I crash di Punta Giglio

Abbiamo già trattato del grosso problema di Punta Giglio (Alghero) in https://www.sherpa-gate.com/altrispazi/cosa-fare-a-punta-giglio/. Qui presentiamo un bell’articolo di Pier Giorgio Pinna che sviscera l’argomento con piena e arguta competenza.

I crash di Punta Giglio
di Pier Giorgio Pinna

Crash!
Il Caso Punta Giglio è l’emblema di sei derive. Tutte pericolose: rischiano di precedere altrettanti naufragi sulla Riviera del corallo. Naufragio delle regole contro i monopoli nella gestione delle rade. Naufragio del buon senso che mira a evitare d’imprigionare la falesia. Naufragio delle misure ancora possibili per salvare il paesaggio. Naufragio di una politica ambientale d’alto livello. Naufragio per i territori attorno al promontorio nel nord-ovest sardo. E naufragio delle strategie incisive per valorizzare paradisi unici.

Ecco, allora: gli allarmi sono legati alla trasformazione di un’ex batteria militare in bar/ristorante/foresteria e alla privatizzazione dei luoghi circostanti. Questi SOS si potrebbero ridimensionare con cambi di linea: a volerli davvero compiere, naturalmente. Ma dalla consapevolezza che potrebbe non succedere mai, parte l’urgenza di rilanciare campagne di controinformazione e nuove mobilitazioni popolari, culturali, politiche. La prima deriva è rappresentata dal blocco nelle comunicazioni sull’affaire. Tradotto: la tendenza da parte dei media prevalenti a parcellizzare le notizie. Risultato maturato grazie a mistificazioni e indifferenza, censure e autocensure. Il perché è presto detto: dietro una registrazione burocratica di opinioni, anche le più campate in aria, in questi anni si sono visti solo sporadici servizi in tv e articoletti di poco spessore. Un peccato, visto che tutti dovrebbero essere interessati ai rischi. Pericoli per gli uccelli migratori e rare specie di piante e arbusti come lo Statice delle ninfe, la Ginestra sarda e la Stregona spinosa o lo Zafferano minore.

Punta Giglio vista da Toni Gallo

Stessi discorsi riguardano ora – con recentissima eccezione di Repubblica – le reazioni alla tenuta delle pareti di roccia di fronte agli interventi radicali ipotizzati per imbrigliare la falesia e fatti sostanziali rimasti senza dignità di ricostruzioni. Con alterazione di elementi negativi che chiunque avrebbe visto galleggiare sul mare di Alghero: cioè l’occultamento del riuso di un complesso ex militare per obiettivi differenti dai fini ammissibili in un parco destinato ad assicurare protezioni straordinarie a fauna e flora.

Perché qui si parla di territorio individuato come Sito d’interesse comunitario (Sic), Zona di protezione speciale (Zsc) e speciale conservazione (Zsc) “prioritariamente destinato ad assicurare la protezione integrale dell’ecosistema naturale”.

In genere, le scelte nel campo dei temi ambientali fatte finora dalle società editrici negli ultimi tempi appaiono legate a precise linee. Con un nodo gigantesco stretto. Nodo ancorato all’immaginario costruito a tavolino sui soliti match tra fazioni contrapposte.

Una procedura consolidata. Nata con i “panini” di casa Rai. Dove la cosa più importante sembra essere sempre stata confezionare focacce imbottite di pareri antitetici. Un modo per salvarsi la coscienza. Non per garantire il pluralismo. Ma per riportare nei tg i giudizi dei rappresentanti delle varie posizioni con un “minutaggio” da manuale Cencelli. Un tot a ciascun schieramento ufficiale. Cronometrato sul peso dei contendenti di turno con semplice logica spartitoria degli spazi in assenza dei criteri di merito. Metodo che rende alla fine ogni “panino” indigesto. Perché esclude a priori di poter affrontare con senso critico i concetti di fondo e approdare alla verità sostanziale al centro delle valutazioni.

La ragione di tanta trascuratezza? Sarà presto spiegata. Qui stesso. Come i guai nati dopo la concessione degli 8 ettari attorno all’ex Unità di artiglieria a una cooperativa, la milanese Quinto Elemento. Così come l’apparente indifferenza sui problemi originati attorno agli ulteriori 300 ettari nell’entroterra (circa il 75% del totale): terreni in parte non a Punta Giglio ma tra Pischina Salida e la Dragunara, comunque passati tutti negli ultimi anni dal patrimonio nella disponibilità pubblica a una serie di società private, che in seguito (2011-2012) hanno trasferito i loro diritti di proprietà a un’altra società ancora, la Borgosesia Spa.

Sos doppio crash
Finora, per rafforzare la vigilanza sul paesaggio carsico dove vivono bassi arbusti, erbe, cespugli e vegetali tipici di un clima caldo/arido, hanno preso il largo diretti dalle parti di Punta Giglio parecchi volontari. Tra i primi, i membri di un’associazione originariamente costituita in comitato proprio per la difesa del promontorio sulla Riviera del corallo, che oggi conta 116 iscritti. Dal 2021 si è mosso sul web un gruppo Facebook con ottomila aderenti. Partiti in difesa di Porto Conte anche i componenti di minoranza di forze di Sinistra e dei Cinque Stelle all’interno e fuori di Ente Parco e Amministrazione algherese. Di volta in volta, a seconda delle situazioni, hanno infine intrapreso la stessa strada ecologista organizzazioni per la salvaguardia ambientale come Lipu, Wwf, Italia Nostra e GrIg, Gruppo d’intervento giuridico che da Cagliari fa capo a Stefano Deliperi. Con loro, tutti insieme, movimenti sardisti, autonomisti, indipendentisti.

Le prime proteste risalgono all’estate 2019-2020. Perché fin dall’agosto 2018 era stato firmato l’atto “per l’uso a titolo gratuito a favore della cooperativa Quinto Elemento dell’immobile di proprietà dello Stato denominato ex postazione aerea Punta Giglio”. Ai naturalisti però la privatizzazione non era andata giù, per quanto consentita da recenti leggi nazionali su fasce di litorale sardo gestite dalla Regione. Era subito apparsa un’operazione controversa per i parchi in generale e per quello di Porto Conte nello specifico. Né aveva trovato consensi fra i frequentatori del promontorio l’idea di trasformare quel fabbricato ex militare in foresteria/punto ristoro. Sgraditi i tempi dell’affidamento: nove anni più eventuali altri nove, quindi in teoria sino all’agosto 2036. Giudicate inopportune le modalità di esecuzione di molti dei lavori e diverse particolarità dei progetti. Da qui i sit-in di denuncia. Così come le istanze all’autorità giudiziaria, che però ha sempre ritenuto legittime le attività di riconversione e respinto ogni richiesta presentata finora. Sempre in passato, numerose contestazioni hanno quindi riguardato le intese per la gestione stipulate tra la coop Quinto Elemento e l’Ente Parco.

Ma adesso l’affaire Punta Giglio è riesploso. Al centro delle nuove controversie figurano due temi allarmanti. Sia, appunto, l’ipotesi d’imbrigliare la falesia. Sia l’articolatissimo piano per privatizzare gli ormeggi con boe, rendendoli di fatto fruibili solo a certe condizioni, e anche sottoponendoli a ticket di carattere economico. Tuttavia, oggi come negli anni scorsi, Parco e Comune di Alghero (l’Assemblea del primo coincide col Consiglio municipale) rispediscono le accuse ai mittenti. E ricordano le conseguenze in fatto di risarcimento danni a favore delle imprese aggiudicatarie dei lavori, i ritardi sull’attuazione dei nuovi progetti che potrebbero comportare. Ma c’è un fatto nuovo: adesso c’è chi – come un qualificatissimo gruppo di docenti universitari – chiede a ogni modo un alt. Assieme a “pause di studio per una più approfondita valutazione delle implicazioni paesaggistiche degli interventi di mitigazione del rischio frana”.

Al centro della bufera si collocano la necessità e l’utilità degli interventi, oltre alle stesse le modalità esecutive degli ultimi programmi. Perciò, nonostante il blocco temporaneo dei lavori, i naturalisti appaiono di nuovo preoccupati. Molto preoccupati. E non lo nascondono. Perché – sottolineano – “in gioco c’è la sopravvivenza di un intero habitat”. Circostanza per cui non escludono la richiesta dell’Opzione Zero. Ovvero: la conferma e l’estensione dell’attuale divieto di navigazione lungo tutto il tratto di mare interessato ai fenomeni di erosione e caduta massi.

Super crash
Tanto chiasso, ma troppe bocche restano cucite. Sull’ultima querelle algherese il disinteresse e la trascuratezza di gran parte dei media minacciano di tradursi in speronamenti. Soprattutto per le difese innalzate dai naturalisti e da forze di opposizione in Regione, Comune, Parco. “Trattare con la sordina i progetti per imbrigliare la falesia e disseminare centinaia di boe d’attracco sugli specchi d’acqua non è fortuito”, dicono in tanti. Sarà bene vedere di capire il perché.

Gli organi d’informazione italiani sono in gran parte proprietà di non editori. Il riferimento è a finanzieri, petrolieri, operatori economici impegnati in politica come figli e fratello di Berlusconi, quando non in edilizia in fabbriche di veicoli militari e arsenali. La Sardegna non fa eccezione. Da anni un armatore come Vincenzo Onorato (Moby e Tirrenia) controlla la piattaforma su internet SardiniaPost. Il Gruppo Unione Sarda, che comprende Sardegna Uno Videolina, Radiolina e il sito web del giornale, dal 1999 appartiene al costruttore di Burcei Sergio Zuncheddu. Nell’assetto della Nuova Sardegna, oltre alla finanziaria di maggioranza Sae, con il 22% delle azioni figura dall’inizio del 2022 un altro costruttore: il presidente della Camera di commercio Cagliari-Oristano, Maurizio De Pascale. Nel frattempo, e non certo per caso, in entrambi gli storici giornali risulta scemata la sensibilità ambientale che aveva contrassegnato l’impostazione dei due quotidiani nella prima epoca di Nicola Grauso, nella stagione di Carlo Caracciolo e della stessa Giulia Maria Crespi, presidente del Fondo italiano per l’ambiente, comproprietaria dell’ex gruppo Espresso.

Lo stesso accade in altre redazioni dell’isola. È difficile, alla resa dei conti, prevedere campagne in difesa dei territori, se si eccettuano da parte dell’Unione battaglie già avviate contro i dissesti provocati da basi e poligoni. Così come è difficile attendersi da altri organi d’informazione indagini giornalistiche a tutela del paesaggio, con l’esclusione sporadica dei progetti per l’installazione di nuovi impianti eolici e solari, contestati a singhiozzo dalla stessa Unione, da emittenti come il canale Uno4, Indip e pochi siti web chiamati nelle città a occuparsi d’informazione locale.

Per questi motivi di linea non editoriale la maggioranza dei media si è occupata degli scontri algheresi tra ambientalisti e rappresentanti delle istituzioni con mosse incoerenti. Quasi si dovessero affrontare temi di cronaca secondaria o dalla dimensione solo municipale. Nella stessa discutibilissima maniera, adesso, tanti comunicatori continuano a seguire le iniziative contro la trasformazione in “rifugio del mare” dell’ex presidio militare e i suoi sviluppi a livello turistico. Insomma: fatte le debite esclusioni, si procede tra incertezze perfino nelle presentazioni della raccolta di firme delle decine di migliaia di cittadini preoccupati dalla possibilità di mancate tutele per la falesia, nonostante tutte le rassicurazioni dell’Ente Parco. E per comprendere meglio la gravità della situazione basterà un esempio: che cosa si sarebbe detto se a suo tempo il giornalismo sardo si fosse occupato in maniera analoga delle polemiche sul ripascimento del Poetto? Della lotta per preservare la sabbia del litorale di Cagliari non sarebbe rimasto nulla. Ad Alghero, invece, ancora oggi la messa a fuoco su tutti gli aspetti controversi in un quadro organico viene omessa. O lasciata in rotta di collisione. Con scontate previsioni di altri inevitabili crash: tutti da esaminare al più presto.

Ancora un crash
A volte il naufragio del buon senso si ricollega all’escalation delle privatizzazioni del patrimonio pubblico. In Italia spesso favorite dalle Destre – ufficiali e mascherate – sempre per conto di esponenti dei ceti dominanti, come tanti gruppi affaristici tradizionali ed emergenti. Un fenomeno che fin dai tempi di Franceschini (Pd) ha preso il largo tra alibi di tipo globalista e un pensiero liberale arrendevole. Con l’impostazione di anteporre gli interessi imprenditoriali a ogni altro. Ragione per cui, nel contesto fragile del mare di Alghero, i motori indietro-tutta s’imporrebbero: a che serve uno sviluppo che avvantaggia pochi penalizzando le comunità? E che, nel caso delle riconversioni lombardo/isolane sui litorali dell’antica Ichnusa, vede impegnati sbandieratori di falsa modernità: un ventaglio di forze comprese tra FI, Lega, Fratelli d’Italia, sino ad arrivare a formazioni sedicenti di Sinistra, esponenti dem e rappresentanti e del cosiddetto Centro.

Forze, queste, che in genere hanno sposato come valori trainanti consumismo, turismo senza regole e laissez-faire in economia, cioè la tendenza a lasciare mani libere alle società private. Col sostegno di leggi sbagliate, disapplicate o aggirate. Almeno per Punta Giglio. E almeno a detta della gran parte dei naturalisti impegnati nelle recenti battaglie. Tanto che parecchi abitanti delle frazioni e operatori economici del territorio risultano non integrati in diversi progetti dell’Ente Parco. Dunque, anche per questi motivi, ogni operazione che ruota attorno allo straordinario promontorio qualche miglio a ovest di Fertilia va analizzata nei particolari. Senza fare sconti, quantomeno di etica sociale, ai delegati di partiti propugnatori delle privatizzazioni. E senza dare giustificazioni sotto questi profili a gestori del parco o amministratori algheresi di maggioranza. Tutti problemi da affrontare non con i codici, e non per rivalse politiche. Ma con l’unico obiettivo di salvare flora e fauna.

Ecco perché i dettagli sono utili a chiarire gli aspetti negativi che si possono produrre. Sino a pochi mesi fa l’ex Unità d’artiglieria e l’entroterra potevano venire raggiunti da chiunque senza particolari obblighi. Era possibile attraversare in barca la rada, come ovvio, rispettando le regole di navigazione dell’oasi naturalistica e i divieti a protezione del parco marino. Auto e altri veicoli dovevano essere lasciati in sosta in aree lungo le strade d’accesso prima d’iniziare la camminata di alcuni chilometri per Punta Giglio. Beni e servizi collegati al patrimonio ambientale rientravano nelle possibili fruizioni di tutti i cittadini in piena libertà. Nessuno andava a disturbare grifoni, berte, corvi imperiali, gabbiani corsi con luci e suoni.

Ma le carenze non mancavano. L’ex batteria militare era in stato d’abbandono? Sì. Nella zona si accumulavano cartacce, bottiglie, lattine, rifiuti di ogni tipo? È certo così. Però però però… suscitare allarme sul degrado di un patrimonio pubblico, non per riassicurarne il decoro ma per sottrarlo alle comunità, che cosa implica se non la tecnica utilizzata per passare poi direttamente alle privatizzazioni più permissive in favore di società e imprese? Si è visto nel caso delle decine di beni in passato nella disponibilità generale, dall’acqua alle spiagge. Lo si può ancora oggi constatare in diversi terreni di conquista, dalla concessione di boschi e fasce demaniali sino alle licenze per attività commerciali in zone sino agli scorsi anni off limit per i privati. E certamente tutto ciò dipende da molteplici ragioni. Le stesse che appariranno presto evidenti dalle argomentazioni che hanno portato in piazza movimenti, specialisti e associazioni contro il pensiero di una natura concepita e gestita sul modello dei residence esclusivi a pagamento.

Il quinto crash
I contraccolpi per l’ambiente rischiano di essere fortissimi. Forti come il dubbio che si rivelino operazioni compromettenti per la tenuta dell’eco-sistema sia imbrigliare, manomettere le pareti della falesia sia disseminare con oltre 200 boe gli specchi d’acqua tra Punta Giglio e Capo Caccia. Tanto che le reazioni non si sono fatte attendere. E i lavori – sarà bene ricordarlo – per ora rimangono sospesi.

Contro il progetto, a novembre 2023 inoltrato, sono state raccolte su change.org quasi 35mila firme di altrettanti cittadini italiani e stranieri preoccupati per l’inappropriato via libera ai due interventi. L’ex portavoce dei Verdi Luigi Manconi, senatore sassarese poi eletto nel Pd, ha scritto un editoriale super critico e il suo commento è apparso su Repubblica. E nelle scorse settimane lo stesso quotidiano ha dedicato al caso una delle poche indagini strutturate viste sulla stampa nazionale. A scriverla, Paola Rosa Adragna: “Le tecniche per mettere in sicurezza le pareti rocciose, demolizione controllata di massi, reti metalliche di contenimento, chiodature e funi sarebbero finalizzate a “implementare la fruizione a terra e a mare del comprensorio, tra cui rientra il prolungamento del Moletto Finanza e l’installazione di boe per l’ormeggio di imbarcazioni sino a 24 metri dedicate a snorkeling e trasporto collettivo”, si spiega nell’articolo. Dove si riporta il giudizio del presidente del Parco, Raimondo Tilocca: “Siamo bersagliati da numerose polemiche, ma tutto quello che facciamo rispetta la legge, è in regola, siamo stati noi a chiedere di rinviare i lavori in attesa di istituire una commissione tecnica composta da esperti in botanica, avifauna e geologia e un comitato scientifico che sorveglierà il cantiere”.

Intanto però un’associazione di botanici e zoologi che ruota attorno a una prestigiosa rivista internazionale – Earth Gardeners – ha bocciato l’intero progetto. Mentre l’intellettuale e stimato politico Carlo Mannoni è intervenuto sottolineando “il modo bizzarro d’interpretare le norme europee e nazionali sul principio di precauzione, da esercitarsi a priori e non a decisone presa”. Nettissimo resta intanto il dissenso di 40 professori ed ex docenti dell’ateneo di Sassari, da Giacomo Oggiano a Ignazio Camarda, da Paio Fois a Salvatore Naitana, da Quirico Migheli sino ad Attilio Mastino. In dissenso sull’imprigionamento della falesia anche il Centro italiano studi ornitologici e rappresentanti di associazioni ambientaliste come Lipu, Wwf, GrIg e Italia Nostra.

Istanze per uno stop permanente e l’invito a un riflessione prima di potenziali danneggiamenti sono state presentate all’Ente Parco, alla Regione Sardegna e al ministero per l’Ambiente. Altre se ne prefigurano. L’idea dei volontari a tutela della natura è fare interessare sui due nuovi casi il maggior numero d’istituzioni, a ricominciare dalla Sovrintendenza per la salvaguardia del paesaggio. Il primo obiettivo è tentare d’infrangere il muro di silenzi mediatici che ha sino a oggi impedito di affrontare l’intera questione con servizi e inchieste giornalistiche di largo respiro. Il secondo, frenare la più recente deriva e i potenziali crash che si porta dietro. Per conoscere tutte le iniziative dei dissidenti, comunque, basterà attendere.

Nel frattempo sono in parecchi a ritenere che si possano delineare coinvolgimenti nella faccenda di Demanio e Guardia costiera, oltre che di Guardie forestali e autorità poste a vigilanza del paradiso marino. Sino a una possibile richiesta d’intervento da parte della stessa prefettura di Sassari, per ragioni di ordine pubblico legate alla nuova, eccezionale, disciplina ipotizzata nella sistemazione delle boe. Un sistema che escluderebbe da Porto Conte i normali diportisti non inseriti nel sistema di registrazione (e conseguente pagamento di ticket per gli ormeggi). Blocco giustificato dal divieto assoluto di gettare le ancore in quel tratto per non distruggere la posidonia e danneggiare i fondali, regola peraltro mai messa in discussione fra gli altri obblighi di navigazione previsti nella zona.

Non è così escluso che da oggi in poi le proteste possano allargarsi molto presto. Che cosa penseranno delle misure in corso d’adozione, per esempio, i titolari delle società proprietarie dei barconi che portano i turisti da Alghero alle Grotte di Nettuno o impegnati a garantire altre escursioni a norma di legge? E i pescatori catalani, magari costretti a corridoi alternativi per aggirare il tappeto di boe disseminate per miglia e miglia, come reagiranno di fronte a questi cambiamenti? Le risposte non tarderanno. Così, per comprendere meglio effetti e contro-effetti, anche in queste situazioni bisognerà attendere. Ma non troppo a lungo. Perché, come si vedrà ancora, il pericolo di altre derive è appena dietro il promontorio, di Punta Giglio, ovviamente.

Sesto crash?
Sul promontorio calcareo a picco sul mare di Punta Giglio le previsioni d’allarme non vanno liquidate con provvedimenti affidati a pochi decisori, senza che la popolazione possa esprimere il proprio parere su come amministrare i patrimoni delle comunità. Già oggi, rispetto a pochi anni fa, le cose sono cambiate. Gli stessi visitatori diretti all’ex batteria anti-navale, pagato il biglietto, devono seguire percorsi predisposti che portano quasi esclusivamente al posto di ristoro/bar/foresteria battezzato “Rifugio di mare”. Le libertà d’osservazione di flora e fauna appaiono limitate. Le restrizioni nell’entroterra – prima di proprietà pubblica – sono cresciute, anche al di fuori dell’ex presidio. Tutto mentre i naturalisti rilanciano SOS per la salvaguardia della falesia che si vorrebbe imbrigliare e nascono timori di un’ulteriore privatizzazione, stavolta per gli ormeggi nella baia.

Programmi probabilmente in futuro accompagnati da una qualsiasi fra le “normali” iniziative di marketing ipotizzabili a ogni stagione, dal momento che i fini di carattere economico sembra abbiano preso il sopravvento persino in un parco. Così, tra Capo Caccia e Alghero, resta chiusa da blindature una serie di situazioni alla deriva. Ma una grande mobilitazione e pacifiche idee di contrasto civico potranno frenare le conseguenze di maggior peso negativo. Esistono spiragli e spazi di manovra. Molto si può fare. Rimangono persino chance nel diritto amministrativo, tra le pieghe delle competenze dei diversi organi chiamati a vigilare. Gli stessi media regionali potrebbero finalmente rilanciare i temi più controversi. E le elezioni regionali alle porte rappresentare un’opportunità per costringere parte delle forze politiche a mutare rotta per evitare crash impattanti.

Ecco, ancora, uno degli ultimi punti focali: oggi pochi sono in grado di controllare se ogni tratto di litorale venga con puntualità rimesso in ordine, se le piante nelle centinaia di ettari retrostanti sottratti al pubblico risultino trattate al meglio, se gli esemplari dell’avifauna siano protetti in maniera adeguata, se il volo e la sosta dei migratori subiscano rallentamenti. E tutto questo perché la sorveglianza su flora e fauna è ovviamente demandata ai rappresentanti istituzionali. E i comuni cittadini? Fuori gioco. E le loro possibili segnalazioni sulla tutela collettiva di un bene naturale? In parte compromesse. Diversamente da com’è successo di recente sul Gran Paradiso con manifestazioni che hanno portato al divieto di arrampicata vicino a Cogne per preservare la nidificazione dei gipeti. E come succede a Duino Aurisina, vicino a Trieste, dove la rivolta popolare sta bloccando l’autorizzazione data dal Comune a pratiche sportive nella riserva delle falesie. Invece, a Punta Giglio si alternano i paradossi. E lo si vedrà meglio tra breve, quando sarà possibile prendere in considerazione gli altri motivi alla base di sit-in, nuove mobilitazioni, forum, dibatti, tavole rotonde e prese di posizione contro i progetti per falesia e boe.

L’associazione per la difesa di Punta Giglio, il fronte unitario delle sigle ambientaliste e i promotori delle lotte d’impegno ecologico in differenti zone della Sardegna a rischio, come nel caso di Capo Figari, stanno per dare vita a campagne di contrasto senza precedenti. Si spera che molti media finora distratti se ne accorgano. Mentre noi tutti siamo tenuti a documentarci. E a dire la nostra: perché la salvezza dei paradisi naturalistici dipende anche da noi.

I crash di Punta Giglio ultima modifica: 2023-12-01T05:29:00+01:00 da GognaBlog

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55 pensieri su “I crash di Punta Giglio”

  1. Nonostante il nostro appello del 10 agosto 2023 e le 32mila firme, la segnalazione della LIPU, la risoluzione del CIO, le istanze di Italia Nostra e del GrIg, le adesioni di associazioni e comitati,  le petizioni di 176 accademici e di altri 75, gli interventi nella stampa di Luigi Manconi, Piergiorgio Pinna, Carlo Mannoni e nel vostro blog ed in altri canali di comunicazione i lavori in falesia sono iniziati!
    Questo è il risultato della distorta visione della gestione della natura, che nega prima di tutto la democrazia come partecipazione alle scelte che riguardano un bene comune e, soprattutto, da conservare per le generazioni future- principio che dovrebbe stare alla base del concetto di sostenibilità (purtroppo già da tempo abusato).

  2. qualche giorno fa è arrivata l’acclamazione dal mondo anglosassone come “politico più importante del 2023” per Giorgia Meloni

    Beh, esageruma nen…
    Una formulazione più vicina alla realtà è: la testata giornalistica politico.eu (non “il mondo anglosassone”) ha inserito Giorgia Meloni nel gruppo delle 28 personalità europee che più influenzeranno politica e politiche nel 2024, ponendola al primo posto della categoria “Doers” (poi bisognerebbe aggiungere che ci sono altre due categorie “Dreamers” e “Disrupters”, e che il “titolo” di “most powerful person in Europe” è stato assegnato a Donald Tusk).

  3. In fatti la Meloni e il suo governo in poco più di un anno hanno fatto 1024 nomine, tutti uomini del centrodestra: la DC fa ridere al confronto! Siamo precipitati di 15 posti nella classifica delle migliori performance climatiche. Forbes? Quella di proprietà di un repubblicano americano sostenitore di Rubio, Rand Paul, John McCain? La Meloni è quarta, dopo tre “pilastri” e prima di una cantante: alla faccia dell’importanza!

  4. Anche Forbes ha ammesso la Meloni della stanza di bottoni del mondo, al quarto posto assoluto:
     
    https://www.forbes.com/lists/power-women/?sh=1bdfe2d25a95
     
    E voi pensate che la Meloni, scaltra e astuta com’è, dopo esser stata accettata, con tutti gli onori, nel salotto dei potenti del mondo, mandi tutti a catafascio per quattro sgangherate idee sovraniste????? Se lo pensate, non capite nulla né di politica né di psicologia umana!
     
    Difatti la Meloni, tre giorni fa, ha già avuto un colloquio pre-elettorale con la Metsola, la maltese oggi Presidente del Parlamento europeo e uno degli esponenti del Partito Popolare europeo (una specie di DC europea, moderatamente conservatirce, quindi definiamola di “centro-destra”: difatti Forza Italia ne fa parte da sempre). Da tempo Meloni è la Presidente dei Conservatori europei, una famiglia politica che possiamo definire di destra “gollista” (anche se il termine è improprio, perché De Gaulle non c’entra più niente, ma qui serve per capirci: si tratta di destra non estrema). Quindi FdI si sta, già da tempo, riposizionando su linee meno estreme delle precedenti e in sintesi su linee europeiste e atlantiche di ferro. Infatti Salvini, per recuperare voti alla Meloni, deve andare lui all’estrema destra, come ha dimostrato organizzando, lo scorso week end a Firenze, il meeting dei “fenomeni” neonazisti europei. Quindi mettetevi il cuore in pace, l’orientamento maggioritario della popolazione europea è incontestabilmente diretto verso una visione di destra moderata, legittima e tendenzialmente conservatrice. 
     
    Due sintetiche precisazioni. 1) Per quanto riguarda il mio impegno politico, nessuna natura di lacché: ho iniziato il mio impegno politico nel 1976 (senza cambiarlo mai), la Meloni lo ha iniziato nel 1992, quindi ho queste idee da tempi non sospetti e le ho sempre portate aventi (è “tutto agli atti”: l’ho raccontato nelle scorse settimane). 2) Non ho detto che il FdG torinese fosse necessariamente diverso da quello milanese. Sinceramente non so dire, né me ne importa, al tempo non uscito dalla realtà torinese (e anche oggi, da vero “bougianen”, molto poco). Sul punto dico però due cose: A) che io, cmq sia, mi sono SEMPRE trovato bene sia nell’allora FdG sia nel partito maggiore, quando, per questioni di età, sono passato al partito maggiore; B) che mi rendo conto che a livello di partito maggiore, anche al giorno d’oggi, c’è una certa differenza fra lo specifico ambiente torinese e quello nazionale, che è la conseguenza diretta della Sede romana. Forse a Roma io non mi troverei così a mio agio e, pur votando per il partito, non mi farei coinvolgere nella stessa misura.

  5. Giacomo, perché sarebbero deliri? Quello che dico è di dominio pubblico, dalla stessa UE al FMI… Sulle sanzioni alla Russia: non sono fatte dalla comunità internazionale (ONU, per intenderci) ma sono partite TUTTE (come sempre) dagli Stati Uniti, a cui, volenti o nolenti si sono accodati gli altri, anche se poi fanno i furbetti… 

  6. Ecco, quando l’idea di avere una maggioranza di Crovella ti pone di mal umore, ci pensano i deliri del compagno Vegetti a ricordarti che in fin dei conti poteva andarti peggio…
    “studiare”, appunto.

  7. Gli unici veramente contenti sono gli americani che vendono il loro gas a prezzi 7 volte più alti di quelli russi (che guadagnano di più rispetto a prima delle sanzioni UNILATERALI decise dagli USA e assecondate dalle colonie europee). Poi, da buoni italiani, continuiamo a comprare gas russo che passa da Turchia o Ungheria, alla faccia dell’europeisno e dell’atlantismo. A Crovella, tuttologo ricordo che De Gaulle portò la Francia FUORI dalla NATO nel 1966, e rientrata solo nel 2009. Studia meglio Crovella prima di far5 delle figuracce!|

  8. (perché si temeva che l’Italia potesse scivolare in posizioni conflittuali con l?EU e con la NATO) e ora invece tutti si dimostrano rassicurati e la portano in palmo di mano

    Bella dimostrazione di coerenza. Arlecchino servitore di due padroni: USA/NATO e UE.
    Ma non URLAVA che l’Italia dove  staccarsi da tutto questo?
    Ma non URLAVA che l’Italia doveva uscire dalla sciagura dell’Euro?

  9. Crovella, lei se la canta e se la suona come nessun altro su questo pianeta.
    Nonostante se la tiri da guerriero ricorda quei militari regimentosi che si cagano sotto al minimo scossone.
    La definizione che più le si addice, per tutto quello che scrive qui, è quella di lacché.

  10. Vedremo lo sviluppo. Inutile elaborare, ora, previsioni nefaste. Non fosse altro che per opportunismo politico, converrà continuare a “filarsi” l’establishment internazionale. Infatti, esattamente un anno fa, il mondo era preoccupato (perché si temeva che l’Italia potesse scivolare in posizioni conflittuali con l?EU e con la NATO) e ora invece tutti si dimostrano rassicurati e la portano in palmo di mano.
     
    In ogni caso, pur avendo ben chiari sia i difetti ideologici che i personaggi imbarazzanti, alla fine io mi trovo bene in questo contesto (ci sto dal 1976!), per cui non vedo perché dovrei cambiare. Tieni presente che, nella soprastante affermazione, io faccio esplicito riferimento alla realtà torinese e non a quella nazionale, che è molto condizionata dalla sede centrale romana.

  11. Crovella, in buona fede o no stai vedendo un film che non corrisponde per nulla alla realta’. FDI, come gia’ osservato, e’ atlantista per scelta contingente, molto piu’ opportunistica che ideologica. E non si puo’ certo dire che sia europeista, tenendo conto degli alleati che la Meloni si e’ procurata (vedi Orban in Ungheria, Vox in Spagna ). Il nodo del MES e’ ancora li’ sul piatto e dimostra per bene gli istinti sovranisti che prevalgono. E infine, le istanze ambientaliste a te care in FDI contano meno di zero. 
    Questa e’ la realta’, rassegnati a credere ingenuamente che un partito post-fascista,  che fa per calcolo gli interessi di corporazioni prepotenti (vedi tassinari e balneari) possa essere una destra moderna liberale.  

  12. Semplici sfoghi di chi rosica a sangue (tra l’altro, dei soliti protestatori seriali: no vax, no greenpass, no tav, ora anche no Meloni…..). Come se i governi dei dieci anni precedenti (di sui  9 col Pd e l’altro con M5S, ora entrambi all’opposizione) non fossero stati ridicoli e governi “carioca”: inutile fare lo sterminato elenco di personaggi imbarazzanti di quegli anni.
     
    E poi: se la destra fosse rimasta su posizioni estreme (populiste, non europeiste, filo russe ecc) la critichereste perché è postfascista, anzi fascista tout court. Se invece la destra muta la sua natura, moderandola, allora la criticate perché “cambia”!  E’ tutto pretestuoso: è la storia della volpe e l’uva.
     
    A titolo strettamente personale, se i citati cambiamenti sono il prezzo da pagare per spostare sia il governo che il partito su posizione golliste, cioè di destra seria (ovvero posizioni europeiste e atlantiste, ecc ecc), io sono solo contento. Molto contento. Per cui ai miei occhi la recente definizione di camaleonte è tanto di guadagnato. 

  13. Il mondo internazionale(?)che credo stia molto più a Ovest di Paperino si sta solo sfregando le mani per l ennesimo cane da riporto e rallegrando che il nostro zoo politico si sia arricchito. 
    Gia ,dopo Drago e la dipartita del pescecnano mancava  la mater famiglia camaleontica.
    Il Grillo sparlante si era confuso e di Collodi aveva preso più dal burattinaio barbuto che dalla bella balenottera bianca che ha posti per tutti ed è stato suicidato .
    Veni vidi e VOX passando per la parente(si)Albania  mi sembra che la nostra ( nostra??!) ha si occhi e lingua come il noto animaletto ma gusto più da Nomadi ,per restare in tema di complessi da anni di piombo .
    Il cappellaio del cupolone matto si dà un gran daffare per toglierci dalla noia e forgiare nuovi condottieri …
    Salut.
     

  14. Sta di fatto che l’attuale capo di governo italiano è, al giorno d’oggi, particolarmente apprezzato dal mondo internazionale proprio perché si è istituzionalizzato (cioè si è robustamente atlantizzato e europeizzato), abbandonando le precedenti posizioni che non sarebbero di gradimento all’establishment internazionale. La classica in questione è di un singolo sito, ma ne hanno parlato tutti perché è sintomatica della considerazione di cui, oggi come oggi, gode l’attuale premier italiano sia in sede atlantica (compresa la parte non EU, cioè quella anglosassone) sia presso i vertici EU e presso i principali paesi EU.

  15. Politico.eu, autore della classifica che vede primeggiare la Meloni, è la costola europea di Politico.com, un sito di gossip tipo Dagospia, solo un po’ meno caciarone. Definirlo “mondo anglosassone” mi pare quantomeno esagerato.
    Nell’articolo originale, poi, il termine “camaleonte” è usato in particolare per definire l’atteggiamento della Meloni, passata da sfegatata filo-russa -prima della sua elezione- a sfegatata filo-americana. A casa mia questi opportunismi si definiscono anche “banderuola”; e nessuno dei due termini mi pare indicativo di grande levatura morale, come sarebbe invece auspicabile da parte di un capo di governo.

  16. Sei anche un po’ ridicolo: il camaleonte cambia solo la pelle, ma l’essenza dell’animale rimane sempre la stessa. Il “mondo anglosassone” cosa significa? Trump e Biden fanno parte dello stesso mondo anglosassone, così come Suniak e Corbyn. Un abisso tra uno e l’altro. Quanto alla difesa dell’ambiente, io faccio quel che posso nel mio piccolo. Ma non tollero che mi si venga a “ordinare” cosa devo fare: generalmente chi ha le ricette e le vuole imporre è la stessa gente che si muove sull’aereo privato, non abbassa il termosifone o l’aria condizionata, non cambia le lampadine perché tanto può permettersi di sostenere le spese che per una famiglia media europea sono esorbitanti. Da Ursula van der Leyden in giù, fino al nostro ultimo amministratore locale. 

  17. Rileggere attentamente quanto da me abbondantemente scritto sulla faticosa opera in corso da parte di quel filone che punta alla “ripulitura” sia del posizionamento ufficiale (proprio qualche giorno fa è arrivata l’acclamazione dal mondo anglosassone come “politico più importante del 2023” per Giorgia Meloni, detta il camaleonte, proprio perché ha saputo allontanarsi dalle precedenti posizioni sovraniste per assumere quelle istituzionali, atlantiste ed europeiste) sia dei personaggi imbarazzanti che ancora sopravvivono nel giro. Sono trend che richiedono tempi lunghissimi. Ma quante volte devo ripetere le stesse cose?
     
    In ogni caso, ma che cappero c’entra tutto questo con la difesa dell’ambiente? Qui il punto cardine è che chi desidera impegnarsi a sostengo dell’ambiente lo deve fare senza remore, che sia di destra o di sinistra non importa, e invece deve combattere gli “affaristi”, che sono il vero cancro e che si trovano tanto a destra quanto a sinistra.
     
    Finché prevalgono paraocchi legati a pregiudizi politici, si perde tempo in fisime tipo gollismo o non gollismo della destra italiana (cosa che sul punto non c’entra NIENTE) e ci si dimentica al tema chiave, che è invece la difesa dell’ambiente. Su quest’0ultimo ho invitato a fare fronte comune. Non piace l’idea di fare fronte comune? No problem, proseguiremo da soli.

  18. La salvaguardia dell’ambiente risiede nella sensibilità e cultura di una minoranza e non credo abbia colori partitici.
    Tra i politici ci sarà pure questa minoranza ma  si sa, la politica odierna cambia bandiera a seconda del vento che tira anteponendo sempre e comunque il potete personale di chi la fa, che altro non è che il potere economico. È un vicolo cieco, una filosofia a senso unico in cui il cane che si morde la coda è solo l’esempio più banale.
    La mollezza umana oggi passa per azioni touch screen e non più da pugni serrati e braccia forti. Chi oggi esercita azioni concrete, in qualsiasi ambito, è visto come un fastidio che mette gli altri in cattiva luce perché inattivi perenni e felici del loro stato vegetativo. L’esempio della corsa convinta (da chi l’ha promossa perché interessato economicamente) al vaccino covid ne è stato lo specchio di massa più evidente e recente. 
    Non si può pretendere di vincere una guerra con dei soldati smidollati e dei generali fifoni e sdraiati.
    Rassegnamoci. La maggioranza di noi percorrerà sempre la strada più breve e meno ripida possibile. È sempre stato così e perché dovrebbe cambiare?

  19. Carlo, a me pare di ricordare che prima delle ultime elezioni la Meloni era schierata su posizioni “sovraniste”, certo atlantiche ma ben poco europeiste. Se poi per te sia una scemenza collaterale il posizionamento politico (e ideologico), beh, sei TU che la vedi così. Ti ricordo che nel tuo “affine” schieramento politico ci stanno i Lollobrigida (come già ricordato), i Larussa (animo missino e capace di mettere il figlio in posti di potere -ma solo dopo che Meloni è diventata Premier: sarà un caso?) e personaggi che tuttora vanno alle commemorazioni dei morti repubblichini, affatto turbati dei saluti romani e dei gagliardetti del Ventennio. Tutto ciò è LONTANO SECOLI dal gaullismo….

  20. E dove dovevo andare? A 15 anni non potevo certo fondare da solo il partito gollista italiano! Mi sono accasato nel partito più vicino alla mia idea: ne vedi forse un altro, parlo del 1976, più prossimo?  Forse la DC? forse il PSI? Ma dai! Magari avrebbe potuto essere il PLI, ma ho già detto che era di fatto inesistente (alle elezioni politiche prendeva in genere il 2%, circa la metà/un terzo dell’MSI) e soprattutto non aveva una struttura giovanile, almeno a Torino (dove peraltro la tradizione liberale è storicamente assodata). Cmq, coerente o meno con il credo gollista, io in quegli anni nel FdG mi sono trovato bene, per cui sono contento di aver fatto quella scelta. L’ho già scritto milioni di volte, cosa devo dire di più? 
     
    Vi intestardite su scemenze collaterali, quando il problema scottante dei nostri giorni è la “sofferenza” dell’ambiente. Su questo tema ci dobbiamo concentrare e i sostenitori della difesa ambiente, sia di destra che di sinistra, si dovrebbero alleare fra loro contro gli “affaristi”, che purtroppo sono numerosissimi e stanno sia a destra che a sinistra.

  21. @ 31
    Il Movimento Sociale Italiano (MSI) fu cosa del tutto diversa dal partito di De Gaulle.
    Durante la Seconda guerra mondiale le truppe del generale De Gaulle combatterono con le armi nazisti e fascisti; invece il MSI era composto da nostalgici del Duce.
    Un partito italiano alla De Gaulle non avrebbe avuto proprio nulla in comune col MSI: il primo sarebbe stato democratico e di destra, mentre l’altro era formato da gente che rimpiangeva la dittatura del Ventennio.
     
    Pertanto non regge la seguente giustificazione: “Non esistendo un Italia un vero partito degaulliano ed essendo l’allora PLI pressoché inesistente (specie a livello giovanile), mi sono rivolto al partito a me più vicino”.
     

  22. @29 si vede che anche tu non leggi con attenzione. Ho già scritto che io ho una mentalità alla De Gaulle. Non esistendo un Italia un vero partito degaulliano ed essendo l’allora PLI pressoché inesistente (specie a livello giovanile), mi sono rivolto al partito a me più vicino. Devo dire che a livello giovanile non mi sono trovato male, ma parlo esclusivamente della realtà torinese, del resto di Italia non ho riscontri. Cmq è stata un’esperienza molto formativa che mi è servita moltissimo nella vita. È ovvio che mi sento molto più a casa nell’attuale FdI, anche se  è ancora lunga l’opera di ripulitura (da nostalgici e affaristi), ma è cmq in corso. L’obiettivo è arrivare ad essere un serio partito di destra, europeista e atlantista, cioe dei conservatori moderati. In questa evoluzione siamo “in itinere”, ma rispetto ai decenni scorsi di strada ne è stata fatta molta.

  23. @28 Guarda che io ho scritto, in una recente conversazione (di un altro articolo) che il mio impegno politico è  della seconda meta’ anni Settanta, iniziato nell’autunno del 1976. Quindi continui a parlare di esperienze “tue” che sono molto diverse rispetto alle esperienze “mie” (Milano vs Torino e primi Settanta vs fine Settanta). Se non focalizzi le questioni con attenzione, crei solo un gran minestrone.

  24. @ 28
    Marco, ricordati di Peppone e don Camillo!
    Tuttavia in quel caso si trattava di un prete, seppure ligio all’ortodossia degli anni Cinquanta, mentre qui siamo di fronte a un fascistone degli anni Settanta. 😂😂😂
    Carlo nel corso del tempo però è cambiato: checché sproloqui nel GognaBlog, ora si piazzerebbe certamente all’interno del fu arco costituzionale. Potrà smentirlo finché vuole – e lo farà – ma è cosí.
    Eh, caro Vegetti, ormai non ci sono piú i fascistoni di una volta!
     
    P.S. Carlo, mi confermi di essere davvero all’interno? Altrimenti, in segno di ostracismo, dovrò smetterla di punzecchiarti, come a me piace tanto. 😉😉😉
     

  25. A parte il fatto che il sottoscritto (e credo molti altri anche qui) si ricorda benissimo di quegli anni (50, non 45… 45 anni fa era il 1978 e le cose erano molto cambiate da soli 5 anni prima!), non credo proprio che io potrei mai “allearmi” con uno che in quegli anni era nel Fronte della Gioventù missino. Ci separano anni luce, io forse ero comunista ma quelli erano sicuramente fascisti, checché ne dica Crovella…

  26. Sono schifata, come sarda ed in primis come algherese, che purtroppo non abita lì. 
    I soliti affaristi ATTILA sono arrivati a Punta Giglio ed hanno fatto disastri su disastri, aiutati  dai ns amministratori di Alghero e della Regione Sardegna(per non parlare dei politici nazionali),che sino ad ora è stata un amministrazione che non ha lavorato per niente per la comunità. Usano il territorio come fosse loro e non di tutti i cittadini, e cosa più importante della flora e della fauna protetta. Quando ci sveglieremo noi cittadini italiani e soprattutto sardi? Sarebbe ora di alzarci e fare qualcosa per il territorio in rovina, ma soprattutto come ho già detto per la fauna e per la flora protetta. 

  27. A 16-17-18 anni (quanti ne avevo allora) non mi interessava minimamente analizzare la contemporanea realtà studentesca milanese e se fosse uguale o meno a quella torinese. Mi muovevo nella mia realtà, tipicamente subalpina, dove i giovani under 20, se interessati all’impegno politico, entravano o nel FdG (se di destra) o nella FIGC (se di sinistra). Per l’universo degli under 20, nella Torino di fine Settanta le altre sigle non me le ricordo proprio. Può darsi che sia è una falla della mia memoria (stiamo parlando di 45 anni fa!), ma non me le ricordo proprio. Certo che, in assoluto, c’erano anche a Torino le altre sigle, ma riguardavano individui di 25-30 anni (in genere universitari fuori corso…), non gli under 20: è questo il punto chiave.
     
    Questo excursus, che ci ha condotti molto distante dal tema dell’articolo, è partito però da una riflessione che è molto attinente all’articolo: non è “questa” parte politica oppure “quella” parte politica che hanno nel loro DNA lo sfruttamento dell’ambiente, ma il vero cancro è la mentalità affaristica che è un male endemico sia della destra che della sinistra. I veri appassionati della difesa dell’ambiente dovrebbero allearsi in modo bipartizan per estirpare la mentalità affaristica, agendo ciascuno all’interno della propria parte politica.

  28. Come sempre, Crovella si arrampica sui vetri… Comunque facile mischiare FGCI e gli altri (mondi separati). Come dire che il Fronte della Gioventù (tra l’altro nome rubato al FdG di Eugenio Curiel) era mischiato da Ordine Nuovo et similia… Visto che sa tutto, non sa che a Milano la FGCI se ne stava in via Volturno alla sede del PCI perché nelle scuole saranno stati in tutto 50… Potevi chiamare i tuoi amici milanesi della tua destra (De Gaulle e l’MSI? Che obbrobrio storico!) e chiedere a loro…

  29. Per amor di precisione storica, mio padre ha sempre votato Partitolo Liberare (PLI): a Torino è molto importante la tradizione liberale (cioè di conservatorismo moderato) che peraltro ha espresso Luigi Einaudi come importante Presidente della Repubblica. Io NON mi definisco un fascista, perché utilizzo quel termine per identificare i nostalgici del regime del Ventennio. Io non sono un restauratore del Ventennio. Mi riconosco nella tradizione politica e culturale di De Gaulle, ma in Italia non c’era un partito di destra alla De Gaule, per cui mi sono iscritto al FdG, perché mi ispirava di più del PLI. Ancora oggi non c’è un partito alla De Gaule e nel mio piccolo quello che cerco di fare. col mio impegno politico, è di spostare il posizionamento sulla tradizione di De Gaulle, ovviamente adattata alla realtà italiana. Per cui non sono fascista nel senso stretto del termine. Però sono quisquilie: se, per semplificare, vuoi definirmi fascista, definiscimi pure fascista. Non ho mai tenuta segreta la mia visione politica, né qui né altrove.

  30. Esattamente come per quelli di sinistra FdG erano fascisti e basta.
    Negli anni ’70 Crovella non venirmi a dire che c’erano destre e destre. Eri fascio pure tu come lo sarà stato tuo padre. In casa mia c’erano i partigiani e nella tua i fascisti, non giriamoci troppo intorno, è questione di educazione. Ognuno cresce com’era stato tirato su.
    Che poi i fascisti nel tempo si siano creati una loro linea parallela che si discosta da quella mussoliniana è vero  ma Almirante era fascio e Fini pure ma con mire meno da ventennio.
    Per me facci eravate e facci restate. Da qui le ovvie divergenze.

  31. Io tendo a mettere le truppe avversarie tutte insieme e non stavo né sto oggi a fare le differenze fra le diverse sigle. Li chiamo “figicini” perché allora cosi usavamo dire noi giovani torinesi di destra. Se siete amanti della precisione, posso parlare genericamente di giovani comunisti. A Torino (forse per la presenza delle industrie fin nel tessuto urbano) è sempre stato molto “forte” il PCI, e quindi la FIGC, più che le sigle collaterali, ma può darsi che io mi sia personalmente fronteggiato con la FIGC solo per il puro gioco del caso. Personalmente non sono mai stato a guardare le differenze. Tanto non cambiava niente.

  32. Anche a Genova era così. 
    Comunque le pietre ai fasci le ho tirate davvero e mai in senso metaforico. E lo farei ancora adesso.
     
    Crovella potrebbe fondare il suo partito chiamandolo PCI😂😂😂

  33. Una precisazione perché evidentemente tu certe cose non le sai proprio e te le ricordi a modo tuo.
     
    Innanzi tutto direi che a Milano la situazione fosse leggermente più tesa che a Torino…di un fattore di 5 a 1.
    Quelli della FGCI erano le mammolette e le educande, regolarmente compatite e fischiate a tutte le assemblee…diciamo che uno scontro con la FGCI aveva la stessa probabilità di subire un’aggressione da un ciellino.
    Il FdG semplicemente non aveva alcuna possibilità di parlare in un’assemblea…anche a volere non avrebbero potuto entrare, diciamo così.
    Si limitavano a presidiare un paio di bar in piazza S.Babila e a starsene chiusi nei loro covi da dove uscivano solo per compiere attentati e aggressioni.

  34. Una precisazione per non lasciare le cose in sospeso. Io parlo della realtà torinese della seconda metà degli anni Settanta, dove erano quasi quotidiani gli scontri “fisici” in piazza fra giovani delle opposte fazioni. Forse a Milano era diverso, anche se, da quello che veniva riportato, più o meno era così anche lì.
     
    Una precisazione ulteriore. Il concetto di “lancio di pietre”, oltre che in senso diretto (cioè quello degli sconti di piazza) va inteso anche in senso metaforico, cioè durante le assemblee, che allora si facevano ogni due-tre giorni, specie in ambito studentesco, assemblee nelle quali spesso mi trovavo da solo a fronteggiare decine e decine di studenti antagonisti, con tanto di gagliardetti “falce e martello”. Nelle assemblee si trattava di un confronto verbale e non fisico, ma ugualmente veemente come quelli di piazza.
    Quella stagione politica è finita, sia per gli uni che per gli altri, ma tale esperienza ha profondamente corroborato il mio carattere e personalmente sono contento di averla vissuta, perché il carattere “determinato” (che si è forgiato in quegli anni) mi è tornato molto utile in tutti gli altri risvolti della mia vita.

  35. Sfidando le pietre della FGCI??
    Non mi pare proprio che la FGCI fosse usa a lanci di pietre e quanto agli scontri di piazza poi…

  36. Sta di fatto che, sul tema dell’ambiente, il vero problema non è “la composizione della destra secondo Crovella”, ma il legame che collega  i due filoni affaristici, cioè quello di destra e quello di sinistra (che esiste tanto quanto quello di destra e si allea con quest’ultimo per fare affari a scapito dell’ambiente). 

    Su questo Crovella ha ragione. Mi dispiace dirlo,  ma ha ragione!!
    Ad esempio, la devastazione Apuana è sostenuta sia dalla politica di   destra che da quella di sinistra. Non ci sono differenze.

  37. Ma no, hai frainteso alla grande, perché non conosci la mia storia personale, che ho raccontato quo, ma probabilmente in anni un cui tu non frequentavi il blog. Nelle “retrovie” significa che preferisco fare il mio lavoro perché mi piace di più e concepisco la politica solo come un impegno collaterale, come un interesse culturale, una specie di inoegno di volontariato. Tutto qui: non mi interessa che la politica diventi il mio mestiere. Però ne consegue che, non garantendo la mia disponibilità totale, è chiaro che non puntano su di me, solo questo intendo. Ma codardo direi proprio di no. Ai tempi  dei FdG, ero io che trascinava il gruppo all’attacco in piazza, letteralmente sfidando le pietre della FGCI.

  38. 9 Finalmente Crovella si svela per quel che è: ”  Che ci sia bisogno di una scrematura qualitativa della comunità di destra mi è chiarissimo e infatti c’è un filone, cui appartengo (stando nelle retrovie, per carità) che è molto impegnato a tal fine.
    Nelle retrovie, per carità… Chiacchierone e codardo, non va in prima fila, manda avanti gli altri! E non inventarti che non abbiamo capito: lo hai scritto tu, chiaro e tondo!

  39. Certo che la Santanché appartiene a FdI, ma compone (insieme a molti altri, come il fu Berlosconi) quella corrente che io chiamo la “destra affaristica”. E’ una corrente interna, neppure ufficialmente definita, ma esiste eccome e occorre – sono io il primo a sostenerlo – ripulire i partiti di destra sia da tale corrente che dall’altra corrente, quella macchiettistica che ferma i treni. Io le disconosco entrambe, quelle correnti, ecco perché ne prendo le distanze, a prescindere dalla tessera di partito che, formalmente, o loro esponenti hanno in mano (forse ora il concetto è formulato in modo più chiaro, ma cmq non mi sembra un concetto complicato da “focalizzare”, anche al primo colpo).
     
    Sta di fatto che, sul tema dell’ambiente, il vero problema non è “la composizione della destra secondo Crovella”, ma il legame che collega  i due filoni affaristici, cioè quello di destra e quello di sinistra (che esiste tanto quanto quello di destra e si allea con quest’ultimo per fare affari a scapito dell’ambiente). Chi è davvero interessato alla difesa dell’ambiente dovrebbe lottare contro quello specifico cancro e non perdere tempo a disquisire se le definizioni di Crovella sulla composizione della destra sono giuste o sbagliate, corrette o da rivedere…

  40. Carlo, tu ti esibisci sempre in voli pindarici (= arrampicata sugli specchi) per pretendere ragione. Ma la ragione non è di chi spara commenti a raffica; non è di chi scrive: “Come al solito non avete capito un ca**o”.
    In soldoni: 1) Si argomenta (o si sproloquia); 2) Un altro forumista può intervenire: “Guarda che ti sei sbagliato. Per questo motivo, per quest’altro e pure per questo”. Oppure ti dà ragione.
     
    Nel caso in questione, tu non puoi negare che la Santanchè sia di destra: è di Fratelli d’Italia e addirittura ministro! Allora tenti di cavartela con un puerile “Ma questa non è la ‘vera’ destra”.
    No! La Santanchè è di destra! Il giorno in cui non sarà piú nel partito, o almeno al governo, potremo dire che è stato compiuto un piccolo passo verso l’onestà intellettuale. Ma fino allora lei farà parte della destra e tu NON puoi dire che “non vale” o “non è la vera destra”.
     
    … … …
    Preghiera della sera:
    “Signore, dammi la pazienza di sopportare Crovella col suo milletrecentotrentasettesimo commento, di cui milletrecento e passa prolissi e ripetitivi, e liberami dalla ‘rottura testicularium’. Amen”.
     

  41. Nella storia si trovano più facilmente tracce di comunismo tollerante che della “vera” destra crovelliana che ama l’ordine e la legalità (e tantomeno che la pratica!)
     

  42. Ma leggete con attenzione quello che viene scritto? Ho già detto esplicitamente che la “vera” destra, quella che ama l’ordine e la legalità sopra ogni altro valore (questo è il sunto della vera destra) , non è né quella affaristica (anche a livello locale, come nel caso di specie ad Alghero) né quella CABARETTISTICA che fa fermare i treni o dei nostalgici che fanno il saluto romano ecc.
     
    Io non ho nulla a che spartire con queste forme deviate di destre. Quindi i commenti segnalati sono tutti fuori tema.  Che ci sia bisogno di una scrematura qualitativa della comunità di destra mi è chiarissimo e infatti c’è un filone, cui appartengo (stando nelle retrovie, per carità) che è molto impegnato a tal fine. Questi processi non sono rapidi, perché si tratta di scalzare posizioni di potere non  facili. Ma arriveremo anche a questo.
     
    Ma questo non è il tema dell’articolo. L’articolo stesso sottolinea il collegamento “affaristico” fra le destre ed esponenti del Pd. Tutto il mondo è paese. Se davvero interessati alla salvaguardai dell’ambiente, più che preoccuparvi di fare delle sciocca ironia (da cui si evince che non avete focalizzato i ragionamenti del commento 1), dovreste agire anche voi contro il vero cancro, che è costituito dal collegamenti trasversale che coinvolge destra e sinistra, entrambe abbagliate dal dio denaro. 

  43. 7 Fabio.
    Meno male che sono così lontane, così non corrono il rischio di essere contagiate.

  44. @ 5
    Corre voce che la “vera” destra e la “vera” sinistra, immacolate, dimorino sul fantastico pianeta Papalla, a dieci anni luce dalla Terra. Qui da noi – salvo rare eccezioni – sono rimasti gli scarti.
     

  45. Crovella, se tu conoscessi davvero l’attuale situazione politica di Alghero e della Sardegna, non tireresti fuori per l’ennesima volta i tuoi luoghi comuni.
    Sulla vicenda di Punta Giglio e non solo (vedi anche Capo Figari, Tavolara ecc) sono agli atti (e disponibili anche su Gognablog) plurimi documenti che ti illustrano la gestione affaristica esistente in Sardegna col governo delle destre; leggili prima di scrivere, grazie.

  46. La “vera” destra combatte questi andazzi e non li sostiene né li propugna, e così fa ovunque, da Punta Giglio al Vallone delle Cime Bianche.

    Ma dove abita questa vera destra, sulla luna, accanto alla vera sinistra?

  47. La vera destra: il ministro Lollobrigida (Fratelli d’Italia) che fa fermare un treno dove a lui fa più comodo… Evvai!

  48. Questo Crovella, menzionava, in un passato commento ad altro articolo, un soldato giapponese rimasto solo su un’isola convinto di essere in guerra quando questa era finita da anni.
    Ecco, da quello che scrive, sembrerebbe essere lui quel soldato, perché la destra ambientalista e che rispetta la legge la immagina solo lui in un immaginario suo privato.
    Se questo lo rassicura sono contento per lui, ma la realtà mi sembra un’altra. 

  49. 1. Quindi, da quanto affermato da Crovella, si evince che la “vera” destra, quella che salvaguardia il patrimonio naturalistico, si riduce ad un individuo in tutta Italia.

  50. La seguente affermazione è fuorviante e, così come espressa, anche infondata:
    “A volte il naufragio del buon senso si ricollega all’escalation delle privatizzazioni del patrimonio pubblico. In Italia spesso favorite dalle Destre – ufficiali e mascherate – sempre per conto di esponenti dei ceti dominanti, come tanti gruppi affaristici tradizionali ed emergenti. Un fenomeno che fin dai tempi di Franceschini (Pd) ha preso il largo tra alibi di tipo globalista e un pensiero liberale arrendevole”
     
    L’affermazione è fuorviante perché il fenomeno non è quello che avvantaggia LE DESTRE, ma una CERTA DESTRA, quella affaristica (alla Berlusconi/Briatore/Santaché e seguaci anche locali, tanto per capirci bene),. Cioè trattasi di un andazzo che risponde alle esigenze di quella destra che è disposta, horribile dictu, a “sacrificare il patrimonio naturale pur di metterlo a reddito“. Questa però NON è la posizione della VERA destra, che invece è schierata a favore dell’ordine e della legge, per cui, sul punto, il suo obiettivo principale è la “salvaguardia del patrimonio pubblico in generale (nella fattispecie, naturale) anche a scapito delle opportunità di profitto di singoli o gruppi imprenditoriali“.
     
    Anzi, a bene vedere, dalla stessa frase riportata, si evince che la propensione a sfruttare e/o a lasciare sfruttare da specifici soggetti il patrimonio pubblico (naturale nel caso di specie) è un cancro trasversale alla società e va ben oltre la destra affaristica, perché coinvolge l’intero establishment istituzional-politico-culturale, come confermato dalla specifica citazione del coinvolgimento di Franceschini, che è noto esponente del Pd e non certo di FdI o addirittura di Casa Pound.
     
    La “vera” destra combatte questi andazzi e non li sostiene né li propugna, e così fa ovunque, da Punta Giglio al Vallone delle Cime Bianche.

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