniziato ad andare un po’ in giro in Valle dell’Orco, Val di Mello, Val d’Ossola, Monte bianco e Corsica alla ricerca del granito, che qui a in Trentino si trova poco. Solo all’università ho iniziato a provare ad andare anche con altri compagni e a sperimentare. Prendendo maggiore sicurezza ho iniziato anche ad andare con altri compagni e compagne, volendo anche dimostrare a me stessa la mia autonomia. Nel mondo dell’arrampicata e dell’alpinismo ho sempre fatto un po’ di fatica a trovare dei nuovi compagni di cordata stabili, in particolare a trovare altre ragazze con la mia stessa passione e motivazione. Ho trovato molte compagne con cui condividere l’arrampicata in falesia, ma poche motivate a spostarsi anche in montagna e condividere esperienze in cordata. Fabio rimane in ogni caso il compagno di maggiore fiducia e con cui ho ancora maggiore sintonia. Per me l’arrampicata, la montagna e l’alpinismo sono un modo per vivere esperienze e avventure, ma soprattutto per condividerle. Al momento nel tempo libero mi dedico all’allenamento, cercando di gestirmi al meglio con il lavoro. L’obiettivo è sempre la montagna, e soprattutto l’arrampicata in montagna. Mi sento abbastanza brava ad arrampicare, ma ancora ho molto da imparare per quanto riguarda le salite su ghiaccio e misto. Ho iniziato ad andare un po’ con gli amici, ma ancora da seconda, solo sui tiri più semplici da prima, ma con le capacità di arrampicata mi accorgo di migliorare velocemente. Il vero motivo per cui l’ho fatto è perché mi piace l”arrampicata in montagna e in alta montagna, la falesia mi è sempre stata un po’ stretta, l’ho sempre vista come un gioco o un modo per passare una bella giornata assieme. Proprio perché mi piace condividere, ho deciso di dedicarmi anche all’insegnamento dell’arrampicata. Al momento ho conseguito il titolo di istruttore FASI, e ora alleno una squadra di ragazzini. Nel futuro mi piacerebbe insegnare l’arrampicata anche outdoor, dato che non amo l’ambiente delle palestre e il mondo delle gare di arrampicata sportiva. Non mi è mai piaciuto l’idea di vivere l’arrampicata come una sfida contro gli altri, ma piuttosto come un modo per conoscere se stessi, le proprie possibilità e anche i propri limiti.

Erica Bonalda

Marco Cordin
Mi chiamo Marco Cordin, sono nato a Trento, ho 23 anni e scalo da 12. Ho frequentato il liceo scientifico e poi ho fatto un anno di ingegneria ambientale, per poi accettare il fatto che in questi anni della mia vita l’avventura e la montagna sono la cosa che più voglio. Quindi ho lasciato gli studi per intraprendere i corsi guida che ho finito due settimane fa. Durante la quarantena ho camperizzato un vecchio furgone per riuscire ad avere libertà negli spostamenti e poter girare in maniera economica per le Alpi alla scoperta di nuove persone e nuovi posti.

Marco Cordin

Marco Cocito
Mi chiamo Marco Cocito, classe 1995, nato ad Alba, in provincia di Cuneo. Mi definisco uno sportivo da sempre: all’età di 6 anni iniziai a giocare a calcio e sin da bambino iniziai ad apprezzare la montagna, grazie ai miei genitori che spesso mi portarono a fare camminate con loro. In particolare, a 10 anni, conobbi il padre di un mio compagno di calcio e accompagnatore di alpinismo giovanile del CAI. Lui è stata la persona che mi ha avvicinato al mondo dell’alpinismo e, sotto un suo invito, iniziai a prendere parte ad alcune uscite con l’alpinismo giovanile del CAI di Alba. Così, inizio a fare le prime ciaspolate e le prime uscite di arrampicata in falesia. Crescendo, si fortifica sempre di più la passione e, durante il periodo delle superiori, ebbi la fortuna di incontrare quelli che ancora oggi posso definire “i miei compagni di avventure”, che come me, condividono la passione per la montagna e per tutte le discipline che offre. I ricordi e i momenti che abbiamo vissuto insieme hanno fortificato sempre di più la nostra amicizia, e credo proprio che la montagna sia stata una grande fonte di insegnamento per tutti noi. Valori come condivisione, fiducia, rispetto e supporto reciproco sono le caratteristiche fondamentali per instaurare un rapporto di amicizia, nonché un rapporto fra compagni di alpinismo. Abbiamo vissuto insieme esperienze indimenticabili, come guidare per ore una minicar che diventava, una volta giunti a destinazione, il nostro posto letto. I ricordi che ho con loro hanno due costanti: la montagna sullo sfondo e il fatto di poter sempre contare su una compagnia solida. Con gli anni crescono la mia esperienza e le mie capacità ed iniziai a frequentare la montagna tutto l’anno. Mi iniziai a dedicare all’arrampicata su roccia e su ghiaccio, allo scialpinismo e all’alpinismo e questo sottolinea il fatto che nella mia vita, così come nella mia passione per la montagna, mi sono sempre posto obiettivi da raggiungere. Un riconoscimento della mia dedizione è giunto con l’entrata come membro aspirante nel CAAI, Club Alpino Accademico. Credo che la curiosità, la voglia di mettermi alla prova e di migliorarmi forniscano in me lo stimolo continuo di voler esplorare luoghi lontani e compiere salite impegnative che poco persone riescono a concludere.

Marco Cocito

Matteo Monfrini
Mi chiamo Monfrini Matteo, nella vita studio per concludere il quinto anno di Ingegneria dell’Automazione Industriale e dedico il mio tempo all’arrampicata da 12 anni. Alleno cinque atleti attivi nel circuito Nazionale, fra questi, Federica Papetti che ha ottenuto diversi podi anche a livello Europeo. L’alpinismo mi è stato introdotto da Lorenzo D’Addario e Claudio Migliorini che, in quegli anni, si allenavano e mi hanno portato a fare vie mentre preparavano il loro curriculum per diventare Guida Alpina. Dai 14 ai 19 anni ho svolto decine di gare di arrampicata sportiva che, successivamente ho abbandonato per fare spazio alla vera passione, l’alpinismo e l’arrampicata su roccia. A 16 anni ho iniziato con le prime vie alpinistiche in valle del Sarca e val d’Adige. L’anno successivo, con i risparmi da “studente” ho acquistato gli strumenti per introdurmi all’alpinismo invernale ed iniziare così ad arrampicare su ghiaccio e misto. Con l’inizio degli studi e Universitari, mi sono appassionato all’arrampicata tradizionale, praticata in valle dell’Orco, val d’Ossola, val di Cembra e Sardegna. Durante l’ultimo raduno in valle dell’Orco, mi sono classificato terzo, primo degli atleti che hanno gareggiato sulle fessure. Dall’ultima esperienza in dolomiti con Mauro Monfrini ci siamo interessati all’apertura di vie a più tiri alpinistiche. Vie chiodate dal basso, protezioni lontane e con un’etica molto rigida: conservatrice della natura, come mi hanno insegnato Tondini e Sartori con i loro capolavori. Dalla val d’Adige e Sarca sono passato alle Dolomiti trentine e venete, piccole Dolomiti, val di Mello, val d’Ossola, valle dell’Orco, passando per il classico finalese, valle Camonica, Prealpi bergamasche, Sardegna. All’estero ho avuto la possibilità di scalare le grandi classiche del Verdon, in Briancon e nella provincia di Tarragona. La possibilità che state offrendo, coronerebbe gli anni di alpinismo svolto, la dedizione e l’allenamento investito, rilanciando il CAI in una realtà Internazionale e sempre più giovane. 

Matteo Monfrini

Matteo Sella
Sono nato a Biella il 1° dicembre 1996. Ho iniziato a sciare a 3 anni e ad andare in montagna e a scalare con mio padre. Ho praticato ginnastica artistica (agonismo nazionale) dai 7 ai 15 anni, poi scherma dai 15 ai 17. A 12 anni ho fatto il primo 4000. A 16 anni ho iniziato a frequentare la valle dell’orco con un amico. Da quel momento scalo prevalentemente su vie trad il più in montagna, e continuo a praticare alpinismo. Nel 2018 ho iniziato a volare in parapendio e nel 2021 ho compiuto il primo volo di 100km nel Biellese. Ciò che mi affascina di più è raggiungere una vetta alpinistica, che includa una scalata estetica. Nel 2021 sono stato nominato amministratore della sezione di Biella del CAI. Nel 2020 mi sono laureato in Ingegneria Gestionale al Politecnico di Torino. Nel 2020 ho conseguito un master in “Innovation Strategy & Entrepreneurship” all’Ecole de Management di Grenoble. Dal 2021 al 2022 ho lavorato a Berlino nel team di Strategy per una startup di assicurazioni occupandomi in particolare di sostenibilità. Nel 2023 sono tornato in Italia dove ho un nuovo impiego. 

Matteo Sella

Luca Ducoli
Mi chiamo Luca, sono un ragazzo di 22 anni nato a Breno, un paesino tra le montagne ai piedi dell’Adamello. Proprio qui, grazie anche alla passione trasmessami dai miei genitori, che mi hanno fin da subito iscritto al CAI, ho intrapreso la mia strada attraverso la montagna. Ho mosso i miei primi passi in alta quota fin da piccolo, poi come nel corso della storia dell’alpinismo, ho volto il mio sguardo alla ricerca di una maggiore difficoltà tecnica con cui confrontarmi. Ho intrapreso questa crescita con dedizione e allenandomi a scalare su rocce sempre diverse, praticando sia arrampicata sportiva che tradizionale. Alla ricerca di ambienti sempre più stimolanti ho scelto di intraprendere il mio percorso universitario in un luogo dove poter coltivare il mio principale interesse e mi sono trasferito a studiare a Trento. Dopo aver ripetuto numerose salite nelle Alpi, con alcuni compagni ho avuto l’occasione di aprire nuovi itinerari tra Sardegna e montagne di casa. Nel 2020 sono diventato istruttore presso la scuola di Alpinismo “Giando”, dove ho avuto modo di conoscere molti altri che condividevano con me questa passione. Negli ultimi anni ho avuto modo di ampliare i miei orizzonti e sono uscito al di fuori delle alture che mi hanno cresciuto. Dapprima ho arrampicato in Dolomiti, poi mi sono diretto verso ovest scoprendo quote maggiori e luoghi che anno segnato l’alpinismo. Di recente assieme a degli amici ho preso parte a una spedizione nell’Alto Atlante Marocchino dove oltre ad aver effettuato numerose ripetizioni abbiamo aperto una nuova via (Bal…toro). 

Luca Ducoli

Giacomo Meliffi
Mi chiamo Giacomo Meliffi, ho 27 anni e sono nato a Urbania in provincia di Pesaro e Urbino, nelle Marche. Sin da piccolo sono sempre stato appassionato di avventura, passavo le giornate fuori da scuola a correre per boschi e inventarmi avventure di ogni genere, principalmente legate al fiume. Ho frequentato la scuola fino alla consegna del diploma di perito agrario. Assieme ai miei genitori fin da piccolo facevamo vacanze in montagna, e all’ età di 21 anni mi sono poi approcciato all’ arrampicata sportiva e all’ alpinismo. Da lì seguiranno poi 5 anni di vita in van alternando viaggi e arrampicata a lavori stagionali di ogni tipo, principalmente ho lavorato in inverno nella baita silvenoyre sulle piste da sci a Cogne viaggiando in estate dalle Alpi alla Norvegia per poi passare a qualche spedizione extra europea. Nel 2021 in particolar modo qualcosa è cambiato, con l’ esperienza in Marocco ho iniziato a desiderare e progettare sempre di più nuove avventure in giro per il mondo. Ora vivo da qualche mese in un appartamento a Cravegna in val d’ Ossola e ho appena iniziato il corso Aspirante Guida Alpina 1 in Lombardia.

Giacomo Meliffi

Riccardo Volpiano
Mi chiamo Riccardo Volpiano, ho 24 anni, sono nato a Ciriè e ho praticato molti sport fin da bambino: nuoto, arrampicata, sci alpino, basket. Anche le materie scientifiche mi hanno sempre appassionato, infatti mi sono iscritto al liceo scientifico e successivamente al Politecnico di Torino, dove ho conseguito dopo 5 anni la Laurea Magistrale in Ingegneria Meccanica-Automazione con 110L il 15/12/2022. Ho fatto gare di arrampicata fino a 14 anni, poi ho smesso e ho iniziato a scalare vie in montagna con mio papà, alzando man mano l’asticella, fino a scalare negli ultimi anni vie di un certo impegno (almeno per me) fino al ED+. Ho poi imparato ad apprezzare l’utilizzo di nut e friend e i luoghi solitari salendo alcune vie di stampo più classico. Per quanto riguarda lo sci ho fatto gare fino a 18 anni poi ho deciso di unire la mia tecnica di discesa alla salita con gli sci, così negli ultimi anni mi sono appassionato allo sci alpinismo e sono diventato istruttore presso il CAI Chivasso. Recentemente ho anche iniziato a praticare lo sci ripido fino al 4.3 E3. Lo sci alpinismo mi ha conquistato per la sua capacità di unire molte attività in una sola, soprattutto nelle gite impegnative in cui servono anche picca e ramponi, ma che alla fine regala il piacere della discesa e così ho conquistato i miei primi 4000 proprio con gli sci, culminando con il Monte Bianco a maggio 2022. Sono convinto di possedere un’elevata forza di volontà e una buona forma fisica, mi piace studiare con cura le mie avventure e organizzarle con precisione, data la mia formazione possiedo una buona conoscenza dei materiali e della meccanica. Quando ho una vetta o un obiettivo da raggiungere non mi tiro indietro, a meno che la mia sicurezza o quella dei miei soci sia a rischio (sono convinto che nei confronti della montagna bisogni sempre restare umili). Mi trovo a mio agio su roccia fino al 7a, sconfinando nel 7b quando sono in forma, mentre sugli sci riesco ad affrontare gite da 1500 m D+ senza affaticarmi eccessivamente, mentre il mio massimo finora è stato 2500 in un giorno solo. Non amo la corsa in montagna, ma mi piace camminare per raggiungere le pareti da scalare (se poi si raggiungono con gli sci è il massimo). La mia attività su ghiaccio è quasi nulla un po’ per mancanza di soci, un po’ perché non mi ha mai appassionato troppo e un po’ perché tra scuola e impegni vari è difficile far tutto; ho frequentato il corso quest’anno arrivando a scalare fino al IV da primo mettendo le viti, ma mi manca un po’ di pratica ed esperienza con le picche, mentre ho già una buona dimestichezza con i ramponi. Sono infine stato ammesso di recente alla qualifica di aspirante accademico del gruppo occidentale del CAI.

Riccardo Volpiano

Carlo Filippi
Mi chiamo Carlo Filippi, vivo a Torino e ho 24 anni. MI sono da poco laureato in geologia e lavoro part time in negozio Salewa. Ho iniziato a arrampicare a 14 anni con i miei genitori e da allora non ho più smesso. Presto questa passione mi ha portato in montagna. Mi piace passare tanto tempo all’aperto, indipendentemente dall’attività, che sia arrampicata, sci, alpinismo o anche solo una passeggiata o una corsa con gli amici. Mi ritengo una persona molto razionale ma mi piace mettermi in gioco, sia fisicamente che mentalmente cercando itinerari lungi, difficili (almeno per me) e poco ripetuti. Sono Istruttore sez di sci alpinismo SUCAI e appena intrapreso il precorso per diventare guida alpina. con queste attività mi sono reso conto che trasmettere quello che ho imparato e la montagna mi ha dato, con chi si sta approcciando a questo mondo, è per me la soddisfazione più grande.

Carlo Filippi

Daniele Lo Russo
Mi chiamo Daniele, ho 26 anni e sono originario della Valle Camonica. Ho un fratello e una sorella e fra i tre sono il più piccolo. I primi approcci con la montagna sono avvenuti con loro: durante le estati della mia infanzia, infatti, i miei genitori erano soliti portarci a camminare verso i vari rifugi della Valle. All’età di dieci anni, nella piccola palestra di fronte a casa, ho scoperto l’arrampicata. Sono subito stato travolto da questo sport ed è così che, quattro anni dopo, ho salito la mia prima via in montagna, sulle pareti della Val Salarno. Col tempo sono arrivate le prime “trasferte” nelle vicine Val di Mello e in Valle del Sarca. Qui ho scoperto roccia e stili diversi da quelli adamellini, che non hanno fatto altro che alimentare la voglia vedere posti nuovi. Il periodo a cavallo tra il 2014 e il 2015 è stata una tappa fondamentale della mia vita, in quanto ho avuto la fortuna di trascorrere l’anno scolastico negli USA. Durante questo tempo non ho avuto modo di arrampicare o di andare in montagna, quindi mi sono dedicato ad altre attività. Questo arco di tempo lontano dalla mia dimensione, nonostante la nostalgia per cime e pareti, è stato fantastico e fondamentale per la mia crescita e, al contempo, mi ha fatto capire l’importanza che hanno per me le montagne. Terminate le superiori e incerto sul mio futuro, ho preso un anno sabbatico dagli studi e sono ripartito, questa volta verso il Canada. Qui ho avuto modo di scalare a Squamish dove sono rimasto incantato dall’arrampicata in fessura. È proprio tra queste falesie che mi sono avvicinato all’arrampicata sportiva: fino a quel periodo scalare per me significava farlo in montagna e su gradi dove avevo un discreto margine di controllo. Lì ho iniziato ad apprezzare il boulder e l’arrampicata su monotiri con difficoltà che ti portano al limite. Nel 2017, rientrato in Italia, per riuscire a studiare ed avere le montagne fuori casa, mi sono trasferito in Valle D’Aosta. È in quel periodo che, per la prima volta, ho arrampicato in un ambiente di alta montagna come quello del Monte Bianco. Il fascino di quei posti eserciterà su di me un’attrazione tale che ho deciso di rimanere a vivere ai piedi di queste pareti. Nel 2018, tramite l’università, ho avuto la possibilità di partire nuovamente: sfruttando il programma Erasmus ho vissuto per sei mesi a Tarragona, con la possibilità di cimentarmi sui tiri di Siurana. Due anni fa mi sono laureato nel percorso triennale in scienze e tecniche psicologiche con una tesi sulla percezione del rischio nell’alpinismo e, anche se l’intenzione c’è, per il momento non sono iscritto alla magistrale, in quanto voglio dedicarmi a tempo pieno alla montagna. Per il futuro sono ottimista: motivazione e progetti nell’arco alpino non mancano. Oltre a questi, vorrei tanto coronare il sogno di andare a scalare al di fuori delle Alpi e lanciarmi verso le grandi pareti. Per questo motivo il progetto CAI Eagle Team mi ha da subito entusiasmato e vorrei riuscire a prenderne parte.

Daniele Lo Russo

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I 15 componenti del “CAI Eagle Team” ultima modifica: 2023-04-12T05:02:00+02:00 da GognaBlog

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33 pensieri su “I 15 componenti del “CAI Eagle Team””

  1. Ps. Ho visto gestita con più accortezza l’operazione sulla riorganizazione dei vari strumenti di comunicazione. Vedi Lettera a tutti i soci. Albino Ferrari sa il fatto suo sul suo terreno. 

  2. Benassi. Non ho detto una dinamica strana ho detto “classica” perché ho visto lo stesso errore dei vertici un sacco di volte. E non si tratta di fantasie da parte di chi fa critiche, ma nella maggior parte dei casi di realtà concrete. I vertici spesso fanno un salto mandando avanti gruppi di “arditi” e si dimenticano di gestire i quadri intermedi che costituiscono la “spina dorsale” di ogni organizzazione e che garantiscono la continuità. Per questo i capi più astuti si prendono dei bravi consulenti 😀 non perché siano più intelligenti ma perché hanno visto più casi e più errori e magari suggeriscono azioni preventive concrete e di comunicazione che possono creare più consenso all’interno e non solo all’esterno. A scanso di equivoci io sono ormai fuori, lo dico solo per un po’ di esperienza 😀 sempre meglio prevenire che rintuzzare a posteriori. Ad esempio le reazioni sarebbero state diverse se l’iniziativa fosse stata presentata all’interno di un piano/documento programmatico fatto di obiettivi, di azioni e di tempi sul complesso della struttura formativa Cai ai suoi vari livelli. Presentata così potrebbe essere percepita all’interno come una ciliegina su una torta che in alcuni punti risente di qualche cedimento. 

  3. Inoltre la maggioranza dei futuri istruttori CAI escono dai corsi, quindi rimangono in ambito CAI.

  4. Enri. Anche le critiche interne fanno parte di una dinamica che si ripete spesso. Sapessi quante volte ho sentito dire: qui siamo alla frutta, ci mancano persino i pennarelli per le lavagne  e guarda questi dove spendono un sacco di soldi, tutto per  l’immagine.

    Pasini, faccio l’istruttore CAI dal 1984.  Come tanti altri miei simili, ho rinunciato spesso e volentieri ai rimborsi spesa per lasciarli in cassa per acquistare l’attrezzatura. Da sempre, durante i corsi, uso ed usiamo l’ attrezzatura personale: Imbrago, cordini, rinvii, frends, nuts, casco, martello, ect. attrezzatura che si consuma, si danneggia, si può perdere.  Senza poi considerare  i mezzi di trasporto propri.
    Quindi non c’è nessuna dinamica strana, ne critiche tanto per sparlare, o apparire vittime, ma è una pura e semplice realtà. Qualcuno, il CAI e i suoi dirigenti,  si fa grande,  alla faccia di chi sul terreno si sporca le mani e rischia di suo mentre  in cambio riceve ben poca considerazione.
    Ora te, mi dirai, mica ti obbliga nessuno. Vero!!
     
     

  5. 27 Enri. Alla Scuole magari per formare più Istruttori e quindi avere più allievi (e nel futuro gente più preparata che va in montagna) o magari per, come è stato detto, per comprare materiali nuovi senza doverli usare all’usura totale o farli reperire agli Istruttori stessi. Non era quello che si voleva in altro topic? Meno cannibali e più gente che sa perché e come andare in montagna? Io credo sarebbe meglio, piuttosto che una decina di futuri talenti che non si sa se resteranno in ambito CAI esattamente come gli allievi delle Scuole? 

  6. Enri. Anche le critiche interne fanno parte di una dinamica che si ripete spesso. Sapessi quante volte ho sentito dire: qui siamo alla frutta, ci mancano persino i pennarelli per le lavagne  e guarda questi dove spendono un sacco di soldi, tutto per  l’immagine. Di solito l’impatto sull’esterno è più positivo di quello sull’interno, almeno per la parte che istituzionalmente si occupa della formazione di base e del “talento” intermedio. C’è modo per attenuare questa criticità con un’adeguata comunicazione preventiva e magari qualche compensazione. Succede però che di solito a gestire la comunicazione esterna non siano gli stessi che gestiscono la comunicazione interna. Sono due cose diverse: la prima suona le trombe per farsi sentire e fare pubblicità e gonfia le notizie, la seconda deve invece rassicurare e creare consenso. Spesso i due processi sono sfasati e non coordinati e il risultato è che qualcuno si incazza percependo una disparità di trattamento. Un classico. 

  7. @25
    In generale condivido quello che dici, è di buon senso ma, abbi pazienza, leggendo il commento 22 ho avuto la sensazione che si volesse criticare un’iniziativa che mi sembra lodevole, affermando che le risorse avrebbero dovuto andare alle Scuole (per fare che cosa di preciso?) e per rinforzare l’attrezzatura di vie molto frequentate (quindi meglio investire in fittoni che in giovani talenti?). Avrò frainteso il commento 22 ma mai una volta che una novità che mi sembra davvero utile non si debba scontrare con chi guarda più al passato che al futuro, almeno cosi mi è sembrato. Per mia ignoranza personale, mi fate sapere quanti giovani appartengono al CAAI? E per giovani intendo persone fino a 35/40 anni.
    La domanda non è retorica, proprio non ho idea.
     

  8. Ripeto una cosa già detta a suo tempo. La pratica di iniziative chiamate in vario modo (sempre in inglese )  “Top Talent” “High Flyers” è molto diffusa in ambito aziendale. Sono iniziative a forte impatto comunicativo, soprattutto verso l’esterno e la comunità di riferimento.  Il messaggio è: noi crediamo e investiamo risorse importanti sui giovani e il talento. L’utilizzo come docenti e tutor di personaggi famosi rinforza e  moltiplica il messaggio. Per esperienza diretta ho visto che poi molte di queste iniziative hanno ricadute all’interno non sempre corrispondenti alle aspettative. Spesso una parte degli allievi finisce alla concorrenza o alla consulenza che offrono possibilità e remunerazioni superiori. Qui le dinamiche sono altre,  trattandosi di un ambiente completamente diverso  ma le tematiche di “carriera” e di “remunerazione” non vanno mai trascurate, anche in contesti apparentemente più “disinteressati”.  Per ora l’impatto e’ stato comunque forte, come confermano anche alcuni interventi, e fa parte di un “pacchetto” di interventi innovativi promossi dalla nuova dirigenza per dimostrare dopo il faticoso avvio che tira un’aria nuova anche nell’elefante Cai. Il bilancio vero si farà tra un paio di anni. Solo allora si potrà capire se stabilizzare questo “canale” o scegliere altre modalità. 

  9. Quanto ad utilizzare risorse per mettere in sicurezza vie molto frequentate: ma non dovrebbe essere innanzitutto il CAI ad insegnare come si attrezza una sosta dal nulla e, in generale, sapersela cavare con protezioni mobili senza sperare sempre e solo nei fittoni resinati in posto?

    E pensi che non venga fatto?!?!?
    Non dico che lo facciano tutte le scuole ma tante lo fanno eccome! E lo fanno anche bene!

    Invece mi sembra un’ottima iniziativa, anzichè diluire (leggi disperdere) tempo risorse e molto altro dietro azioni poco efficaci ed alla fine intangibili.

    Aiutare la scuole a procurarsi l’attrezzatura per portare avanti i corsi, senza che gli istruttori debbano frugarsi in tasca, quando già si caricano  di responsabilità morali e penali, non mi sembra disperdere le risorse. Caso mai dare una giusta gratificazione, riconoscendo l’operato e l’impegno degli  propri istruttori con la  giusta CONSIDERAZIONE, visto che gli istruttori sono un organo tecnico del CAI quindi un suo patrimonio.

    Inoltre, se non si era capito, il Cai necessitava da tempo di “parlare” con i giovani e guardare al futuro. Ben venga anche un percorso “elitario” in un’associazione che, dal punto di vista alpinistico, non raramente ha rischiato di essere vista solo come “gite sociali e polenta” o quasi.

    Parlare con i giovani è una cosa fontamentale,  il CAI li dovrebbe avere e tenere  in primo piano. Ma dalla sola salsiccia con polenta al rifugio,  all’elite, ce ne corre di spazio. Non si può passare da un estremo, all’altro.
    Il CAI deve creare e dare delle opportunità a TUTTI .  Poi sta ad ognuno di noi, con la propria passione a progredire. Inoltre, da sempre i migliori e i più appassionati che escono dai corsi, vengono presi sotto le ali degli istruttori e portati a scalare, in modo che possano continuare nella loro passione una volta terminato il corso.

  10. Ricordo a Crovella e Calvi  che il Club Alpino Accademico all’art.19 dello statuto sancisce …”l’incompatibilità della qualifica di Guida Alpina e Aspirante Guida Alpina e in ogni caso l’esercizio della attività alpinistica come prevalente fonte di guadagno”

  11. Invece mi sembra un’ottima iniziativa, anzichè diluire (leggi disperdere) tempo risorse e molto altro dietro azioni poco efficaci ed alla fine intangibili.
    Inoltre, se non si era capito, il Cai necessitava da tempo di “parlare” con i giovani e guardare al futuro. Ben venga anche un percorso “elitario” in un’associazione che, dal punto di vista alpinistico, non raramente ha rischiato di essere vista solo come “gite sociali e polenta” o quasi.
    Ed il fatto che fra gli istruttori vi siano guide alpine (alcune anche molto molto affermate) mi sembra un’ottima cosa. 
     
    Quanto ad utilizzare risorse per mettere in sicurezza vie molto frequentate: ma non dovrebbe essere innanzitutto il CAI ad insegnare come si attrezza una sosta dal nulla e, in generale, sapersela cavare con protezioni mobili senza sperare sempre e solo nei fittoni resinati in posto?

  12. L’iniziativa del CAI che porterà a formare dei professionisti della montagna è, come ben ha detto Benassi, una bella spinta verso un’elite e mi dispiace che i fondi del CAI e del CAAI (in gran parte provenienti dal Ministero del Turismo)vengano destinati a pochi. Se davvero ci fosse una motivazione alpinistica il Cai e il Caai (al quale appartengo) avrebbe dovuto disporre dei fondi per tutte le scuole di alpinismo, aperte ad una grande quantità di persone e anche per la messa in sicurezza (soste ottime) di molti itinerari alpinistici frequentati che necessitano di una revisione senza bisogno di una snaturazione! 

  13. Bellissima iniziativa. Complimenti ai selezionati senza nulla togliere ai non scelti, credo che per tutti sia stato necessario impegno e sacrificio. In bocca al lupo a questi giovani, con l’augurio che sia un’esperienza arricchente di cultura, alpinismo, ma soprattutto umana. 

  14. “E poi l’americanata dell’ Eagle Team… Questo mi rattrista un po’, l’incapacità di trovare un nome italiano.”
     
    Novantadue minuti di applausi per Vegetti! 

  15. PS –  E poi l’americanata dell’ Eagle Team… Questo mi rattrista un po’, l’incapacità di trovare un nome italiano…  Cercate questo “eagle team logo” e capite cosa intendo…

  16. Crovella, se leggi bene le biografie sono un addensato di volubilità, come è abbastanza giusto a 25 anni,,, Volevo fare questo, poi ho cambiato, poi non ero soddisfatto, ecc. ecc.  I dubbi di Benassi sono legittimi dunque… A me quel che non piace è la “istitualizzazione” della prossima (forse) futura eccellenza che rischia, a parer mio per quanto vale, di ingabbiare più che liberare talenti…

  17. Non credo che la formazione di prossimi professionisti sia la leva ce ha fatto mettere in piedi l’iniziativa. È ovvio che tale ipotetico obiettivo è in contrasto con il CAI. Quindi speriamo che non accada. Diamo fiducia ai dirigenti, dai.

  18. @ Benassi. Sì, però, ecco, insomma, perdirindina. Ogni tanto dai l’immagine di un te stesso perennemente ingrugnito….  senza considerare che il tuo dubbio di un possibile passaggio al professionismo non è suffragato da un minimo indizio.Per quel che riguarda l’elite… già il CAAI non è, o era, concettualmente una elite del CAI? E’ allora? Permettimi, ma secondo me stai facendo elucubrazioni che al momento non hanno nessuna logica.Per quel che mi riguarda, da osservatore esterno. era ora che il CAI riportasse centrale nella sua visione l’alpinismo di alto livello.

    @Penotti, io perennemente ingrugnito…? ti sbagli di grosso.
    L’ho scritto anche io che era l’ora. Ho solo espresso un dubbio sul metodo e i dubbi non sono logici, ma sono  sensazioni.
    Quanto al CAAI si è/era una elite. Ma non a spese del CAI.
     

  19. @ Benassi. Sì, però, ecco, insomma, perdirindina. Ogni tanto dai l’immagine di un te stesso perennemente ingrugnito….  senza considerare che il tuo dubbio di un possibile passaggio al professionismo non è suffragato da un minimo indizio.
    Per quel che riguarda l’elite… già il CAAI non è, o era, concettualmente una elite del CAI? E’ allora? Permettimi, ma secondo me stai facendo elucubrazioni che al momento non hanno nessuna logica.
    Per quel che mi riguarda, da osservatore esterno. era ora che il CAI riportasse centrale nella sua visione l’alpinismo di alto livello.

  20. Vista da un vecchio quartogradista (mungitore ossessivo e ragliatore dal IV+ in su) l’iniziativa si presenta più che interessante.
    Non sono addentro al CAI, figurarsi al CAAI…
    Però se mai si comincia mai si arriverà da nessuna parte.
     Teo (Della Bordella) è entrato giovanissimo nell’Accademico e non vedo chi meglio di lui possa accompagnare i giovani a seguire le sue orme. 
    Se poi vedo che tra gli istruttori ci sono altri giovani come il Franz Cazzanelli  e Federica Mingolla, non posso che plaudere all’iniziativa.
    Di certo tra voi chi è più addentro conosce meglio lgi ingranaggi cui fare attenzione, le criticità del CAI e del CAAI…
    Però intanto sono partiti e la creazione di una squadra “di punta” è sempre un ottimo traino per gli altri, per chi di punta non è o anche solo per l’immaginario di chi gode a sentire delle loro imprese magari facendo “solo” escursionismo.
     
    Mi piace poi vedere lavorare assieme Guide Alpine e Istruttori del CAI…
    I ragazzi potranno prendere le misure per capire quale strada seguire… Qualcuno magari diventerà guida, qualcun altro, invece, preferirà entrare nel CAAI e fare nel frattempo altro…
    Bello sarebbe che queste non fossero opzioni antitetiche e “divisive”, bensì possibilità offerte ai giovani da parte di due esperienze differenti pronte a collaborare.
    Se ritenete sia un sognatore ingenuo, ditemelo pure.
    A me, però, per il momento questa iniziativa è piaciuta davvero molto.

  21. Bhe, se si ragiona così, allora l’iniziativa non viene proprio capita.

    eh, che ci vuoi fà Crovella, mica tutti hanno la tua mente superiore, la tua visione, la tua lettura ed ispirazione profetica del futuro. Ci sta benissimo che l’iniziativa sia più che giusta. Ho solo espresso la mia opinione, i miei dubbi.
    Sono d’accordo e trovo lodevole che il CAI riporti al suo centro l’alpinismo, era l’ora!! Ma se il modo è quello  di creare un elite, nell’elite, che poi potrà sfociare nel professionismo, non lo condivido. Il CAI non credo sia (almeno lo spero)  un ente dedito al traghettamento verso il professionismo. Se invece lo fosse diventato, me ne farò una ragione e vorrà dire che non rinnoverò  la tessera.

  22. Bhe, se si ragiona così, allora l’iniziativa non viene proprio capita.
     
    Inoltre nella selezione, oltre alle valutazioni tecniche, sono stati fatti dei colloqui individuali. Non ho la certezza assoluto, ma immagino che, nell’inquadramento di ciascun personaggio, durante i colloqui i selezionatori avranno anche sondato i desiderata die ragazzi/e. Mi sembra che molti (non tutti, ma molti) abbiano già un percorso professionale ben impostato (chi ingegnere, chi astrofisica, chi geologo…), per cui mi pare strano che improvvisamente buttino tutto alle ortiche. Potrebbe anche capitare, ovviamente, ma immagino che questo sarà stato messo in conto, in percentuale “gestibile”.

  23. magari proprio quando “questi” giovani faranno parte del CAAI, dopo adeguata maturazione

    E chi lo garantisce che ne faranno parte?
    Magari non gliene fregherà nulla. Magari vorranno diventare dei professionisti.

  24. Massari ha centrato il punto. Le Scuole del CAI si devono occupare, come hanno sempre fatto, dell’insegnamento a livello “medio” (= insegnare ad andare in montagna in sicurezza, iniziando dalla forma mentis da creare negli allievi). La “squadra corse” non è il CAI bensì il CAAI, ma evidentemente, oggigiorno, la Presidenza dà l’abbrivio all’iniziativa, perché il CAAI oggi non riuscirebbe da solo a concretizzarla da zero, la rileverà in futuro, magari proprio quando “questi” giovani faranno parte del CAAI, dopo adeguata maturazione. Cmq, sono solo questioncelle, l’importante è che le acque si muovano.

  25. Alberto il punto è proprio lì; il CAAI con la sua età media molto avanzata non è per nulla attrattivo per le giovani generazioni 
    i ragazzi dell’Eagle Team e gli aspiranti entreranno nel CAAI e forniranno un modello nuovo a cui tanti giovani potranno ispirarsi e a cui aspirare

  26. Il gruppo elitario il CAI ce l’ ha già, si chiama CAAI. Dove appunto si entra per meriti alpinistici che nascono dalla pura passione personale, dopo una seria selezione dell’attività svolta e presentazione di accademici che ti conoscono.
    Cosa vuole fare adesso il CAI il Club del Club?
    Se il CAI ha soldi da spendere che aiuti le SUE scuole di alpinismo invece di lasciarle all’iniziativa e al sacrificio  dei singoli istruttori che spesso e volentieri si devono frugare in tasca per poter fare i corsi.

  27. Finalmente sembra che nel CAI emerga nuovamente il grande alpinismo! Ho letto con piacere le autopresentazioni. Un grande incoraggiamento e augurio a questi ragazzi ed a Della Bordella e il suo gruppo. Ragazzi, non dimenticate che oltre realizzare “salite” è anche bello condividerle raccontandole.

  28. Anche se non sono convintissimo sul piano ideologico, non posso che applaudire con entusiasmo a questa, come alle altre recenti iniziative, della nuova Presidenza del CAI (in realtà non è “solo” il Presidente, perché senza l’intero Consiglio Centrale – CC – e il giro dei vari collaboratori, il Presidente da solo non va da nessuna parte… Certo il Presidente dà la scossa e finora la si è vista). Finalmente con Montani registriamo idee nuove e il CAI dà segni di vita oltre alla normalissima quotidianità.
    Ribadisco che secondo me questa iniziativa dovrebbe essere portata avanti, in futuro, dal solo CAAI. Evidentemente il CAI si muove, oggi, per il suo maggior peso istituzionale e soprattutto finanziario, ma (una volta oliato il meccanismo) le prossime edizioni dovrebbero esser appannaggio del CAAI.  Mi sembra il contesto adeguato e tornerebbe utile anche a quest’ultimo per immettere forze fresche in un ambiente oggi piuttosto “âgée”.
    Leggendo i profili, ho notato (se non prendo un abbaglio) che sono tutti “nordisti”, l’unico è un ragazzo delle  Marche. Uno dei prossimi obiettivi dovrà essere quello di coinvolgere ragazzi/e anche del centro e soprattutto del sud, sennò il CAI non può dirsi davvero “italiano”.
    Il ragazzo di Firenze (mi perdonerà se non ho memorizzato il nome…) ha iniziato in sala indoor e sono particolarmente felice di un soggetto che “smentisce” la mia preclusione rispetto a questa “origine”, se poi proiettata verso l’alta montagna e l’alpinismo vero e proprio. Mi par di capire, leggendo rapidamente fra le righe, che egli sia molto motivato verso la montagna e invece si sentisse un po’ ristretto dal mondo della plastica. Quindi la plastica non preclude verso le alte quota, ma occorre che maturi internamente agli individui una “voglia” diversa. Questo è il passo chiave.
     
    Infine segnalo che uno dei torinesi fa parte della Scuola SUCAI, la stessa cui appartiene un “vecchioscarpone” come me. Il ragazzo non può che avere l’imprinting tipico della nostra scuole, nel nostro ambiente nessuno sfugge a questa regola implicita. Anche in questo caso l’episodio dimostra che neppure gli ambienti più tradizionali (nel ns caso appesantito, tra l’altro, dal fatto che si fa scialpinismo come attività istituzionale e didattica…) costituiscono un freno insormontabile.
     
    Bene, quindi, che il CAI offra queste opportunità ai nostri giovani. Sono il nostro futuro, dobbiamo “coltivarli”. Un ringraziamento al Presidente e al CC.

  29. Ma si può votare anche dal telefonino?😉
    A parte il taglio da reality figlio ovviamente dei tempi, tutto molto ben fatto e preparati i componenti ora non resta che augurare le migliori cose per il futuro di questi ragazzi e che volino sempre alto …veramente una grande opportunità! 
     

  30. Certo Alberto il CAI la possibilità la deve dare a tutti e così giustamente ha sempre fatto.
    Quello che mancava era un gruppo elitario che facesse da attrattiva a chi è più bravo e cerca una “casa” in cui può condividere esperienze ad un certo livello e contemporaneamente un gruppo a cui i giovanissimi possano aspirare e si prodighino migliorare per entrarci.

  31. E finalmente un’iniziativa meritocratica ed elitaria (era ora)

    Meritoria mi va  bene.
    Elitaria direi proprio di no!
    Il CAI le possibilità le dovrebbe dare a tutti. Non certo creare una elite.

  32. Spero che l’Eagle Team rappresenti un sogno realizzabile nel quale tanti giovani possano trovare spazio alle loro legittime aspirazioni. E finalmente un’iniziativa meritocratica ed elitaria (era ora) da parte del CAI e del CAAI che sicuramente fungerà da volano e da esempio (l’unica cosa che serve davvero) per i giovanissimi appassionati che si affacciano al mondo della montagna.
    Bravissimi tutti.

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